𝚠𝚑𝚊𝚝 𝚔𝚒𝚗𝚍 𝚘𝚏 𝚋𝚞𝚋𝚋𝚕𝚎𝚐𝚞𝚖

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Il vento mi sferza fra i capelli come se mi schiaffeggiasse.

Mi sbatte contro la fronte e contro le guance, le tira indietro e mi secca gli occhi che difficilmente tengo aperti, mi fa fischiare l'apparecchio acustico e mi distacca.

Ho la faccia cacciata fuori dal finestrino.

La macchina è sempre lei.

Sono tornato al punto di partenza.

Una settimana dopo, sono tornato al punto di partenza.

Culo sulla Toyota Corolla, pensieri in testa che sembrano una tempesta che non posso controllare, Kirishima che si accampa e Shindō che cerca di tirargli via la tenda, io zitto e muto e completamente silenzioso riguardo ad un conflitto che non voglio ammettere a me stesso.

Kirishima è furbo.

Lo stronzo è furbo davvero, cazzo.

Lo sapeva che cosa sarebbe successo.

Sapeva che ci sarei andato davvero da Shindō, quella sera, sapeva che non stavo bluffando e che mi sarei rifugiato da lui per cercare di fingere che tutto andasse bene.

E cosa poteva fare?

Lagnarsi, lamentarsi, trattarmi male, mandarmi a fare in culo, evitarmi, rimanere in silenzio, cazzo, persino fare il ballo della pioggia.

Invece no.

Invece lui ha fatto la cosa più furba di tutte e la più bastarda.

Non pensavo a Shindō quando sono entrato in casa sua.

Non pensavo a lui quando mi spingeva sul letto.

Non pensavo a lui quando mi toglieva i vestiti, cazzo.

Ci ho pensato solo un istante, ed è stato quando mi sono tirato su dal letto per dirgli "no, guarda, stasera proprio non ho voglia". Mi sono beccato i "e che cosa sei venuto a fare" e i "ok, Katsuki, quando finisci di fare la ragazzina dimmelo" per colpa tua, Kirishima.

Tutto per colpa tua.

Tutto per la tua voce da stronzo che mi dice "potrei essere io".

Ti odio.

Lo odio.

Io lo odio, lo detesto, non lo reggo, non...

Quando sono rientrato a casa il giorno dopo la partita ho pianto tanto. Sono andato nel mio letto, mi sono infilato sotto il piumone con la faccia coperta, ho urlato contro il cuscino, ho minacciato anche il Signore in cielo e ho pianto.

Io... diciamo che questa faccenda mi ha scosso più del previsto.

Mi ha destabilizzato, ha compromesso i miei piani.

Non è facile per me neppure elaborarli, Kirishima, figurati cambiarli in corsa perché tu devi entrarci a passo di valzer con la tua felpa di merda e i tuoi capelli di merda e i tuoi addominali di me...

L'ho tenuta, la felpa.

Shindō mi ha chiesto di chi fosse.

"Mia, ho sbagliato taglia su internet."

"L'hai sbagliata tantissimo, quella è larga anche per me."

"Non avevo gli occhiali."

Non potevo gettarla, ok?

Non potevo dire a Shindō dove l'avevo presa.

Dovevo... portarla a casa, lavarla, metterla via e riportargliela quando ne avrei avuto l'occasione. Avrei dovuto farlo. Avrei decisamente dovuto...

Faceva freddo, non è stata colpa mia.

Faceva freddo in casa e c'era solo quella.

Non vuol dire niente che me la sia messa per fare un pisolino e che me la sia messa per studiare in casa mia.

Niente.

Assolutamente niente.

Tiro la faccia dentro la macchina, fisso lo sguardo sul cruscotto e rimango in silenzio.

Non ho voglia di parlare.

Ancora meno del solito.

Mi sento in colpa nei confronti di Kirishima, tanto in colpa, e mi sento incazzato con me stesso, insicuro e fragile anche più del solito. Mi sembra di avere bisogno di rimettermi in piedi dopo il colpo che ho preso ma di non riuscire a farlo allo stesso tempo.

Mi sembra di...

La mattina Denki va sempre in macchina e mi accompagna sempre.

Stamattina non era a casa da solo.

Tutto l'abitacolo sa mortalmente di caffè.

Credo che Shinso abbia il caffè al posto delle vene. Davvero, è impensabile, anche i suoi... anche i suoi capelli sanno di caffè.

Sta seduto dietro, con le gambe aperte perché non ha spazio di mettere quei trampoli dritti di fronte a sé senza infilarsi le ginocchia in gola, si pizzica le ciocche umidicce dalla fronte e le tira indietro quando gli capitano di fronte agli occhi.

Ha chiesto di stare al mio posto.

Denki ha mosso l'indice da destra a sinistra sbottando che "quello è il posto di 'Suki, dietro ha paura. Se non vuoi stare dietro puoi sempre venire a piedi."

Mi sento un peso.

Sono un peso.

Tutti i miei amici e tutte le persone che conoscono mi trattano diversamente perché sono un peso. Mi fanno sedere davanti perché sono un fifone di merda, mi danno la mano nelle folle perché ho l'ansia, mi parlano lentamente perché sono sordo, mi trattano...

Io dico a tutti che queste cose mi fanno schifo perché mi trattano come se fossi debole.

Ma c'è da dire che oltre a questo, io, anche se dovessi mai averne bisogno, tutti questi favori non me li merito.

Alla fine che faccio, io?

Sbraito e do fastidio, faccio calcoli e non ascolto mai, fine.

Invece loro tengono a me.

È tutto sbagliato.

Queste persone non hanno niente di meglio da fare che darmi cose senza le quali poi smetterò di poter andare avanti? Certo, fate i carini, insegnatemi che il mondo mi dà una mano, poi tanto quando vi stancate di me chi ci pensa a ricominciare a campare, eh?

