Con l'acqua alla gola
Il caos lo stava travolgendo.
Thomas sentiva il battito del cuore accelerare, il rumore dell'allarme che rimbombava nelle orecchie come un tuono incessante.
I medici provavano insistentemente a fermarli, dicendo che non sarebbero andati lontano, ma Thomas non riusciva a concentrarsi su di loro.
Il rumore metallico di una porta che veniva sbattuta e il suono sordo di un mobiletto gettato da Minho davanti alla porta lo fecero sobbalzare.
«Janson e i suoi stanno arrivando!» annunciò Minho con voce tesa, dopo aver sbirciato dalla finestrella della porta d'ingresso.
Thomas si fermò un attimo Okay, Thomas, pensa si disse, guardandosi intorno, ma la sua mente era in subbuglio.
I suoi occhi scivolarono rapidamente sull'ambiente circostante.
La stanza era caotica, ma proprio di fronte a loro c'era una grande vetrata.
Un'idea improvvisa gli attraversò la mente.
Ma prima che potesse riflettere ulteriormente, qualcosa attirò la sua attenzione.
Un letto in fondo alla stanza, e su di esso, una figura immobile.
Era una persona, in condizioni simili a quelle di Newt e Sonya poco prima.
Era... Teresa.
Dovevano far uscire di lì anche lei.
«Minho!» Thomas richiamò l'attenzione dell'amico afferrando uno sgabello vicino a lui.
Il ragazzo fece lo stesso.
«Al mio tre! Uno... Due... Tre!»
I due ragazzi colpirono il vetro all'unisono, e il fragore del cristallo che si infrangeva riempì l'aria, facendo tremare la stanza.
La vetrata si frantumò in mille pezzi, ma Teresa, fortunatamente, era abbastanza distante da non essere colpita da nessuna scheggia.
Il rumore, però, aveva fatto svegliare la ragazza, che ora fissava Thomas con occhi spalancati e increduli.
Il silenzio che seguì fu surreale, interrotto solo dal ronzio dell'allarme e dal respiro affannato di tutti
«Okay, passate!» urlò Thomas, facendo segno ai suoi amici di procedere.
Tutti erano già dall'altra parte, tranne lui e Newt.
Il ragazzo biondo, con i capelli spettinati e il viso segnato dalla stanchezza, lo guardò per un istante.
I suoi occhi tradivano un velo di incertezza.
Non c'era bisogno di usare le parole, Thomas lo capì subito: Newt aveva bisogno di aiuto, eppure, in qualche modo, sembrava quasi riluttante a chiedere supporto, come se si vergognasse di doverlo fare.
Thomas esitò solo per un attimo, il respiro pesante per la fatica e l'adrenalina.
Poi, senza pensarci troppo, si lanciò in avanti con un balzo agile, superando l'apertura.
«Ci sono io» tese le braccia verso Newt, fissandolo con uno sguardo deciso.
Il viso del biondino si rilassò leggermente, e gli occhi, che per un momento avevano cercato di celare il bisogno, si incrociarono con quelli di Thomas.
Quasi impercettibilmente, Newt fece un piccolo sorriso, quel sorriso che Thomas riconosceva bene: uno di quelli che nascondeva gratitudine e una sorta di sollievo.
Subito dopo afferrò le mani di Thomas, lasciandosi aiutare.
Le sue mani erano fredde, ma la presa era salda.
Thomas lo sollevò con forza, senza esitazione.
Dopo essersi scambiati un veloce sguardo entrambi, consci del fatto che non potevano perdere altro tempo, si diressero verso Teresa.
La ragazza guardava Thomas ancora con sorpresa «Thomas?» la sua voce era incredula, ma al contempo speranzosa.
Lui si fermò di fronte a lei, il cuore in gola, lanciandole uno sguardo deciso «Ti ricordi di me?» chiese con una punta di tensione nella voce.
Teresa fece una smorfia, come se stesse cercando di ricordare, poi sorrise con sarcasmo «Mi sorprende che tu ti ricordi di me» rispose, ma il suo tono era più morbido, come se fosse sollevata dal vederlo.
Proprio in quel momento, Minho, intervenne «Ehm, ragazzi, non vorrei interrompere il momento, ma dobbiamo andare» disse, lanciando un'occhiata preoccupata verso la porta.
