Non c'è più nulla da fare
Thomas si alzò lentamente, facendo attenzione a non fare rumore, e si allontanò dal suo nascondiglio.
Quando fu abbastanza vicino, rimase immobile, osservando la scena che si stagliava sotto i suoi occhi con crescente preoccupazione.
Tutti, dai suoi amici al gruppo di Vince, erano inginocchiati sul terreno, i volti distorti da espressioni di paura e impotenza.
Davanti a loro, in piedi come una figura minacciosa, c'era Janson, che li guardava con un sorriso soddisfatto, quasi godendo del controllo che aveva su di loro.
Un brivido gelido corse lungo la schiena di Thomas mentre fissava quell'uomo che sembrava finalmente aver ottenuto ciò che voleva.
Poco più avanti, in mezzo a una pozza di sangue giaceva Mary.
I suoi lunghi capelli scuri le coprivano il volto, ma la posizione in cui giaceva e la totale assenza di movimento erano segnali evidenti.
Non c'era bisogno di guardarla da vicino per capire che non respirava.
I suoi occhi si mossero poi verso gli uomini vestiti di nero, che stavano usando un dispositivo per scannerizzare le nuca dei ragazzi inginocchiati, assomigliava a quello che aveva usato Jorge la prima volta che si erano incontrati.
Gli uomini, tra una scansione e l'altra, annunciavano dei codici in maniera meccanica: «A7», «B3», «A5» .
Un fremito gli percorse la schiena.
Solo in quel momento ebbe un'intuizione: un microchip identificativo.
L'idea lo colpì con forza.
W.C.K.D. non avrebbe mai lasciato niente al caso.
Prima di essere mandati nel Labirinto, dovevano aver impiantato qualcosa in ognuno di loro, una sorta di identificativo per tenerli sotto controllo.
Un dispositivo che ora gli uomini stavano utilizzando per schedarli uno per uno.
Mentre pensava a tutto ciò, riuscì a sentire la voce di Janson, che si rivolse a uno degli uomini vicino a lui, concentrato su un tablet sul quale stava per l'appunto annotando i codici.
«Quanti ne abbiamo presi?» chiese, osservando gli altri uomini che continuavano a pronunciare codici.
«Tutti, più o meno» rispose l'uomo, annotando i numeri.
«Come ''più o meno''?» replicò Janson con un accenno di frustrazione nella voce.
«Qualcuno è scappato» rispose l'uomo, quasi scusandosi.
Janson si guardò attorno con uno sguardo freddo, cercando di individuare chi fosse sfuggito.
«Dov'è Thomas?» chiese, la voce che tagliava l'aria come un coltello.
Il ragazzo si fece coraggio e, pur sapendo che non avrebbe avuto molte possibilità di fuga, decise di affrontare la situazione.
Con un respiro profondo, alzò la testa e, con un tono deciso, rispose: «Sono qui»
Immediatamente, gli uomini armati più vicini a lui si volsero verso di lui, puntandogli le armi contro «Fermo dove sei!» gli urlarono, ma Thomas non si scosse.
Sapeva che doveva mantenere la calma, anche se il terrore stava cercando di sopraffarlo.
Uno degli uomini si avvicinò con passo deciso «Metti le mani dietro la schiena!» ordinò, afferrandolo in modo brusco e trascinandolo verso il gruppo di prigionieri inginocchiati.
Janson, ormai sorridendo con un'espressione sadica, si rivolse all'uomo che annotava i codici «Portatela qui»
L'uomo annuì e, con un gesto rapido, digitò qualcosa sul suo tablet.
Thomas sfruttò quel momento di distrazione per voltarsi verso Newt, che era proprio accanto a lui, e lanciò uno sguardo anche a Minho, Frypan e Sonya.
Ogni muscolo del suo corpo era teso, ma riuscì comunque a sussurrare: «State tutti bene?»
Minho rispose con un mezzo sorriso amaro «Potremmo stare meglio»
Newt, che sembrava quasi rassegnato, gli chiese con tono preoccupato: «Tommy, perché non sei scappato?»
Lui lo guardò negli occhi con determinazione «Non vi avrei mai lasciato da soli. E poi sono stanco di scappare»
Nel frattempo, uno degli elicotteri si stava avvicinando intento ad atterrare a qualche metro di distanza da loro, sollevando una nuvola di polvere così densa che tutti dovettero chiudere gli occhi per proteggersi.
Il rumore assordante dei rotori copriva ogni altro suono, ma non appena la polvere cominciò a calare, il portellone si aprì.
Thomas, ancora accecato, si sentì come se il tempo si fosse fermato quando vide chi stava uscendo.
No, non poteva essere, era morta, l'aveva vista morire.
«Ma quella è...» fece Newt, quasi incredulo.
«La dottoressa Ava Paige» rispose Thomas che ricordava ancora il suo nome nonostante, come tutti, l'avesse sentito solo una volta.
La donna era vestita completamente di bianco, un colore che sembrava inappropriato in un contesto tanto distruttivo.
Si avvicinò a Janson con passo deciso «Sono tutti?» chiese, la sua voce ferma e precisa.
«La maggior parte... ma sarà abbastanza» rispose lui.
Ava Paige annuì e fece un lieve cenno con la testa «Inizia a caricarli»
Janson obbedì senza indugi, mentre gli uomini cominciarono a spingere i ragazzi, uno dopo l'altro, verso l'elicottero.
All'improvviso, Thomas sentì una mano sulla spalla che lo sollevava con forza, per poi ritrovarsi faccia a faccia con la dottoressa.
