𝚠𝚑𝚘 𝚠𝚎 𝚊𝚛𝚎

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Denki ferma la macchina.

Affonda il piede sul freno, sento il mio corpo tirarsi lievemente in avanti, la cintura mi affonda contro la spalla.

Atterro con le scapole sul tessuto dei sedili, prendo un grande respiro, guardo fuori dal parabrezza dritto di fronte a me.

La luce del giorno ancora non si è affievolita, nonostante sia Ottobre e siano le cinque del pomeriggio, si specchia timida sulla fermata degli autobus, attraversa il vetro della tettoia sopra la banchina e si riflette contro i miei occhiali.

Ci sono diverse persone in attesa, ma del pullman, ancora nemmeno l'ombra.

– Dici che siamo arrivati troppo presto? –

Sposto lo sguardo verso Denki.

– Meglio troppo presto che in ritardo, no? –

– In effetti. –

Gira la chiave nel quadro e il motore si spegne, mi sporgo per sganciare la cintura, faccio lo stesso con quella di Denki. Mi stiro via le pieghe dai jeans, ruoto le spalle per rilassare le articolazioni, mi sporgo verso la portiera.

Esco fuori dalla macchina.

Fa freddo.

Non fa quel freddo gelido che mi anestetizza gli arti, quello che mi fa sentire inutile e molle e senza un solo grammo di forza in corpo, ma pizzica sulla pelle del mio viso.

Nonostante questo, però, sono felice.

Non riesco a estirpare completamente il sorrisetto che mi ritrovo sulla faccia e non riesco a trovare una ragione per lamentarmi e questo, per me, è dannatamente strano.

– Alla fine Shindō viene, stasera? –

Guardo Denki in piedi di fronte all'auto, una mano a reggere la borsa che tiene aggrappata sulla spalla, l'altra intenta a chiudere la macchina col telecomandino.

– Viene. Dopo quello che è successo l'altro giorno avrei voluto dirgli di non venire ma... sarebbe stato strano. –

– Dopo che ti ha quasi beccato a farti aprire in due sul banco del laboratorio? –

Stringo la mascella.

– Non è quello che stava succedendo, Denki. –

– No? Eppure mi sembrava che me l'avessi raccontata così. –

– Non te l'ho raccontata così. –

– Sì che l'hai fatto. –

Mi avvicino di un paio di passi a lui.

– Ti ho solo detto che stavamo... flirtando. –

– Sì, con le mani sotto la tua maglietta steso su un banco. –

– Così sembra che tu mi stia giudicando. –

Scuote la testa e i capelli biondi si muovono con lui.

– No, quello no. Quello mai. –

– Sicuro? –

– Mh-mh. –

Socchiudo gli occhi per squadrarlo meglio. Ha il sorriso infido, Denki, e tutto in lui è un po' scherzoso, un po' ironico, un po' sarcastico. Però ha lo sguardo onesto, e qualcosa di lui mi sa istintivamente di casa.

Cerco di tenere giù gli angoli della bocca.

– Ok, allora sì. Stavo per farmi aprire in due su un banco del laboratorio e il mio ragazzo stava per entrare. E Shindō viene stasera. E anche Kirishima. –

– Ah-ha, lo sapevo! –

Scoppia a ridere e mi riservo un risolino anch'io perché sentirglielo fare mi rilassa, e il ricordo anche possiamo dire non mi faccia esattamente schifo.

Ho provato a sentirmi in colpa.

Ho provato a...

Non era qualcosa di emotivo. Non era qualcosa di sessuale, non una dichiarazione né un modo per mettere a nudo i miei sentimenti, era solo uno scherzo, un gioco, e vale come tale. Di certo poi quel giorno non è che Shindō mi avesse trattato esattamente bene, quindi...

Non mi sento in colpa.

So quanto egoista e sbagliato possa sembrare ma... non mi sento in colpa.

Denki apre la borsa e infila la mano fra gli oggetti che ci tiene stipati dentro. Tira fuori la sigaretta elettronica usa e getta all'uva che ha comprato due giorni fa, l'appoggia fra le labbra e prende un tiro.

– Quindi stasera vedrò del drama. Mmh, non vedo l'ora. –

Ruoto gli occhi.

– Ma che drama, al massimo si guardano male. –

– Sicuro? –

Beh, insomma, Eijirō non farebbe mai del male ad una mosca, questo lo so per certo. E so che Shindō non gli piace ma so anche che è una brava persona.

Shindō dalla sua sembra assolutamente terrorizzato dalla montagna di muscoli e capelli rossi, quindi immagino che la situazione possa essere... a prova di bomba.

A prova di me, per la miseria.

– Diciamo che sono sicuro al novantanove virgola nove per cento. –

– E quell'uno che manca? –

Alzo le sopracciglia.

– Zero punto uno, Denki. –

– Lo sai che non me la cavo con la matematica, 'Suki, miseria. –

Sistemo gli occhiali sul ponte del naso e guardo verso l'alto per un istante.

– Quello è la probabilità che io faccia casino. Ma non ho la minima intenzione di fare casino, quindi è scientificamente irrilevante di fronte alla probabilità che non succeda niente. –

Prende un altro tiro, saggia il fumo sulla lingua prima di lasciarlo uscire in una nuvola densa che in un secondo si disperde nell'aria.

– Quindi stai deliberatamente affermando che non farai casino. Lo stai dicendo, vero? –

– Sì, lo sto dicendo. –

– Me lo segno. –

Alzo di nuovo gli occhi al cielo, ma lascio perdere scuotendo le spalle.

