Capitolo I
Koro Shimti scese con calma la scala a pioli e atterrò con un piccolo salto sul pavimento bagnato.
La luce era ancora accesa, perciò l’acqua non aveva ancora raggiunto il quadro elettrico del livello. Koro ringraziò il cielo e si avviò a passo sostenuto verso i serbatoi d’acqua.
Da quanto gli aveva detto il comandante della nave, il capitano Izidor, i serbatoi si trovavano in fondo a quel corridoio di servizio, protetti da una porta sigillata. Una porta sigillata che qualcuno aveva lasciato aperta.
“Haldo, sei lì?” chiese Koro quando era quasi arrivato in fondo al percorso angusto. Angusto, e bagnato.
Improvvisamente Koro inciampò in qualcosa e l’acqua rischiò di farlo cadere, ma i suoi riflessi lo mantennero in piedi. Cos’è? si chiese il soldato, e abbassando lo sguardo notò a malapena una chiave inglese incastrata nelle fessure di un pezzo di pavimento corroso.
Koro la recuperò e la osservò. Sembrava nuova, ma non era un meccanico e di conseguenza non sapeva giudicare l’età di un attrezzo. Quantomeno non è arrugginita come questa nave pensò e per rabbia tirò un calcio alla parete.
Il botto rimbombò per tutto il corridoio facendo rabbrividire il soldato. Meglio muoversi.
Continuò a camminare, lanciando la chiave inglese in aria di qualche centimetro e riprendendola per scaricare il nervosismo.
Proseguì fino a una curva e alla conseguente porta che segnava la fine del corridoio. Come non detto: è socchiusa.
In effetti, tra il muro e la porta c’erano almeno una decina di centimetri, e un ruscello d’acqua scorreva proprio attraverso quello spazio. “Haldo, possibile che tu sia così sbadato?”
Kodo, come la seconda volta, non ricevette risposte. Entriamo si incitò, e quindi aprì la porta. Il ruscello divenne un torrente e il corso d’acqua gli bagnò i pantaloni fin quasi alle ginocchia. Poi l’acqua tornò ad essere profonda un paio di centimetri, e così Kodo entrò nella stanza dei serbatoi.
Questa era molto ampia, e il soffitto era alto almeno cinque metri. Lo spazio era riempito da una decina di serbatoi di colore ambrato, probabilmente causato dalla ruggine. Un tempo dovevano essere color acciaio, ma l’umidità li aveva fatti diventare quasi marroni. E in neanche troppo tempo: dai dati che ho letto, questa nave ha solo tredici anni e ne ho viste alcune ridotte meglio dopo trent’anni di servizio.
Koro cercò di individuare subito il serbatoio rotto, ma dall’entrata non riusciva a vederlo. Dovrà essere sul fondo ragionò, e così prese a camminare con l’acqua che si faceva sempre più alta fino all’ultima fila di serbatoi. “Eccolo!” esclamò vedendo una botte con uno squarcio annerito. Sembra un colpo di folgoratore pensò avvicinandosi con calma alla falla per esaminarla.
E fu allora che notò un movimento. Senza esitazione, Koro estrasse la sua pistola e scattò in direzione del movimento. Arrivò alla fine del secondo serbatoio e voltandosi verso il corridoio che passava tra le botti vide giusto in tempo una figura umana correre dietro un serbatoio.
Koro ebbe un’illuminazione, e subito corse lungo il corridoio, schizzando acqua ovunque e facendo un rumore a suo parere insopportabile. Arrivò alle ultime botti e girò la testa verso la porta in mezzo alla parete giusto per vedere arrivarvi un Selkath che ben conosceva. “Haldo!” esclamò, senza però abbassare la pistola.
Quello si bloccò davanti alla porta e voltò lentamente la sua strana testa verso Koro. “Mi hai scoperto” borbottò quello gettando a terra una pistola.
“Hai fatto te questo casino?” chiese quasi arrabbiato Koro.
Haldo annuì pigramente. “Non l’ho fatto apposta” iniziò a dire. “Avevo visto un animale sul serbatoio e così gli ho sparato, ma quello si è scansato e si è aperto lo squarcio nella botte. E adesso… be’, basta guardarti intorno”.
