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Quando ho di nuovo a che fare con Viola, che mi dice un paio di cose importanti, ma questo crea altri problemi


Venerdì 9 luglio 2010

Ve lo giuro, non ho mai imposto a Willy nessun tipo di compagnia. Certo, alcuni suoi amici mi stavano un po' qui e non ero la ragazza più felice del mondo nel vedermi davanti tutte le sere Barone che parlava della sua Ape truccata, ma bene o male me lo facevo andare. Willy, con il suo carattere socievole e allegro, adorava uscire e stare fuori fino a orari imprecisati. Non aveva praticamente coprifuoco, a differenza di me, e poteva starsene in giro, andandosene persino a Cesenatico, tirato in bici da qualcuno già attrezzato con lo scooter. Io ovviamente preferivo Milano Marittima, perché era a due passi. Il problema era che ci facevo la figura della pezzente. Lui rispondeva «Non me ne frega un cazzo, tu sei la mia pezzente preferita» e io gli tiravo le gomitate ridendo.

All'inizio, le uscite erano state semplici vasche per i viali pedonali, gelati, cocacole condivise in gruppetti dove altri ragazzi avevano birre in lattina da 66 o cocktail colorati presi nei locali, risate sguaiate. Ma pian piano, quelle serate avevano iniziato a trasformarsi: quei bicchieri pieni di alcol dalle strane sfumature avevano fatto effetto sugli amici di Willy, che non volevano essere da meno dei turistini danarosi.

Procurarsi alcolici era tutt'altro che difficile: compravano birre e liquori nei beach market o usavano tessere di maggiorenni per prelevarli dalle macchinette automatiche.

Osservavo tutto con distacco, perché a me fregava che Willy mi tenesse le mani addosso, e lo facesse il meglio possibile. Non riuscivo a capire del tutto il fascino di quelle bevute esagerate: vedevo i tipi divertirsi, ma con risate a volte incontrollabili, cadute imbarazzanti e discorsi confusi. Alcune tipe si facevano meno problemi e finivano per imitare i comportamenti sciocchi dei maschi.

Nonostante tutto, ero curiosa. Non ero mai andata oltre dei sorsi di cose che Willy si faceva, ma qualcosa mi aveva fatto pensare.

C'era una ragazza dall'accento emiliano, Nina, che stava in giro con il gruppo di Willy dall'inizio di quell'estate e puntava spudoratamente Orlando, quello che la Cate aveva tenuto un po' sulle spine per poi mollarlo. Era bianchissima, occhi di ghiaccio e capelli al limite del platino, e non si tirava indietro nel bere, forse complici i suoi geni parzialmente siberiani.

Orlando, da buon ragazzino scemo, sbavava per lei ma non sapeva esattamente come trattarla. Così si stuzzicavano, lei più di lui. Tuttavia in certi momenti, quando lui non ci arrivava proprio, pareva che si stessero quasi sulle palle. Ma quando iniziavano a mandare giù alcol, si avvicinavano, diventavano complici, e i loro corpi emanavano qualcosa che avrei tanto voluto capire meglio.

Venerdì avevo preso la bottiglia di vodka che mi aveva allungato Willy per il solito ridicolo sorso, ma avevo provato a mandarne giù decisamente di più. All'inizio, la sensazione di calore che l'alcol mi aveva dato mi aveva letteralmente bruciata, mentre Willy urlava «Idrovora!», poi si era fatta piacevole, e avevo cominciato a rilassarmi, persino a sentirmi parte del gruppo come mai prima.

E pure le mani di Willy mi erano sembrate più sensazionali, tutto mi sembrava più sensazionale in quel vialetto laterale di Milano Marittima.

Ma il divertimento era durato poco. Poco abituata a bere, mi ero sentita molto bene per i primi minuti, poi nel giro di poco, aveva iniziato a girarmi tutto, e le risate mi si erano trasformate in un senso di nausea insopportabile.

Quasi senza rendermene conto mi ero ritrovata sopra una vicina aiuola, vomitando tra le piante, sotto gli occhi disgustati dei passanti con i loro pantaloni di lino e le felpine azzurro chiaro.

Willy, mi stava di fianco, ma più di tenermi una spalla non sapeva che fare, era un po' serio e un po' ridacchiava, pensando a quel mio battesimo dell'alcol.