Certo che non farò casino, mica sono idiota. Non voglio affrontare il discorso dei sentimenti che provo per Kirishima e di certo non voglio dare il via ad una scenata di gelosia, non voglio che qualcuno picchi qualcun altro e non voglio...

Non succederà niente.

Alla festa di stasera non succederà niente.

– Dai, avviciniamoci, dovrebbe arrivare a momenti. – borbotto, cambiando argomento con qualcosa che comunque è vero.

– Giusto, giusto, andiamo. –

Seguo Denki e la sua andatura ondeggiante per attraversare la strada, gli afferro la manica della felpa che indossa per evitare che si faccia spiaccicare da una macchina perché il ragazzo cammina sull'asfalto come se non vedesse l'ora di andare all'altro mondo, arriviamo interi, non grazie a lui, sotto la tettoia della fermata.

Lui continua a fumare, quando ci fermiamo, e io mi nascondo le mani una nella manica opposta cercando di evitare che il freddo mi salga sulle braccia e mi dia seriamente fastidio.

Sì, stasera c'è una festa.

Una al liceo.

È una cosa molto semplice, senza impegno, giusto l'istituto che ci lascia la palestra e un pezzo della scuola per quello che in origine era un ballo e ora è decisamente più una scusa per bere e divertirsi senza particolari problemi.

Ricordo di aver invitato Shindō settimane fa.

Ora come ora la prospettiva di mettere lui e Kirishima nello stesso luogo con me, troppa birra e un punch disgustoso non è delle più allettanti, ma tirarmi indietro sarebbe da codardi e per quanto io sappia di esserne uno, fingere è sempre una scelta.

Ma dai, andrà tutto bene.

Andrà tutto...

– Vuoi un tiro? –

Riporto la mia attenzione sulla Terra.

– Eh? –

– Vuoi un tiro? Per... calmarti, cazzo. Hai la faccia di uno che sta per vedere un incidente in diretta. –

– Non sto per vedere un incidente in diretta. –

– Lo vuoi il tiro o no? –

Sospiro, mi avvicino alla sigaretta che tiene fra le mani ed effettivamente prendo un tiro. Non è che la nicotina mi rilassi, per carità, non sono un fumatore, ma il gesto effettivamente mi fa sentire un po' meglio.

– Questa merda è troppo dolce. –

– Sei tu che sei amaro, 'Suki. –

– Io non sono amaro! –

Ridacchia, si sporge col collo dalla parte del mio viso e appoggia il naso sulla mia guancia. Non mi ritraggo, nonostante non sappia quello che sta facendo, perché non mi fa schifo la sua presenza, non mi fa schifo lui, e anzi lo trovo piuttosto piacevole.

Tira fuori la lingua e mi lecca una minuscola striscia di pelle sulla guancia.

– Mmh, amarissimo. Sai di... disperazione e frustrazione. Sai di "avrei bisogno di venticinque centimetri di cazzo e un budino". –

Ridacchio.

– Venticinque centimetri nei miei pantaloni? E poi che ci faccio? –

Sbatte le ciglia bionde.

– Nei pantaloni ma sul retro, 'Suki. Sai, nel cu... –

– Sì, ho capito, idiota. –

Sfarfalla con la mano come a dirmi di non infastidirlo, poi incrocia le braccia.

– Da quant'è che non fai sesso, tu? –

– Non sono cazzi tuoi da quanto non faccio sesso. –

– Certo che sono cazzi miei, i cazzi che prendi sono cazzi miei. –

– Puoi smettere di essere così volgare? –

Prende un tiro e lascia schioccare le labbra.

– No. –

– 'Fanculo. –

Mi sposto i capelli dalla faccia e sfioro l'apparecchio acustico con la punta delle dita.

– Boh, una settimana, credo. Sono andato da Shindō... mercoledì scorso, mi pare, qualcosa del genere. –

– Strano, non è nemmeno così tanto. –

Quando lo guardo e vedo la classica espressione furba e infida da volpe, so cosa sta per dire. Non lo fermo, però, perché a Denki concedo di dire pressoché qualsiasi cosa voglia, e perché al momento non mi sento insicuro al punto da non reggere il suo incessante martellare di domande.

– Sarà che forse lo fai con la persona sbagliata, 'Suki? –

– Ti assicuro che la persona con cui lo faccio va benissi... –

– Sarà che... – disegna una spirale col dito di fronte al mio viso e atterra con l'indice sul mio naso – qua qualcuno ha bisogno del giocatore di football coi capelli rossi e non dello scialbo universitario rompicoglioni? –

– Io non ho bisogno di nessuno. –

Storce il naso.

– La tua faccia dice che stai mentendo. –

– E la tua che sei un coglione. –

Si appoggia il palmo contro il viso, fra le minuscole lentiggini dorate che spuntano quando non si trucca, apre la bocca a formare una "o" piuttosto offesa.

– La mia faccia non dice che sono un coglione! Dice che spendo ogni centesimo in skincare e che sono meraviglioso! –

– Dice che sei un pezzo di merda. –

– Dice che... –

Allungo una mano e gli pizzico il fianco, lui salta di lato ridacchiando e atterra qualche centimetro più un là, penso di inseguirlo ma prova a fare la stessa cosa per cui sono io, questa volta, ad indietreggiare, gli prendo il polso con la mano ma usa l'altro braccio, aggrappa le dita alla mia felpa ma cerco di sfuggirgli, lui ride, io pure, alzo la mano per tirargli un pugno ma...

Mi fermo a qualche centimetro da lui, a qualche centimetro dal colpirlo, aguzzo lo sguardo verso il fondo della strada.