Io.

Io da solo.

Io che da solo, alla fine, non so fare un cazzo.

Denki ha anche lui i capelli bagnati, è stranamente struccato e gli s'intravedono le lentiggini, ha solo una felpa di Shinso e i jeans tagliati addosso, guida senza parlare, fissa la strada e muove le mani.

Perché mi sopportate?

Perché?

È uno scherzo?

Pensate che sia così debole e che da solo non possa fare niente?

Ma poi, se lo facessero, sarebbe falso?

Io sono debole.

Io sono...

Io sono incredibilmente debole. Così debole che non accetto un bacio, così debole che non guido, così debole che non respiro se le persone mi schiacciano, così debole, così debole che...

Il mio corpo viene sbalzato di lato in un attimo.

Mi giro di scatto verso Denki che è muto, zitto, con le mani girate da una parte sul volante e lo sguardo affilato verso la piazzola su cui sta accostando.

Apro la bocca per parlare ma alza una mano verso di me e m'indica di non farlo, ravana sul lato della portiera, tira fuori un pacchetto di sigarette, ne sfila una e la sporge indietro.

– Vai a fumare, Hitoshi. –

Shinso si tira su con il busto.

– Eh? –

– Vai a fumarti una sigaretta. Quando hai finito torna. –

Sento il mio stomaco fare una capriola.

– Oh, ok. –

Non chiede, non questiona, fa e basta. Shinso non è uno problematico, almeno non più, se Denki gli chiede di fare una cosa, di norma la fa senza particolari drammi.

Si sporge, gli bacia una guancia, prende la sigaretta e esce.

Chiude la portiera con un tonfo.

Io apro le labbra per chiedere cosa stia succedendo ma di nuovo, vengo interrotto.

– Katsuki, che cosa c'è che non va? –

– Non c'è niente che non... –

– La macchina non riparte finché non mi dici cosa c'è che non va. –

Non gli ho detto niente.

Non credo fosse tanto per privacy, questo, quanto più per il timore di dire ad alta voce tutte le cose che sono effettivamente successe.

Me ne vergogno?

No, non me ne vergogno.

Almeno, non dei fatti. Di me stesso, decisamente di più.

– Non è niente, Denki, davvero. Prima o poi mi passa, ora non ho voglia di... –

– Rimaniamo qui fino a domani. –

Lo vedo abbassare la mano fino alla leva del sedile, tirarla piano verso l'altro e scivolare completamente indietro per lasciare più spazio possibile fra se stesso e il volante.

Chino lo sguardo.

– C'entra Kirishima? –

Annuisco appena.

– C'entra il fatto che vi siate baciati il giorno della partita? –

Spalanco gli occhi.

– E tu come fai a... –

– Ci sono le finestre nello spogliatoio, lo sai? Se no pensa che dramma sarebbe con tutta quella puzza di sudore. –

Sento il sangue fluirmi verso la faccia.

Lui ha...

– Io e Shinso ci stavamo baciando, mi gira di schiena, credo tu sappia cosa stava per fare, io appoggio una mano sulla finestra, inarco la schiena e sbem, ecco te e Kirishima che vi rotolate nel campo come due tredicenni in calore. –

– Non ci stavamo rotolando come due tredicenni in... –

– Però mi sembrava che ti stessi divertendo, quindi non capisco dove sia il problema e voglio saperlo, perché come ti ho già detto, se quel cretino ti fa anche solo un torto minuscolo, lo metto sotto e ballo sul suo corpo spappolato. –

Sporge una mano verso di me, stringe le dita sottili sul mio polso e mi guarda negli occhi.

Sorride, sento le lacrime radunarsi nei miei occhi.

– Io sono qui, Katsuki. Per qualsiasi cosa. Non sei costretto a dirmelo e scherzavo sul rimanere qui fino a domani, ma voglio che tu sappia che non devi chiuderti e pensare a tutto da solo, io posso darti una mano. –

Tiro su con il naso.

Idiota.

Idiota pezzo di merda coi capelli gialli e una ninfomania latente che ti porterà alla paraplegia, un giorno.

– Posso... posso abbraccia... –

Annuisce.

– Vieni dalla mamma, su. –

È la tecnica suprema di consolazione.

Di solito è Kyōka al posto di Denki e lui al posto mio, di solito io mi siedo a lato e li abbraccio entrambi senza farlo così, ma ora come ora questo c'è e questo mi consola.

Mi tiro su sul sedile, attraverso il cambio e il freno a mano con le gambe, infilo le cosce a lato di quelle di Denki e mi siedo sul suo grembo, la testa contro il suo petto e la faccia schiacciata in basso.

Ci hanno detto che è una cosa fraintendibile.

Ma tutte le forme di contatto fisico lo sono, alla fine, è solo il modo in cui le rivolgi a dar loro un secondo significato.

Infila il naso fra i miei capelli e ricambia l'abbraccio, respira piano e dolcemente contro di me.

Mi calma, questo.

Ma mi mette anche ansia, perché una settimana fa ero così con Kirishima, e dire che lui abbia lo stesso potere rasserenante che ha su di me un amico che conosco da quindici anni, è spaventoso.

– Mi si è scaricato l'apparecchio acustico. –

– Eh? –

– La sera della partita. Sono venuto a cercarti e mi si è scaricato in mezzo alla folla. –

Lo sento irrigidirsi.

– Oh porca puttana. Porca di una puttana, cazzo, cazzissimo, come... –

Mi fa sorridere la preoccupazione. Anche se è già successo, anche se è passato. Mi fa sorridere che lo preoccupi così tanto.

