𝚟𝚒𝚛𝚊𝚕 𝚖𝚎𝚜𝚜
⟿ ✿ TW :: menziono un DCA (generico, senza descrizione esplicita). SE LEGGO QUALCOSA TIPO "eh ma i maschi non hanno DCA" oppure "eh ma non può sembrare così sicuro di sè se ha avuto un DCA" m'incazzo. non sto difendendo le mie scelte perchè eh ma io scrivo così, difendo una realtà, cioè il fatto che molte persone che hanno sofferto di DCA manifestano il loro disagio nei confronti del loro corpo mettendolo in mostra il più possibile, un po' come il meccanismo che porta dalle molestie all'ipersessualità o al satirismo. non invalidate le esperienze altrui perchè la vostra è diversa e non fate commenti che possono dar fastidio alle persone che mi leggono (perchè vi ammazzo a mani nude lol)
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Mi sono svegliato alle sei e mezza, stamattina.
Ci ho messo dieci minuti al bagno e dieci in camera per prepararmi ad uscire, mezz'ora in macchina compreso il discorsetto di Denki per arrivare qui, credo una decina di minuti a farmi stuzzicare da Kirishima per andare in classe, e poi...
Sono le tredici e quarantatré minuti, apprendo dai numeri bianchi sul salvaschermo del mio cellulare.
Cinque ore e tredici minuti.
Cinque ore e tredici minuti per rendere la mia giornata uno schifo, una merda, una robaccia impensabile che vorrei scacciare con tutta la furia che possiedo in corpo e dimenticare per il resto della vita.
È iniziato tutto con l'ora di matematica, la prima.
Ho litigato con il professore.
Non ci sto, zitto, io, ok? Se dice stronzate, se fa stronzate, per me vale esattamente come tutti gli altri idioti che popolano questi corridoi, e anzi meno ancora, perché dovrebbe saperle, le cose che spiega, lo pagano per questo.
Mi ha buttato fuori un quarto d'ora dopo l'inizio della lezione.
Il pezzo di merda si inventa le definizioni, è colpa mia?
"Sì, ragazzi, facciamo che per oggi chiamiamo l'asse y il codominio, ok?"
Scusami?
Cosa?
Ma stai scherzando?
È vero che sono timido ed è vero che sono fragile. Ma scemo, scemo no, né tantomeno particolarmente calmo nel modo di approcciare le cose.
Dopo avergli urlato in faccia che l'immagine e il codominio di una funzione sono due cose diverse e che probabilmente aveva trovato la laurea dentro una busta di patatine e che se l'avesse usata per pulirsi il culo invece che per trovare lavoro sarebbe stato meglio, con un "Bakugō esci immediatamente" sono stato cacciato dalla classe.
Con assoluto divieto di andare in laboratorio per passare il tempo.
Osceno.
Poi, per continuare la mia sequela di merda ci sono state le due ore di educazione fisica, che trovo onestamente aberranti.
Io vado a correre e faccio esercizio per i cazzi miei che sto cercando di campare fino ai quarant'anni senza intoppi per poter scalare la gerarchia mondiale della Scienza e farmi eleggere miglior scienziato del mondo conosciuto, ma sinceramente, educazione fisica a scuola, è una delle stronzate più abnormi mai viste.
Ma a me che cazzo me ne frega di stare là a correre e fare quelle puttanate di merda?
Ma scusa, devi insegnami a comprendere l'etica sociale e morale del mondo, devi insegnarmi a comprendere i testi che leggo e darmi un'ottima base storica per contestualizzare gli avvenimenti odierni, devi insegnarmi le basi – che per me sono ben più ma lascio da parte la mia strafottenza per un attimo – delle materie scientifiche principali.
Non devi dirmi "fai sei giri di campo" come se quelle due ore non fossero la perdita di tempo più grande e imbarazzante mai concepita dall'uomo.
Poi odio sudare.
Per metterci dentro qualcosa di pratico, odio sudare.
E odio farmi le docce negli spogliatoi. Non mi vergogno del mio aspetto fisico, ma sono timido e introverso, è una violenza immane costringermi a denudarmi di fronte a persone che a malapena conosco.
Finita qui?
No, magari.
C'è stato l'affronto finale, alla quinta ora.
L'affronto totale.
L'affronto degli affronti.
Ho preso novantanove su cento al compito di fisica.
Novantanove.
Novanta cazzo nove.
"Perché cazzo c'è scritto novantanove?"
"Perché non hai fatto il massimo dei punti, Bakugō."
"E come cazzo è possibile che non abbia fatto il massimo dei punti?"
"Hai risposto male al quiz."
Io ho risposto male al quiz?
Io?
Sono un disagio sociale? Verissimo. Sono indeciso e immaturo e insicuro e tante altre cose che mi rendono fragile e inavvicinabile? Verissimo ancora. Sono in negazione rispetto ad un sentimento che non so se definire infatuazione, cotta o tensione sessuale per uno che conosco da meno di un mese? Cazzo, sì.
Ma io i quiz non li sbaglio.
La domanda chiedeva cosa sarebbe successo aprendo un frigorifero in una stanza alla temperatura del sistema. Si alza? Si abbassa? Rimane costante?
Oh, figlio di puttana, io lo sapevo quale risposta voleva avere da me.
"Si riscalda, perché per il secondo principio della termodinamica non è possibile che l'unico risultato di un ciclo termodinamico sia far passare calore da un corpo più freddo ad uno più caldo".
Ma non era la risposta corretta.
Semplicemente, non lo era.
Ho aggiunto una crocetta al fondo.
Dipende dal transitorio di tempo. Dipende da quanto è lungo il tempo in cui io tengo il mio stracazzo di frigorifero aperto, dipende dall'isolamento termico della stanza, dipende da una barca di fattori che il quiz di merda non specificava.