Quello è un pullman.

È chiaramente un pullman.

E sulla scritta colorata nella parte superiore c'è scritto...

"Yokohama".

– Denki, mi sa che è lei. –

Si gira alla velocità della luce. Mi sbatte addosso con la borsa ma non m'interessa, si sporge col collo per leggere anche lui la scritta, sbatte le palpebre.

Poi chiude le mani in due pugni e le agita appena.

– È lei, 'Suki, è arrivata! Dobbiamo avvicinarci, dobbiamo... –

Mi afferra per la felpa e mi tira in avanti, io lo seguo, i secondi che passano prima che il pullman sia effettivamente vicino tanto da poter spiare nei finestrini sembrano infiniti.

– La vedi? –

– No, tu? –

– Forse... –

Vedo casino, vedo gente che si alza e custodie di strumenti musicali, vedo ragazzi e ragazze e non distinguo le forme, i colori, sembra tutto confuso.

Dov'è?

Non la vedo, non è che magari ha perso il pullman e non c'è e non è torna...

Si ferma.

Di fronte a noi, a pochi metri, la portiera vicino all'autista si apre lentamente, gli scalini felpati ci appaiono di fronte.

Sentiamo un marasma di voci uscire dal pullman e vediamo le persone iniziare a defluire.

Non è qualcosa di cui essere così ansiosi né qualcosa di strano, ma istintivamente mi spremo contro Denki, lui mi prende la mano, la agita in aria in palese emozione, si morde l'interno della bocca.

È un mese.

Un mese che non la vediamo.

Un mese intero di merda che siamo due invece di essere tre e siamo nati in tre, come la Santissima Trinità, come gli stati della materia prima dell'avvento della Scienza moderna, come i colori primari e come l'infausto numero di volte che ho dovuto annusare la felpa di Kirishima prima di confermare che era effettivamente da lavare questa mattina, tre come i Chipmunks, tre come le regioni di funzionamento di un semiconduttore.

Ed è vero che la chiamo un giorno sì e uno no, che Denki la sente quando non lo faccio io, che esiste internet, ma...

Esce una persona.

Non è lei.

Sbuffo dal fastidio ma faccio finta di niente.

Ne esce un'altra, un'altra ancora, un'altra dopo quella.

Dov'è, dove diavolo, dove cazzo...

Un metro e cinquantacinque, la pelle chiara, i capelli di quel viola scuro che tende al prugna, le orecchie piene di orecchini e piercing, il rossetto nero solo sul labbro superiore, gli occhiali da sole tirati su.

Scende le scalette correndo.

E non facciamo in tempo a urlare qualcosa di articolato che eccola, con le sue gambette corte, il suo corpicino minuto e il profumo alla vaniglia che ci piace tanto ci si schianta addosso con tutto il suo peso e le braccia aperte.

– Stronzi! –

– Kyōka! –

– Troia! –

Non so chi dica cosa, so che scoppio a ridere, che Denki lo fa e lo fa anche Kyōka, so che ci guardano tutti ma non m'interessa, la stringo da una parte e il mio amico dall'altra, lei ci stringe tutti e due e rimaniamo fermi, a urlarci le prime stronzate che ci vengono in mente, in questo spazio così idiota e così confortevole che mi fa sentire, ora più di tutto questo mese che è passato, nel posto giusto al momento giusto.

È un po' casa, per me.

Siamo amici da quando eravamo piccoli e abbiamo fatto sempre tutto assieme e...

No, non credo di aver bisogno di motivazioni.

Sembra che mi stia giustificando.

Questa, la nostra amicizia, la sensazione che provo ora, è una delle pochissime cose per cui non mi sento in dovere di giustificarmi.

Chiudo gli occhi e mi godo il momento.

Non so quanto duri.

Non m'interessa.

Dura quanto deve durare.

E mi solleva da tutta, tutta, tutta l'ansia che ho provato negli ultimi trenta giorni.

Quando ci stacchiamo sono contento di vedere che non sono l'unico con gli occhi lucidi.

– Ci sei mancata da morire, 'Yōka. –

– Sì, un po' ci sei mancata. – confermo, mentre la squadro nella sua interezza per controllare... se stia bene, se sia lei, in generale come sia fatta.

Mi pizzica un braccio.

– Anche voi mi siete mancati, idioti. Ora venite a darmi una mano a prendere la merda di violoncello così torniamo a casa. –

– Devo proprio? –

Spingo Denki.

– Facciamo i veri uomini. – scherzo.

Mi guarda con le sopracciglia rasoterra.

– Io ho la borsa e tu non hai mai visto una vagina neanche in foto. –

– Questo è totalmente fuori contesto. –

– Non è fuori contesto, guarda che... –

Kyōka ci mette una mano per uno sulle spalle.

– O andate o vi ci faccio andare a calci nel culo, tutti e due. –

Inutile dire che una manciata di secondi dopo, io dalla parte della cassa e Denki da quella della tastiera, stiamo tirando giù la custodia nera del violoncello di Kyōka dal bagagliaio del pullman, tutti e due zitti, tutti e due perfettamente obbedienti.

Sì, un po' ci maltratta.

Diciamo che...

Per usare una metafora sessista, se fossimo una famiglia eterocisnormativa, noi saremmo i due figli, quello intelligente e con problemi di rabbia e quello scemo che non sta mai zitto, e Kyōka sarebbe il padre che governa col pugno di ferro.

Ma non importa, perché è tornata, perché ci vuole bene, e perché mi mancava un po' quella componente di stabilità nel gruppo che forse un po' ci serviva.