Janson e i suoi uomini erano entrati nella stanza da cui loro erano appena usciti.
Teresa sembrava ancora confusa, ma la sua espressione si fece subito più seria «Che sta succedendo?» chiese, alzandosi appena dal letto, mentre cercava di comprendere la situazione.
«È una storia lunga, ma dobbiamo andarcene. Queste persone non sono chi ci hanno fatto credere di essere» le spiegò lui, cercando di farle capire in fretta la gravità della situazione.
Nel frattempo, Minho e gli altri avevano aperto l'unica porta presente nella stanza e si erano infilati in un corridoio buio.
Thomas fece un cenno a Teresa per farle capire che doveva seguirli, e poi si gettò nel corridoio afferrando la mano di Newt.
La loro corsa si interruppe bruscamente quando si trovarono davanti a un portellone chiuso.
Thomas lasciò la mano del biondino e frugò freneticamente nella sua tasca, tirando fuori il tesserino e cercando di inserirlo nello scanner.
Ma il portellone non si aprì.
Il ragazzo fece scorrere il badge più e più volte, ma la porta restava bloccata.
Frustrato, sbatté il pugno contro la superficie metallica «Maledizione!»
Il cuore gli batteva all'impazzata, la pressione aumentava ogni minuto di più.
«Thomas, che avete intenzione di fare?» la voce di Janson lo fece sobbalzare.
Lo vide comparire dall'altra parte del corridoio, insieme ai suoi uomini, che avanzavano con calma consapevoli che i ragazzi si trovavano in un vicolo cieco.
Thomas, con il cuore in gola, sfilò il fucile dalle mani di Minho e avanzò verso di loro «Apri la porta, Janson!» urlò.
«Fidati, è meglio di no» alzò le mani per fargli vedere che non era armato e prese ad avanzare.
«Apri la porta!» gridò ancora, ma questa volta la sua voce tradiva un'irritazione crescente.
«Ascoltami, sto cercando di salvarvi la vita» Janson continuava ad avanzare lentamente «Il Labirinto è un conto, ma non resisterete nemmeno un giorno nella Zona Bruciata»
Thomas si sentì smarrito per un attimo; non sapeva cosa rispondere.
Non sapeva nemmeno se sarebbero riusciti ad uscirne vivi.
La tensione era palpabile.
La loro fuga sembrava già arrivata al termine, e Janson stava solo cercando di prendere tempo.
«Devi credermi. Io desidero solo il vostro bene»
La falsità dietro quella frase gli provocò una lieve risata «Fammi indovinare. W.C.K.D. è buono, giusto?» lo punzecchiò con rabbia.
Janson non rispose, ormai sapeva che poteva anche smettere di mentire.
E lì, all'improvviso, il silenzio si interruppe.
Un beep metallico risuonò, seguito da un clic sordo.
Thomas si girò rapidamente e vide la porta che stava iniziando ad aprirsi.
Dietro di essa vi erano Aris e Winston.
«Hei ragazzi, come va?» disse Aris con un sorriso ironico, mentre la porta finiva di aprirsi.
Thomas non perse un secondo «Forza, passate!» urlò, mentre i ragazzi stavano già oltrepassando la soglia correndo.
«Thomas!» urlò Newt dalla parte opposta del corridoio «Corri!»
Ora o mai più si disse Thomas.
Gli uomini dietro Janson partirono all'attacco e gli puntarono le armi contro iniziando ad avanzare.
Thomas sparò alcuni colpi, colpendo un paio di loro, ma l'arma si scaricò quasi subito.
Senza fermarsi, la gettò via e iniziò a correre, il cuore che martellava nel petto, sperando di non essere preso alle spalle.
«Chiudete la porta principale, subito!» urlò Janson.
La porta si stava chiudendo velocemente Thomas riuscì a passare appena in tempo, scivolando sotto di essa.
Un secondo dopo vide Aris afferrare un idrante appeso al muro e colpire lo scanner accanto alla porta, distruggendolo.
«Solo per essere sicuro che non la aprano con i loro badge» spiegò il ragazzo, guardandoli con un sorriso.
Subito dopo ripresero la fuga.
Thomas continuava però a sentire un peso sul petto; sapeva di non poter ancora cantare vittoria.
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