Ho scritto "i fattori forniti dal problema non sono sufficienti per elaborare una risposta".
E quel figlio di una puttana lurida bastarda e troia mi ha tolto il punto.
Io...
Se ho mandato a fare in culo il professore di matematica per il codominio alla prima ora, credo di aver rischiato il richiamo disciplinare serio con il cretino di fisica.
Ma è un affronto che non gli è permesso.
Sarò anche insicuro sentimentalmente, brutto verme, ma insicuro del mio cervello geniale non lo sarò mai.
Ho urlato così tanto che mi fa male la gola.
Forse dovrei affrontare, oltre alla mia insicurezza, anche la mia rabbia. È un po' troppo esplosiva e anche se so di avere ragione e ce l'ho, forse potrebbe non giovare alle mie teorie il modo in cui le esprimo.
Sticazzi, non è colpa mia.
È colpa sua.
È colpa del fatto che è un ignorante schifoso che non sa leggere né scrivere test né valutare la bravura di uno studente, non posso prendermi la responsabilità degli errori che ha fatto lui.
Sono incazzato.
Sono davvero incazzato.
E pensare che comunque non era iniziata male, la giornata, pensare che... che stava andando bene, per la prima ora mezza, pensare che...
Sono nervoso.
Arrabbiatissimo.
Mi sembra che il mondo mi preghi di farlo esplodere e mi sento persino clemente oggi, a voler rispondere alla sua chiamata senza farmi bloccare da chissà quale remora morale m'imponga di solito.
Sì, facciamo esplodere tutto.
Soprattutto il professore di fisica.
Soprattutto...
La ragazza di fronte a me sospira.
Sospira e io alzo lo sguardo come stavo facendo prima di perdermi nei miei pensieri, la guardo negli occhi e mi ricordo anche questa, la stilettata finale, l'ultimo e recentissimo dettaglio della furia che mi sta completamente permeando.
L'ho detto che è una giornata di merda, no?
E non lo è solo perché mi sta andando tutto storto dal punto di vista studio.
Lo è perché questa stronza è venuta da me di punto in bianco un paio di minuti fa e col sorriso più idiota che io abbia mai visto nel mondo mi ha chiesto "scusami, Bakugō, tu sai per caso se Kirishima Eijirō è fidanzato?".
Panico.
Panico per diversi motivi.
Panico perché il mio cervello ha urlato di dirle che è impegnato e l'attimo dopo se n'è pentito, perché non riesce a controllarsi quando si tratta di lui.
Panico all'idea di vederlo con lei.
Panico al pensiero che...
Che Eijirō abbia tanta altra scelta oltre me. Non che non lo sapessi, in realtà non c'è niente di illogico in questo ed anzi era prevedibile, ma rendermene conto così mi ha...
Destabilizzato.
Sì, mi ha decisamente destabilizzato.
Mi fissa gli occhi castani addosso e sbatte le ciglia.
– Mi sembrate in confidenza e mi sembrava giusto chiederlo a te, se non vuoi rispondermi puoi anche... –
– Che ti frega se Kirishima è fidanzato o no? –
– Mi frega perché quasi tutti gli altri del football sono impegnati e visto quanto è bello se fosse anche single magari potrei... –
Apro la bocca per rispondere ma tengo dentro le parole.
Non posso dire quello che vorrei perché... perché da una parte non lo ammetto con me stesso, ammetterlo a lei sarebbe comico, dall'altra per quanto non ne faccia un segreto non me la sento di fargli outing.
– Che cazzo vuoi che ne sappia che cosa fa Kirishima? –
– E dai, Bakugō, siete sempre insieme, sono sicura che lo sai. –
– Io non ne ho... –
– Non è che potresti chiederglielo per me? –
Spalanco gli occhi verso di lei.
Certo.
Certo, stronza.
Secondo te io dovrei andare da Kirishima e dirgli "sei fidanzato?". Oh, ma certo, perché non lo conosci. Io, che lo conosco, quel bastardo, so esattamente cosa succederebbe.
Risponderebbe "non ancora" e mi chiederebbe "perché t'interessa, elimini la concorrenza, Katsuki?" poi mi prenderebbe il collo, le spalle, il viso e farebbe di me esattamente quel che vuole, come lo vuole, quando lo vuole.
– Scusa ma perché cazzo non vai e glielo chiedi tu? Io ho di meglio da fare. –
– Dio, sei così indisponente. –
Si tira indietro una ciocca dal viso.
La bastarda è più alta di me.
Sarà un metro e ottanta di gambe, mi guarda dall'alto e questa cosa non mi piace per niente.
– Io non sono indisponente, sei tu che sei una rottura di cazzo e vieni qui a chiedermi cose che non mi riguardano. Io non lo so se Kirishima è fidanzato, non ne ho idea, non me ne frega un cazzo, ora lasciami in pace e vattene affanculo lontano da me. –
Non è una buona giornata, stronza.
Non lo è davvero.
Non puoi mettertici pure tu con le tue congetture di merda.
Non lo so se ci verrebbe a letto, con te, orientativamente spero di no, ma forse potrebbe anche succedere. Ma di metterti con lui non hai la minima occasione. Cioè, magari sì, sono io che mi dico da solo di no, perché sotto sotto sono un po' geloso e un po' fiero del fatto che Kirishima Eijirō ci provi solo con me.
Credi che aspetterà te tutte le mattine agli armadietti?
Credi che farà ripetizioni con te?
Credi che dirà a te che sei così bella che non riesce a respirare?
Povera stupida stronza.
Oggi è una giornata di merda, ma anche fosse stata una bella giornata non avresti ottenuto da me risposta diversa.
Perché non è colpa mia, sai, ma a Kirishima piaccio io e gli piaccio parecchio, ad occhio e croce.