– Ho trovato Kirishima, gli ho chiesto una mano ed è stato dolcissimo. Mi ha abbracciato, mi ha detto che andava tutto bene, mi ha portato in un posto dove potessi respirare in pace e mi ha prestato la sua felpa. Poi... poi mi ha baciato. –

– E tu? –

– E io ci sono stato. All'inizio, prima che... –

– Che ti ricordassi che hai un ragazzo? –

Dovrei vergognarmi profondamente della mia risposta, ma con Denki non se sono in grado. Capirebbe in ogni caso che cosa intendo e perderei solo tempo, per cui decido di dire la verità.

– No, non è per quello che mi sono fermato. –

– E allora per cosa? –

Sposto il viso perché ci sia la mia guancia, schiacciata contro il suo sterno, e fisso fuori dal finestrino completamente sconsolato.

– Se mi metto con Kirishima mi innamoro di lui. È matematico. È palesemente una persona dolce e premurosa, mi ha detto di essere tipo da relazioni quindi sarà sicuramente bravo a mantenerle, è bello, sa come farmi venire le ginocchia molli e ho l'impressione che se la cavi bene a letto. Se mi metto con lui mi fotte il cervello, lo so. –

– Il problema dove sarebbe? –

Stringo una mano su se stessa, strizzo gli occhi.

– Poi quando mi lascia come faccio? –

Denki smette di respirare per un istante e poi mi stringe forte, fortissimo.

– Katsuki, dici sul serio? –

– Lo so che sembra una stronzata, lo so, te lo giuro, lo so. Ma è vero, cazzo, se io mi innamoro di Kirishima, quando poi mi lascerà io starò una merda e a me non piace stare una merda e non voglio dipendere da lui per essere felice e... –

– Ne parli come se fossi sicuro al cento per cento che, mai vi doveste mettere assieme, ti lascerebbe ad una certa. –

– Oh, lo sono. Sicuro, intendo. Lo sono. –

– E perché lo sei? –

Lascio che mi accarezzi la schiena e rimango in silenzio a guardare le macchine che passano in strada. Non ho pianto, non sul serio, ma devo controllarmi o potrebbe succedere, e di andare a scuola con la faccia gonfia non se ne parla.

– È troppo per me. – borbotto dopo un po'.

– Eh? –

Prendo fiato con calma.

– Nessuno come lui vorrebbe davvero qualcuno come me. Penso di piacergli esteticamente, probabilmente lo intrigo, ora come ora gli sembro interessante. Ma sono pieno di problemi, cazzo, quando si accorgerà di quanto pesante sia stare con me smetterà di volerlo e mi lascerà completamente da solo. –

– Sì, ma stare con te non è pesante. –

Mi viene da ridere, lo faccio. Non è una risata serena, è amara, lo sa anche lui.

– Denki, sono più i problemi che ti creo che quelli che ti risolvo. Sono aggressivo, chiuso, antipatico come lo schifo. Non puoi stare vicino al tuo ragazzo in macchina perché mi viene l'ansia se mi siedo dietro, ho paura degli spazi chiusi ma anche delle persone, parlo solo di cavi e cavetti e sono sordo. –

Stringe gli occhi su di me.

– La parte sulla sordità è abilista. –

– Sto parlando di me stesso. –

– È abilista lo stesso. –

Faccio per distogliere lo sguardo ma mi tiene più forte, più forte ancora, china la testa e la appoggia contro la mia.

Mi sta abbracciando per bene.

Come quando mi vengono gli attacchi di panico e mi stringe la mano mentre aspetta che vadano via.

Con delicatezza, ma anche con incredibile decisione.

– Katsuki, non mi crei problemi. Sei una persona con delle caratteristiche, non con dei problemi. Fanno parte di te, esserti amico vuol dire apprezzarle, lo sai? –

– Non puoi apprezzarle. Nessuno lo farebbe. –

– I tuoi amici lo fanno. –

Mi pizzica una guancia con le dita.

– Essere amici non vuol dire essere perfetti e scambiarsi la perfezione, vuol dire incastrarsi nelle cose belle e in quelle un po' meno belle, non credi? –

– Credo solo che... –

– Sono cinque anni di liceo che passi il tuo fine settimana a riscrivere i tuoi appunti in una versione più facile e comprensibile per darmeli. Lo so che li riscrivi perché non riuscirei a capire niente dai tuoi. Lo so che lo fai per me. –

Sento caldo alla faccia.

Lo sa?

Lui...

Non è cattiveria, non è perché penso che sia stupido.

È che...

Denki impara coi colori e io i colori non li uso, impara con i concetti scritti in mappe concettuali in un certo modo e io... non lo so, è perché siamo amici, non è che...

– Quando io e Hitoshi litigavamo alla fine dell'anno scorso e mi hai visto piangere, sei andato dritto di fronte a quei due metri di uomo e gli hai minacciato di far esplodere casa senza vacillare nemmeno un istante. Ti avrebbe potuto uccidere ma tu non hai pensato nemmeno per un secondo che non ne valesse la pena. –

Io...

Mi tira su il viso con le mani.

– Lo so che sei tu che sei andato dal professore di scienze a chiedergli di non bocciarmi e che ti saresti occupato personalmente della cosa se solo mi avesse permesso di rimanere in classe con te, scemo. Anch'io ti creo problemi, accettarli vuol dire che siamo amici, no? –

Forse.

Forse sì.

Ma...

– Non è giusto che pensi che Kirishima ti lascerà perché sei problematico, perché non sei problematico. Sei una persona, le persone sono fatte così. Sono solo le tue caratteristiche. –

Metto su il broncio e fisso il mio riflesso sul vetro.

– Mi lascerà anche se tu dici che sono un buon amico. –

– Potrebbe succedere, sì, ma non sarebbe questo il motivo. –

Io non voglio...

