VIII
Un tizio mi passa il braccio intorno al collo, spazzolandomi la testa con una furiosa passata di mano. «Chiunque es amigo di Logan è anche amico mio! Certo che può restare.» Ha i capelli di un marrone ruggine, quasi bronzeo ed è incredibilmente alto. Mi scuote e mi sorride. «Io sono Raoul, lo spirito della festa» si presenta.
«Reginald» dico, sorridendo, dandogli un leggero pugno sul braccio.
Amichevolmente, il secondo guidatore mi viene vicino, abbassandosi e studiandomi. «A prima vista pensavo fossi una ragazza, lo sai?»
«Spiacente di deluderti, ma direi che non sei il mio tipo» scherzo.
Raoul salta sul posto, una mano davanti alla bocca e ride sguaiatamente, agitando il dito verso l'amico. Questo mi sorride e mi porge il pugno chiuso. Arretro per un attimo, prima di intuire da solo che non si tratta di una minaccia, ma di un saluto. «Sono Stanley, però tutti mi chiamano Stan.»
A quanto pare sono più simpatici e normali di come me li ero figurati.
Fisso Logan, il quale passa furtivo il suo sguardo da me al capo di Elly, incredibilmente mogia e taciturna. Le sue narici si gonfiano come un toro e immagino che se fosse quell'animale mi avrebbe dato già la carica.
Raoul si cimenta in un discorso su quello che sua madre ha voluto che facesse nel pomeriggio, non accorgendosi che ad un certo punto comincia a parlare in spagnolo e i presenti non capiscono più niente. Rimango stupito e divertito, troppo dall'interromperlo.
«Amico, amico, fermo!» lo frena Logan. «Non capisco più un cazzo se ti metti a parlare in spagnolo! Te lo abbiamo detto cento volte, datti una calmata e respira.»
«È il mio popolo, gente!» si difende, battendosi un pugno sul petto, quasi tutelasse i suoi avi con onore.
«Popolo un cazzo, il tuo accento è indecifrabile!» sbraita Stan, sospirando.
«A me piace il suo accento» dico, mezzo ridendo.
Raoul mi indica, alza le mani e si china con la schiena in avanti in riverenza. «Visto? Al pequeño piace, razza di mendigos ignorantes» sbuffa. Marcus getta gli occhi al cielo. «E a me piace il tuo, di accento, enano!»
«Io non ho accento.»
«Sì, invece!»
«È inglese, rincoglionito. Comprati un dizionario!» lo ammonisce duramente Stan, generando quasi una disputa tra i due e tra le lingue, dicendo la loro ma non con un volume adeguatamente basso.
Logan scuote lievemente Elly, del tutto immobile e pallida come una statua accanto a lui, le bacia la testa e lei si smuove, sistemandosi meglio la giacchetta sopra le spalle. Per non ammirare quella scena rivoltante, incrocio le braccia, rivolgendo la mia attenzione a quelle tre moto parcheggiate a ridosso della ringhiera, non sapendo che altro fissare a tiro d'occhio.
Marcus mi rivolge un'occhiataccia, inquadrando l'oggetto del mio interesse che, tra l'altro, l'ho puntato a caso. «Ti piace la mia moto?»
Lo guardo, stupito che mi abbia rivolto la parola proprio lui.
«È un'Electra Trial 500. Bellissima. Scommetto che ci vorresti fare un giro, dico bene? Peccato, non fanno i sellini per poppanti» sogghigna, soddisfatto di sé.
Respiro con noncuranza. «Non ho bisogno di un modo per eccitarmi il pisello da solo» gli faccio notare.
Logan mi guarda a scatto e Marcus, non dicendo niente, si morde un labbro, scrutando il suo amico, a qualche passo da me, poggiato al cofano dell'auto spenta. Mi prende un lieve panico nel tanto in cui un silenzio di tomba cala tra me e tutti gli altri, interrotto solamente dal traffico notturno di Chicago e dai passi lenti delle persone fuori dal parcheggio. Mi osservo frastornato le braccia, arrossendo totalmente da quello che ho detto. Mi risveglio al suono della risata secca di Marcus. Logan lo studia per un attimo, faticando come me a crederci. E dire che dovrei essere io quello che sclera.
Marcus si gira verso Stan e Raoul ridendo, piegandosi sulle ginocchia, fintanto che qualche risatina riesce a far uscire a loro due, mi rilasso. È proprio allora che si gira e mi colpisce. Senza preavviso, di nascosto, quando anche io sto cominciando a trovare il lato buffo dell'affermazione, la sua mano mi vola direttamente sulla guancia e mi fa girare la testa.