Koro si avvicinò al tecnico e gli pose una mano sulla spalla. “E perché non sei venuto a dirlo su?” gli chiese con tono gentile.
“Perché Izidor non l’avrebbe accettato e arrivati a Naboo mi avrebbe lasciato lì”.
Haldo aveva alzato la grossa testa e sembrava quasi stesse piangendo. Koro sapeva che era molto emotivo, ma non pensava lo fosse fino a quel punto. “Facciamo così: adesso andiamo a prendere la tua cassetta nella tua camera e ripariamo il serbatoio, ok?”
Il Selkath annuì e sembrò rincuorarsi. “Su, andiamo” lo incitò Koro, e insieme avevano già varcato la porta quando iniziò a suonare un allarme.
“Che succede? Un guasto ai motori?” domandò Haldo guardandosi intorno spaesato.
Koro, invece, era in attesa, e cercava di percepire ciò che non avrebbe mai voluto sentire. E invece fu proprio quello che sentirono entrambi: un’esplosione. “Ci stanno abbordando!” esclamarono insieme, e subito corsero lungo il corridoio di servizio fino alla scaletta.
“Ce l’hai la pistola?” chiese in quel momento Koro andando il preda al panico.
“Sì, l’ho recuperata mentre uscivi dalla porta” rispose Haldo raggiante.
Koro lo avrebbe baciato, se non fossero stati maschi, e se lui non fosse stato un Selkath. “Allora andiamo!”
Il soldato salì rapidamente i pioli e si sedette subito sul bordo pozzo che portava al corridoio di servizio guardandosi intorno. “Via libera” disse vedendo il corridoio deserto. “Ma sento dei passi in avvicinamento!”
Koro si alzò in piedi e si maledisse per aver lasciato il fucile nel ponte di comando. Il ponte di comando! gli venne in mente.
Ma prima che potesse parlare con Haldo, da dietro l’angolo sbucarono due Trandoshani, entrambi armati. Koro sparò subito alcuni colpi per togliere di mezzo i due pirati prima che colpissero Haldo, che stava uscendo in quel momento dal pozzo.
Il Selkath fece per tornare in basso, ma Koro gli urlò di uscire fuori mentre continuava a sparare verso l’angolo del corridoio per tenere i Trandoshani lontani.
“Ma così mi uccidono!” protestò Haldo con voce lamentosa.
“Esci di lì, pesce parlante!” ribadì Koro, e di fronte all’insulto, Haldo non ci pensò due volte e saltò fuori dal tunnel, impugnando la sua pistola e puntandola prima contro il soldato, e poi verso il nascondiglio dei Trandoshani.
Koro sapeva che non gli avrebbe mai sparato, solo che… non si sapeva mai. Dopotutto, per lui potrebbe essere un insulto gravissimo ragionò il soldato mentre sparava l’ennesimo colpo.
Haldo si unì a lui, e mentre il Selkath iniziava a far fuoco, Koro cambiò caricatore e fece cenno al compagno di ventura di smettere di sparare.
Come previsto dal soldato, i Trandoshani uscirono subito allo scoperto e si trovarono sotto una pioggia di blaster. Il primo venne colpito due volte al torace e una alla gamba, così cadde moribondo sul pavimento. L’altro, invece, riuscì quasi a colpire un braccio di Haldo prima di cadere con una bruciatura sulla fronte.
Haldo e Koro smisero di sparare e presero fiato. “Andiamo, non c’è tempo da perdere!” incitò il soldato tirando la manica dell’altro e corse subito in direzione del ponte di comando.
Lungo la strada incontrarono un gruppo di tre Trandoshani e si guardarono bene dall’affrontarli. Invece, quando erano in prossimità della loro meta, finirono quasi contro due pirati messi a guardia di una porta.
I Trandoshani reagirono in fretta e aprirono subito il fuoco contro i due dell’equipaggio, ma i loro colpi sfrecciarono loro intorno. Haldo tornò subito nel corridoio da cui erano arrivati, mentre Koro sparò un paio di colpi che mancarono i bersagli prima di ripararsi nel tunnel opposto a quello di provenienza.
I Trandoshani continuarono a far fuoco, ma sentendo gli spari avvicinarsi Koro fece segno ad Haldo di acquattarsi e anche lui si accovacciò.