– Io non voglio rischiare, Denki. Non posso permettermi di farlo. Devo preoccuparmi di così tante cose che non credo di avere il tempo di dar retta a queste. –

– Oh, 'Suki, non puoi fare niente al riguardo. Più dici che non te ne vuoi occupare peggio andrà, lo sai? –

Chiudo le labbra e mugugno forte di fastidio contro il suo sterno.

– Non riesco a venire a capo, sto... sto impazzendo. Perché non posso decidere che non mi piace e basta? –

– Perché non funziona così. –

– Dovrebbe. –

– Sarebbe troppo facile. –

Ridiamo assieme, appena appena, giusto un attimo.

– Ci stavo quasi non pensando più. Ti giuro, ci ero quasi arrivato. Ma poi ha iniziato a... Denki, quell'uomo è il demonio. Sta cercando di uccidermi, te lo giuro. –

– Kirishima? –

– Sì, merda, è cattivissimo. –

Sbatte le palpebre un paio di volte.

– Cattivo? Quel pezzo di ciambella alla fragola? –

Annuisco.

Sì, Denki, il problema è che sono insicuro. Insicuro, fragile, troppo delicato per reagire fino in fondo, ma negli ultimi sette giorni, la faccenda si è aggravata.

Lui...

– Mi si siede vicinissimo quando facciamo ripetizioni, mi accarezza i capelli, mi sistema gli occhiali, mi dice che sono tanto carino e che gli manco. Mi scrive... su Snapchat. Sono ad un passo da cancellare l'applicazione, te lo giuro, ad un passo da... –

– Ti manda le foto? –

– Sì, cazzo, sono pieno di foto. Guarda, guarda tu, questa è la roba che mi manda. –

Tiro fuori il cellulare dalla tasca sul retro dei pantaloni, apro la galleria, trovo le foto sparse in mezzo alle altre.

Il problema è che non solo io sono insicuro, ma lui sta attentando alla mia vita.

Il problema è che più passa il tempo più mi fa impazzire.

Il problema è che, maledetto lui, sa più che bene di piacermi.

Tiro fuori una delle prime, una foto normalissima di lui che guarda di lato e con l'angolazione un po' dal basso – solo Kirishima può venir bene in una posa del genere – con su scritto "mi ha dato Sero il tuo nickname se non vuoi che ti scriva smetto".

Poi c'è quella allo specchio, con la maglietta vecchia e lisa da cui si vedono chiaramente i pettorali, quella di sera con "buonanotte" e palesemente il petto nudo sullo schermo e...

– Sono tutte quelle che ti ha mandato? –

– Sì, tutte. –

– E le hai screenshottate tu? –

– Ah-ah, per fini scientifici, volevo... –

– Katsuki, tu hai mai usato Snapchat prima? –

Sono confuso.

Apertamente confuso quando tiro su lo sguardo e fisso Kaminari.

– In che senso? No, non lo uso mai, mando qualche volta le foto a Kyōka ma... –

– Se fai uno screenshot arriva la notifica all'altra persona. Lui sa che tu hai... –

Mi cade il mondo addosso.

La mia faccia diventa viola, le mani iniziano a tremare, il sangue mi ribolle nelle vene.

– Dimmi che non è vero. Denki, dimmi che scherzi, dimmi che... –

– Katsuki, non sto scherzando. Lui sa che tu hai salvato tutte... tutte le foto che ti ha mandato. Lo sa. Tu gliel'hai palesemente detto. –

No, no, no.

Chissà cosa pensa di...

Forse è per questo che è convinto di piacermi.

È un malinteso, è solo un... no, non è affatto un malinteso. Che l'avesse saputo o meno, miseria, sarebbe stato ugualmente vero che sì, io salvo le sue foto, le ho salvate tutte, le riguardo quando mi va.

Sento l'imbarazzo sostituirsi ad una completa e muta accettazione.

Ormai...

– L'unica cosa che mi chiedo è perché lui non salvi le tue. Forse fa le foto con un altro dispositivo, forse... –

– Non gli ho mai mandato una mia foto. Scrivo... e basta. Non vengo bene in foto come viene lui. –

Denki alza le sopracciglia.

– Scusami? –

– Non sono fotogenico. Le foto dove ci sono io sono... sono brutte. –

– Per la miseria, sordo sì, ma cieco ancora non credevo. Questa è l'unica cosa su cui posso aiutarti. Su, vai sull'altro sedile. –

Non mi lascia il telefono e credo di intuire cosa stia per fare ma mi fido, perché è Denki, nonostante la cosa mi metta in imbarazzo.

Mi tiro su e mi rimetto sull'altro sedile, mi sistemo gli occhiali con la mano.

– Dimmelo quando mi fai la foto. –

– Sì, certo, come no. –

Faccio il broncio e sono lì lì per sgridarlo quando scatta la foto.

È troppo veloce a scrivere perché riesca a fermarlo in tempo, salva una copia dello Snap e lo invia prima che possa fermarlo, me lo mostra quando il danno è già fatto.

Classica faccia che ho sempre.

Occhi affilati dietro le lenti degli occhiali, capelli biondi che vanno da tutte le parti e broncio appena accennato, il collo che sembra più sottile addosso al cardigan che porto oggi, una gamba tirata su di fronte al petto e lo sguardo rivolto dietro alla fotocamera, verso chi sta facendo la foto.

Sono solo... sono solo io.

Io e la scritta "Katsuki dice che viene male in foto".

Riprendo il mio cellulare all'istante, arrossisco fino all'ultimo capello e sbuffo.

– Era proprio necessario? –

– Lo era. Chiama Hitoshi, ripartiamo. –

– Ti odio. –

– Non mi sembrava che mi odiassi un minuto fa ma come vuoi, 'Suki, come vuoi. –

Gli do del cretino mentre abbasso il finestrino e mi sporgo.

