Alleati
Thomas stava osservando Janson che faceva il suo ingresso nella mensa.
Il suo passo era fermo, ma l'espressione del suo volto, freddo e calcolatore, lo fece rabbrividire.
«Buongiorno ragazze e ragazzi» la voce dell'uomo era calma ma tagliente allo stesso tempo.
Dietro di lui, due uomini vestiti di nero, dall'aria minacciosa, avanzavano senza dire una parola, le mani sulle armi pronti a intervenire in qualsiasi momento.
Il silenzio nella stanza era palpabile, e tutti sembravano aspettare, consapevoli che qualcosa stava per accadere.
«Sapete come funziona: se dico il vostro nome alzatevi e raggiungete i colleghi dietro di me» fece un cenno vago verso i due uomini «Che vi scorteranno nell'ala est, dove comincerà la vostra nuova vita»
I ragazzi, con una speranza che rasentava la paura, iniziarono ad applaudire, ma il suono fu appena accennato, come se ogni battito di mani fosse un tentativo di mascherare la preoccupazione.
«Connor. Evelyn. Justin»
I primi a essere nominati si alzarono con espressioni piene di gioia, un misto di sollievo e speranza nei loro occhi mentre i compagni gli davano pacche sulle spalle.
Thomas guardò il resto della sala.
Quanti sarebbero stati chiamati?
Quanti erano destinati a quella che Janson chiamava "nuova vita"?
La paura di sentire il suo nome o quello di uno dei suoi amici saliva dentro di lui, più forte, mentre altri nomi venivano pronunciati «Peter. Allison. Franklin. E... Abigail»
La lista era finita.
Il resto dei ragazzi rimase in attesa, ma la delusione era scritta nei loro volti.
Le mani di chi non era stato chiamato si stringevano nervosamente, cercando di mascherare il proprio dissenso.
Janson fece una pausa e poi, come se volesse risollevare gli animi, disse: «Non perdete le speranze. Se potessi ne chiamerei altri. Ma c'è sempre un domani, il vostro tempo arriverà»
Quelle sue parole non sembravano altro che una scusa per mantenere il controllo, per farli sentire ancora sotto il suo dominio.
«Prego, mangiate pure» concluse, con un gesto che non lasciava spazio a ulteriori discussioni.
Alcuni ragazzi applaudirono di nuovo, ma l'energia era più debole.
Thomas guardò Minho, che lo fissava con un'espressione preoccupata, e poi rivolse lo sguardo alla porta d'uscita.
Dove stanno portando quelli che sono stati scelti?
Si sentiva come un animale in gabbia, come se tutto quello che stava accadendo fosse un'illusione, un modo per tenerli divisi.
Minho parlò per primo «Dove li portano?»
La domanda fu rivolta a un ragazzo seduto non lontano da loro.
Il ragazzo alzò le spalle, come se la risposta non fosse affar suo, ma poi rispose a bassa voce: «Lontano da qui. Beati loro»
A Thomas quella risposta non bastò «Ma dove di preciso?»
Il ragazzo sembrò riflettere per un attimo, poi rispose con un sospiro «In una fattoria, un posto sicuro, ma ne prendono solo alcuni per volta»
E fu lì che Thomas capì.
Era il momento giusto per muoversi.
Sapeva che non avrebbe avuto molto tempo.
Improvvisamente si alzò e cercò di confondersi tra i ragazzi che erano stati chiamati.
«Hei, dove credi di andare?» gridò uno dei due uomini di guardia all'ingresso, bloccandolo con il suo braccio possente.
Il ragazzo cercò di mantenere la calma «Voglio solo andare a vedere dove sono i miei amici»
«Hai intenzione di prendermi per il culo ragazzino? Tu non vai da nessuna parte» l'uomo lo squadrò con disprezzo.
«Non potete tenerli chissà dove e sperare che nessuno vi dica niente!» disse Thomas quasi urlando e spintonandolo.
Ma l'uomo reagì in un batter d'occhio, respingendolo con forza.
L'energia di Thomas sembrò svanire subito.
«Hei Thomas, calmati!» intervenne Minho afferrandogli un braccio con al seguito Frypan e Winston.