– A chi altri potrei chiedere? –
Alzo gli occhi al cielo.
– Hai chiesto a tutti? –
– Ho chiesto a Mina Ashido che sembrava piuttosto in confidenza pure lei ma mi ha detto di chiedere a te perché lei di certo non ne aveva idea. –
Mina Ashido ha detto a questa di chiedere...
Bastarda.
Voleva che questo succedesse.
Brutta stronza figlia di...
– Se vuoi chiedere a qualcuno chiedilo ad Eijirō. Vai da lui, lo guardi in faccia e glielo chiedi. Non mi sembra così difficile. –
– Sì certo come se fosse facile. Mette un timore quando ti guarda che... –
Timore?
Eijirō Kirishima?
Timore, lei dice.
Le scoppierei a ridere in faccia.
Kirishima è di statura imponente, è vero, e di sicuro può sembrare fisicamente minaccioso. Poi con me fa lo stronzo, ma lo fa perché è la nostra cosa, perché con chiunque altro è...
– Eijirō non mette timore. È la persona più dolce del mondo. –
"Se non lo rifiuti in un campo da football e decide di fare i giochetti sessuali con te all'ingresso" è la parte che manca ma che non dico perché, sinceramente, sono cazzi miei.
– Tu dici? –
– Ma ci hai mai parlato? –
– Una volta sola, ma... –
Incastro le braccia conserte, scuoto le spalle e sospiro.
– Non ti tratta male, non lo farebbe mai. Certo, ti dirà che non è interessato, ma non lo farà in maniera cattiva di sicuro, te lo dirà educata... –
– Ma allora tu sai qualcosa! –
Ah, merda.
Mi è scappato.
Ops.
Giuro che non volevo, no, non volevo affatto, non vole...
– Non è fidanzato. Ma credo che abbia un interesse per qualcuno, un interesse serio, sai. E forse riesci ad andarci a letto ma non credo che ci siano speranze per una relazione. Sempre se la persona con cui ci prova non decide di ricambiare improvvisamente. Se così fosse non riesci nemmeno ad andarci a letto. –
Probabilmente sente la metà di quel che le dico, perché la risposta non è come me l'aspettavo.
– Kirishima ha una cotta unilaterale? –
– Eh? –
Spalanca gli occhi.
– Kirishima ha una cotta per qualcuno che non lo ricambia? Come cazzo è possibile? –
Come cazzo...
No, non è che ha una cotta per qualcuno che non lo ricambia, è diverso, è più complicato. È...
Che poi mi sembra arrogante parlare di lui in questo modo, in realtà mi ha detto che gli piaccio ma da come l'ho detto sembra che mi muoia dietro e di questo mica sono sicuro, è più complesso, è qualcosa di...
– Chiunque sarebbe solo fortunato a stare con lui. C'è bisogno che qualcuno gli dica di lasciar perdere con quella persona, sai, c'è così tanto in giro che non ha senso per uno come lui star dietro alle stronzate di qualcuno che è palesemente cieco. –
– Di che cazzo stai parlando? –
Scuote le spalle e sospira.
– Obiettivamente è un dono del cielo. È troppo bello per fare il sottone. Non pensi? Dovresti dirglielo, visto che siete amici. –
Io dovrei...
Ma porca di una puttana, ma non che non gliel'ho detto, stronza.
Certo che non gliel'ho detto.
Hai ragione, ma non ce l'hai.
Io...
– Se lo becco glielo vado a dire io, altroché. –
Mi sono scavato la fossa.
Me la sono scavata, vero?
Non è che abbia torto, ma...
– Tu non gli dici proprio un cazzo di niente. –
– Ma non è giusto che... –
– Non è giusto il mio culo, stupida. Non hai la minima idea di come sia la situazione, se devi andare a fare la guastafeste solo perché hai deciso che vuoi scopare con lui allora evita, ci sono cose più importanti e tu non lo sei. –
– Non ti permettere di parlarmi così, guarda che... –
– Lascia stare Kirishima. Lascia stare Kirishima e la sua cotta unilaterale di merda, ok? Non hai niente a che fare con tutto questo, fatti gli stracazzo di cazzi tuoi, stronza. –
Indietreggia di un passetto.
Offesa.
Offesa al punto che credo voglia tirarmi un ceffone.
Me lo meriterei?
Non lo so.
Forse da solo me ne darei un paio, ma...
Non è come dice lei. Non è che non sappia che sono fortunato ad avere le attenzioni di una persona come lui, non è che giochi con i suoi sentimenti così, perché mi va, non è che faccia il sottone per me che mi diverto a prenderlo per il culo.
È diverso.
Tu non puoi capirlo.
Tu non puoi capire lui, non puoi capire me e non puoi capire che cosa ci sia fra di noi.
Che giornata di merda, cazzo.
Che orribile giornata di merda.
Tutti a minare la mia autostima.
Prima quel figlio di puttana di fisica e poi questa bastarda che viene a criticare le mie scelte di vita.
Se fossi...
Se fossi rimasto appiccicato agli armadietti con Kirishima non avrei dovuto sorbire tutto questo. Tutte queste persone che mi mettono immotivatamente in ansia e che mi danno fastidio.
Sto per esplodere.
Ma se esplodessi sono piuttosto convinto che mi arresterebbero, per cui credo di dovermene andare perché niente, niente ora sembra girare dal verso giusto.
Prendo un grande respiro.
– Senti, tu. Non ti sto dicendo di non provarci o di non chiedere in giro di lui o quello che cazzo ti pare, ti sto solo dicendo che è in una situazione complicata e che forse non è il momento. No, Eijirō non è fidanzato, è single. Ma se speri di ricevere attenzioni da lui non credo che lo farà. Poi non ne ho idea, io, magari no, è solo un'impressione. –
Apre la bocca per rispondere ma non la ascolto.
