Un piccolo barlume di speranza

Il gruppo, ora finalmente riunito, aveva trovato un'auto, più precisamente un pick-up, grazie all'ingegno di Jorge, e stavano percorrendo una strada che li avrebbe condotti nelle montagne. 
Thomas si appoggiò allo schienale del sedile, cercando di godersi per un momento la relativa tranquillità del viaggio.
Newt aveva la testa poggiata sulla sua spalla ma il moro non riusciva a capire se stesse riposando o no.
Il rumore del motore era l'unico suono che rompeva il silenzio, mentre la vastità del paesaggio montano li avvolgeva da ogni lato. 

Le montagne ora erano vicinissime, tanto che sembrava che le pareti rocciose stessero per inghiottire la strada.  
Poi, però, un ostacolo inatteso si parò davanti a loro: la strada finiva bruscamente in un tunnel scavato attraverso una delle pareti rocciose.
La strada che portava al tunnel, però, era bloccata. 
Una decina di auto abbandonate, ormai arrugginite e scoperchiate, ostruivano completamente l'ingresso, impedendo a chiunque di proseguire senza scendere dal veicolo. 
Jorge fu il primo a scendere dall'auto, sbuffando «Bene, da qui si prosegue a piedi» disse con un tono che non ammetteva repliche.
Gli altri lo seguirono senza esitare. 
Thomas si avvicinò a Newt, che aveva un'espressione più serena, quasi sollevata. 
Sembrava stesse recuperando un po' di forze, ma era evidente che non era ancora al meglio. 
Con un sorriso incerto, Thomas gli chiese: «Ce la fai a camminare?»
Newt sollevò lo sguardo e, per un attimo, Thomas vide un'ombra di leggerezza nei suoi occhi «Altrimenti che fai? Mi porti in braccio?» rispose, il tono beffardo e ironico che ormai Thomas riconosceva come un segno che, nonostante tutto, si stava riprendendo.
Thomas sorrise, apprezzando il fatto che Newt riuscisse a scherzare anche in una situazione del genere, e decise di stare al suo gioco «Se proprio devo»
Proprio in quel momento, però, una voce femminile squarciò la calma che aleggiava intorno a loro, interrompendo il piccolo momento di sollievo.
«Non vi muovete!» urlò, la voce era tagliente come una lama.
Un'altra voce femminile si aggiunse subito dopo, più calma ma altrettanto autoritaria «Mettete le mani in alto e giratevi lentamente»
Thomas si irrigidì. 
Il cuore gli balzò nel petto mentre lentamente usciva dall'auto facendo un cenno a Newt di rimanere dentro, la tensione che cresceva palpabile. 
Tutti gli altri si fermarono, senza fare un movimento, con espressioni di apprensione e confusione.
Davanti a loro, sulla strada polverosa, due ragazze si stagliavano, apparentemente uscite dal nulla. 
Entrambe portavano cappucci scuri e delle bandane su bocca e naso che nascondevano gran parte dei loro volti, lasciando intravedere solo i loro occhi, intensi e vigili. 
Le armi che stringevano con fermezza non lasciavano spazio a interpretazioni: non erano venute a fare conversazione.
«Chi siete?» chiese una delle ragazze, avanzando di qualche passo, il fucile ancora puntato verso di loro.
«Non abbiamo cattive intenzioni, ci serve solo un aiuto» rispose Thomas, cercando di mantenere la calma. 
Ma la ragazza non sembrava convinta «Chi siete?» insistette, con una freddezza che metteva i brividi.
Il clima era teso; ma, improvvisamente, l'atteggiamento della ragazza cambiò. 
I suoi occhi si spalancarono, poi si sforzò di guardare meglio, e quando vide un volto familiare, il suo tono si fece meno minaccioso «Aris?» disse, alzando lentamente il cappuccio e rivelando un viso giovane ma segnato dalla fatica.
Thomas si voltò verso Aris, scrutandolo con attenzione. 
Cosa stava succedendo? Chi erano quelle ragazze?
Aris, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, ora sorrideva. 
Con un passo deciso, si avvicinò alla ragazza, che nel frattempo si era fatta avanti «Non ci credo. Harriet!» un sorriso ampio che distese il suo volto «Rachel!» 
Poi abbracciò calorosamente entrambe.
Thomas e gli altri rimasero immobili, confusi, mentre osservavano la scena.
Minho, visibilmente perplesso, fece un passo avanti «Potreste spiegarci cosa sta succedendo?» chiese, con una punta di frustrazione nella voce.
Aris, con un'espressione che sfiorava l'euforia, rispose rapidamente: «Eravamo nel Labirinto insieme»

Le due ragazze, dopo aver ascoltato la spiegazione di Aris, si scambiarono uno sguardo di intesa e subito presero una decisione. 
Rachel, con un gesto deciso, ordinò a un gruppo di uomini che stavano facendo la guardia nelle vicinanze di avvicinarsi «Liberate la strada» disse «Non sono nemici»
In un attimo, un gruppo di circa dieci uomini si avvicinò, pronti a rimuovere le auto che bloccavano il tunnel. 
Il lavoro non fu breve, ma alla fine la strada fu liberata.
Aris, poi, si rivolse ad Harriet «Come siete arrivate fino a qui?»
«Ci ha liberati il Braccio Destro»
Thomas, che stava ascoltando attentamente, intervenne: «Il Braccio Destro? Tu sai dove sono?» La curiosità, e una punta di preoccupazione, si mescolavano nella sua voce.
Harriet si lasciò sfuggire un sorrisetto «Seguiteci»
Poi, senza indugi, salì su una delle auto parcheggiate, seguita da Rachel e un paio degli uomini.