Infiliamo il violoncello nel posto del passeggero vicino a Kyōka che gli mette la cintura, poi rientriamo nella formazione solita, usuale, perfetta.

Denki al volante, io sul sedile del passeggero, Jirō seduta dietro, con una mano sullo schienale dei due sedili davanti, la faccia che spunta e le gambe corte aperte per spingersi in avanti.

È quando accende il motore e inserisce la retromarcia, quando finalmente siamo da soli, che veramente la conversazione inizia.

E ovviamente inizia con...

– Ragazzi miei, ho un annuncio da fare. –

Silenzio tombale.

– Ho passato un mese a scrivermi con Momo. –

Mi costringo a tenere la bocca chiusa per sentire il resto, perché c'è il resto, sono sicuro che...

– Sabato usciamo. –

Spalanco gli occhi, mi giro per guardarla.

Sorride.

Ma non è un sorriso timido.

È un sorriso... da uomo etero.

Quindi...

– Due giorni fa mi ha mandato le tette. –

La reazione è mista.

Denki urla, perché quello sa fare, la mia mascella si sgancia e cade verso il basso, Kyōka ride, l'abitacolo si riempie di rumore.

– Cosa? E non ci hai detto niente? –

– Non era il momento. Dovevo dirvelo di persona. –

– Come sono le tette? –

– I miei occhi hanno visto il paradiso, Denks, il paradiso. –

– Avete sextato? –

– Oh, 'Suki, non ne hai un'idea. –

– Chi ha scritto a chi? –

– Lei a me. Sapete che sono troppo passiva per iniziare io le cose. –

– Sei il nostro eroe, Kyōka, sei davvero il nostro eroe. –

Alza la mano verso di me, io capisco cosa intenda e le batto il cinque, le nostre mani schioccano l'una con l'altra, mi rivolge un sorriso a trentadue denti e lo io lo ricambio come mi è possibile, invece di lasciar andare la mano apre le dita e le infila fra le mie, anche se la posizione è scomoda non le ritraggo.

– Infatti prima di stasera ho bisogno di una ceretta. Denks hai le cose a casa, vero? –

Lui alza le spalle.

– Ovviamente ho le cose a casa. Perché la ceretta, non è meglio farla sabato? –

– Stasera Momo c'è, che ne so che non si fa prendere dalla passione e non mi denuda. –

– Tu dici? –

Mi guarda, poi si sporge verso Denki.

– Io non dico, ma ci spero. –

Annuisco.

– Giusto. –

Denki ride, Kyōka stringe le dita sulle mie e mi guarda.

– Tu, invece, genietto? Che fai senza di me, eh? –

– Solo casini, 'Yōka, solo casini. –

– Ma dai, non dire co... –

– Katsuki ha rischiato di farsi beccare dal bastardo a scopare in laboratorio con un giocatore di football. –

Mi giro verso Denki.

– Non dirlo così! –

– Come altro dovrei dirlo? "Katsuki stava per essere sorpreso a trastullarsi con un giovine dal messere che gli ha chiesto la mano"? –

– Non così! –

Mi sposto verso Kyōka.

– Non è così che è andata. Diciamo che è un po' complicato. Diciamo che... non è proprio falso. Ma non è proprio vero. Non stavamo scopando. Stavamo flirtando un po', e Kirishima è un bravo ragazzo, e... –

– Kirishima quello delle foto delle partite? Quello della pagina del liceo? –

Oh, merda, certo che lo sa chi è, è letteralmente in prima fila ad ogni post esca fuori dal profilo Instagram degli studenti.

Apro la bocca per intervenire ma mi precede.

– Quello grosso come un armadio a sei ante coi capelli rossi e il piercing all'orecchio che è nuovo? Lui? –

Prendo fiato, ma di nuovo non riesco a parlare.

– Quello che è totalmente il tuo tipo e che sembra molto meglio del bastardo? –

L'aria dalla bocca mi esce in un sospiro rassegnato.

– Lui. – è tutto quello che rispondo.

– Bene. – è tutto quello che risponde lei.

Ci guardiamo negli occhi per un istante che sembra infinito. Le specchia le pupille nelle mie che si specchiano nelle sue, ci studiamo.

– Bene? – ripeto, riprendendo quello che ha detto lei.

– Bene. –

– Perché "bene"? –

– Perché sì. –

Denki alza le spalle.

– Vero, Kyōka? È quello che penso anch'io. –

– Verissimo. –

Li guardo tutti e due, sposto le pupille da uno all'altro.

– Cosa mi nascondete, voi due? –

– Niente. –

– Semmai sei tu che nascondi qualcosa. –

– Cosa dovrei nascondere? –

Kyōka si sporge dalla mia parte, lascia la mia mano e infila le dita fra i miei capelli, mi arruffa le ciocche bionde con fare affettuoso.

– Come possiamo saperlo, noi? Ce lo nascondi. –

– Io non nascondo niente. –

– Sicuro? –

Se nascondo qualcosa?

Certo che nascondo qualcosa.

Ma non è che lo nascondo a voi, lo nascondo a me stesso.

Quindi...

– Ho detto di no, cazzo. No, non nascondo niente. Finito l'interrogatorio? –

Kyōka scuote la testa.

– Assolutamente no. Ci sono un sacco di domande importanti da fare. –

– Del tipo? –

Alza una mano, poi mi mostra l'indice.

– Dove vi siete conosciuti? –

– Partita di football ci siamo visti, tutoring di matematica ci siamo conosciuti. –

Alza il medio tenendo l'indice su.