«Portatemi da Sonya e Newt!» insistette Thomas cercando di liberarsi dalla presa dei suoi amici.
«Adesso basta!» urlò l'uomo facendo un cenno al suo compagno, che in un attimo si mosse dalla sua posizione.
Con un gesto secco, i due spinsero Thomas e i suoi compagni verso l'uscita.
Li portarono quasi a forza dentro la loro stanza, sbattendo la porta alle loro spalle.
L'atmosfera era pesante.
L'aria densa e piena di tensione, mentre i ragazzi si guardavano l'un l'altro, cercando di capire cosa fare.
Minho lo stava guardando in cagnesco «Mi spieghi che diavolo volevi fare?»
«Già, credevi davvero che ti avrebbero fatto passare?» aggiunse Frypan scuotendo la testa.
Thomas respirò profondamente e, con un'espressione dura, si allontanò dal gruppo «Ovviamente no» tirò fuori dalla tasca un piccolo oggetto «Ma sono riuscito a prendere questo»
Era un tesserino, quello che aveva prontamente tolto all'uomo di guardia durante quel piccolo scontro.
Una chiave o qualcosa di simile, forse la loro unica via d'uscita.
«Ho visto molti di loro aprire le porte con questo. Magari potrà esserci utile»
Minho lo fissò preoccupato «E cosa vuoi fare? Cercare in tutte le stanza di questo posto Sonya e Newt?»
«Si se è necessario; ascoltatemi, magari per voi non sta succedendo niente, ma per me non è così, c'è sicuramente qualcosa sotto»
La sera era arrivata in fretta, avvolgendo l'intero complesso in una coltre di oscurità.
La luce dei neon tremolava attraverso le sbarre delle finestre, illuminando a malapena gli angoli della stanza.
Minho, Frypan e Winston dormivano profondamente, come sassi, immersi in un sonno profondo.
Thomas, però, non riusciva a chiudere occhio.
Il suo corpo era stanco, ma la mente non smetteva mai di lavorare, di correre in cerca di soluzioni, di un piano che gli avrebbe permesso di uscire da quella maledetta stanza.
Aveva cercato di convincersi che finalmente fossero liberi, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che non era affatto così.
Il posto era troppo sorvegliato, gli uomini armati troppo presenti, i sistemi di sicurezza troppo rigidi.
E poi c'era quella strana sensazione, quella paura incolmabile che si stava insediando nel profondo del suo petto.
Nonostante tutto, nonostante tutte le promesse che gli avevano fatto, Thomas non si sentiva affatto al sicuro.
Si girò nel letto, cercando di trovare una posizione comoda, ma il silenzio era pesante, opprimente.
All'improvviso, qualcosa lo fece sobbalzare. Un rumore metallico, sottile, quasi impercettibile, provenì dal pavimento, proprio sotto il suo letto.
Thomas si alzò di scatto, gli occhi che scrutavano nell'oscurità.
Cosa diavolo stava succedendo?
Poi, di nuovo da sotto il letto, una voce flebile lo chiamò «Hei, quaggiù»
Si chinò lentamente, cercando di non fare rumore.
Vide una figura che emergeva da un'apertura nel muro.
Un ragazzo.
Aveva un'espressione affannata e, soprattutto, un volto familiare.
«Oh mio Dio» mormorò Thomas, il respiro sospeso.
Il ragazzo misterioso lo guardò da sotto il letto e, con un gesto rapido, gli fece cenno di stare in silenzio «Shh. Fai piano»
In un attimo Thomas si rese conto che era lo stesso ragazzo che aveva visto in mensa, quello che era stato nel Labirinto con sole ragazze.
«Cosa diavolo...?» sussurrò Thomas, mentre si chinava per guardare meglio.
«Andiamo» disse lui indietreggiando lungo quello che sembrava un condotto di aereazione «Seguimi»
Thomas si alzò e, senza esitazioni, lo seguì attraverso quel passaggio angusto che a malapena riusciva a contenere il corpo.
La luce tremolante della stanza si abbassò alle loro spalle, lasciandoli avvolti nella quasi totale oscurità.
Il condotto era freddo, e il metallo contro le sue mani gli faceva venire i brividi.
Si rannicchiò, cercando di adattarsi allo spazio ristretto.