Shinso è seduto a braccia conserte sulla transenna a lato della strada, mi guarda quando tiro fuori la testa come se neppure gli interessasse, di dover ripartire.

– Andiamo. – borbotto.

– Arrivo. – risponde.

E sono imbronciato, quando ripartiamo, lo sono davvero.

Lo rimango per tre minuti.

Prima che la scritta "@ei_jirōkirishima ha fatto uno screenshot" appaia sul mio schermo.

Il resto del viaggio procede in silenzio.

No, scherzo, sarebbe stato bellissimo ma purtroppo non è possibile, non è affatto possibile che questo accada.

Il resto del viaggio procede come procederebbe un interrogatorio senza sosta.

– Quindi tu dici che lui ti tortura perché ci prova con te? È questo che stai dicendo? –

– Denki, sono venti minuti che te lo ripeto. Sì, mi tortura perché ci prova con me. È troppo sfacciato, cazzo. –

– Ma a me non è mai sembrato che lo fosse. –

Alzo gli occhi al cielo.

– Perché non abbiamo lezione insieme con lui e quando sono nei corridoi non ci sei mai. –

– Non ci sono mai? –

Shinso, taciturno, silenzioso e completamente pacato come al solito, sporge un braccio verso di noi e pizzica una delle guance di Denki.

– O sei a fumare o sei con me. –

Il mio migliore amico stringe le labbra, ci pensa un attimo.

– 'Suki, pensi che siamo troppo appiccicosi? Ora che mi ci fai pensare è vero che sono sempre con te, amore. –

Faccio spallucce.

– Tu sei fatto di colla, è normale. –

– Di colla? –

– Già. – si accoda Shinso, prima di tornare steso sullo schienale del suo sedile e dissociarsi completamente dalla realtà di questa conversazione.

Lo guardo di striscio dallo specchietto retrovisore.

È davvero il complementare e opposto di Denki, cazzo. Loro due sono l'apoteosi della teoria "gli opposti si attraggono", ed è quasi comica, la faccenda.

Alto come una pertica, così alto che manco c'entra, sui sedili dietro, zitto e taciturno, calmo, minaccioso nell'aspetto ma estremamente tranquillo nelle intenzioni.

Denki è come sarebbe la cocaina se avesse le gambe, cazzo.

Non lo fai stare con la bocca chiusa manco con le granate.

– Non stavamo parlando di questo, in ogni caso. Voglio un esempio pratico delle suddette torture, Katsuki, da come la racconti sembra che ti rubi i soldi per il pranzo ogni giorno. –

– Non so farti un esempio. –

– Non sai farmelo o non vuoi? –

– Non... ti odio, Denki, il giorno che scopro un esplosivo abbastanza potente ti polverizzo nell'atmosfera. –

Ridacchia, piega il volante e sia io che Shinso veniamo appena spostati dal momento della forza della macchina, le ruote fischiano e ci ritroviamo all'ingresso del liceo, nel parcheggio.

– Pardon, mi ero dimenticato che dovevamo andare a scuola. Siamo in ritardo? –

Fisso il cellulare.

Ci sono dei messaggi ma voglio leggerli in privato, li ignoro.

– Stranamente in anticipo. –

– Oh, wow, chissà cosa ci è preso oggi. –

Shinso si slaccia la cintura, lo vedo sorridere dallo specchietto retrovisore.

– È che ci siamo svegliati bene, gattino. –

Denki si strozza con la saliva, io reprimo i conati, parcheggiamo non molto dopo.

L'ho detto, che sono ninfomani. Non che non mi piaccia il sesso, per carità, mi piace, ma ho l'impressione che il novanta per cento di quello che fanno nella loro via ruoti attorno a quello, ed è strano, alle volte, interagire con loro come coppia.

Non aspetto che scendano prima di buttarmi verso l'ingresso.

So come funziona, rimangono fuori a farsi i cavoli loro, non vedo perché dovrei rimanere a fare il terzo in comodo.

Percorro il vialetto con calma, nessuno mi saluta, che strano, incastro la borsa sulla spalla di modo che non scivoli ed entro, passo svelto e naso intirizzito dall'aria fredda dell'autunno.

Magari scampo, almeno oggi.

Magari...

Kirishima mi tortura e quando dico che mi tortura intendo che lo fa nel modo che più di tutti potrebbe farmi uscire fuori di testa. Lo fa sorridendo e mettendo in mostra tutto, tutto quello che mi potrebbe piacere, e mi piace, di lui. Mi rende davvero difficile lo stoicismo di rifiutare.

Gli ho chiesto di smetterla, ma...

Merda, il giorno in cui gliel'ho chiesto mi ha guardato in un modo davvero comprensivo, davvero dolce, mi ha chiesto "davvero" e io ho risposto "scherzavo" perché sono debole, così debole, a quegli occhi rossi e a quel sorriso smagliante.

Non so se sia un tira e molla effettivo o più un gioco.

Non so cosa significhi.

Credo che voglia... un po' dimostrarmi che c'è, un po' divertirsi, un po' forse flirtare e... non mi dispiace, la cosa, ora come ora.

Alla fine non è niente di ufficiale.

È solo un giochetto fra di noi.

Solo...

Io lo so, che non è solo un giochetto. Lo so bene, perché dicevo "è solo un laboratorio", "è solo una partita", "è solo una felpa", "è solo un abbraccio", "è solo un bacio".

Temo che prima o poi potrei davvero pensare "è solo un matrimonio e una convivenza con tre figli un cane" ma per ora la prospettiva è lontana, io sono ancora un insicuro, e così la situazione è meno complessa da gestire.

Credo.

