Nestoman guardò preoccupato le vetrate del ponte del Black Iron e notò con disappunto che erano ancora immersi nel tunnel iperspaziale.

“Da-Lago!” gridò.

Subito un Mon Cala si voltò verso di lui. “Sì, signore?”

“Il viaggio non doveva terminare due minuti fa?”

“In teoria è esatto, ma alla fine abbiamo ritardato la partenza di due minuti, e quei due minuti diventano tre minuti nell’iperspazio” spiegò Da-Lago senza lasciare che Nestoman capisse un granché.

“Di conseguenza tra meno di un minuto raggiungeremo Malastare?”

“Esatto, signore”.

Nestoman annuì e premette un pulsante sul suo comlink. “Fest, i caccia sono pronti?”

La risposta del Trandoshano arrivò un paio di secondi dopo. “Certamente, sssono tutti pronti al decollo. Ci sssono altri ordini?”

“No, solo di uscire dall’hangar appena saremo usciti dall’iperspazio”.

“D’accordo, sssignore” e così dicendo Fest chiuse la comunicazione.

Nestoman prese come al solito a picchiettare con le dita sul bracciolo di quello che lui chiamava trono.

Tra poco vedremo di far abbassare la cresta alla Marina del maledetto Triumvirato. E a quel punto voglio vedere se si azzarderanno ancora ad attaccarci.

Non era la prima volta che si lasciava andare alla rabbia, ma quella volta era molto infuriato. “Uscita tra dieci secondi” annunciò Da-Lago, facendo sbollire leggermente la rabbia di Nestoman.

Mantieniti calmo. Dopotutto, quello è solo il loro lavoro, come il tuo è quello di arricchirti alle loro spalle.

Il dialogo interiore riuscì a calmarlo, e pieno di determinazione e freddezza vide il tunnel bluastro scomporsi in tante scie bianche e poi nella miriade di puntini, al cui centro si trovava Malastare.

E poco più in là, una delle due lune, Shodella, assediata da due fregate CF100.

“Signore, sono in superiorità numerica anche col supporto dei Deception” riferì lo Snivviano Tysh con un’espressione non molto allegra.

“Mm” mugugnò Nestoman. Subito dopo si voltò verso Sakrask, il quale aveva preso il posto di addetto alle comunicazioni. “Che mi dici dei tuoi uomini?”

“Stanno per arrivare con la corvetta, ma non credo che saranno qui prima di mezza giornata”.

“Giusto. I dannatissimi tempi”.

Nestoman tornò a guardare le due fregate. Una delle due si stava girando verso di loro, ma prima che fossero stati a tiro sarebbero passati non pochi minuti. “Quante possibilità abbiamo di abbattere una delle fregate e rimanere intatti per farne fuori un’altra?”

“Direi buone, signore, ma probabilmente l’altra ci ridurrà a un pezzo di ferraglia, e a quel punto basterebbe anche qualche caccia per abbatterci”.

La voce macabra di Tysh fece quasi rabbrividire Nestoman. “Allora si può fare. Fate uscire tutti i caccia, preparate i cannoni e deviate l’energia agli scudi anteriori.”

L’equipaggio iniziò a lavorare seguendo la diffusione degli ordini e ben presto la Black Iron si avviò lentamente verso la fregata del Triumvirato, conservando gli energia per gli scudi e per le armi.

I sei intercettori classe Deception si allontanarono dall’incrociatore procedendo invece a velocità elevata e Nestoman sperò per la loro salvezza. “Scansioni per caccia nemici?” chiese al ponte in generale.

“Ne abbiamo dodici già in avvicinamento, caccia leggeri classe Subjugator” comunicò con voce lenta e attenta Jiroto Espannel, uno dei veterani di Nestoman. “E ce ne sono altri dodici appena usciti dall’hangar dell’altra fregata”.

Nestoman trattenne un imprecazione. Se le cose si mettevano in quel modo, avrebbe anche potuto dire addio ai suoi sudati Deception.

“Nestoman” intervenne in quel momento Sakrask. “Ordina ai caccia di ritirarsi. Sono una spesa abbastanza considerevole e buttarne sei in cambio di tre o quattro dei loro non è molto conveniente”.

Ha ragione. “Hai ragione” ripeté i suoi pensieri Nestoman. “Ma a quel punto dovremo anche vedercela con ben ventiquattro caccia, e sono sicuro che non esiteranno a bombardarci al meglio delle loro possibilità. Sembriamo essere finiti in un vicolo cieco”.

Lo sguardo pensante di Nestoman vagò tra i suoi caccia e quelli nemici, e si andò quindi a posare su una nave che si trovava abbastanza lontana da loro.

“Cos’è quella?” chiese indicandola.

Espannel prese parola. “E’ un cargo classe Carrus con un codice di identificazione sconosciuto. Solo che…” e l’uomo avvicinò la faccia alla consolle. “Sembra pesantemente armato”.

Nestoman si illuminò, pieno di nuova speranza. “Contattate il cargo e ordinate agli intercettori di virare nella sua direzione”.

Ci furono alcuni secondi di ansia nel ponte. L’attenzione di tutti era rivolta a Sakrask, il quale armeggiava con l’oloproiettore del ponte che fungeva anche da trasmettitore. E improvvisamente comparve l’ologramma di un Devaroniano.

Sakrask sobbalzò, e lo stesso fece quell’altro. “Sakrask!” esclamò, la voce distorta dalla comunicazione criptata.

“Yamill! Cosa ci fai qui?”

“Mi trovo qui per affari, ma a quanto pare i tuoi affari si sono incontrati col nobile Nestoman. Come, stai vecchio mio?”

Nestoman, che fino a quel momento aveva guardato la conversazione speranzoso, si alzò dal suo trono e si andò a posizionare accanto a Sakrask. “Bene, ma siamo nei guai. Quelle due fregate ce l’hanno con me, e i miei Deception verranno distrutti tra breve”.

Devi agire adesso, Nestoman! Devi sfruttare l’occasione! si incoraggiò in un attimo di pausa. “Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Verrai ricompensato, certamente, ma abbiamo davvero bisogno di te”.

Yamill ridacchiò, emettendo una risata stridula che fece rabbrividire Nestoman. “E così, sembra proprio il caso di restituirti il favore che mi hai fatto quella volta su Rothana”. Il Falleen sorrise, e guardò con felicità i due interlocutori. “Ci sto. Con me ho un paio di caccia classe Xijin, che forse potranno farvi comodo. E non scordiamoci i dieci turbolaser della Yamill’s first” e così dicendo Yamill indicò intorno a sé.

“Fatemi avvicinare quella fregata, e farà una brutta fine” concluse.

Nestoman tornò a respirare tranquillamente e guardò pieno di gioia la mappa tattica che si aprì al posto di Yamill: vi comparirono il cargo e i due letali caccia da esso rilasciati.

L’avrebbero avuta vinta, ne era certo.