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Quando ho una breve liason con Zac Efron (eh sì, mi piacerebbe)
e poi mi metto a piangere in pineta, e salta fuori il solito.
Sabato 15 agosto 2009
Io non dovrei dirlo, perché Cate è una delle due mie più care amiche. Ma non è che il suo comportamento quell'estate sia stato proprio limpidissimo. Funzionava così, di solito: andavamo nei posti più o meno sempre io, lei, la Bea e la Sophy. Quest'ultima non aveva nessun problema a limonare furiosamente con Giorgini, tanto che la davamo subito per persa. La Bea quando non era in punizione per i numeri che faceva in libera uscita, faceva la vice-Sophy e intratteneva diversi altri ragazzi perché aveva una bella presenza. La Cate passava tutta la sera a messaggiarsi con Ludo e sparire appresso ai tipi suoi amici-di-Tropea che, guardacaso, erano sempre nei paraggi.
Poi magari sono io che sono maliziosa eh.
Fatto sta che ero stata quasi costretta a avvicinarmi a un tipo carino ma un po' brufoloso di nome Alex. Magro ma con un bel fisico e un disperato tentativo di copiare il taglio di capelli di Zac Efron. Ma non riuscivo a sviluppare serenamente quel rapporto perché, cazzo, dovevo stare appresso a Cate!
La gente penserà che io lo dica perché ho la sindrome della crocerossina.
Ma.
Prima di tutto, la crocerossina si fa verso una persona che tu ami o vuoi conquistare, tipo quando vuoi salvare il bad boy di turno, o vuoi trasformare il ragazzo drogato in un devoto cultore dell'acqua minerale. Quindi non era il mio caso.
Secondo, Cate era davvero difficile da gestire perché spariva, ricompariva, spariva di nuovo. Mi chiedeva di accompagnarla in dei posti solo perché i suoi amici-di-Tropea ci andavano, e magari di dare pure un'occhiata in giro mentre lei intanto faceva quello che doveva fare. Quando si ripresentava, con lo sguardo terribilmente basso, mi dava un bacino e mi diceva «Grazie» e io dovevo poi vedermela con Efron, che mi chiedeva dove ero e io come sempre dicevo la verità.
«Sono con la mia amica!» omettendo che la mia amica era con tizi zarri a fare chissà cosa che non voleva mai confessare.
E lo dovevo fare perché me lo chiedeva in ginocchio, mi diceva «Ti prego non dirlo con nessuno! Non faccio niente di strano!» e io scema, le davo retta, e mi cacciavo nei guai quando si trattava del mio rapporto.
Alla fine, Efron si era rotto le scatole e mi aveva mollato, e Viola mi aveva detto che ci aveva provato pure con lei subito dopo, ma aveva declinato per onestà nei miei confronti.
La cosa aveva avuto uno spiacevole strascico quando avevo scoperto che il ragazzo aveva rinverdito la tradizione tipicamente maschile di affibbiare l'appellativo di "troia" alle ragazze che li disilludono. Siccome avevo detto, a suo avviso, troppe volte che ero con la mia amica, automaticamente dovevo aver detto delle balle, e automaticamente, quelle balle dovevo averle dette per coprire rapporti con qualcun'altro che non era lui.
«Ma chi?! Con chi sarei andata?!» gli avevo urlato al telefono quando ero stata gentilmente informata dalla Sophy della voci messe in giro da lui.
Ma ovviamente lui aveva tenuto duro, e io mi ero presa una nuova dose di T-word, il tutto mentre la Cate, continuava ad appartarsi con Gruppo Vacanze Tropea per poi venire da zia Chiara e abbracciarmi e dirmi che ero la sua migliore amica, evidentemente presa dai rimorsi per le cose che faceva e non aveva il coraggio di raccontare.
Buffo che lo aveva tradito spudoratamente per tutta l'estate, e lui non aveva scoperto un bel niente, scaldandosi solo perchè lei non era molto presente, ma alla fine sapete una cosa? Era stato lui a lasciarla.
Tadà! Plot Twist!