Marcus ride ancora, questa volta per davvero. Raoul lo tira per un braccio, distanziandolo. Logan fa un passo contro di lui, ma viene fermato dalle mani di Elly che lo trattengono, non trovando un motivo valido per farlo intervenire a mio favore.
«Cosa hai detto, schifosa pulce, pensi davvero che io abbia bisogno di eccitarmi il pisello?»
Soddisfatto che l'abbia presa così sul personale sono determinato a farlo arrabbiare di più, dicendogli un amato:«Sì» tanto vicino e sicuro che lui smette di sorridere beatamente.
Mi afferra per il bavero della camicia e mi tira contro di sé in un imput di violenza che mi fa rabbrividire.
«Vuoi morire?»
Logan si libera dalle mani di Elly, imponendosi tra me e Marcus, facendomi indietreggiare con ferocia, tanto che vado a sbattere contro la sua macchina. Ci manca solo che parti l'allarme.
«Datti una calmata, non voleva dire quelle cose. Non c'è bisogno di scaldarsi, te l'ho già detto mi pare» dice Logan agitato.
Marcus, attizzato quanto un fuoco, sbuffa fumo denso di disprezzo dalle narici, accusandomi:«Ci rovinerà solo la serata. Se qualcuno non lo uccide ci penso io, va bene?»
«Va bene, come vuoi. Ora per favore puoi andare avanti? Aspettami in coda. Ci vediamo lì tra un minuto.»
«Che devi fare?» replica.
«Metto in chiaro un paio di cose e torno» espone il ragazzo, spingendolo lievemente verso l'entrata del locale, il quale, in pochi minuti, sembra già carico di persone all'interno e con tanto di coda fuori.
Elly gli va vicino, zampettando su dei tacchi dai quali oggi voglio tenermi alla larga. Non finirò mai di meravigliarmi di quanti vestiti gothic-emo quella ragazza possiede, non l'ho mai vista rimettersi un vestito prima d'ora. Suppongo che se entrassi nel suo armadio finirei per il perdermici dentro senza possibilità di fuga, rimanendo intrappolato lì come un vecchio scarpone puzzolente.
La ragazza prende Logan per il polso, fermandolo, sussurrandogli qualcosa che non riesco ad afferrare, però lei sorride impaziente, scoccandogli un fugace bacio a stampo.
Brontolo senza farmi udire e quando finalmente credo di avere la sua totale attenzione, lui mi tira per un orecchio e mi trascina dietro l'auto, attaccandomi alla portiera posteriore e bloccandomi la fuga con un braccio.
«Si può sapere cosa stai facendo?» sospira, non rabbioso, solo stanco di riprendermi.
«Io? Cosa fai tu invece! Me la sarei cavata benissimo da solo. Chi ti chiede mai niente? Potevi pure lasciarmi con il culo per terra, per quanto mi importi, e andartene a fanculo.»
Muove la testa come un uccello curioso. «Dai, smettila» bofonchia. «Ti ha fatto male?» Gira gli occhi per guardare il segno rosso sotto l'occhio sinistro. Mi fa alzare il mento con un dito e assisto al suo studio. «Sei un cretino masochista, lo sai?»
«Ma senti chi parla» mugugno.
Non so quello che sto facendo, anzi, quello che dentro sento. È come se il mondo scorresse a rallentatore e adesso che è qui per me, davanti, tutto non va come dovrebbe.
Non posso farci niente: guardo i suoi occhi verdi e adesso vorrei solo gridargli contro, dirgli che posso badare a me stesso e che non voglio essere trattato alla pari di un bambino, voglio che lui mi consideri un uomo vero.
Poi mi vedo attraverso i suoi occhi: non valgo niente.
«Cosa c'è adesso?» sbraita, tra l'ansioso e l'annoiato.
«Nulla.»
«Dimmelo.»
«Nulla ho detto!»
«Vuoi cominciare?»
Scuoto la testa, sospirando piano, cercando di non farmi sentire da lui per non farlo arrabbiare e cominciare una lite che non sopporterei di mandare avanti. La rabbia e sovvertimento scaricato in me dallo schiaffo di Marcus mi fanno desiderare di diventare piccolo, scomparire cosicché non possa mai vedere il rossore tenue sulle mie guance. Avvertire le mie emozioni così direttamente e impetuose mi scombussola, facendomi perdere sia il senno, sia la voce di mente e gola.
Mi appoggio alla carrozeria della sua macchina pigramente.
«Finito con la sceneggiata?» chiede austero.
Mi volto e sollevo un labbro in un sorriso, innervosito. «Sì.»
«Ricapiterà ancora?»
«No, signore» esclamo.