– Ti tratta come meriti di essere trattato? –

– Come merito di essere trattato? –

– Come una principessa. –

Mi mordo l'interno della bocca. È imbarazzante da dire, ma...

– Sì. –

– Già siamo sopra di un grado al bastardo. –

Socchiudo gli occhi per tentare di guardarla male ma sembra non recepisca minimamente neppure il tentativo.

– Ti eccita? –

– Sessualmente? –

– Ah-ah. –

Dovrei mentire? Dovrei...

– Sì. –

– Due punti sopra al bastardo. –

Piego gli angoli della bocca verso il basso.

– Shindō mi eccita sessualmente. –

Denki interviene.

– Meno di Kirishima, no? –

– Non ho mai pensato a Kirishima in quel modo, quindi non sa... –

Gli occhi della verità mi fanno crollare. Lo sguardo diretto e malvagio e che arriva fino in fondo all'anima disperde la palese e plateale bugia che stavo dicendo.

– Meno di Kirishima. – confermo.

– Perfetto. – dice Kyōka.

Scorre con la mano dai miei capelli al mio viso, mi accarezza una guancia, la colpisce un paio di volte con delicatezza.

– E quindi è arrivato il momento in cui gli uomini si scannano per te, genietto? –

– Nessuno si sta scannando per me. –

– Oh, stai a vedere. –

Mi pizzica delicatamente la punta del naso che sono costretto ad aggrottare, passa un polpastrello sulla mia fronte, accarezza i tratti del mio volto.

– Stasera smuoviamo un po' le acque. – borbotta.

In che senso?

– Vero Denks? –

– Vero, 'Yōka. –

– In che senso smuovere un po' le... –

La mano di Denki sul cambio della macchina mi volta sul ginocchio, mi stringe.

– Tu non preoccuparti. Ci penso io. –

– Questo non lo rende meno preoccupante. –

– Invece sì, Kat, invece sì. –

Come vuole smuovere le acque Denki?

Lo capisco quaranta minuti dopo, steso sul suo letto con Kyōka a fianco, a guardarlo portare in camera quella che a quanto pare è la selezione di stasera.

Premettiamo a questo che... Denki si è autoproclamato costumista di tutti e tre quando siamo entrati al liceo. È sempre stato un grande appassionato di moda, di estetica, di tutto quello che si veda e si metta sul corpo in generale, e ha sempre curato molto se stesso e potremmo, dico potremmo, io e Kyōka, avergli concesso di gestirci per le occasioni come le feste solo per farlo contento.

È che lui si diverte.

E a noi toglie tutto il problema di scegliere cosa mettere.

E devo ammettere che al novanta per cento le sue scelte sono azzeccate e mi ci sento bene addosso.

Oggi, in ogni caso, quando tira fuori il suo appendiabiti con le rotelle dallo sgabuzzino che chiama cabina armadio, inizio a credere che forse non sia una cosa positiva.

Inizio a credere che...

– Denki, ma cos'è quello? –

– Un crop-top. –

– Non è un crop-top, è molto più corto di un crop-top. –

Squadro con gli occhi spalancati e l'espressione un po' vitrea il centimetro cubo di tessuto che sventola di fronte alla mia faccia.

Se lo porta su di sé, mi fa vedere dove arriva.

– Lascia un po' scoperta la parte sotto del petto. Il sotto-tetta. –

– Perché mai dovrei mettermi qualcosa che... –

– E poi ci mettiamo un bel paio di pantaloni a vita bassa così facciamo vedere al mondo quanto sei fortunato ad avere la pancia piatta. –

Scuoto selvaggiamente la testa.

– Non se ne parla neanche, Denki, non se ne... –

– Poi sai cosa? L'eyeliner, ma giusto un pochino, dello stesso colore delle cuciture dei pantaloni. Un po' di gloss e la crema coi glitter che fa subito sexy, bello e irraggiungibile. Se vuoi ho comprato anche una di quelle collane che si mettono sulla vita, così facciamo vedere al mondo anche quanto sei fortunato ad avere la vita strettissima. –

Sembra non mi ascolti.

Sembra le mie reazioni non gli interessino.

Non so come dirgli che...

– E poi ti ho comprato un paio di orecchini con la clip. Però se ne metti uno solo è più fascinoso, secondo me, non credi? Guarda, fa un po'... – si dirige verso la scrivania, mi porta di fronte alla faccia un brillantino argentato che cattura la luce quando lo muove – punto luce sobrio che si vede e non si vede. Così, per illuminare un po' il viso. –

Seguo con lo sguardo il brillantino perché non so che altro fare, poi raccolgo il fiato.

– Io credo che... –

– Credo che sia una figata, Denks, credo che sia una gran figata. Sei un genio, cazzo. Domani tutto il liceo sarà lo zerbino personale di 'Suki, miseria. –

– Vero? Non immagino cosa diranno i due idioti che gli vanno dietro. Sarà sparare sulla croce rossa. –

– Beh, se gli fai tirare fuori le tette e la vita stretta stasera vediamo le risse. –

– Esatto è quello che ho pensato anch'io, perchè... –

– Ragazzi, un attimo. –

Per quanto fosse chiaro e palese il loro tentativo di escludermi dalla conversazione ed ottenere il mio consenso evitando di farmi parlare, quando chiedo loro attenzione, ne ricevo. Si girano entrambi, smettono entrambi di parlare.

Denki ha la faccia che dice "ti prego, ti prego, ti prego" e 'Yōka non mi sembra tanto diversa, a dirla tutta.

– Io non so se la voglio mettere, quella roba. – borbotto, la testa che sporge verso il maledettismo crop-top ancora nelle mani del mio amico.