Mi giro e me ne vado.
Ma sì, vai a provarci.
Vai.
Magari ci sta anche.
Ma non venire a rompere i coglioni a me sulle scelte che faccio e soprattutto non permetterti di mettere in dubbio i miei sentimenti per lui. Non sono un bastardo. Non sono uno fra tanti. Non per lui. Non voglio sentire questa stronzata mai più, anche se non sai a chi ti stai rivolgendo, anche se non sai nulla, anche se hai le migliori intenzioni.
Marcio sul corridoio, non cammino.
Pesto i piedi perché sono incazzato, perché non sono in grado di nascondere le emozioni e perché tutto in questa giornata di merda sembra essere perfettamente studiato per mandarmi completamente fuori di testa.
Stasera mi infilo sotto le coperte e piango.
Stasera metto su Downtown Abbey e mi sfondo di gelato da solo, mi faccio il bagno bollente e vado a dormire con mia madre.
Voi e le vostre cazzate.
Non ho decisamente abbastanza spina dorsale per subire tutto questo.
Supero le aule e vado verso il centro del liceo.
Perché in tutto questo, in tutto questo ho anche fame. Punto ad occhio e croce ad andare a mangiare sul tetto, non vado quasi mai in mensa perché cucinano di merda e mi faccio il pranzo da solo, ma qualche volta danno il budino e io un po' di budino, ora come ora, lo vorrei davvero.
Spero che non ci sia troppa fila.
Se ci si mette anche la ressa a rovinarmi la giornata, credo che potrei davvero esaurire.
Chiedo a Denki di venire a farmi compagnia? No, no, si porterebbe dietro Shinso e di partecipare ad un porno soft sul tetto sinceramente non ho molta voglia.
Chiederei volentieri a Kyōka, ma non c'è ancora, mancano altri cinque giorni prima che rimetta piede qui.
Andrò da solo.
Non mi dispiace stare da solo.
Sono a mio agio da solo.
Certo, qualche volta mi mette un po' tristezza ma non è una cosa a cui non sia già abituato, e direi che sicuramente è meglio il tetto di qualsiasi cosa ci sia qui attorno.
Se sono da solo nessuno può trattarmi di merda, no?
Se sono da solo sono tranquillo.
Se sono...
Sento il mio stomaco stringersi.
Madonna, ho una fame che mi mangerei anche le pareti. Ho fame e non ho fame del cibo che mi sono preparato, ora che ci ho pensato ho fame di budino.
Io amo il budino della mensa.
Lo so che è addensanti chimici e gusto al cioccolato fatto in laboratorio ma... è buono, il budino della mensa è buono e ora che mi sono fissato sull'idea il mio cervello non smetterà di tartassarmi finché non ne avrò un po'.
Solo che poi arrivo alla mensa.
E arrivo alla mensa che mi viene praticamente da urlare verso il cielo con tale forza ed energia da farlo cadere.
Perché?
Perché c'è così tanta gente?
Ma che cazzo ci fate qui?
Non avete di meglio da fare?
Non dovete studiare, fare i compiti, parlare fra voi, crepare, farvi mettere sotto da un camion, lanciarvi in un fosso, prendere fuoco, uccidervi a vicenda, mori...
Un lanciafiamme.
Ecco cosa chiederò ai miei per Natale.
Un lanciafiamme.
Un lanciafiamme che mi legherò addosso e userò per eliminare ogni essere umano sulla faccia della terra che si ritrovi a meno di un metro da me.
Morite tutti, bastardi.
Perché ora?
Perché adesso?
Non lo capite che mi state rovinando la giornata?
Me la state rovinando perché... perché mi è andato male il compito di fisica, perché ho sudato, perché quel porco ignorante del professore di matematica ha tirato fuori la laurea dal culo e perché una stronza mi ha detto che Kirishima non dovrebbe essere attratto da me, perché ho quasi pianto in macchina e perché sono in una situazione romantica abominevole e perché io volevo il cazzo di budino e per prendermi il cazzo di budino dovrei lanciarmi in mezzo ad una folla e sappiamo tutti che non posso farlo.
Non ho parole.
Non ho nemmeno una parola.
Il mondo mi odia.
Il mondo mi odia e io odio lui.
Cazzo.
Cazzo, cazzissimo cazzo.
Stringo forte le dita attorno alla mia scatola del pranzo, la porto verso il petto e guardo la mensa male, così male che potrebbe prendere fuoco anche solo per il modo in cui lo sto facendo, mi stringo nelle spalle e mi viene da piangere.
Da urlare e da piangere.
Mi viene da...
Quando mi giro per andarmene, mi rendo conto che forse c'è qualcuno a cui sta andando male come a me.
E visto che il mondo è uno scherzo e la mia vita uguale, quella persona, è ovviamente Kirishima.
Ha una spalla appoggiata contro il muro prima della mensa, guarda con gli occhi vuoi il menù della giornata e anche lui, esattamente come me, non sembra affatto felice.
Però...
C'è qualcosa che non va.
E appena mi rendo conto che c'è qualcosa che non va tutta la mia giornata di merda diventa irrilevante, inutile e piccolina, nascosta, lontana. Perdono qualsiasi tipo di importanza, il mio novantanove su cento e il codominio quando vedo l'espressione che ha in faccia mentre fissa la lavagnetta.
Kirishima ha...
Mi sembra che abbia paura.
E magari mi sbaglio, ma mi sembra di vedere paura.
'Fanculo l'insicurezza e 'fanculo tutti i miei problemi.
Quando mi avvicino non lo faccio per il nostro "gioco" o per qualsiasi altro motivo sentimentale possa legarci, lo faccio perché ha paura e perché, sesso o meno, romanticismo o meno, ci tengo e vorrei che un pochino, un pochino solo, si sentisse come mi sono sentito io alla partita, con l'apparecchio acustico spento, fra le sue braccia a proteggermi e il suo viso a farmi sentire meglio.