Mi da un lieve buffo sulla testa e mi spinge in avanti tramite il braccio, sbilanciandomi non poco. «Smettila di fare lo scemo e guarda avanti. Se sei tanto bravo, difenditi da solo da Marcus, vediamo come ne esci, okay?» Spalanca le braccia e si tira in avanti. «Questo non è un gioco, non devi dimostrare niente, perciò non fare cose stupide.»
«Non ti preoccupare per quello, la tua stupidità vale per due.»
Fa freddo e sono pentito di non aver portato nulla con cui coprirmi.
Alcune persone ci urlano contro perché tecnicamente abbiamo "saltato la fila aggregandoci a Marcus e ai suoi amici", però come si sono create svaniscono in fretta. Nessuno ha voglia di dire o fare niente e io sono tra loro, lievemente spossato dal flebile sonno e dal frizzante vento autunnale. Fa freddo, ma almeno l'edificio mi ripara dalla maggior parte delle folate gelide, oltre a considerare che tutti i presenti sono pigiati uno contro l'altro.
Io resto un po' indietro rispetto a Logan, in modo che non possa farmi brutti scherzi o scappare via e lasciarmi lì. La cosa peggiore è che c'è anche Elly, la solita ruffiana che si attacca a Logan come se fosse un calorifero portatile.
Inciampo in una lastra del terreno smussata in un momento di distrazione e piombo in avanti, colpendo Marcus alla schiena con la mia faccia. Lui mi scrolla di dosso con lestezza. «Non ti avvicinare, pulce» enuncia nervoso.
Mi tiro indietro, massaggiandomi il naso. Ma che razza di schiena ha?
Logan si volta un attimo per assicurarsi che non sia diventato il giocattolino masticabile di Marcus, dopodiché, scuotendo la testa, prosegue, non volendo dire parola. Ho le mani in tasca, tentando di scaldarmi da solo quando la fila finalmente avanza.
Un minuto dopo sento una lite provenire dal capo della fila, così, per ammazzare il tempo, io e altre mille teste, ci affacciamo per vedere quello che succede. Il ragazzo abbandona la fila senza che io possa sapere cosa succede.
«Cosa è successo?» domando a Raoul, l'unico che sono convinto mi risponderà.
«Nulla. È vietato ai minori di ventuno anni e un tipo non aveva i documenti con sè» e io rispondo, esclamando:«Cosa?» totalmente spiazzato.
Mi sbatto le mani sui pantaloni e schiaccio il piede a terra, maledicendo il dio che in questo momento ha decretato la mia imminente fine, o almeno il tale che non mi ha avvisato in tempo di questo piccolo inconveniente.
«Cosa c'è, non hai un documento falso?» ribatte sorpreso, ficcandosi le mani in tasca.
«No, non che non c'è l'ho!» obietto, girandomi verso Logan gli punto il dito contro. «Tu razza di...»
«Razza di che cosa? Dillo, sono curioso» si avvicina, sorridendo.
Capisco che l'ha già programmato fin dall'inizio, il falso invito, i documenti e il mio negato ingresso. Non voglio credere che abbia boicottato la mia serata di proposito, sapendo benissimo che ho revocato l'invito a Nick per cederlo a lui.
Sono stato solo preso in giro e non me ne sono accorto fino a questo momento.
Invece di rispondergli con qualche insulto che non so, gli tiro un calcio al polpaccio e lui si china in un urlo di dolore, inchiodandomi al muro con lo sguardo atroce, eppure non riesce a far smontare la rabbia che sento, anzi la fa aumentare esponenzialmente.
Marcus mi prende per l'orlo della camicia e mi fa volare via dalla fila, quasi fosse il suo personale bodyguard. «Tornatene a casa, mocciosetto, qui non servi a nessuno» ghigna, tirando fuori il portafogli dalla tasca posteriore dei jeans, mi fa ammirare da lontano il suo documento falso, dove lui si chiama Alec McDoug e ha ventidue anni suonati.
Rosso per aver assistito alla mia pubblica umiliazione, dico - anzi ordino - a me stesso che appena verrà domani come prima cosa mi procurerò anche io uno di quei documenti falsi.
Il buttafuori chiede il documento a Raoul e Stanley, loro glielo porgono e con la pila ad illuminare le lettere li fanno entrare senza battere ciglio. Mi domando se il buttafuori davvero non sappia che sono minorenni o solo non gliene importi abbastanza, in ogni caso fumo di rabbia quando Marcus e Logan si mettono a parlare con il buttafuori di football, ingannandolo dicendogli di giocare per la squadra sportiva di un college molto sentito.
Muoio d'invidia, ancora a lato del marciapiede dove molti si sforzano di non urtarmi, resto a sentire di come Logan si vanti amabilmente di giocare come quarterback in una squadra che non ha mai visto dal vivo.