Spero.

Mi dico.

Rallento verso il mio armadietto, allento la sciarpa dal collo e inserisco la combinazione con calma, quando arrivo.

Sono stato fuori letteralmente quaranta secondi.

Il tempo di scappare via da Denki e Shinso prima che si mettessero a parlare di sesso di fronte a me per arrivare dentro.

Come mai ho le dita gelate?

Cazzo, non ho infilato la giacca e forse avrei dovuto.

Mi sembra di essere uscito a sguazzare fra la neve e nemmeno nevica.

Sposto la borsa in alto, sul ripiano centrale, la apro per tirare fuori i libri che ho portato a casa e rimetterli a posto, prendere quelli che mi servono, prepararmi alla lezione.

Lo so che è questione di pochi secondi, lo so bene.

Faccio finta di non sapere cosa sta per succedere.

Metto in ordine i raccoglitori degli appunti e prendo il libro di microbiologia, faccio mente locale su quanto tempo avrò oggi per scappare in laboratorio perché ho comprato una scatola di resistenze nuove e ho degli esperimenti da fare e ho bruciato tutte quelle vecchie facendo il coglione con l'alimentazione e...

– 'Suki, come mai sei corso via così in fretta? –

Sento l'urlo dal fondo del corridoio, è Denki, mi ha seguito? Voleva finire di parlare? Ho pensato che avesse da fare ma forse non era il caso, forse intendeva che...

Non faccio in tempo a rispondergli.

Non fa in tempo a raggiungermi.

Gli armadietti del nostro liceo sono bianchi, di metallo, lamiera, per la precisione. Sono alti un metro e ottanta, all'incirca, non hanno la doppia fila ma sono più lunghi che larghi, perfettamente in fila uno dietro l'altro.

Io sono alto abbastanza per guardare tutto il contenuto del mio armadietto stando in piedi, per toccarne la parte più alta e per attaccare foto su tutto lo sportello, cosa che ho fatto, tra l'altro, ma che ora non è importante.

Eijirō Kirishima è alto, a differenza mia, non solo fino alla parte finale del mio armadietto.

Eijirō Kirishima ci appoggia gli avambracci sopra come se fosse una spalliera un po' alta, senza il minimo accenno di fastidio, quando mi rinchiude fra se stesso e la lamiera come fa tutte, tutte, tutte le mattine.

Non so quando si sia reso conto che mi piace.

Stargli sotto, intendo, farmi schiacciare anche solo in apparenza, dal suo corpo sul mio.

In ogni caso l'ha capito e lo fa, perché l'ho detto, io che quest'uomo è il demonio e passa le sue giornate solo a torturarmi.

– Sei arrivato presto, oggi, Katsuki. –

– Mi ha accompagnato Denki. –

– Va tutto bene? –

Di solito sono... meno imbarazzato. Cioè, la prima volta non riuscivo nemmeno a parlare e non specificherò quanto tempo ho passato con i polsi sotto l'acqua gelida per calmare la mia tachicardia e la mia eccitazione, ma nei giorni ho iniziato ad abituarmi un po' di più.

Ma la storia delle foto mi rimbomba nel cervello e dall'altra c'è Denki a due metri da noi, che mi guarda, ci guarda, e l'esibizionismo fra tutte le cose proprio non è la mia tazza di tè.

– Sì, va... va tutto bene. –

Si avvicina di più, ancora di più. Prende il mio viso con una mano, mi attraversa il petto come se mi stesse abbracciando, sposta il pollice su una guancia.

So che ci guardano.

Ma di solito c'è meno folla perché arrivo più tardi, al pelo dell'orario di inizio delle lezioni, e la gente è già sparsa per le classi e non si raduna qui a guardare me.

Ora so che sto attirando l'attenzione.

Ringrazio per un istante il cielo che Shindō vada all'università e che non ci siano spiegazioni scomode da dover sciorinare.

– Avevi gli occhi un po' lucidi nella foto, hai pianto? –

– Quasi. –

– Posso chiederti perché? –

– No. –

– Fai il timido? –

Parla piano, credo non voglia essere sentito dagli altri.

Lancio uno sguardo furtivo a Denki ma la mano sul mio viso si fa appena più salda quando lo faccio, mi trascina il mento verso l'alto.

– Stai salutando me, ora, non credi che sia scortese da parte tua salutare anche gli altri? –

Eccolo, con la fronte sugli avambracci e la faccia da schiaffi.

Com'è che aveva detto Denki?

"Pezzo di ciambella alla fragola".

Non ci crederebbe nessuno come nessuno crederebbe che io sono una persona fragile e insicura, ma Kirishima non è affatto un pezzo di ciambella alla fragola.

È uno stronzo.

È uno stronzo che fa le allusioni e mi parla con la voce da sesso quando sono a scuola, cazzo, è un mostro.

– Stavo solo... –

Gli scintillano gli occhi.

– Chiedimi scusa, Katsuki. –

Le parole che stavo dicendo scompaiono dalle mie labbra come se qualcuno me le avesse rubate. Rimane solo il silenzio, i miei occhi che si deconcentrano e riconcentrano come se fossero una lente d'ingrandimento e il mio cervello vuoto.

Lui ha detto...

Io...

Io non chiedo scusa.

Non ho mai chiesto scusa a nessuno.

Non chiedo scusa nemmeno se è colpa mia, la maggior parte delle volte, perché cazzo vuole che gli chieda scusa ora quando non ho fatto niente, perché...

Muove di nuovo la mano sul mio viso.

Passa il pollice proprio sopra il labbro inferiore, mi piega la testa ancora più indietro, sento la mia schiena irrigidirsi quando le mie spalle incontrano il suo petto.

– Su, avanti, voglio sentirtelo dire. –

Vuoto totale.