– Eijirō? –
Alza lo sguardo verso di me e sorride.
È un bel sorriso.
Ma è un sorriso falso.
– Ciao, Katsuki! Come va? In fila per la mensa? –
– All'incirca. –
Mi avvicino ancora.
Sposta le spalle sul muro e ci si appoggia sopra, abbassa il viso per guardarmi ed è tanto dolce il modo in cui lo fa, ma non cancella quello che gli ho visto addosso.
C'è qualcosa che non va.
Magari non vuole dirmi cosa.
Ma non m'interessa cosa sia, m'interessa che stia meglio.
– Va tutto bene? –
Aggrotta le sopracciglia.
– Eh? –
– Tu, stai bene? –
Mi avvicino ancora, ancora, ancora.
Alzo una mano, gliel'appoggio sul braccio, sobbalza un po' al movimento ma non si ritrae, anzi fissa le mie dita come se fossero qualcosa di impensabile e dannatamente strano.
– Perché non dovrei stare be... –
Lo guardo negli occhi.
– Non dirmi stronzate. Che c'è che non va? –
– Guarda che non è davvero nie... –
– È per qualcosa che ho fatto o detto? Magari non c'entro niente ma se c'entrassi vorrei saperlo, così posso chiederti scusa. –
S'irrigidisce.
Sbatte le palpebre e sorride di nuovo, questa volta con molta, molta più dolcezza.
– Oh, Katsuki, no, no. Non hai fatto niente, davvero. È solo... Dio, non so come dirlo. –
Sento un po' d'ansia scivolarmi via dalla schiena.
– Dillo con parole tue. O non dirlo, se non vuoi. Solo... non lo so, non mi piace la faccia che hai fatto prima. Mi fa preoccupare. –
– Ti preoccupi per me? –
Sento le guance diventarmi rosse.
– Siamo amici, no? –
Ridacchia.
– Immagino che tu possa dirla anche così. –
Gli sorrido di rimando e cerco di farlo con calma, per non sembrare fuori luogo, per cercare di essere il più dolce possibile.
Si guarda attorno, sospira, tira indietro la testa per appoggiarla sul muro come le spalle e fissa il soffitto.
– Mi abbracci? –
La domanda...
Mi fa un effetto diverso da quello che mi sarei aspettato.
Per come stanno andando le cose, una richiesta del genere sarebbe potuta essere ambivalentemente uno scherzo o una cosa erotica e velata come quelle che mi dice la mattina agli armadietti.
Invece non è nessuna delle due cose.
È solo quello che mi ha chiesto.
Ed è per questo che invece di rispondere male o arrossire ancora o imbarazzarmi, sto zitto, prendo la scatola del pranzo con una mano e apro le braccia aspettando che si avvicini a me ancora di più.
Lo fa.
Io mi tiro sulle punte dei piedi e lui si china, infila la testa oltre il mio collo, mi passa le braccia sulla schiena e mi abbraccia forte, forte davvero, forte che quasi non mi fa male.
Oh, Eijirō.
Io ho avuto una giornata di merda.
Ma la tua, miseria, la tua sembra essere andata molto, molto peggio.
Appoggia la fronte contro la mia spalla, lo sento respirare e muovo la mano libera sulla sua spina dorsale un paio di volte, per tranquillizzarlo, perché saremo anche due coglioni incastrati in un imbarazzante tira e molla, ma non ti meriti di stare male, non voglio che tu stia male, ti prego, non stare male.
Stringe forte, più forte ancora.
Rispondo con uguale vigore.
Ci credi che cinque ore e circa quindici minuti fa mi stavi dicendo che stavi testando le "dinamiche di potere"? Ci credi che il problema più grande del mondo mi sembrava averti baciato?
Va tutto bene, invece.
Va tutto bene.
Va tutto...
– C'è il merluzzo a pranzo. – mi bisbiglia all'orecchio.
– Non ti piace? –
Prende fiato per bene.
Parla con un filo di voce sottile, sottile sottile, che distinguo a malapena.
– È il mio fear food. Lo so che dovrebbe essere qualcosa di più calorico ma me lo davano sempre alla mensa alle medie e ora non sono più malato ma certe cose sono... –
– Ssh, non c'è bisogno che me lo spieghi, non serve. –
Si nasconde meglio addosso al mio collo.
– Mi dispiace, lo so che... –
– Non dire che ti dispiace, non c'è niente di cui devi dispiacerti. –
Porto la mano verso l'alto, la appoggio alla base dei suoi capelli.
Prende fiato con calma, lo faccio anch'io.
– Ora sto bene. È solo che quello non riesco proprio a mangiarlo. –
– Ti piace il maiale? Te la senti di mangiarlo? –
Non risponde, muove la testa su e giù.
– E di andare sul tetto te la senti? –
Ripete il movimento.
– Allora facciamo metà del mio. Ti va? –
– Ti cucini il pranzo invece di mangiare in mensa? –
Rido appena.
– Sono bravo a cucinare, mi piace farlo. –
– Oh, ora mi hai fatto diventare curioso. –
Sposto il viso di lato, appoggio il naso contro la sua tempia, gli tiro via i capelli che sono rimasti incastrati fra se stesso e il mio collo.
– Sono il migliore. –
– Non lo sei in tutto? –
Mi viene da ridere, lo faccio.
– Sì, hai ragione. –
– Lo so. –
Rimaniamo fermi ancora un attimo, un attimo solo.
Non vale, tutto questo non vale.
Non c'entra con il resto.
È un'altra cosa.
E mi rendo conto che questa cosa sia molto più pericolosa del flirt, mi rendo conto che condividere i nostri problemi e farci forza a vicenda, proteggerci a vicenda sia molto più determinante nell'influenza che Kirishima ha nella mia vita ma non riesco a fermarmi.