«Chià, abbiamo capito che non reggi un cazzo.»

«Ma vaffanculo Willy» avevo risposto, tra uno sforzo e l'altro.

Che fessa ero stata. Le risate degli amici e gli sguardi di disprezzo degli sconosciuti mi facevano stare male quasi più della nausea stessa.


Sabato 10 luglio 2010

«Viola è lesbica.»

Sai quando ti vengono a raccontare i pettegolezzi che già sai? Avevo avuto quell'impressione quando avevo scambiato qualche parola con Emma, la nostra ex compagna, che si era iscritta all'artistico con Viola e, negli ultimi tempi, si era avvicinata a lei.

Ho detto che era un pettegolezzo ma non era nemmeno vero. Viola semplicemente aveva lasciato venire a galla il suo orientamento, senza più nasconderlo. Emma, manco a dirlo, ne era stata felice per lei, e lo ero anche io, perché alla fine riuscire a essere sé stesse fino in fondo è la cosa che ti fa stare meglio.

«Te ci giravi un sacco l'anno scorso» mi aveva detto Emma.

«Sì, facevamo le badanti a Cantore e Edo» avevo sghignazzato.

Non sapevo nemmeno se mandarle un messaggio, perché non ci sentivamo da un sacco di tempo, ma alla fine non l'avevo fatto, perché non avrei saputo nemmeno esattamente cosa scriverle. E mentre ancora pensavo all'eventualità di scriverle e al contenuto del messaggio, mi aveva anticipata.

Viola: Sei stata importante

Viola: Scusa

Viola: TVB

Per un attimo mi si erano accavallati i pensieri in testa: perchè mi chiedeva scusa? Aveva tirato in ballo quell'estate di baci piuttosto caldi? Lo aveva raccontato a qualcuno?

Avrei tanto voluto resistere alla tentazione di scriverle per sapere, ma non ce l'avevo fatta. E le avevo risposto

Anche io TVB

Ma perchè chiedi scusa?

Tenevo il telefono in mano aspettando che mi rispondesse, strisciando nervosamente le infradito una contro l'altra. Sarebbe cambiato qualcosa per me se si fosse saputo in giro di me e lei? Ma sul serio avrebbe avuto un impatto su di me qualcosa fatto per passatempo durante l'estate tra la seconda e la terza media, che a me pareva già lontana mille anni? A giudicare dal mio nervosismo, in fondo alla mia testa pensavo di sì.

Viola: Scusa perchè sono stata stronza

Viola: il cartello in gita l'ho attaccato io

Viola: Ero arrabbiata

Viola: Scusa

Il primo pensiero era stato "Cate non ci avevi capito un cazzo! Avevo più ragione io di te!" ma poi avevo cercato di essere più razionale. Avevo ripensato a quei giorni, a quanto mi ero incazzata, a quanto avevamo masticato amaro pensando alle possibili colpevoli e alle motivazioni, quasi litigando per far valere le nostre ipotesi. Poi però Viola aveva fatto capolino, avevo pensato a quello che era successo, al mio allontanarmi da lei. Avevo cercato di mettermi nei suoi panni: chissà che casini doveva avere avuto per la testa in quei periodi.

Però era stato un bel colpo di scena perché delle tre ginnaste, lei era quella a cui avrei assegnato la probabilità più bassa.

Alla fine ero scoppiata a ridere come una scema, da sola, e le avevo mandato un vocale.

«Vio ma dai! Giuro ma mi hai fatta sorridere! Il cartello sai da quanto me l'ero dimenticato! Si vabbè sei stata un po' stronzina ma non me ne frega più. Anzi io sono felice per te se hai deciso di dire a tutti il tipo di amore che vuoi. Capito? Anzi spero di beccarti in giro che ti abbraccio forte.»

E lei mi aveva mandato un selfie con un cappellino da pescatore a righe arcobaleno e la didascalia Ma tu sei sicura di no? 😂

Ipotizzando che facesse riferimento a quello che avevamo fatto, sperando che magari io tornassi sui miei passi con lei, avevo risposto.

100% Vio

La mia reputazione è già abbastanza tremenda 😂

Ecco, sapete quando potete fermare la conversazione e invece aggiungete quelle due parole che vi fregano? La reputazione che peggiora dicendo che sei lesbica, è la classica cosa da non dire a una persona che ha appena detto a tutti che è lesbica. Perché non può che farla adombrare.

