La "mia" NY

Starbucks, 5^ Ave. Mi siedo a un  tavolo da dieci persone, ogni giorno diverse.
Faccio lo scontrino, mi sposto sulla destra dove alla macchina del caffè c'è una ragazza nera dai denti bianchissimi e perfetti come i suoi lineamenti. Non fa solo il caffè.  Si muove da una macchina all'altra al ritmo della musica in sottofondo. Canta. Canta, balla e sorride. Fa tutto questo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Infatti lo è, a New York. Chiara, dice la ragazza interrompendo la canzone con la erre americana. Mi sporge il double espresso e blueberry muffin, Thank you. Ci scambiamo sorrisi. Di posto al tavolo ce n'è solo più uno.
Mi siedo.

Alla mia destra un uomo in giacca e cravatta, ha un un Mac davanti, le sue dita sono veloci; a sinistra uno studente con le cuffie e un libro in mano, ha lo sguardo alternato sul libro e sull'iPhone, serio sul libro, sorridente sul telefono. A capotavola c'è una donna bionda, capelli lunghi, occhiali scuri che non toglie, ha un cane alto, dal muso affusolato color cammello, della stessa tinta del suo cappottino attillato. Si rivolge a Sharlok come a un essere umano, lui non le risponde ma è come se lo facesse. La donna spezza bocconi di brioche e li sporge al cane. La bocca di Sharlok si avvicina alla mano curata e inanellata della donna con una grazia che tutto può definirsi tranne che animalesca. Keep it sweet, gli dice. La fragranza del suo profumo è una nuvola che ormai ha avvolto l'intero tavolo. All'estremità opposta c'è un uomo trasandato, con la testa appoggiata al muro retrostante, che sta dormendo. Sembra un homeless dall'aspetto. Ha una maglia arancione piena di macchie con il cappuccio che ora ha in testa. Davanti a lui ci sono due bicchieroni in plastica e un piattino vuoto pieno di briciole. C'è anche un papà con cinque bambini in scala d'età. I più grandi si occupano dei più piccoli e lui del piccolissimo che non arriva neppure all'anno.
Sconosciuti che condividono il tavolo della colazione con naturalezza in piena armonia degli opposti.
La mia New York è tutta qui.
Non tutta.
In metropolitana, di ritorno da Harlem, un homeless sta dormendo sdraiato occupando almeno quattro posti a sedere. È un uomo sulla sessantina, alto, nero, con un fisico asciutto, ha la barba e i capelli bianchi, i piedi scalzi e sporchi con una ferita infiammata su una caviglia. Non c'è buon odore vicino a lui. Arriva una donna elegante e decisa. Con i polpastrelli della mano destra gli dà dei colpetti sulla spalla sinistra. Ehi you...stand up! Lui si sveglia, riporta i piedi a terra, si ricompone occupando un posto soltanto. La signora, disinvolta, si siede vicino a lui.
Altra faccia della mia Ny.

Sveglia alle 6.30, non serve, alle 6 il mio corpo come ogni giorno abbandona il sonno. Scendo dal letto, mi avvicino alla finestra, scosto la tenda e... niente corsa, piove e non è una pioggerellina. Torno a letto, leggo qualche pagina, poi esco a far colazione. Osservo. Dal primo momento in cui ho messo piede in questa città mi sono sentita in un set cinematografico. Porto il bicchierone di cappuccino a Carlotta e usciamo.
- Piove. Non è un problema, mamma. Ci infiliamo in un museo. Ti porto al Museum of American Indian. Ieri sera mi hai contestato il fatto che non avessi fatto un programma dettagliato dei vari giorni, ora capisci il perché. Ho ben in mente ciò che vogliamo visitare. Ci facciamo guidare dal tempo. Peccato visitare i musei quando fuori c'è il sole, non trovi?
- Sì, mi pare sensato.

Da quando il pigolio dei semafori di Madrid ha richiamato la mia attenzione su di loro, ovunque vada, lì osservo. Quelli di Ny sono muti ma simpatici. Una grande mano rossa indica lo stop e un omino verde che corre ti segnala che puoi attraversare.