Non è il momento perché io mi crogioli nella mia insicurezza.
È il momento che lo consoli.
Ed è disarmante quanto poco mi sembrino valere le mie paure adesso che so che ha bisogno di me.
– Perché eri in mensa se vai a mangiare sul tetto? –
– Volevo prendere il budino, ma c'è troppa gente. –
– Ti piace il budino? –
Si stacca appena appena, mi guarda e io guardo lui.
Ridacchia alla mia espressione imbronciata.
– Sì, mi piace il budino, che fai, mi bullizzi perché mi piace il budino? –
– Se vuoi vado a prendertelo io. –
– Non se ne parla neanche. –
– Ma tu vuoi il... –
Gli pizzico una guancia con le dita.
– Il fatto che io voglia il budino non vuol dire che devi entrare in mensa se non ti va di farlo. Non mangerò il budino, sticazzi, nessuno è mai morto di carenza di budino. –
– Non voglio che tu sia il primo. –
Lo guardo male, malissimo.
– Eijirō, è comunque un "no". –
– Ma io voglio farlo. –
– Non voglio che tu stia male. –
– E io voglio prenderti il budino. –
Sospiro contro la sua faccia.
– Senti, se devi farlo solo ed esclusivamente per me e se devi star male là dentro, è un "no". Se te la senti e lo vuoi fare per forza, ti aspetto qui. –
– Davvero? –
– Davvero. –
Sorride, piega il viso verso di me.
– Quanto budino vuoi? –
– Quanto ne riesci a prendere. –
– Ti piace così tanto? –
Annuisco.
– Io amo il budino della mensa. –
Ed è col mio amore per il budino della mensa che sette minuti dopo mi siedo di fronte alla grata del tetto vicino a Kirishima con nove scatole di budino fra le mani e il sorriso più smagliante che gli abbia mai visto in faccia.
Cretino.
Idiota cretino.
Ho visto che gli tremavano le mani quando stava per entrare e ho visto che gli tremavano ancora più forte quando è uscito, ma...
Ora sembra più sereno.
E lo sembra perché...
– Non è stato così traumatico. Certo, l'odore mi dà la nausea ma ho pensato che avevo una missione e non mi sono nemmeno sentito male. Non mi sono nemmeno messo a piangere. Ci credi? –
Apro la scatola del mio pranzo e lo fisso di sbieco.
– Ti avevo detto di non entrare se ti faceva paura. –
– Ma l'ho fatto per essere romantico! –
– L'hai fatto perché sei un sottone. –
Ride e annuisce, mi chiude il fianco con un braccio e mi tira verso di sé.
– Sarebbe difficile non esserlo, con te. Sei... –
Distolgo lo sguardo.
– Non lusingarmi. –
– Non lo faccio, dico solo la verità, e la verità è che... –
Appoggia i budini di fronte a se stesso, li mette tutti in fila uno dietro l'altro, poi mi guarda di nuovo.
– Sei tanto bello. Dentro e fuori. Il tuo carattere e il tuo aspetto. E finché non mi cacci via a pedate ho tutta l'intenzione di rimanere qui a fare il sottone con te, perché non posso fare altro e perché spero che prima o poi tu capisca che io e te siamo fatti per stare assieme. –
Mi diventa la faccia di fuoco.
Letteralmente di fuoco.
La chino sul pranzo e...
– Ma non è il momento di parlarne, adesso. Time-out, smetto di sbavarti dietro. Ne riparliamo domani mattina, ok? O fra un po' in biblioteca. Ora no. – aggiunge dopo un attimo.
Nascondo un sorrisetto.
– Che dici? –
– Dico che mi sembra un'ottima idea. –
– Perfetto. –
Lo riguardo da sotto le ciglia e mi sta sorridendo ancora.
"Time-out".
È molto peggio, così, non è vero?
È molto peggio.
Sarebbe più facile se fossi solo attratto sessualmente da te, Kirishima. Il problema è proprio questo, il problema è quello della partita di football e quello di adesso, è che la nostra compatibilità non è solo sessuale.
Ma hai detto che ora non ci pensiamo.
E allora ora non ci penso.
Ora non è un problema.
Non importa.
Stacco le bacchette dal cassettino apposito, raduno un po' di riso e un po' di maiale, tiro su la mano.
– Apri la bocca. – ordino.
Mi guarda strano, prima di farlo per davvero.
Sembra... esitare.
Sembra... sul punto di dire che non ha fame, che non vuole mangiare, che non gli va, quante calorie contiene e come l'ho cucinato, c'è l'olio o c'è...
Separa le labbra.
Prende il boccone.
Mastica e manda giù.
– Cazzo, ma è spaziale! –
Sorride e gli sorrido anch'io, annuisco.
– Te l'avevo detto che sono bravo. –
– E ti avevo detto che lo sapevo ma non credevo che fossi così bravo! Sei davvero... –
Rifaccio lo stesso movimento, raduno il riso e il maiale e lo tiro su.
– Riprovalo, magari ti è sfuggito qualcosa. –
– Tu dici? –
Annuisco, lui sorride, mormora un "grazie" fra le labbra e prende un'altra volta il boccone, mastica e manda giù, sorride.
– In effetti c'è un tocco piccante di cui non mi ero accorto. Lì, al fondo. –
Per la terza volta, raduno il riso e il maiale e alzo il braccio.
– L'hai sentito il limone? Ora prova a concentrarti sul limone. –
– Ah, hai ragione, non l'ho sentito. Ora ci provo. –
Non so descrivere la sensazione che mi colpisce il petto a vederlo mangiare. Non sapevo nemmeno che fosse un problema per lui, un'ora fa, ma ora che lo so, ora che lo so mi...