«Ciao, Thomas» disse lei, la sua voce tranquilla e misurata.
Poco dopo, vide Teresa avvicinarsi con passo esitante.
Non ne fu sorpreso, ma il cuore gli batté forte nel petto.
La ragazza si stava avvicinando con titubanza e Ava la prese delicatamente per il braccio, attirandola a sé con un sorriso «Sono felice che stai bene»
Con la coda dell'occhio, Thomas notò che i suoi amici si stavano radunando intorno a lui, visibilmente confusi.
«Cosa? Teresa?» chiese Minho, incredulo.
«Ma che significa?» aggiunse Newt.
«Lei sta con loro» la voce di Thomas era tagliente mentre fissava Teresa con uno sguardo carico di rabbia.
Lei alzò lo sguardo verso il ragazzo, come se quella sua affermazione la ferisse.
Non disse nulla, ma i suoi occhi comunicavano più di quanto le parole potessero fare.
«Da quando?» chiese Frypan.
«Teresa ha un'alta considerazione del bene più importante» intervenne Janson dopo essersi avvicinato.
Thomas sentiva il rimorso crescere dentro di sé.
Aveva fatto una scelta, aveva permesso a Teresa di unirsi al gruppo solo perché lei era nei suoi ricordi.
Era colpa sua.
Lui era la causa di tutto ciò.
La ragazza finalmente parlò, ma le sue parole erano piene di dolore «Mi dispiace, Thomas. Non avevo altra scelta. Questa era l'unica strada. Dobbiamo trovare una cura» La sua voce tremava, ma Thomas non riusciva a sentire nulla di convincente in quel tono quindi evitò il suo sguardo.
La sua mente correva indietro, al momento in cui aveva accettato che Teresa facesse parte del gruppo.
L'idea che lei potesse tradirli non gli era mai passata per la mente.
«Ha ragione» si intromise la dottoressa Paige facendo una breve pausa «È solo un mezzo per arrivare a un fine. Un tempo lo capivi, Thomas» aggiunse, cercando di trovare una connessione che sembrava ormai irraggiungibile «Non importa cosa pensi di me. Io non sono un mostro. Sono un dottore. Ho giurato di trovare una maledetta cura. Ad ogni costo!»
Le parole le tremavano sulle labbra, ma l'intensità con cui le diceva mostrava quanto fosse combattuta.
Thomas non riusciva a guardarla con la stessa comprensione che forse aveva un tempo.
L'odio lo invase, ma era un odio amaro, quasi disilluso.
Ava Paige sospirò, poi si rivolse a Janson «Forza, caricate i ragazzi e sbarazzatevi degli altri»
Tutto si fece confuso.
Mentre Ava e Teresa si allontanavano, alcuni degli uomini cominciarono a spingere e strattonare i ragazzi verso l'elicottero.
«Aris! Rachel!» urlò Harriet, vedendo i due ragazzi portati via senza riuscire a ribellarsi.
Vince cercò di opporsi mentre altri ragazzi venivano portati via, ma un uomo lo atterrò colpendolo al petto con il calcio della sua arma.
Il cuore di Thomas accelerò quando vide che anche Sonya era stata presa.
«Sonya! No!»
Doveva fare qualcosa, non poteva permettere che la portassero via.
Il momento di agire era arrivato.
Con un colpo rapido, diede una gomitata all'uomo che stava per trascinare via anche lui.
Poi, in un attimo di lucidità, estrasse dall'interno della giacca una sorta di ordigno esplosivo che aveva preso poco prima nel borsone.
«State indietro!» urlò, alzando l'oggetto in modo che tutti lo vedessero.
La sua voce tremava, ma cercò comunque di non darlo a vedere.
Gli uomini gli puntarono nuovamente le armi contro, allarmati.
Janson, con il volto teso, ordinò di non intervenire.
«Non avvicinatevi!» urlò Thomas, cercando di sembrare il più minaccioso possibile «Lasciateli andare!»
Teresa si fece avanti, le mani alzate, come se volesse calmare la situazione.
La sua voce tremava «Thomas, ti prego, fermati! Abbiamo un accordo. L'hanno promesso, non ci faranno nulla. A nessuno di noi»
Thomas la guardò, incredulo «E vuoi che ti creda?»
La dottoressa Paige, vedendo che la situazione stava degenerando, fece un passo in avanti, cercando di placare le acque «È vero. Era la sua unica condizione»
«Non mi importa!» si oppose lui.
«Possiamo fare in modo che torni tutto come prima»
Lui la guardò con un'espressione tale da farle capire che non si sarebbe mai più fidato delle sue parole; non era sicuro al cento per cento di volerlo fare, ma se l'alternativa era quella di tornare lì dentro preferiva farla finita mentre era ancora libero.
«Thomas, vuoi davvero fare questo ai tuoi amici?» lo punzecchiò Janson.
Era una cosa che, effettivamente, non aveva calcolato.
I ragazzi erano troppo vicini a lui.
Tentennò un momento, fino a quando non sentì una presenza alle sue spalle.
«Siamo con te» disse Newt facendo un cenno verso Minho e Frypan.
Thomas gli lanciò un'occhiata preoccupato, ma loro fecero un cenno con la testa come a dire che erano d'accordo.
Si voltò nuovamente verso lo schieramento nemico fino a quando i suoi occhi non incrociarono quelli di Sonya.
La ragazza, tenuta ancora in ostaggio con le mani dietro la schiena, fece un sorriso tradendo però la sua tristezza.
Erano tutti d'accordo con la sua decisione e quello gli bastava.
Chiuse gli occhi e prese un bel respiro.
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