«Hei, dove stiamo andando?» chiese, ansioso.
Nonostante il corridoio fosse stretto il ragazzo non si fermava, si muoveva veloce.
«Dai, manca poco» rispose l'altro, senza nemmeno voltarsi.
Thomas cercò di non fare domande, ma ogni muscolo del suo corpo gridava di fermarsi e tornare indietro.
Non sapeva dove stava andando, né chi fosse davvero quel ragazzo.
Ma la sua curiosità e il bisogno di capire cosa stava succedendo premevano come un peso dentro di lui.
Strisciando e muovendosi nel buio, non riusciva a capire quanto tempo fosse passato.
I metri sembravano infiniti, eppure non arrivavano mai a un punto di riferimento. Ma poi, all'improvviso, il ragazzo si fermò. Thomas accelerò il passo per raggiungerlo, il respiro affannoso.
Quando si avvicinò, vide che il ragazzo era accovacciato vicino a una grata metallica, illuminato solo dalla luce che filtrava dall'altro lato.
La grata sembrava dare su un corridoio, e una debole illuminazione proveniva da sotto di essa.
«Fai piano» disse il ragazzo, mentre chinava la testa per guardare attraverso la grata.
Thomas fece come lui, cercando di vedere attraverso le sbarre.
Il corridoio dall'altra parte era vuoto.
Poi, una figura apparve.
Una donna in camice bianco si avvicinò a una porta poco distante.
Estrasse un tesserino dalla tasca e lo passò su uno scanner che lampeggiò con un sibilo elettronico.
La porta si aprì.
Thomas trattenne il respiro.
La donna si fece da parte e, poco dopo, sbucarono un paio di barelle, spinte da persone in camice bianco, come lei.
Sotto le lenzuola, Thomas poté scorgere delle forme rigide e inquietanti... dei corpi.
Il modo in cui essi erano disposti, la loro immobilità, lo fecero rabbrividire.
Poco dopo la porta si chiuse.
Il ragazzo vicino a lui abbassò la voce, sussurrando: «Ogni sera, a quest'ora, ne arrivano di nuovi»
Thomas non riusciva a credere a quello che aveva appena visto «Che gli fanno lì dentro?» chiese, cercando di mantenere la calma.
Il ragazzo scrollò le spalle «Non lo so. Non sono mai arrivato oltre» rispose, il tono quasi sfuggente «I condotti dell'aria finiscono qui» fece una piccola pausa «Ma una volta che superano quella porta... non escono più. Credo che nessuno lasci davvero questo posto»
Thomas si sentiva vuoto, senza parole.
Si guardò intorno, come se cercasse di capire cosa fare «Perché me lo hai fatto vedere?» domandò, la voce più bassa.
Il ragazzo lo guardò con uno sguardo serio «Perché magari a te danno retta. Qui succedono cose strane, lo so che lo pensi anche tu»
Thomas si mise una mano in tasca «Credi che questo possa aiutare?» sfilò da essa il tesserino e il volto del ragazzo si illuminò all'istante.
«Domani, subito dopo cena, incontriamoci qui. Vediamo se riusciamo a scoprire qualcosa»
Thomas gli fece un cenno con il capo.
«Io sono Thomas, comunque»
Il ragazzo annuì e si presentò a sua volta «Aris»
Poi si voltò e sparì nel buio del condotto.
Thomas rimase lì, accovacciato vicino alla grata, i pensieri che gli frullavano nella testa.
Il ragazzo che aveva appena incontrato, il mistero del corridoio e delle barelle, e soprattutto quella sensazione crescente di non essere mai stati veramente liberi.
Aveva visto abbastanza per capire che quel posto nascondeva segreti ben più oscuri di quanto potesse immaginare.
*Angolo scrittrice del 2024*
Ciao ragaa.
Uso questo spazio per dare un piccolo avviso: avendo ricominciato le lezioni all'Uni, purtroppo, potrò postare solo Sabato e Domenica perchè ho lezione tutti i giorni tutto il giorno (Quindi sia mattina che pomeriggio aiut).
Spero che ci sia qualcun* ancora interessat* a questa ff e non abbiate paura di esprimere le vostre opinioni nei commenti! :)
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