A Madrid richiamano l'udito a Ny la vista.
- Chissà, magari un giorno inventeranno semafori che richiamano l'olfatto. Che profumi sceglieresti per il rosso e il verde?
- Lampone e eucalipto.
- Banale. Io... peperone rosso e tea tree.
- Perché, il peperone giallo ha un profumo diverso?
- Leggermente...
- Certo Mamma! Tu non stai bene... Vuoi continuare ad argomentare sui semafori nel mondo o possiamo entrare nel museo?

Gli indiani mi affascinano. I loro volti, segnati dal tempo, raccontano storie misteriose, difficili da interpretare. Abiti, utensili e oggetti vari. Ogni tribù ha un proprio stile e dei propri utensili. La tribù Seminole usava il rosso mentre la tribù Lakota il giallo e il blu. Vi erano tribù che lavoravano prevalentemente il legno altre la ceramica e la pietra.

Siamo vicine a Wall Street, non andare a toccare le palle al toro con tanto di foto sarebbe un peccato.
- Io voglio peccare, sono una peccatrice e mi rifiuto, dice Carlotta.
Sorrido. C'è la coda per farsi fotografare. Cliché che da un certo punto di vista mi divertono così come mi divertono le reazioni di Otta, le stesse che avevo io alla sua età. Mi accontento delle corna, le palle sono troppo affollate.

Ricominciamo a camminare sulla Broadway. Incontriamo una chiesa, la Trinity Church. Accanto alla chiesa ci sono delle lapidi e di fronte alle lapidi c'è l'edificio dell'American Stock Exchange. Le lapidi appartengono al cimitero più antico della città- la tomba più antica risale al 1681- dove sono sepolti personaggi illustri. Merita soffermarsi su alcune lapidi dove si possono trovare vari simboli massonici. Ecco, trovare in un'area di poche centinaia di mq, edifici così differenti, con funzioni così diverse, e come cornice i grattacieli, è un'altra delle caratteristiche di Ny.

- Otta, io faccio una passeggiata tra le lapidi.
Immagino questo luogo al crepuscolo in una serata d'autunno, la nebbia bassa e uomini dal cappotto e il cappello nero abbassato sugli occhi. Camminano tra le lapidi.
I cimiteri m'incuriosiscono. Ovunque vada se riesco vado a visitarli. In aereo, prima dell'atterraggio ne ho visto uno enorme alla periferia della città. Cimitero monocromatico, lapidi tutte uguali, grigie, sobrie.

- Mamma, ora andiamo però.
Entriamo nella chiesa, è deliziosa. All'uscita ci accompagna e apre la porta un uomo alto, nero, bellissimo.
- Have a good day!, ci dice con un sorriso abbagliante e autentico. Anche la cortesia è un'altra delle peculiarità di Ny.
- Che ne sai se è autentico? Sorride tutti i giorni, tutto il giorno a tutti quelli che entrano. È allenato.
- Io non so se sia autentico o meno, so che io lo percepisco così.
- Mamma ora però andiamo!

- Carlotta guarda!
- Cosa?
- Come cosa? I camini della metropolitana.
- Li vedo, e allora?

Per le strade di Ny ce ne sono molti, sono personaggi. Dico personaggi perché sono presenti in tutti i film ambientati a Ny o quasi. Cilindri alti, a strisce bianche e arancioni dai quali escono fumate bianche. Perché non mi appaiono come intrusi o note stonate? Non lo so.
I polmoni di Ny.

- Oggi i camini della metropolitana sono usciti dal mio immaginario ed entrati nella realtà! È un gran giorno!
- Una bambina. Con te mi sto allenando per quando avrò dei figli...
- Una foto, fammi una foto per favore. Foto con camino della metropolitana, altro che foto con il toro di Wall Street?
- Te l'ho già detto mamma, tu non stai bene!

Pranziamo con Hamburger in un locale molto newyorkese dalle pareti a fumetti.

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