Il buttafuori mi guarda e mi punta la luce della tocia contro, chiedendomi senza traccia della simpatia di prima se ho un documento da mostrare, negando, mi dice di andarmene via e così faccio.
Mi vado di nuovo a rifugiare dietro, nel parcheggio, sedendomi sul marciapiede e a starmene da solo. Non ho il coraggio di tornare a casa da Henry e dirgli che il suo adorato fratellino è stato vittima di un brutto scherzo, perciò medito sul restare ancora qualche tempo qui e poi andarmene via, magari in un bar.
Pensavo che Logan fosse cambiato e al contario mi ha solo dimostrato quanto il suo cervello vada a rallentatore.
L'ora sul display del mio cellulare è ancora troppo giovane per poter tornare tranquillamente a casa e fingere di essermi divertito quando al momento vorrei scoppiare a piangere.
«Non me lo meritavo» borboglio da solo.
La confusione del mondo sembra scomparire quando una voce conosciuta mi fa:«Non ti meritavi cosa?»
Sollevo la testa e vedo Nicklaus con un amplificatore pesante tra le mani, dietro di lui un altro tizio, il quale mi osserva per un momento. Giungendo alla conclusione che non gli interesso, se ne va. Nick poggia piano l'attrezzo nel parcheggio, mi fa alzare e mi fa dire quello che è successo.
«Quel coglione» annuncia, una mano sul fianco. «Lo dovevo sospettare.»
«Mi dispiace» gli dico, non trovando il coraggio per guardarlo negli occhi.
«Per cosa?»
«Dovevo venire con te qui, invece mi sono fatto fregare da Logan e dai suoi amici. Sono proprio uno stupido.» Lui inclina la testa e mi sorride. «Senti, se ti aiuto a montare tutto puoi fare finta che io abbia ventu anni e farmi entare?» gli domando, imbarazzato di chiedergli un favore dopo che l'ho rifiutato per sms.
«Vuoi che menta per te?»
Fa un salto elettrizzato e io abbasso mestamente la testa, colto sul vivo. Non ho intenzione di rimanere fuori al freddo come una pecora al macello e darla vinta ancora una volta a Logan. Non mi sarei fatto rovinare di nuovo da lui.
«Come no! Ti avrei fatto entrare in ogni caso dalla porta sul retro, ma se proprio insisti a darci una mano fai pure» commenta e io sembro cadere dalle nuvole, fissando quegli attrezzi pesanti e palesemente costosi. Non oso pensare se li facessi cadere. «Sarebbe un modo per scusarti con me di avermi abbandonato tutto solo e al buio, non ti pare?»
«Che leccaculo» dico, ridendo in un singhiozzo, pulendomi la faccia.
Lui alza le spalle e mi prende con sè, mostrandomi cosa e dove portare le attrezzature. Non sapendo come montarle e collegarle mi dice di lasciare perdere per evitare cortocircuiti che nei migliore dei casi avrei fatto, dedicandomi solamente allo scarico degli strumenti. Quasi crollando per il peso di una cassa, Nick allarmato mi dice e prega di lasciare a lui gli oggetti pensanti e di prendere cose che sono sicuro di poter trasportare. Non mollo la presa sulla cassa fino a quando non sono alla porta e la posso abilitare a Gideon, il suo amico.
«Lascia, faccio io» mi fa e io lo lascio fare, vedendo come, facendo perno sulle ginocchia, si solleva senza sforzo apparente, respirando calmo e montando l'attrezzatura.
«Sono cazzutissimo!» esclamo a Nick, fintanto che mi posiziono come un conquistatore e lui ride, fissandosi con il cordone la chitarra elettica giallo ocra alla schiena.
«Sì, certo, cazzutissimo e con la zip abbassata... Ma sto scherzando!»
Mi passa una mano sopra le spalle e mi tira dentro al locale, facendomi passare per suo cugino, il quale gli sta dando una mano con le attrezzature. La sicurezza sembra leggermente restia a farmi passare, dubitando che io abbia sedici anni (bugia, non sarei mai parso uno di ventun anni), nonstante Nick afferma chiarmente che se non vogliono dare l'ingresso a me, saranno loro stessi a montare gli stumenti e a collegare le apparecchiature, sparando di quanta manualità ci voglia per saperlo fare, dell'ora che si è fatta e altre stronzate simili.
Suppongo che sia per il mal di testa che ha fatto venire a tutti che ci lasciano entrare senza problemi, dandomi un pass per il backstage, in modo che nessuno osi più dirmi nulla a riguardo.
Sono sicuro di una cosa: avrei combattuto.
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