Quando mastica e manda giù la terza volta mi viene voglia di baciarlo.
Di tirarmi su sulle ginocchia e spingermi verso la sua faccia, mischiare le labbra con le sue e rimanergli addosso fino alla prossima ora.
Io...
– Sai che il merluzzo lo fanno tutti i lunedì, vero? –
Il sorriso si trasforma in confusione sul suo volto.
– Lo so, infatti... –
– Tu il lunedì hai gli allenamenti, vero? –
– Sì, li ho. –
– Ti fa male allenarti senza mangiare. Ed è solo per questo che il prossimo lunedì ti porterò il pranzo sul tetto e tu lo mangerai con me. Non perché mi piaci. Solo perché ti fa male. –
Spalanca gli occhi.
Poi gli diventano un po' lucidi.
Poi...
Poi mi si avvicina ancora, mi bacia una guancia e si mette a fianco a me, con la testa sulla mia spalla, mi tiene il fianco con un braccio e mi accarezza attraverso i vestiti.
Mi stringe.
Mi fa sentire in un altro pianeta.
Mi parla con la voce tranquilla, pacata, niente tensione sessuale, niente comicità, niente che non sia solo ed unicamente la sua voce.
– Se continui ad imboccarmi continuo a mangiare. –
– Allora apri la bocca. –
Non m'interessa che potrei far finire il riso e il maiale a lui.
Non m'importa.
A chi frega?
Gli passo un boccone e lo prende tirando su la testa.
Il mio cuore si stringe.
Quando vedo la sua glottide muoversi sorrido.
– Dov'eri quando facevo le medie? Sai quanta fatica avrei fatto in meno? – scherza.
– Probabilmente in un angolo a piangere perché la mia professoressa di grammatica mi diceva che mi avrebbe rispiegato le cose in un altro momento, perché prima per i bambini normali e poi per quelli disabili che hanno problemi a sentire. –
Ridacchia, lo faccio io, anche se non fa ridere, perché il tono era sarcastico abbastanza perché sembrasse una battuta e lo era, in effetti.
– Sei stato male alle medie? – mi azzardo a chiedere.
– E tu? – risponde.
Prendo fiato, gli offro un altro boccone, annuisco.
– È stato il periodo in cui mi stavo facendo fare l'apparecchio. Solo che non essendo completamente sordo non avevo la precedenza e ho dovuto aspettare un sacco, e i primi che mi hanno dato mi facevano venire l'emicrania. Poi faceva paura, sai, rendermi conto di quanto casino facesse in realtà il mondo. –
Mi accarezza i capelli.
– È per quello che hai paura delle folle? –
– Già. E per colpa delle professoresse come quella di grammatica delle medie che mi trattavano come se fossi un passo indietro ho iniziato a studiare tantissimo. Perché io non sono svantaggiato e perché mi rifiuto di farmi trattare come se la mia disabilità fosse un limite, sai. –
– La tua disabilità non è un limite. –
– Lo è più per gli altri di quanto non lo sia per me. –
Sorride.
– Io ho sofferto di disturbi alimentari gli ultimi due anni delle medie e i primi due del liceo. Te l'ho detto che avevo problemi col mio peso e che mi prendevano in giro, è stato quasi matematico. –
Tocca a me, sorridere.
Sorridere e chinare la testa sulla sua spalla.
– Ora stai bene? –
– Sto meglio. Ho molti meno problemi e non digiuno più, giocare a football mi ha preso molto e la maggior parte delle volte che mi guardo allo specchio non mi dispiaccio. Però alcune volte mi capita di guardare un po' troppo le calorie delle cose che mangio e il merluzzo mi manda fuori di testa. –
– Sono felice che tu stia meglio. –
– Anche io. –
Prendo un altro boccone e mangia di nuovo.
– Guarda che non scherzavo, la sera della partita. – mormoro.
– Eh? –
Aggrotto le sopracciglia e lo vedo piegare il viso per guardarmi.
– Tu hai detto che ho sempre ragione, no? –
– Tu hai sempre ragione. –
– Ecco. –
Stringo la sua spalla con la mano, quella dove non sono appoggiato. Ha i muscoli di una consistenza solida e si sento il profilo della sua clavicola premermi contro il polso.
– Tu sei bellissimo e lo saresti in qualsiasi modo, trenta chili in più o in meno. Sei bellissimo, Eijirō. Lo sei davvero. –
Sbatte le palpebre.
Alza una mano e me la mette sulla guancia.
– Quello che facciamo adesso non c'entra niente col nostro tira e molla, vero? –
– Vero. –
– Quindi qualsiasi cosa faccia non vale, è come se non l'avessi fatta, no? –
Annuisco.
– Allora... –
So cosa sta facendo e non mi scosto quando annulla la distanza fra le nostre facce e preme le labbra contro le mie.
Rimango fermo.
Con la sua mano sulla guancia e le sue labbra sulle mie.
Questo non vale.
È una cosa che riguarda noi, che riguarda me e lui e basta.
Non c'entra il sesso o le relazioni o tutte le cose che ci sono fuori da qui, nel liceo, nei campi da football o sugli armadietti, nelle foto screenshottate o nelle parole dette a mezza voce.
C'entriamo solo ed unicamente noi.
Non è un bacio appassionato.
È solo labbra contro labbra, il suo sapore su di me e lo stress di una giornata intera che sfuma ed evapora dalla mia pelle.
È dolce, delicato.
Non lo prego di rifarlo appena si stacca.
Rimango in silenzio e rimane in silenzio lui, rimetto la testa sulla sua spalla, ricomincio a raccogliere il riso e il maiale con le bacchette, lui continua ad accarezzarmi il fianco.
Lui mangia, io lo guardo mangiare.
Nient'altro.
Nient'altro e basta.
Niente.