Lunedì 31 agosto 2009
Praticamente era andata così: Ludo compiva gli anni il 31 agosto, e doveva fare una festa quella sera in una pizzeria di Pinarella, di quelle che aveva la saletta al piano interrato dove le tavolate potevano anche accoltellarsi tra loro che nessuno avrebbe notato nulla.
Ludo era gasatissimo per quella festa, perché era la prima che avrebbe fatto con la sua fidanzata. Ma anche con tutti i suoi amici un po' così, di quelli con cui si tirava i tovaglioli e faceva le "pozioni magiche" mischiando cocacola e fanta quando erano a tavola.
«Che deficienti» non faceva che ripetere la Cate a ogni occasione in cui ci aveva a che fare.
«Cate, ma mica ti sei fidanzata con tutti loro. Basta che dici con Ludo che la festa ve la andate a fare per i fatti vostri» le avevo risposto.
«E ci siamo capite» aveva ridacchiato la Sophy, che da quando stava con Cico Giorgini, aveva moltiplicato le allusioni al contatto fisico.
«Vabbè che la Cate, le feste le fa tutti i giorni ultimamente, mi sa» aveva aggiunto, provocando la reazione dell'interessata composta da circa diciotto oscenità e la frase «Io non faccio nulla!» che ormai era un suo intercalare.
Il fatto che si fosse scelta gente che non era di Cervia e con cui non avevo voglia di interagire, non ci aveva permesso di scoprire di più. Poteva tranquillamente essere che non ci combinasse nulla sul serio, ma la vedevo un po' improbabile. La Bea era convintissima che avesse già ampiamente perso la sua illibatezza e quando ne parlavamo senza Cate nei paraggi, la cosa più divertente era imitare il padre che lo veniva a scoprire.
Va bene, va bene, eravamo alla festa: la Cate non è che ci morisse dietro all'idea di andarci, ma quando mi aveva chiamata il giorno stesso, impazzita, non pensavo che sarebbe finita così.
«Chia, io devo andare in un posto un attimo, te vieni, e... Viola, mandala avanti, dille che dica che arriviamo!»
«Ma sei scema?! Ma che devi fare adesso che tra venti minuti c'è il compleanno del tuo moroso?!»
«Dai, Chia, non rompere, ci metto un attimo, ok? Un attimo, giuro!»
Viola, scocciatissima, mi aveva preannunciato che non ci avrebbe retto il gioco davanti a Ludo e ai suoi amici per più di qualche minuto, non voleva saperne nulla dei magheggi della mia amica. Io avevo garantito per lei.
Ecco perché mi ritengo fondamentalmente una gran stupida, perché ho sempre avuto fiducia negli altri, e gli altri mi hanno sempre fregata. Cate mi aveva trascinata dalle parti dell'inizio della pineta di Pinarella. In un baretto ci eravamo beccate con i soliti tre o quattro ragazzi che la tampinavano dalla fine di luglio.
Lei saltellava tra loro, trascinandomi verso la pineta giusto per «Fumare un po'»
Ma le facce dei due tipi non è che mi avevano convinta molto, e men che meno le risatine degli altri rimasti a sedere. Avevo dato giusto un tiro tenendomela in bocca senza mandarla giù come mi aveva insegnato la Sophy. La mia compagna invece non si era tirata indietro.
«Cate, cazzo, Ludo?» le avevo sussurrato all'orecchio.
«Due minuti, Chia, giuro, due minuti. Tornano giù oggi che è il trentuno.»
«E non li hai beccati abbastanza?! Li hai visti praticamente tutti i giorni!»
E il cellulare aveva trillato, il whatsapp di Viola Dove siete cazzo. Le avevo risposto che due minuti e ci saremmo mosse, ma i minuti erano scivolati via con quei due sempre più fatti e Cate sempre più presa a dir cazzate sulla sua maledetta famiglia straricca, sulla piscina e sugli inviti che avrebbe fatto ai ragazzi la primavera successiva assieme a sue fantomatiche compagne di liceo.