Un paio di secondi dopo la figura di un Trandoshano gli s’impose davanti e sparò dei colpi ad altezza uomo che, come previsto da Koro, andarono a vuoto. L’Umano sferrò subito una gomitata alla pancia del pirata facendolo piegare in due, quindi sparò tre colpi alla testa del nemico e quello si accasciò a terra morto.
Un paio di secondi dopo anche l’altro Trandoshano cadde giù, il corpo pieno di bruciature. Koro non chiamò neanche Haldo e corse al pannello di controllo della porta chiusa, seguito dal suo compagno Selkath.
“Koro, dovrei dirti una cosa” mormorò quello, la voce strozzata, e il soldato smise di scrivere sul tastierino olografico.
“Cosa devi…” fece per dire, e solo allora vide il sangue che ricopriva la spalla di Haldo. “Oh, no, dannazione!”
“Mi dispiace, ma è stato troppo veloce”.
Haldo si abbassò in ginocchio e Koro non seppe cosa fare o dire. “Nella mia stanza c’è un medipac: è qui vicino, possiamo…”
“Koro, ne stanno arrivando altri. Libera il ponte, e tieni questo” e così dicendo il Selkath gli porse un detonatore termico.
“Dove l’hai preso?” chiese Koro interdetto.
“L’avevo preso in… prestito, diciamo. Ma adesso non conta: io li fermerò, e tu libererai il ponte, promesso?”
Koro fece un cenno di assenso e afferrò la granata. “Sei un guerriero valoroso Haldo. Ma adesso, devo andare”.
Senza ripensarci più, Koro digitò il codice di sblocco della porta e si aprì un breve corridoio deserto, in cui però giacevano i cadaveri di due guardie.
Proprio in quel momento Haldo vide arrivarsi davanti tre Trandoshani e ne abbatté subito uno crivellandolo di colpi; Koro, però, non poté aiutare l’amico, perché aveva una missione da compiere. Premette invece il pulsante di chiusura delle porte e i colpi sparati dai nemici si smorzarono contro i pannelli antiblaster.
Subito dopo Koro percorse il breve tratto che lo separava dal ponte e trovò anche quell’entrata sbarrata. Con pazienza scrisse i codici di quella daccapo e le porte iniziarono a scorrere con un rumore metallico.
Koro, il cuore che batteva a mille, si appostò a un lato dell’entrata. Se sono tutti stupidi come quelli, entreranno sparando in avanti.
E come previsto, un Trandoshano saltò nell’entrata sparando all’impazzata con un blaster a ripetizione. Koro lo fulminò con un paio di pistolate alla testa, quindi usò il corpo del pirata che si accasciava come scudo per dare un’occhiata al ponte.
Anche se di fretta riuscì a vedere un Duros che puntava una pistola alla testa del capitano Izidor e un Trandoshano che mirava col suo fucile verso Koro.
L’Umano fu rapido nel balzare dall’altro lato del corridoio e i colpi sparati dal secondo pirata andarono a vuoto.
“Prendetemi, idioti!” gridò Koro cercando di darsi coraggio.
Qua ci resto secco era invece il suo pensiero, e a fatica inserì un caricatore nella pistola.
C’era un solo modo per evitare uno scontro ravvicinato col Trandoshano, ed era quello di ucciderlo con una granata.
Le mani sudate e tremanti, Koro afferrò il detonatore termico e lo fece rotolare a terra proprio mentre il Trandoshano entrava nel corridoio e sparava nel punto in cui si trovava l’Umano prima di abbassarsi.
Koro riuscì a colpire le gambe del pirata, facendolo inginocchiare, quindi fece una capriola resa goffa dagli anni passati a non fare nulla su dei cargo.
Fortunatamente, la sua mossa lo portò abbastanza lontano dal detonatore termico da non venire ucciso dall’esplosione. Comunque venne colpito dal turbine di schegge incandescenti che i suoi abiti parablaster riuscirono a fermare a malapena. Le ustioni martoriarono comunque la pelle del soldato, e quando la cortina di fumo e fiamme si abbassò, Koro riuscì a malapena ad alzarsi.
Per trovarsi a qualche metro dal Duros e dalla pistola che puntava alla tempia di Izidor. “Bene, soldato, fai qualcosa o uccido il tuo capitano”.
