Giugno 2010
Quando finisce la scuola e noi dovremmo studiare per gli esami
ma è più divertente leggere quello che scrive Matilde
Sabato 5 giugno 2010
La fine delle scuole medie per me è stato un momento veramente carico di emozioni contrastanti. Senza dubbio un punto di svolta, un varco da superare, nel bene e nel male.
L'ultimo giorno di scuola, eravamo andati al mare, come regalo della Zamagni agli ultimi sedici coraggiosi che non avevano saltato quel giorno così caldo. Era stata una mattina quasi idilliaca che però non aveva nascosto del tutto il sottile velo di ipocrisia che c'era sempre, in quella classe.
Al netto di quello che era successo a me, l'anno scolastico era stato un campo di battaglia anche per altre persone, un susseguirsi di conflitti piccoli e grandi.
Alessia e Martina, per esempio, nonostante provenissero dalla stessa scuola elementare e inizialmente fossero quasi BFF, avevano visto sfaldarsi il loro rapporto e avevano passato mesi a farsi dispetti, a lanciarsi frecciatine velenose in classe e a parlar male l'una dell'altra alle spalle. La prima sapeva essere terribilmente stronza e la seconda, quando si impegnava, sembrava veramente una deficiente in grado di parlare solo di unghie e makeup. I loro mondi erano all'opposto e il motivo per cui la Collinelli aveva scelto il liceo classico era perché la sua seconda opzione, il linguistico, sarebbe stato quello frequentato dalla Marty. Eppure, in quel giorno di addii, eccole abbracciarsi, scambiandosi promesse di restare in contatto e messaggi affettuosi sul diario a cui non avrebbe creduto il più fesso dei bimbi delle elementari. Lo sprezzo e l'ironia con cui si trattavano, scomparsi per un attimo nel nulla, sepolti sotto uno strato di sorrisi forzati e frasi di circostanza.
Anche Gabri e Aaron non erano da meno: dalla seconda si giocavano lo stupido titolo di Maschio Alpha della classe a suon di idiozie. Non più tardi di quindici giorni prima erano quasi arrivati alle mani per una battuta di Gabri del tipo «Rischi di finire le medie in cinque anni» che Aaron aveva mal digerito. Si erano presi per la maglietta a vicenda, facendo un po' gli stambecchi nella stagione degli amori, con Noemi che strillava in mezzo perchè guai a toccarle Gabri suo.
Poi era arrivato il prof di motoria e l'avevano piantata.
Quegli stessi due si erano scambiati pacche sulle spalle e battute alla fine di un beach volley che i maschi avevano vinto sulle femmine. Belle merde, oltre a superarci di venti centimetri in altezza, si erano anche inventati le regole, pur di stracciarci,
Poi c'erano le dinamiche di gruppo, quei piccoli clan che avevano disturbato i mesi passati, escludendo e isolando chiunque non si conformasse ai loro standard. I leader dispensavano sorrisi e complimenti, come se non avessero mai ridicolizzato i "diversi" e come se le ferite inflitte non fossero ancora aperte.
Aura aveva passato gli ultimi sei mesi a perdere progressivamente interesse per qualsiasi cosa che riguardasse la scuola e non fossero le ore di arte, per il resto disegnava, sempre, continuamente, anche nei bordi dei libri. Qualche genio la chiamava malignamente Auti, dimostrando di non saper nemmeno cogliere le differenze tra una persona riservata e una persona autistica.
Alcuni di quelli che la chiamavano così quando non era presente, si erano fatti disegnare sull'avambraccio il personaggio che Aura usava per le sue strisce umoristiche, e che lei, in un moto di altruismo, aveva deciso di regalare come saluto alle medie.
E così, tra abbracci e strette di mano, ci eravamo detti che era finita, mancavano solo i giorni di esame. Tutte le promesse di scriversi, di vedersi, di non dimenticarsi mai, esplose durante la gita e alimentate in quell'ultimo mese dal rincorrersi di voci di chi si sarebbe iscritto dove, si sarebbero sciolte come ghiaccioli al sole.
Disincanto? Avevo avuto un importante saggio di quello l'anno prima con Sophie, completamente scomparsa dai radar. Ci sentivamo ormai pochissimo, dopo aver passato alcuni mesi in cui l'avevo sentita quasi la mia migliore amica.
In fondo, forse, quello che stavamo facendo non era altro che un rito di passaggio, un tentativo di addolcire la separazione con gesti di amicizia, anche se fasulli. Forse ci comportavamo così per la paura di quel passaggio, forse ci spaventava la vita adulta, ed era per quello che cercavamo di stringerci tra noi, anche se non ci avremmo voluto come compagni di viaggio ideali.
Io forse ero proprio così: le mie due amiche più care avevano scelto una scuola diversa dalla mia. Per me il futuro era piuttosto nebuloso.
Gli altri?
Andrea Cantore e Alessia sarebbero andati al Classico a Cesena; Martina, Romina e Rinald sarebbero andati al Linguistico, sempre a Cesena. Aura, Emma e Viola sarebbero andate all'Artistico a Ravenna; Gaia, Cate e Matilde a Scienze Umane; Thomas a Geometri, Ashley e Luna al Macrelli-Versari, indirizzo moda; Aaron e Mirco al Comandini; Io, Noemi, Tommaso e Gabriele all'alberghiero; Lorenzo e Edo all'Itis.
Già sapevo che per volontà mia, molti di loro non li avrei più rivisti, e in fondo in tanti casi ciò mi stava bene.