Lande abnormi del nulla più totale.

– Pe... –

– Voglio che tu dica "scusami, Eijirō, se mi sono permesso di guardare qualcun altro quando stavo parlando con te". –

Lui vuole che io dica...

Oh, merda, ma il problema non è che lui vuole che lo dica.

Il problema è che io voglio dirlo.

Lo voglio dire davvero.

Lo voglio...

– Obbedisci quando ti do un ordine, Katsuki. –

La mia bocca precede il mio cervello, l'istinto prevale sulla ragione cosciente.

– Scusami, Eijirō, se mi sono permesso di guardare qualcun altro quando stavo parlando con te. –

– Bravo. –

Il cuore mi batte nel petto come se stessimo...

Come se stessimo facendo sesso, cazzo, ed eppure stiamo solo parlando. Sento il sangue salirmi fino alla faccia e inizio a sentirmi nel panico, a sentirmi spaventato e a disagio e fuori posto e...

Mi gira dalle spalle, mi sposta un po' di lato e aspetta che mi appoggi sull'armadietto di qualcun altro, mi lascia il viso e mi sistema il cardigan addosso.

Quando lo guardo il mostro malefico non c'è più.

Sorride come sorriderebbe normalmente.

Inizio a credere di essere pazzo solo io.

– Scusami se l'ho fatto in pubblico, dovevo testare una teoria. –

– Una teoria? –

Non so di cosa stia parlando ma quantomeno non me lo sono immaginato, è comunque un passo avanti.

– Il tuo modo di fare mi ha fatto pensare che potessero piacerti le dinamiche di potere. Sai, sei molto controllato ma mi sembra anche che controllare tutto ti stressi. Ho pensato che fossi il tipo che ha bisogno di mollare un po'. –

– Io non ho bisogno di... –

– Non mi aspettavo che ti sarebbe piaciuto così tanto, però. Hai fatto una faccia che davvero ha messo a durissima prova il mio autocontrollo. –

– Kirishima, non sto capendo e mi stai facendo venire l'ansia. – riesco a buttar fuori dopo un attimo, fiero anche solo di essere riuscito a concludere una frase.

Io non ho capito che cosa sia successo.

A me piacciono le dinamiche di potere?

Lui sta facendo una ricerca sulle dinamiche di potere?

Oh, no, forse intende che la sta facendo su di me.

Ma...

– Perfetto, così testiamo un'altra teoria. Aspetta che... –

Ho il fiato corto quando parla.

Ma rallenta quando si china un'altra volta verso di me, questa volta faccia a faccia, i bicipiti ai lati del suo viso che schermano un po' della luce che mi arriva addosso.

Chissà cosa pensano gli altri.

Denki e Shinso ci stanno sempre così, ma loro stanno assieme.

Esistono amici che si fanno sbattere addosso agli armadietti da altri amici?

Non so perché l'idea che gli altri pensino che non siamo solo amici mi rallegri così tanto.

Il mio cuore batte con meno fretta.

Se paradossalmente prima sbatteva forte contro le costole, ora, in una posizione simile, sembra tranquillizzarsi.

Forse che prima aveva le braccia più in alto, sopra l'armadietto e riuscivo a vedere gli altri.

Ora mi sembra di vedere solo lui.

– Meglio? –

Annuisco.

– Teoria confermata allora? –

– Che teoria? –

– Che ti tranquillizzi se ti sto addosso. –

Mi si scalda appena il naso ma niente di più. La storia del "chiedere scusa" prima mi ha forse un po' sciolto i nervi e mi sembra che nessuno possa vedermi, ora, è proprio vero che mi tranquillizza e che ho bisogno di mollare.

Sorrido un pochino.

– Questa teoria l'avevi già confermata l'altro giorno, quando ti ho abbracciato. Stavi solo cercando una scusa, di' la verità. –

– Beccato. –

– Sei pessimo. –

Ridacchia, ma non si sposta.

– Scusa se ti ho preso alla sprovvista, mi sono fatto trascinare, prima. Avrei dovuto... –

– Eijirō. –

Sposta lo sguardo su di me.

– Mi è piaciuto. Va tutto bene. –

– Sei sicuro? –

Sposto il mento in su e in giù un paio di volte.

Tanto siamo solo noi, che male c'è a dirlo?

Beh, c'è che l'ho rifiutato, che dovrei stargli alla larga, che mi contraddico ad ogni parola e che dovremmo essere amici, ma...

Non è che stiamo facendo sesso.

Non è che ci stiamo baciando.

Tutto questo può essere perfettamente, unicamente amichevole.

Mi sono seduto sul grembo di Denki mezz'ora fa, non per questo mi piace in quel senso. È la stessa cosa, no? È la stessa, stessa identica cosa.

Dio, dovrebbero darmi il Nobel per l'illudersi da soli.

– Stai facendo una ricerca su quello che mi piace, Eijirō? –

Schiocca la lingua.

– Proprio così, e sarai meravigliato nello scoprire che ci sono diverse voci che comprendono me. Ho chiesto a Mina ieri se si ricordasse con chi sei uscito e wow, Katsuki, chi l'avrebbe mai detto che esci solo con ragazzi più alti e più grossi di te? –

Lo guardo negli occhi.

– Sei il mio tipo, è vero. –

– E sono il tuo tipo perché... –

Non so cosa si aspetti di sentire, forse "perché mi piacciono i tipi virili" o "perché altezza mezza bellezza", ma se dobbiamo giocare a questo gioco, tanto vale che giochiamo in due, no?

– Perché sono un passivo, Eijirō. Solo perché sono un passivo. –

Tocca a lui irrigidirsi e lo fa, lo fa meravigliosamente, stringe la mascella e mi fissa. So che lui è attivo, gli si legge in faccia, e so anche che tutte le fantasie che si è fatto non si discostavano di un millimetro da quello che gli ho appena detto, ma è effettivamente, realmente, la prima volta che sono io a dire a lui qualcosa di chiaramente sessuale.