Il gruppo li seguì a bordo della propria auto oltre il tunnel e poi lungo una strada sterrata per un lungo tratto.
Quando si fermarono Thomas capì che erano arrivati in quello che sembrava un accampamento.
Erano tutti scesi dalle auto e adesso stavano camminando per raggiungere quel luogo.
Thomas stava aiutando Newt a camminare tenendolo stretto a sè, non lo avrebbe lasciato indietro per nessuna ragione al mondo.
Non poté fare a meno di notare come, nonostante la natura precaria della situazione, il posto fosse sorprendentemente ben organizzato. 
Non si trattava di un rifugio improvvisato, ma di una piccola comunità che aveva creato una routine. 
I suoi abitanti si muovevano con una certa sicurezza e familiarità, come se quel luogo fosse diventato ormai casa per loro. 
C'erano almeno un centinaio di persone, alcune camminavano a passo rapido trasportando oggetti, altre chiacchieravano tranquillamente intorno a piccoli falò che crepitavano. 
«L'hanno costruito oltre un anno fa» disse Harriet che si trovava in testa al gruppo «È tutto quello che abbiamo»
«Siete stati fortunati a trovarci» aggiunse Rachel, il suo tono più pratico, ma altrettanto diretto «Restiamo in un posto per poco tempo. Ci muoviamo spesso»
Ad un tratto, un uomo sulla cinquantina, dal volto segnato e dallo sguardo severo, si fece avanti, seguito da una donna dai capelli scuri.
«Chi sono?» chiese l'uomo, il suo sguardo, indagatore, si fermò prima su Aris, poi su Thomas e gli altri. 
«Sono immuni» cominciò a spiegare Harriet, mantenendo un tono fermo «Li abbiamo trovati in mezzo alle montagne»
L'uomo sollevò un sopracciglio, ma non parlò subito. 
Si girò verso la donna che lo seguiva, come per chiedere un parere. 
Lei annuì lentamente.
«Li avete controllati?» chiese l'uomo, puntando nuovamente lo sguardo su di loro. 
La sua voce era tagliente, ogni parola caricata di sospetto.
Harriet rispose senza battere ciglio, come se fosse preparata a ogni domanda «Lui è Aris, il ragazzo di cui vi abbiamo parlato. Era nel Labirinto con noi»
«E questi altri?» L'uomo sembrava non essere ancora convinto.
Si intuiva perfettamente che non era abituato a dare fiducia facilmente, soprattutto a chi non conosceva.
«Anche noi eravamo nel Labirinto» intervenne Thomas, con un tono che cercava di essere più rassicurante, ma la sua voce si fece un po' più incerta quando aggiunse: «In un altro Labirinto» si corresse subito, comprendendo che sarebbe stato meglio chiarire subito ogni fraintendimento.
L'uomo lo fissò con intensità, ma non disse nulla per qualche secondo. 
Il silenzio tra loro era palpabile, come se stessero misurando le parole, cercando di capire se si potevano fidare. 
L'atmosfera sembrava farsi più pesante.
«Sapete bene che non mi fido degli estranei» disse finalmente Vince, il suo tono bruscamente pratico, mentre il suo sguardo passava da una faccia all'altra, come se fosse in attesa di una reazione.
Rachel, con calma, lo affrontò senza titubare «Vince, noi ci fidiamo di Aris»
Ma la risposta di Vince non si fece attendere «Ma io no»
Thomas, però, non si fece intimidire. 
Con determinazione intervenne: «Vi chiamano ''Il Braccio Destro''. Hanno detto che avete colpito due delle basi di W.C.K.D.» continuò, sperando che quelle parole avessero il peso giusto.
Vince fece un'espressione torva «Mhhh, W.C.K.D.» borbottò tra sé e sé, come se il nome suscitasse in lui un sentimento di disprezzo profondo.
«Siamo scappati da una delle loro basi»
«Lasciamoli entrare» affermò la donna tutto d'un tratto che fino a quel momento era rimasta in silenzio. 
Vince si girò di scatto verso di  lei, non aspettandosi un'affermazione del genere da parte sua «Come sarebbe a dire, dottoressa?»
Lei però non gli rispose, aveva gli occhi puntati su Thomas e gli sorrise «Ciao Thomas»
Lui rimase sorpreso nel sentire la donna pronunciare il suo nome «Lei mi conosce?»
«Interessante» lei chinò il capo «Capisco perchè ti hanno mandato nel Labirinto. Anche se, dopo che ti sei ribellato, temevo che ti uccidessero»
«Perchè, cosa ho fatto?»
«Ne parleremo più tardi» poi si voltò verso Vince «Ti basti sapere che possiamo fidarci di lui»
Alla fine, dopo un lungo momento di riflessione, l'uomo sospirò e annuì lentamente «Va bene. Potete restare, ma fate un passo falso e non indugerò a liberarmi di voi»
Thomas fece un cenno con il capo in segno di gratitudine, anche se dentro di sé sentiva il peso di quelle parole. 
Sapeva che quella fiducia poteva essere messa alla prova molto facilmente.
«Quindi lei è un medico? Il mio amico ha bisogno di una mano» aggiunse poi, guardando la donna e facendo un cenno verso Newt che stava ancora in piedi solo grazie al suo sostegno.
«Seguitemi, vedo cosa posso fare» disse, la sua voce calma ma decisa.

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