Lui sorride coi denti stretti.

– E perché non vorresti? –

– Perché... boh, perché mi sembra una cosa che metterebbe una troia, Denki. –

Stringe i denti e continua a sorridere.

– E tu non... sei... una troia? –

– Non sono una troia! –

Denki vola con la braccia sui fianchi e io verso di lui, stringo lo sguardo e lui aggrotta le sopracciglia.

– Tu sei indubbiamente una troia. Sei una troia, ti vesti da troia. Non hai voce in capitolo. –

– Io non sono una troia, io sono una persona normale e mi vestirò normale! –

– Non sei normale, sei troia! Guarda che ti vedo, che fai lo zozzone con Kirishima, e vorrei ricordarti della foto del culo. E del limone sul campo da football. E di qualche giorno fa quando... –

– Non sono cose da troia! –

Mi si avvicina di qualche passo, appoggia l'indice sulla mia fronte.

– Ancora no, è per questo che sono qui per cambiare le cose. Perché stasera fai la troia seriamente. –

Alzo gli occhi verso di lui, in piedi di fronte a me seduto sul bordo del letto.

– Io non credo stasera di voler fare la... –

– Dammi il telefono, 'Suki. –

– Eh? –

– Il telefono. –

Cerco di prendere fiato.

– Non capisco a cosa... –

– Il telefono, Katsuki. –

Usa il mio nome completo e ha l'espressione seria. Denki non ha mai l'espressione seria, non mi chiama mai col mio nome completo.

Obbedisco.

Lo faccio, credo, per sopravvivere.

Tiro fuori il cellulare dalla tasca sul retro e glielo passo.

Lo sblocca con l'identificazione faccia che ho impostato per lui, lo vedo premere sulle app, credo sia aprendo la fotocamera, forse i file, non ne ho idea. So che scorre a destra e a sinistra e poi in alto e in basso, che l'unghia del suo indice batte contro i cristalli liquidi del display quando sceglie quel che vuole farmi vedere.

Quando gira il telefono c'è, ovviamente, una foto di Kirishima.

Nemmeno una di quelle dove è svestito, una di quelle... normali, credo. Una carina.

– Cosa ti ha detto la primissima volta che ti ha visto, Katsuki? –

– Che cosa... –

– Rispondi. –

Prendo fiato.

– Mi ha detto che ero bello. –

– E in laboratorio? –

– Che ero così bello che non riusciva a respirare. –

– E alla partita? –

– Che non capiva come facessi ad essere così bello. –

Stringe lo sguardo.

– Questo ragazzo, Katsuki, stiamo parlando di questo ragazzo. Lui, che ti vede entrare nella palestra della scuola dove tutti tranne noi tre sono vestiti col culo con un crop-top che fa vedere le tette. Che cosa potrebbe succedere? –

Che cosa potrebbe...

Oh.

Oh, ho capito.

Ho capito, cazzo. Ho capito dove vuole andare a parare.

E...

Che cosa direbbe?

So che dovrei pensare a che cosa direbbe Shindō ma Kirishima, Kirishima che cosa direbbe?

Cerco di immaginarmi la scena.

Cerco di immaginare il suo viso e i suoi occhi che si spalancano di fronte a me, il modo in cui mi toccherebbe, in cui direbbe il mio nome, in cui mi direbbe che sono bello. Mi direbbe che sono bello? Cercherebbe di toccarmi? Sarebbe disposto a sopportare Shindō pur di potermi guardare da vicino? Lui...

Sento il sangue salirmi precipitosamente verso la faccia.

– Ok. – mormoro, con il tono di voce più basso che posso.

– Scusami? –

– Ok, va bene. Va... va bene. Me lo metto. Ma solo per questa volta. –

Sento la mano di 'Yōka stringermi la spalla da dietro e vedo Denki sorridere, cerco di sorridere anch'io, anche se so di avere le guance ancora viola, gli occhi ancora un po' persi.

– Sei il migliore, 'Suki. –

– Sei il mio gay preferito del mondo. –

Ridacchio.

– Ma se non mi dice che sono la cazzo di cosa più bella che abbia mai visto non ti parlo più, Denki. –

– Dici Kirishima, o dici il tuo ragazzo? –

Lo guardo da sotto le ciglia.

– Sai chi intendo. Non fare lo stronzo. –

Ride sotto i baffi, alza le spalle.

– Touché. –

Mi ridà il telefono, io lo riprendo, cerco di rimettere su il mio solito broncio ma non so quanto il mio tentativo sia da considerarsi efficace, mi lascio cadere con la schiena sul letto.

– Voi bastardi che mettete, invece? –

– A Kyōka ho comprato un body che fa vedere anche l'anima di cristo, io non so se mi va di mettere la gonna. –

– Solo un body? Così, vado nature? – dice la nostra amica, tirandosi su sui gomiti per squadrare la sua personalissima selezione ora che la mia è passata in secondo piano.

– No, coi pantaloni, scema. Però è tutto bello scollato dietro e davanti. Fa un po' androgino, un po' femminile sopra ma maschile sotto. Fidati, starai una favola. –

– Anch'io sarà la cazzo di cosa più bella che abbiano mai visto? –

Le tiro una botta con la mano.

– Lo sei già, stronza. –

– Oh, ma che carino. –

– Quando vuoi. –

Alzo un braccio verso Denki.

– Che gonna vuoi mettere? –

– Forse quella di PVC. –

– Quella trasparente olografica? –

Mi guarda, annuisce.

