È stato punto

Il pomeriggio era, stranamente, arrivato in fretta.
Thomas stava aiutando Newt e un altro ragazzo di nome Zart nell'orto.
Le supposizioni che gli avevano affollato la mente dopo la discussione con Newt della sera prima non gli avevano dato un attimo di tregua, quindi decise che quello era il momento giusto per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
«Avete provato ad arrampicarvi in cima?»
«Certo, l'edera non arriva fin lassù. E poi, anche se fosse, dove andresti una volta in cima?» rispose Newt.
«E allora dalla Scatola? Magari la prossima volta che sale...»
«Ci abbiamo già provato, se entri l'ascensore non riscende»
«Okay, allora forse...»
«Le abbiamo provate tutte, due volte. Senti, fidati di me, tutto quello che ti verrà in mente è già stato provato. L'unica via d'uscita è dal Labirinto»
Thomas si rese conto che le domande che aveva fatto erano davvero stupide.
Davvero pensava che un novellino come lui potesse dare consigli a loro, che erano in quel posto da due anni, su come uscire di lì?

«Presto, aiutatemi! È stato punto!» improvvisamente la voce di Minho squarciò il silenzio di quella giornata.
Thomas vide il ragazzo asiatico aiutare Ben, l'altro Velocista, a camminare.
Erano rientrati prima del previsto, probabilmente a causa di ciò che era successo.
In un attimo un paio di ragazzi, tra cui Newt e Zart, accorsero in loro aiuto e portarono Ben in Medicheria.
Thomas era rimasto fermo dov'era e poco dopo si avvicinò Chuck, anche lui accorso dopo aver sentito le urla di Minho.
«Chuck, che è successo? Che significa che è stato punto?»
«No, questa non ci voleva» biascicò il ragazzino senza rispondere alla sua domanda.
Thomas lo incitò con un cenno del capo ad andare avanti ma Chuck non sembrava molto in vena.
«È stato punto da un Dolente» disse infine.
Dolente... lo stesso nome che aveva pronunciato Newt la sera prima.
«Com'è possibile che sia stato punto solo lui e non anche Minho?»
«Può essere che, per scappare da uno di quei mostri, si sono separati, a volte succede e Ben ha avuto la sfiga di incontrarlo»
Chuck preferì allontanarsi da lui e Thomas non poteva costringerlo a rispondere alla sue domande, si vedeva lontano un miglio che era rimasto abbastanza scosso.
Sarebbe voluto entrare nel capanno per vedere con i suoi occhi come stava Ben ma vi era un via vai interminabile tra i due Medicali, Alby, Newt e Minho e non voleva essere cacciato in malo modo.

L'indomani mattina nessun Velocista entrò nel Labirinto, Alby lo aveva proibito, almeno per quel giorno.
Thomas vide che Newt era seduto da solo, poco distante dalla Medicheria, e decise di avvicinarsi.
«Come sta Ben?»
«Non bene»
«È tanto grave? Che succede se vieni punto da uno di quei cosi?»
Newt non sembrava voler rispondere a quella domanda, poi però sospirò e disse «Si chiama Mutazione o almeno, noi la chiamiamo in questo modo»
Ad un tratto un ragazzo uscì dalla Medicheria.
«Jeff! Come sta Ben?» chiese Newt intercettando il ragazzo.
«Purtroppo la ferita si è infettata troppo. Stava per uccidermi e abbiamo dovuto legarlo alla branda. Non può più restare quà, sappiamo tutti che sarà sempre peggio»
Il ragazzo non condivise altri dettagli e continuò la sua corsa chissà dove ma quelle parole erano bastate a Thomas per farlo rabbrividire.
Avevano davvero intenzione di cacciarlo dalla Radura?

Era quasi arrivata l'ora in cui le porte si sarebbero chiuse.
Thomas notò una certa agitazione nell'aria e capì che stava per succedere qualcosa.
Scorse alcuni dei ragazzi uscire dalla Medicheria: Alby era a capo del gruppo e teneva fermo Ben, che si agitava e cercava di liberarsi dalla sua presa.
Dietro di loro vi erano Newt, Minho, Jeff e l'altro Medicale di cui non ricordava il nome, forse Clint.
«Lasciatemi andare!» urlava Ben ma nessuno gli dava retta.
Dall'altra parte altri Radurai, tra cui Gally, impugnavano dei lunghi bastoni che terminavano con una punta affilata.
Alby gettò Ben davanti la porta e il gruppo con i bastoni lo accerchiò.
Thomas si avvicinò seguito da Chuck ma rimasero a debita distanza.
Avvicinandosi potè notare che il ragazzo non aveva affatto un bel colorito, la sua pelle aveva assunto un colorito violaceo, gli occhi incavati erano iniettati di sangue e dallo scollo della maglietta si intravedeva una sorta di diramazione di vene tra il colore verde scuro e il bluastro.
Ben, adesso, più che violento sembrava in preda al panico, stava sudando parecchio, sicuramente a causa della malattia.
Tutti avevano capito cosa stava per accadere.
«Vi prego, non lo fate!» chiese disperato.
«Puntate!» ordinò Alby con uno sguardo che non sembrava far trapelare alcuna emozione.
I ragazzi gli puntarono le lance contro e avanzarono.
«No! Vi prego!»
Ben, a mano a mano, fu costretto a indietreggiare.
Le porte stavano cominciando a chiudersi e i ragazzi velocizzarono il procedimento spingendolo anche a costo di poggiargli le punte sulla pelle.
In un attimo il ragazzo era dall'altra parte e le porte si chiusero davanti a lui.
Nessuno disse una parola.
Ci fu un momento di silenzio.
Era chiaro che tutti erano distrutti per ciò che era appena successo.
Poi, così come erano arrivati, se ne andarono.
«Adesso fa parte del Labirinto» disse quasi in un sussurro il ragazzino ancora accanto a lui.