Era tutta la vita che anelavo a essere più grande, a sembrare una di quattordici quando ne avevo undici, o una di sedici quando ne avevo dodici e mi rimiravo le tette. In quel momento giuro che avrei urlato «Cazzo abbiamo appena finito la seconda media!» ma ero stata una vigliacca e semplicemente avevo finto di ricevere una telefonata e mi ero messa da una parte.
Che poi avevo fatto veramente la telefonata, a Viola, che mi aveva risposto strippando.
«Da Chia, ma dove cazzo state?! C'è Ludo che è fuori di testa! L'ha chiamata tipo cento volte e i suoi amici scemi fanno il toto-corna!»
«Vio io non riesco a portarmela via da qui! Non so come fare, giuro! È qua con 'sti due a fumare e dire cazzate!» avevo risposto con voce quasi rotta
«Ma come... Chia falla schiodare io non la voglio fare questa cosa di-» e poi c'era stato un po' di trambusto, con Viola che discuteva con una voce maschile, che poi aveva preso la parola.
«Pronto, ma dove sei?! Ti ho chiamata cento volte!» mi aveva aggredito Ludo.
«Lu, non sono la Cate, sono la Chia.»
«E dov'è?!»
Giuro, abbaiava.
«Non è che siamo proprio assieme.»
«La stai coprendo?!» mi aveva interrotta, fuori di testa.
«Non la sto coprendo! Giuro che non so dov'è!»
«Tu lo sai e non me lo dici cazzo, non si fa trovare! Doveva stare con te! Mi sta... Dimmelo, cazzo!»
«Ludo dammi un minuto, ok? Un minuto ti prego!» e poi gli avevo chiuso il telefono in faccia e ero scattata verso il posto dove doveva trovarsi la Cate, ma c'era solo uno dei due tipi che mi aveva fatto un sorrisetto da schiaffi.
«Dove stanno?» avevo chiesto.
Lui mi aveva indicato la recinzione posteriore di una pizzeria che dava direttamente sulla pineta. L'avevo trovata impegnata a limonare col tizio mancante.
Quando l'avevo presa per una spalla dicendo «Cate, cazzo, succede un casino almeno rispondi a 'sto cazzo di cellulare!» lei era scivolata via dal tizio che stava bellamente a pantaloncini mezzi abbassati con il suo bell'arnese sull'attenti. Ovviamente lui aveva protestato a lungo, insultandomi. La mia amica aveva provato a allontanarmi con un infastidito «Lo chiamo dopo» ma le avevo messo sotto il naso il mio cellulare dove LUDO MAZZOTTI lampeggiava.
Lei mi aveva guardata. Lo sguardo triste, uno sguardo che non mi sarei mai aspettata in quel momento.
«Non voglio chiamarlo» mi aveva detto, e io ero rimasta lì, col cellulare a penzoloni, guardandola arrampicarsi nuovamente sull'erezione e rimettersi a limonare.
Che poi forse non sarebbe successo nient'altro se l'altro non si fosse avvicinato mentre ancora ero lì impalata, dicendomi «Dai, non guardare solo» e prendendomi per un fianco. Mi ero messa a urlare in maniera inumana, come se mi stessero squartando, e poi ero scappata, e non ero nemmeno andata verso la bici ma da tutt'altra parte. E avevo chiamato Mirkino.
«Mi, ti prego vieni a prendermi.»
«Chia, ma dove cazzo sei?» mi aveva chiesto, quasi sbalordito.
«Non lo so, sto tipo all'inizio del lungomare vicino alla pineta. Ti prego vieni.»
E avevo pianto, perché io non sono capace di risolvere certi casini, volevo solo mettermi nelle braccia di qualcuno che tenesse lontano gli altri, e avevo l'impressione che l'unico che potesse farlo fosse lui.
Ludo ovviamente aveva lasciato quella sera stessa la Cate, per messaggio, aggiungendo che non si era mai sentito così preso per il culo.
Se fosse successo a me, come minimo mi sarei beccata cento "troia", ma Ludo non le aveva riservato nemmeno una di quelle paroline.
Chiara arrenditi, sei sempre stata una tartassata dalla sfortuna.
Cosa avevo imparato alla fine di Agosto: che io quando vado nel panico faccio sempre le scelte più idiote. Fisso.
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