– È un po' che non la metto. –

– Sopra che ci metti? –

– Pensavo le calze a rete tipo maglia e una t-shirt di quelle tagliate. Così per sdrammatizzare un po' e non sembrare una stripper. –

Ridacchio fra me e me.

– Tu sei una stripper. –

– In un'altra vita lo ero di sicuro. –

Rimette il crop-top a posto sull'appendiabiti, poi appoggia entrambi i palmi sul letto.

– Quanto abbiamo? – chiede Kyōka, che si ristende meglio sul letto.

– Bah, sono le cinque, la festa inizia alle nove, direi una barca di tempo. –

– Allora venire qui, bastardi. –

Si sporge per tirare giù Denki dai pantaloni e farlo atterrare sul letto, poi lo spinge verso di me, io lo tiro dalla mia parte.

La tradizione vuole che...

Io sono quello meno affettuoso. Sono quello meno dolce, sono quello meno smielato, sono quello meno simpatico dei tre. Io non rido tanto, io non sono con la battuta sempre pronta e non sono... di certo la parte più divertente del trio.

Non dovrei, a rigor di logica, essere in questa posizione.

Ma da quando siamo bambini, è sempre stato così. Da quando eravamo piccoli, dalle brandine dell'asilo, dai tre banchi in fila alle elementari, dalla disposizione in mensa alle medie.

Io sto in mezzo.

Denki mi rotola sopra, atterra dall'altra parte del letto, io mi sposto con la schiena, apro le braccia e li sento ancorarsi una ad una mano e l'altro all'altra, chiudo gli occhi, mi sembra di sciogliermi sul materasso.

Si chiudono su di me.

Denki passa un braccio oltre il mio petto verso il collo di Kyōka, lei lo stringe dalla vita, ci compattiamo.

Poi rimaniamo zitti.

È...

– Ho paura che a Momo dal vivo non piacerò. Ho paura che forse sia stato un passatempo per lei e che ora che sono tornata le andrò a noia. Sono terrorizzata. –

Prendo fiato a pieni polmoni.

– Non è quel genere di ragazza. Lo fosse, però, sarebbe una stronza che non sa quel che cazzo ha davanti. – borbotto.

– Sarebbe solo una pazza a lasciarsi sfuggire una come te, 'Yōka. –

– Voi dite? –

Incastro la testa di lato, i miei capelli toccano i suoi.

– Sei bellissima, hai un miliardo di talenti e sei interessante, hai sempre un argomento di cui parlare e non sei qualcuno che annoia. Mi dispiace, ma non vedo cose che qualcuno potrebbe disprezzare in te, 'Yōka. – sussurra Denki.

– Sono d'accordo con lui. – mi accodo.

Rimane ferma, poi mugugna qualcosa, si alza per tirarsi su.

Dà un bacio sulla guancia a Denki, uno a me, torna stesa.

– Siete due stronzi, ma vi amo, Dio solo sa quanto vi amo. –

– Ti amiamo anche noi. –

– Anche tu sei una stronza. –

Ridacchiamo insieme, i nostri respiri si calmano poco dopo.

A prendere fiato l'attimo dopo è Denki.

– Io invece sto fallendo di nuovo la classe di matematica. Anche con gli appunti di 'Suki, anche se mi spiega le cose. Sta andando tutto di nuovo una merda e mi vergogno così tanto a pensare che sono indietro di due anni e che non riuscirò mai a... –

– Non ti devi vergognare proprio di un cazzo. Tu non hai un cazzo di niente di cui vergognarti. Che cazzo dici? –

Prende un respiro superficiale, un po' frettoloso.

– Lo so, lo so, ma... –

– "Ma" un cazzo, Denks, 'Suki ha ragione. Di che cosa devi vergognarti? Che non sei bravo in matematica? Nessuno è bravo in matematica, solo Katsuki, e lo è perché probabilmente ha battuto la testa da piccolo. –

– Infatti. – concordo.

Si nasconde con la faccia contro la mia guancia.

– Ma allora perché ce la fanno tutti tranne me? Perché sono l'unico che non ce la fa? –

– Perché se Dio t'avesse dato anche quello a noi che cazzo sarebbe rimasto? –

Passa un attimo di silenzio.

– No, davvero, se fossi stato anche bravo a scuola sarebbe stato ingiusto. Lasciaci qualcosa, maledetto. –

Lo sento tremarmi addosso.

Sta... ridendo.

– Non ridere, bastardo! È vero! –

– Oh, 'Suki, sei così... –

Mi prende dalla faccia e mi spiaccica la fronte contro la guancia.

– Sei un patatino, tu. Sei il patatino più patatino del mondo. Sei così un patatino che... –

Kyōka ride.

– È vero, è verissimo. Sei il nostro piccolo patatino. –

Schiarisco la voce.

– Sordo e frocio? –

– Sordo e frocio, e... – conferma Denki – se posso anche con la testa dura come un mattone. Ma sei il nostro patatino lo stesso. –

– E voi siete due coglioni di merda. I miei due coglioni di merda, pur sempre dei coglioni di merda. –

– Oh, 'Suki, è una delle cose più carine che tu ci abbia mai detto! –

Scoppiano a ridere e scoppio a ridere anch'io, rimaniamo rannicchiati nel letto a riderci addosso, stretti e compressi tutti e tre insieme. Io mi ritrovo a guardare il soffitto, quando la mia risata s'affievolisce e ricomincio a respirare normalmente, e mi ritrovo col cuore che batte sereno nel petto, la pelle scaldata dalla loro presenza, l'anima finalmente in pace.

Mi sembra di poter respirare.

Qui, mi sembra...