Quella notte, contro ogni previsione a causa di ciò che era successo, Thomas dormì più del previsto.
Si svegliò e lanciando un'occhiata verso la porta vide Minho e Alby entrare nel Labirinto.
Dovette aspettare qualche ora per chiedere spiegazioni e il malcapitato fu Newt.
«Perchè Alby è entrato nel Labirinto? Lui non è un Velocista»
«Le cose sono cambiate, vuole ricostruire il percorso di Ben prima del tramonto» rispose secco il ragazzo biondo continuando a fare ciò in cui era impegnato.
«In che senso le cose sono cambiate?»
Newt sbuffò ma rispose comunque alla sua domanda «Nessuno era mai stato punto in pieno giorno, i Dolenti escono dalle loro cavolo di tane solo la notte, quando le porte si chiudono. Se cominciano ad uscire anche di giorno, quando i Velocisti corrono lì dentro, sarà un grosso problema»
«E loro sono entrati lì dentro nonostante ci sia questo pericolo?»
«Alby sa quello che fa, è chiaro? Lo sa meglio di chiunque altro»
«Che cosa vuoi dire?»
Newt lasciò la pala e si voltò verso di lui «Senti, quando siamo arrivati qua eravamo solo in dodici e alcuni sono resistiti solo un paio di giorni» fece una piccola pausa «Alby ha preso in mano la situazione e ci ha guidati, ci ha fatto unire le forze. Perchè eravamo in quel casino insieme»
Thomas aveva capito fin da subito che Alby aveva la stoffa da leader e si sarebbe aspettato una storia del genere.
Quello che lo colpì maggiormente fu il fatto che Newt aveva parlato anche per sé, questo voleva dire che anche lui faceva parte dei primi dodici e che quindi era in quel posto da due anni.

Si era fatto pomeriggio inoltrato e di Minho e Alby non vi era nemmeno l'ombra.
«Dai, perchè non mandiamo qualcuno a cercarli?» in quel momento Thomas si sentiva l'unico ad essere preoccupato dato che tutti aspettavano e basta.
«É contro le regole» rispose secco Gally «O riescono a tornare oppure no»
Newt continuava a guardare l'apertura, nella vana speranza di vederli comparire «Non possiamo perdere qualcun altro»

Era passata un'altra ora, si erano avvicinati tutti alla porta temendo il peggio.
E poi ecco che il rumore di ingranaggi si attivò e le porte cominciarono, lentamente, a chiudersi.
Il cuore di Thomas perse un battito.
Dove diavolo erano?
«Oh no, si chiude» Chuck aveva la voce incrinata, come se stesse per mettersi a piangere.
Thomas, aguzzando la vista vide qualcosa muoversi «Laggiù» tese il dito davanti a sé.
Nella semi oscurità si stagliò la figura di Minho, il ragazzo sembrava arrancare sotto il peso morto di Alby che portava sulle spalle.
«C'è qualcosa che non va» fece Newt e Thomas captò tutta la tensione che vi era nella sua voce.
Quando tutti i ragazzi avvistarono i due iniziarono ad incitare Minho che, però, sembrava sul punto di svenire a causa della fatica.
«Coraggio Minho, puoi farcela!»
«Dai Minho, più veloce!»
«Forza! Le porte si stanno chiudendo!»
«Minho lascialo, non ce la farai» Gally pronunciò quella frase così brutale, ma in fondo aveva ragione. Alby probabilmente era stato punto e ora era solo un peso morto che stava mettendo a rischio la vita di Minho.
«Non ce la fanno» sentenziò Newt.
Il cuore di Thomas, senza che lui se ne rendesse conto, aveva preso a martellargli nel petto.

Un'idea malsana gli balenò nella mente.

Si sentiva come conteso tra due forze: una che gli diceva che doveva fare qualcosa e un'altra che gli ripeteva di stare al suo posto e di attenersi alle regole.
Le porte stavano quasi per chiudersi definitivamente, le urla dei ragazzi intorno a lui gli arrivavano ovattate alle orecchie e ormai vedeva solo la figura di Minho come se fosse un obiettivo, il suo obiettivo.
Le sue gambe si mossero da sole.

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