Gli fa un effetto.

Un bell'effetto.

Si china di più.

La sua fronte sfiora la mia.

– Quando ci metteremo assieme ti racconterò quello che mi è passato per la testa in questo momento. –

– Chi ti dice che ci metteremo assieme? –

– Lo so e basta. –

Abbasso lo sguardo, respiro e poi glielo rimetto addosso.

– Ci vediamo alle quattro in biblioteca, Eijirō. Ricordati i compiti di matematica dell'ultima volta. –

Alza solo metà del viso.

– Cerca di non pensarmi troppo quando non ci sono. –

Sorrido anch'io, mi bacia quasi inavvertitamente fra i capelli e si stacca, poco alla volta, da me, la luce che ritorna pulita e chiara di fronte al mio viso e le persone che riappaiono davanti ai miei occhi.

Guarda Denki e Shinso, li saluta con la mano, riguarda me, e poi scompare nel corridoio com'era arrivato, nel nulla, nel marasma di persone che gli fissano la schiena come faccio io sospirando al solo modo in cui appare.

Mi raggiungono in un attimo.

Nemmeno ci speravo, di passarla liscia.

– Katsuki coooooooosa ho appena visto? –

Torno al mio armadietto, ai miei libri, ai miei appunti da prendere, nemmeno guardo la faccia scioccata di Denki, so già com'è fatta, non ho bisogno di fissarla per conoscerla.

– Te l'avevo detto che mi tortura. –

– Ti tortura? Quella non era tortura, era... –

Shinso appoggia la spalla contro l'armadietto.

– Totale sesso in diretta, Bakugō. –

Piego la testa e fisso i suoi occhi grigi venti centimetri sopra i miei.

– Ti ci metti anche tu? –

– Scusa, era troppo palese perché continuassi a far finta di niente. –

Sbuffo, indietreggio, sbatto chiuso l'armadietto incriminato, che ora sembra essere luogo di così tante controversie.

– Non avevi detto che non volevi stare con lui? Prima dici di non volerlo e poi... –

– Non stiamo assieme, infatti. Stavamo solo parlando fra amici. –

– Fra amici? Ma sei diventato improvvisamente l'uomo più stupido del mondo, 'Suki? –

La risposta è "sì".

Sappiamo entrambi che la risposta è "sì".

Faccio finta di niente e alzo le spalle.

– Non so di cosa tu stia parlando. –

– Non fare il finto tonto con me. –

Faccio per allontanarmi, indietreggio di qualche passo verso la mia aula, ma Denki mi prende per il braccio, stringe, mi guarda negli occhi.

– Così non argini il problema, così lo rimandi e basta. –

Stringo i denti.

– Faccio solo finta che vada tutto bene per un po', prima o poi si stanca e smette. –

– Tu non vuoi che lui smetta, Katsuki, è questo il problema di cui parlavo. –

Mi mordo l'interno della bocca, evito il suo sguardo, indietreggio ancora. Non mi molla, in ogni caso, perché se c'è qualcosa che Denki ha a cuore è dire la sua ed è innegabile che ora come ora io ne abbia bisogno.

– Se vuoi divertirti divertiti, sai che da me non uscirà niente. Ma devi lasciare Shindō, devi essere onesto con te stesso e devi essere chiaro con Kirishima sul perché non vuoi uscire con lui ora. –

Lo tiro verso di me.

Lo tiro verso di me e lo stringo forte fra le braccia.

– Mi vorrai bene anche se non faccio nessuna di queste tre cose, vero? –

Sospira.

– Tu non le vuoi proprio fare le cose che ti fanno bene, eh? –

– Al momento voglio solo fare quello che mi sento di fare. Non voglio... pensarci troppo. Quando sono a casa da solo o come stamattina ci penso troppo e sto male, a scuola con lui a far finta di niente sto molto meglio. –

– Sai che poi sarà un casino uscirne. –

– Non è detto, non... succederà niente di che. –

La campanella suona, trasalisco, Denki con me, ma non ci molliamo.

Almeno, non subito.

Prima mi bacia una tempia, come se fosse mia madre, questo nanetto pazzo che chiamo "amico".

– Io sarò sempre dalla tua parte, Katsuki, ma cerca di non farti male da solo, ok? –

– Sai che è esattamente quello che sto facendo. –

Alza gli occhi al cielo, mi spinge via, verso il corridoio.

– Lo so, è per quello che spero tu mi dia retta. Cazzo, 'Suki, alla fine del liceo mi devi portare in crociera a fare i massaggi ayurvedici e l'agopuntura, creperò di ansia per colpa tua. –

Piego la testa di lato per guardarlo, cammino all'indietro nel corridoio.

Ancora un paio di passi e smetterà di sentirmi.

Piego la testa di lato, lo guardo.

– Ti voglio bene, Denki, sei il migliore. –

Mi giro e corro verso la mia classe.

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

OK ALLORA
Lo sapevamo tutt* che avrei introdotto presto o tardi la dinamica di potere un po' kinky e ANZI PARADOSSALMENTE MI PIACE MOLTO PIÙ METTERLA SENZA SMUT NON SO I FIND IT SUPER AMUSING non ne ho idea
Poi
Kirishima tease è la mia religione
FINO AL CINQUE NON POSTO CHE DEVO FINIRE LO SPECIALE perdonatemi purtroppo sono una sola
Spero spero spero che vi sia piaciuto (so che c'è un sacco di Denki ma sapete che amo Denki) e niente,
Ci sentiamo presto
Have a nice day
Mel ;D

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