Giovedì 17 giugno 2010
Che settimana antipatica, quella delle prove, tutte in fila 14, 15 e 16 e poi, per finire in bellezza, pure 'sta roba dell'Invalsi, con cui alcuni professori ci avevano fatto due palle così negli ultimi mesi.
Studiavamo con Matilde, ma ci aveva espressamente vietato di andare sia a casa di Cate, dove c'era la piscina, sia in posti tipo in bar della spiaggia, dove io e il piccolo demone scambiavamo appunti hot sui tipi, più che ripassare scienze.
«Ma poi te, Chia, non hai il tipo?» mi chiedeva Maty, stravolta da quello che dicevo e caricata da Cate che come al solito non risparmiava nulla.
«Ma che c'entra?!» pure te hai il tipo, e leggi quelle robe. Lo sai» avevo risposto sorridendo un po' ironica.
«Eh, Maty, lo sappiamo che leggi le cose zozze» mi aveva fatto eco la Cate, a cui piaceva buttare su, «che poi con Toschi fate i film tratti da.»
«Cate!!!» aveva risposto la Maty scandalizzatissima trattenendo a stento le risate.
«E poi non sai una cosa, Chia.»
«No, Cate, per favore» aveva implorato Titti Tettona, che aveva le guance già avvampate.
«Dai, ma che ti frega. Sei brava!» aveva insistito l'altra.
«No, dai, non parliamone»
«Ma figurati, che Chiara mica ti sputtana. Lei è già la queen delle sputtanate.»
«Ma di che state parlando, maledette?» avevo sbottato.
Cate s'era fatta cospiratoria, avvicinandosi a me.
«Matilde ha iniziato a scrivere storie zozze.»
«Ma non sono zozze Cate! Se la devi raccontare, raccontala giusta» aveva replicato Maty, piccata.
«Allora diccelo tu, Sexylady.»
Matilde si era agitata. Non lo faceva mai e questo mi aveva fatto capire che sotto c'era qualcosa di un minimo torbido, l'avevo sollecitata a parlare che tanto, di studiare ne avevo voglia zero.
«Sto semplicemente provando a scrivere dei racconti, e sono partita con quello che pensavo potesse essere più interessante.»
«I racconti porno su Harry Potter» l'aveva interrotta Cate.
«Cate cazzo ma mi fai spiegare!» aveva replicato Maty, inferocita, dicendo una parolaccia, udite udite! «Ho scritto un racconto sentimentale, una romance. Sì, è una romance e, beh, essendo una romance, ci sono delle scene un po' esplicite tra i personaggi.»
«Ma sul serio scene esplicite cioè... fanno sesso?»
«No, giocano a Monopoli, ritardata!» aveva sghignazzato la Cate, e io in effetti mi ero sentita un po' ignorante.
«Ma sono come quelle che mi hai fatto vedere a pasqua? Me le fate leggere?» avevo muggito. E la Cate aveva tirato fuori all'istante il cellulare e aveva aperto 'sto sito di social reading, con l'autrice in uno stato di lieve imbarazzo.
Dopo aver brevemente scorso una storia, me l'aveva messa sotto il naso. E in effetti non è che ci fosse molto di lasciato all'immaginazione. Dalle ultime letture che avevo fatto delle sue storie, le sue fantasie si erano approfondite in tutti i sensi. Quando avevo finito la scena, avevo avvertito un gran bisogno di passare alla macchinetta per prendermi una mezza bottiglia di acqua ghiacciata.
«Maty, tanta roba. Ma è frutto della tua fantasia? O, che ne so, guardi i porno?» avevo scherzato.
Lei si era risentita.
«Assolutamente no. La pornografia non fa bene alle relazioni amorose vere. È una visione distorta e irreale del sesso e delle relazioni intime. E crea aspettative irrealistiche su come dovrebbero essere le esperienze sessuali, e portano solo a frustrazione e insoddisfazione nella vita reale.»
La risposta così recisa di Matilde forse ci aveva messo un po' a disagio.
Io in realtà qualche immagine e qualche video ovviamente le avevo viste, e certo, gli attori erano poco probabili, ma non è che mi erano poi così dispiaciute, mi sembrava una cosa eccitante e allo stesso tempo vergognosa. Un mix stranissimo.
«No, però Maty, a me non sta bene questo discorso» aveva obbiettato la Cate, «La vera frustrazione è vedere tutte 'ste cazzo di attrici fighissime che vivono storie d'amore splendide con tipi fighissimi. Cioè, tutti film creano aspettative irrealistiche allora.»
«Ma non puoi mettere le due cose sullo stesso piano, quello che dici te è sentimento, io non mi innamoro di un corpo, mi innamoro di una persona! I porno distorcono la percezione del sesso e dell'amore, rovinano l'intimità nelle relazioni, minano l'autostima» poi aveva un attimo ripreso fiato, «io scrivo racconti con scene esplicite ma tra persone che si amano e si vogliono fare del bene a vicenda.»
«E si fanno del gran bene» avevo provato a fare la battuta, ma entrambe mi avevano fulminato con lo sguardo.
«Stavo dicendo» aveva ripreso seccamente la Maty, «che questa non è pornografia, la pornografia è semplicemente il ricavare il piacere fisico da quelli che sono lì con te, chiunque essi siano. Il piacere fisico è una cosa seria, perchè non è amore e, nei casi peggiori, può portare anche a comportamenti dipendenti che poi rendono più difficili i rapporti sentimentali veri.»
Cate si era evidentemente irrigidita, e zittita.
Cosa ho imparato a Giugno 2010: la differenza tra porno e fanfiction, che a volte quasi non c'è
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