Saranno passati cinque, sei minuti quando ricominciamo a parlare e non ha nulla a che vedere col bacio.
Quella è una cosa nostra.
Una cosa... privata.
– Com'è stata la tua giornata? – mi chiede, per cambiare argomento, per parlare del più e del meno come degli adolescenti normali.
– Una merda. –
– Una merda? –
Annuisco.
– Una merda completa. –
Non c'è più riso nel mio pranzo e ho finito il maiale, ho lasciato le verdure a Kirishima e mi sto sfondando di budino della mensa perché mi sono reso conto che c'era quello, da mangiare, e che un pranzo di budino per me è come trovare il prossimo numero primo, una fortuna immensa.
– Il pezzo di merda di matematica fa schifo. Odio educazione fisica e ho preso novantanove su cento di fisica. –
– Novantanove? –
Lo dice con un tono talmente scioccato che mando giù e gli punto il cucchiaino di plastica addosso.
– Non perché me lo meritassi, sia chiaro, solo perché quel pezzo di merda del professore non sa cosa cazzo significhi descrivere dettagliatamente i termini di un quesito. –
– È un affronto. –
– Puoi dirlo forte. –
Sgranocchia un bastoncino di carota.
– Se vuoi lo aspetto fuori e lo minaccio. –
– Sarebbe divertente, ma preferisco dar fuoco alla sua macchina. –
– Vuoi dare fuoco alla sua macchina? –
Rido.
– No, scemo, stavo scherzando. –
– Oh, menomale, pensavo che volessi davvero. –
– Potrei ma no, non credo che lo farò. –
Prendo un'altra palettata di budino, una grande quanto la mia faccia. Amo il budino, io amo il fottuto budino.
– Poi una tipa mi ha chiesto di te in corridoio. –
– Di me? –
– Se fossi fidanzato perché sei l'unico single del football. –
Mi guarda e sorride, ridacchia appena.
– Tu che gli hai risposto? –
Mi sento arrossire.
– Che sei single ma che ti piace un'altra persona. Non che voglia dire che io ti piaccio o che voglia impedirti di uscire con qualcun altro, è solo che sono andato nel panico e... –
– È vero che mi piaci e non voglio uscire con nessun altro, non c'è problema. –
Le mie parole si arrestano, le lascio scivolare via.
– È un comportamento scorretto, sono io che ti ho rifiutato. – sussurro.
– Ma l'hai fatto perché hai paura e lo rispetto. –
– Davvero? –
– Sì. –
Mi arruffa i capelli.
– Sono una persona molto paziente, Bakugō. Non ti preoccupare per me, so quello che sto facendo. E anche se non finisse bene non mi pentirei del tempo che ho passato con te. –
Respiro.
– Neanch'io. –
– Perfetto. –
Mangio un altro po' di budino.
– Non ti dà fastidio che io stia con Shindō? –
Mi guarda di sbieco.
– È l'unica cosa completamente incomprensibile di quelle che fai. L'unica. Ma... può rendere le cose divertenti, per cui come ti pare, credo. –
– Oh, ok. –
Incomprensibile?
No, non lo è.
Non così tanto.
È che...
Shindō è il mio scudo, Eijirō. È la mia barriera fra noi. È il modo in cui ti impedisco di prendere la mia vita e rovesciarla. Non che tu non lo stia già facendo, non è questo che sto dicendo, ma Shindō è il baluardo della mia indipendenza emotiva, al momento, e non è perché tu non mi piaccia ma perché mi permette di pensare che non sono completamente assoggettato a te.
Sto con Shindō per dirmi che non sto con te.
È l'unico motivo.
Sto con Shindō perché mi proteggo dietro questa relazione.
E la cosa potrebbe essere divertente, la parte più maliziosa di me lo ammette, ma è principalmente una difesa.
– Me lo fai conoscere? –
Mi giro verso Kirishima.
Ha qualcosa in mente e non è qualcosa che non va.
È qualcosa...
– Vuoi conoscere Shindō? –
– Sì, non ti va? –
– Perché vuoi conoscere Shindō? –
Distoglie lo sguardo e lo fissa davanti, il sorriso dolce si trasforma in malizia e...
– Fine del time-out, Katsuki. –
– Fine del... –
Mi si avvicina, abbassa il tono della voce, non mi guarda ma io guardo lui.
– Voglio solo sapere da chi è che ti fai scopare quando immagini che sia io a farlo. –
Mi strozzo con il budino.
Divento viola.
Sadico bastardo.
Sei davvero troppe cose nel corpo di una.
─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───
OK ALLORA
a parte l'aw generale di questo capitolo ( mel che se lo dice da sola -> mel pazza)
vi è piaciuto? so far ho letto che questa storia sembra piacervi e niente sono molto contenta
volevo aggiungere qualche tema un po' più consistente perchè è vero che è una storia leggera ma è una storia su un'età, quella post-adolescenziale, dove le realtà sono molto più complesse di quel che sembra e volevo rendere i miei bimbi un po' meno banali di quello che potevano essere. anche perchè non essendoci i quirk credo che la sordità sia un plausibile motivo per kat di dimostrare la sua bravura in maniera ossessiva come nel manga e i dca per kiri di reinventarsi come persona e combattere per sentirsi più forte. diciamo che ho spostato lo stesso problema ad un mondo diverso, volevo che fossero loro ma che fosse anche plausibile con l'au, ecco.
niente, that's it!!!
spero che stiate bene,
ci vediamo con scottish sithe (E LO SAPPIAMO TUTT* CHE IL PROSSIMO CAPITOLO SARA' UN SEMPITERNO PORNO QUINDI ECCO LETS GO FOR IT)
[datemi un paio di capitoli qui e ho in mente una roba che mi mandate all'ospedale psichiatrico per ninfomania],
un super bacio,
mel <3
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