Koro era stato addestrato a trovarsi in quella situazione; sapeva cosa fare, ma la paura lo rendeva comunque un animale impaurito.
Come da manuale, sollevò la pistola e la puntò alla mano del Duros, pronta a premere il grilletto. “Lascialo andare, altrimenti ci andremo a schiantare su Naboo!” gridò Koro sentendo le gambe gemere per la tensione dei muscoli.
“Oh, non ci casco, soldatino. Abbassa quel giocattolo o il tuo capitano diventa una macchia di sangue da scrostare”.
La voce del Duros era molto fastidiosa e ciò che disse fece davvero innervosire Koro. Agisci adesso si ordinò senza troppa convinzione. Ma qualcosa andava comunque fatto.
Così, facendo finta di cambiare improvvisamente mira, distrasse per una frazione di secondo il pirata e approfittò di quell’attimo per tornare ad allineare la pistola e per sparare un singolo colpo.
La scia di blaster blu si infranse sulle nocche del Duros e la sua pistola cadde a terra con un tonfo metallico.
Incredulo, Koro non perse tempo e crivellò il capo dei pirati prima che potesse colpire Izidor.
Il Duros si accasciò privo di vita e Koro corse subito in soccorso di Izidor, il quale aveva un grosso livido su uno zigomo e una ferita di blaster alla mano destra.
“Capitano, sta bene?” chiese subito il soldato mentre si infilava sotto il braccio integro del comandante e lo teneva in piedi mentre stava per cadere.
“Più o meno, ma la ferita è brutta e… e dobbiamo chiamare soccorso. I Naboo saranno qui subito, soldato”.
Koro non perse tempo e con una rapida occhiata cercò la consolle delle comunicazioni. La trovò, con ai suoi piedi un ufficiale di ponte morto.
Il soldato evitò di toccare il defunto e dopo aver armeggiato un po’ riuscì a mettersi in contatto con Naboo. “Qui centro di controllo dello spazioporto di Theed. Identificarsi”.
“Naboo, qui è il vascello della Galactic Supplies Deployments HT-342, e a parlare è il soldato Koro Shimti. Siamo stati abbordati da una banda di pirati e ci sono dei feriti a bordo. Chiediamo soccorso immediato”.
Ci fu un attimo di silenzio dall’altra parte del comunicatore. Poi rispose la voce dell’ufficiale di prima. “Dati confermati, stiamo inviando due vascelli in vostro soccorso. Vi è stata assegnata la piattaforma esterna 3 per l’atterraggio. Centro di controllo, chiudo”.
Il comunicatore si zittì e Koro non perse tempo. Controllò brevemente Izidor, il quale però insisteva nel dire che stava bene, e subito dopo corse fuori dal ponte e imbracciando il suo fucile si preparò ad affrontare altri nemici.
Premette il pulsante di apertura delle porte e sparò una raffica che però andò ad annerire la parete di fronte a Koro.
Non c’erano nemici nell’anticamera del corridoio, solo sei cadaveri: cinque Trandoshani e un Selkath. E’ riuscito a eliminare tutti i rinforzi. Sicuramente lo avranno sottovalutato e ora ne hanno pagato le conseguenze rifletté Koro mentre si chinava su Haldo e provava a sentire se era ancora vivo.
Ma non c’era nessun battito cardiaco nel corpo del Selkath; invece uno dei Trandoshani riuscì a rialzarsi mentre Koro era abbassato sull’amico.
Il soldato non se ne era accorto fin quando non ci fu un tremore quasi impercettibile, ossia il vascello pirata che staccava il tunnel d’abbordaggio dalla Naboo Grassland.
Koro alzò la testa come per cercare di vedere la fonte del tremore, e colse il Trandoshano nell’atto di sollevare un fucile. Il soldato, i riflessi fattisi di nuovo pronti, sollevò la sua arma e riempì di blaster il nemico, facendolo piombare a terra più che morto.
“Il buon vecchio G-65 non mi tradisce mai” mormorò con un sorriso soddisfatto.
Aveva sconfitto anche l’ultimo nemico, e quando i Naboo arrivarono, dissero di non aver trovato pirati vivi a bordo, ma neanche membri dell’equipaggio. Si congratularono molto con Koro, il quale però era inesorabilmente triste: quanta morte aveva portato un singolo attacco?
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