È divertente, tutto quello che mi succede. Mi piace stare con Kirishima, davvero, credo sia innegabile, e mi spande nel corpo una sensazione piacevole, dolce, emozionante.

Ma mi fa sentire sempre un po' col cuore in gola.

Ora no.

Ora...

– Io non so che cazzo sto facendo della mia vita. – mi scappa dalle labbra.

Nessuno dei due risponde.

Rimangono in silenzio.

Lasciano perdere quei rimasugli di risata e il rumore dei loro respiri si affievolisce al punto che quasi mi sembra di non sentirlo.

Sbatto le palpebre.

– Non ne ho la minima idea. Non so cosa fare, non so cosa sto facendo, non so perché. Sono così confuso. Certi giorni mi sembra di fare la cosa giusta e certi altri di fare una stronzata dietro l'altra. Mi sembra di camminare sull'orlo di un baratro e questa cosa non mi piace. –

Mi sento stringere, abbracciare forte.

– Mi piace tanto. Lui, mi piace tanto. Mi fa sentire come se... gli piacessi anch'io, ma non fuori, anche dentro. Come se gli interessasse davvero. Mi chiede quello che faccio e mi ascolta anche se non capisce quello che sto dicendo. Mi mette nelle storie di Instagram. Se è in gruppo con gli altri del football in corridoio e io passo non ci pensa due volte e viene subito a salutarmi. Si espone, mi racconta le sue cose private, sembra che si fidi di me. –

Stringo forte i denti, sento qualcosa liquefarsi dentro di me.

– È che io ho... paura di quello che mi fa. Mi fa sentire... al sicuro. Mi fa abbassare la guardia. Io non la so abbassare la guardia e ho paura che se provassi a farlo poi lui potrebbe... –

Deglutisco la saliva.

– Io non voglio che mi spezzi il cuore. Non voglio che un giorno si svegli, mi guardi, e capisca che non sono quello giusto. Non voglio che un giorno si renda conto di quanto difficile sia stare con me. Io non voglio... –

Sento la mano di Kyōka appoggiarsi sulla mia guancia e spazzarmi via le ciocche di capelli dalla fronte.

– 'Suki, sei davvero sicuro che ne valga la pena? Di... sacrificare tutto quello che provi perché hai paura che un giorno possa lasciarti? –

– Non lo so. –

Denki si accoda.

– Così non vivi le cose brutte, ma non vivi neanche quelle belle. E quelle belle ti piacciono, ti fanno bene. –

– E poi tu non sei una persona difficile come credi. Sei solo... tu. E vai benissimo così come sei, anche se qualcosa è un po' più ruvido di quanto uno si aspetterebbe. –

– Io non sono perfetto. –

– Hai mai conosciuto qualcuno perfetto? –

Cerco di prendere fiato.

– Lui lo è. Lui è perfetto, 'Yōka, è per quello che ho paura. È perfetto davvero. –

– Per te o per tutti? –

– Per... –

Per me o per tutti?

Kirishima è perfetto per me... o per tutti?

Per...

– Sai cosa potrebbe aiutarti, 'Suki? –

Mi giro verso Denki quando lo sento pronunciare queste parole.

– Cosa? –

– Secondo me non pensarci. So che è facile a dirsi, ma... fare le cose come vengono. –

– Sai che non sono capace. –

Kyōka sorride, la vedo con la coda dell'occhio.

– Lo sappiamo, ma sappiamo anche che sei tutto matto e che potresti fare di tutto. Denks ha ragione, se la prendi un po' come viene potresti quantomeno divertirti un po'. –

– Voi dite? –

– Mh-mh. –

Guardo di nuovo il soffitto, cerco di respirare.

Posso farlo?

Voglio farlo?

Io...

– E con Shindō? –

– Oh, questo non ne ho idea. A dirla tutta non capisco nemmeno bene perché stiate ancora assieme. –

– Vero, concordo. –

Passo con lo sguardo da uno all'altro.

– Dovrei lasciarlo? –

– Teoricamente sì. Praticamente fai come ti pare. –

– Lo sai che non ti giudichiamo, hai diciott'anni, per la miseria, e non siete mica sposati. –

Mi mordo l'interno della bocca.

– Mmh, dite. –

– Diciamo. –

– Assolutamente. –

Lascio uscire tutta l'aria dal corpo, poi la faccio rientrare.

Fare le cose come vengono.

Fare le cose come...

Dio, e chi ne è in grado? Io? Io no di certo, io...

No, voglio provarci. 'Fanculo, io so fare tutto, e tutto comprende anche questo, giuro che lo fa, quindi...

Mi tiro su e per poco non tiro una spallata alla faccia di Denki.

Schiaffo tutte e due le mani aperte sulle cosce.

– Ok, facciamo le cose come vengono. Avete ragione. Siete pronti? –

Kyōka ridacchia, annuisce.

– Perfetto. Denki? –

– Dimmi. –

Afferro con le mani l'orlo della mia maglietta.

– Mettimi questa merda di crop-top. –

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

ok CIAO CUORI SCUSATE IL RITARDO OGGI E' STATA UNA GIORNATA ROLLERCOASTER sto impazzendo scuuuuuuusatemi sono anche sbronza looool

volevo solo dirvi che spero che questo capitolo vi sia piaciuto!!! so che non c'è kiri quindi magari a qualcuno è sembrato noioso ma mi andava di concentrarmi un po' su di loro e poooooooooi volevo fare un po' di suspence e niente i really hope u liked it sisisis

e niente

ci vediamo il 17

ciao cuori

mel :D
ringrazio per il betareading XxSpaceeexX <3333

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