Ed era successo proprio quello: la mia risposta visualizzata e senza replica.


Domenica 11 luglio 2010

Mi ero vista con Willy il giorno dopo fuori dal barettino della Malva per andare al mare e lui mi era sembrato subito molto scuro in volto. Di solito era molto più allegro, soprattutto dopo la fine della sua avventura alle scuole medie, e non vedeva l'ora di passare del tempo con me, e tenermi le mani addosso.

Lui era veramente tanta roba quando mi metteva le mani addosso. Sembrava avere Google Maps per i punti giusti

«È vero che sei stata la fidanzata di Viola?» mi aveva detto appena aveva avuto l'occasione, in fondo alla piazzetta su una panca, mentre altri, nella penombra, giocavano a calcio sul selciato.

«Non sono stata la fidanzata di nessuno se ti interessa» gli avevo risposto, piuttosto decisa, anche se stupita della domanda.

Ma lui aveva insistito dicendo che Cantore, quel cretino, gli aveva detto che io e Viola volevamo metterci assieme. Pensate che quell'episodio io me l'ero praticamente dimenticato, perché se c'era qualcosa che mi tornava alla mente di quei giorni era il momento successivo quando eravamo andate in pineta e c'eravamo quasi baciate. La storia di noi due che facevamo le stupide con Cantore e Edo per liberarci di loro mi era sembrata così palesemente uno scherzo che solo due deficienti come loro potevano prenderla per qualcosa di vero e magari anche parlarci sopra appena diffusa la notizia dell'orientamento di Viola.

Beh non mi stava andando proprio come volevo: ero riuscita a far arrabbiare Viola parlando a vanvera, e grazie al mio comportamento con lei dell'anno prima e a due amici stupidi, stavo avendo una discussione piuttosto seria con il mio fidanzato.

«Io non sono stata la morosa di Viola e il discorso è finito» avevo replicato di nuovo, senza cercare spiegazioni che avrebbero rischiato di incartarmi.

«E allora che cazzo ci uscivi a fare sempre con lei e basta?»

«Oh ma due amiche non possono uscire assieme?»

«Se una è lesbica fai un po' te» mi aveva detto lui con l'aria di uno che sapeva queste cose di mondo.

«E allora se tu esci con un tuo amico che è finocchio vuol dire che anche tu sei finocchio?»

Avevo usato la parola "finocchio" proprio per dargli fastidio, e avevo ottenuto perfettamente il mio scopo.

«Chiara» mi aveva detto, quasi rabbioso «se io scopro che te hai fatto la lesbica con Viola io mi incazzo come una pantera.»

«Ma te Willy cosa te ne frega di cosa facevo quando non ero con te? Allora dovresti incazzarti anche per i morosi che ho avuto.»

E lui, al posto di seguire il discorso, si era aggrappato a quel "allora".

«Allora è vero che eri lesbica con lei!»

«Ma che problemi hai con le ragazze lesbiche, cazzo?!» mi ero scaldata.

«Che non mi piace una che oggi sta con un maschio e domani con una femmina e dopodomani con chi cazzo stai? Non mi basta stare attento ai maschi, devo stare attento con le femmine?!»

«Ma sei scemo Willy? Se sto con te, sto con te!»

«No io, io mi sento preso per il culo» aveva detto, e pareva che gli tremassero quasi le mani, «L'hai solo baciata? Con la lingua? Hai limonato con una? Dimmelo, cazzo, hai limonato? O le hai anche fatto altro?»

«Baci, baci, solo baci.»

«Avevi detto che non stavi con lei, mi hai detto anche delle cazzate.»

«Ma non stavamo insieme! Erano per... giocare! Per provare!»

«Sì, certo, io mi bacio sempre con i miei amici per giocare. Scegliamo sempre tra play e limonare come froci» mi aveva detto, con una ironia per nulla benevola, «Ma a chi cazzo la racconti, Chiara?»

Mi aveva ferita, mi aveva lasciata senza parole, e poi se ne era andato. Mi era già successo di ritrovarmi travolta dalla sfiducia senza capirne il motivo. Ma i maschi con le questioni lgbt spesso sono rigidissimi.


Cosa ho imparato fino all'11 luglio: non sono una ragazza coraggiosa, e per questo l'ho sempre pagata 

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