𝚕𝚊𝚝𝚎𝚕𝚢

⟿ ✿ qui per dirvi che all'inizio o comunque giù di lì c'è una parte bella pesa di fisica elettromagnetismo che forse qualcuno di voi capirà ma qualcun altro no e ecco è voluto che sembri complicata, è per far notare l'intelligenza di katsuki, non scrivetemi "mel non si capisce una sega" perché è fatto apposta per far sembrare kat un genietto <3 (ovviamente se qualcun* di voi è interessato vi spiego tutto quello che volete) (e tra l'altro ho preso un mio tema d'esame di fisica per scrivere questa cosa lol inception fisica II in new americana)

[[ con questo non voglio dire che chi non conosce fisica elettromagnetismo sia un coglione o non sia un genio anzi solo nel senso sono cose che si fanno al secondo anno di ingegneria messe nella testa di un liceale quindi ecco per quello sembra un genietto spero che abbia senso non voglio dare del coglione a nessuno giuro ]]

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

Sorrido, prendo la penna in mano, incastro una gamba sotto al culo, appoggio il gomito sul banco e mi piego come sono solito fare verso il foglio.

Il rumore delle altre persone che scrivono mi invade le orecchie, il suono dei loro corpi vicini al mio, il respiro di quello dietro, lo scricchiolare delle sedie sul pavimento.

Abbasso il volume dell'apparecchio acustico.

Lo metto al minimo.

Lo toglierei se potessi riporlo nella mia borsa ma non posso, per cui mi accontento di spegnermelo nell'orecchio e lasciare che rimanga lì.

Una per ogni semestre.

Le superiori di questa prefettura organizzano una competizione per ogni semestre.

Ed è una competizione trasversale, che riguarda ogni attività specifica portata avanti da una scuola, quelle sportive, quelle mentali, tutte.

Questo è quello che sto facendo.

Sto vincendo la competizione scientifica dei licei di metà semestre.

E vorrei che nessuno mi disturbasse mentre lo faccio.

Guardo l'inchiostro stampato sul foglio che mi hanno consegnato un minuto fa, il sorriso sul mio volto si stiracchia come un gatto, se prima magari un pelino cercavo di contenere la mia superbia per non tirarmi addosso la sfiga, ora so che i miei occhi brillano della forma di arroganza più assoluta.

Elettromagnetismo?

Davvero il tema della prova di fisica di quest'anno è l'elettromagnetismo?

State scherzando?

Ogni anno le prove vengono organizzate da una scuola diversa, a rotazione, e ricordo bene che gli organizzatori di quest'anno sono quelli che dodici mesi fa mi hanno detto che non mi avrebbero permesso di vincere un'altra volta.

E avete messo l'elettromagnetismo per fermarmi?

Wow, geniale.

Come ho fatto a non pensarci?

Dare ad un futuro ingegnere elettronico una prova di elettromagnetismo, quale crudeltà.

Pezzenti.

Non hanno la minima idea di con chi hanno a che fare.

Inizio a scrivere i dati sul mio foglio, ridimensionando le unità di misura secondo la convenzione, e quasi sbadiglierei, se non fossi pieno di caffeina fino all'ultimo capello.

È quasi noioso, davvero.

Quasi noioso.

Se solo non amassi l'elettromagnetismo e assieme la sensazione di essere l'unico, chiaro, palese vincitore, mi alzerei e me ne andrei.

Magari a...

No, Katsuki, concentrato.

Alla competizione sportiva ci pensi dopo.

Anzi, prima fai qui, prima puoi andare.

Quindi ormoni nelle mutande, cervello acceso e a guardare un metro e novanta di muscoli fare le prove sportive con la canottiera di cui ti ha mandato la foto stamattina che è più uno svestito che un vestito ci pensi dopo.

Spettrometro di massa.

Non massa muscolare.

Spettrometro di...

Ok, partiamo dal condensatore.

Conservazione dell'energia, energia cinetica uguale all'energia potenziale, energia potenziale uguale al potenziale per la carica. La carica è la carica dell'elettrone, solo il modulo, uno virgola sei per dieci alla meno diciannove. A questo devo equiparare...

Ok, ho la massa, il raggio di curvatura, il campo magnetico, se uso la formula della forza di Lorentz e la equiparo al secondo principio della dinamica dovrei avere un'equivalenza utile.

Sì, funziona, funziona.

Basta solo considerare esclusivamente l'accelerazione centripeta e calcolarla in funzione della grandezza che cerco, quindi... velocità alla seconda fratto il raggio di curvatura.

Ok, ora isolo qui la velocità, la isolo di qua, sostituisco e l'equazione ha una sola incognita, perfetto, perfetto, va benissimo.

Devo solo...

Elevare tutto al quadrato.

Questo va su, questo va giù, questo lo semplifico, questo non mi serve, questo...

Eccola.

La massa è uguale al prodotto della carica, del campo e del raggio di curvatura tutte al quadrato fratto due volte la carica moltiplicata per la differenza di potenziale fra le piastre del condensatore.

Fatto.

Basta metterlo nella calcolatrice.

Fine.

Niente di più, niente di meno.

Che stronzata.

Ottengo il mio risultato sullo schermetto verde scuro in un secondo, riguardo brevemente che le grandezze siano corrette, di non essermi perso un'equivalenza per strada, e quando mi rendo conto che, ovviamente, non l'ho fatto, scrivo il risultato sul foglio.

'Sti cretini vogliono che scriva il procedimento?

No, non lo chiedono.

Meglio, meno roba da scrivere.

Scendo con lo sguardo al secondo punto.

Ricalcolare la massa considerando un gas di costante dielettrica uguale a cinque fra le piastre del condensatore.

Rimango interdetto.

Credono che sia scemo?

No, davvero.

Credono che sia scemo?

Lo sanno anche i muri che basta dividere il potenziale per la costante dielettrica, anche i muri.

Nel senso, è una competizione della prefettura o un gioco a premi per bambini di sei anni?

Tutta sta solfa per poi farmi moltiplicare per cinque il mio risultato?

Mah.

Inizio a credere di essere l'unico competente fra le file interminabili di questi banchi.

Scrivo il nuovo risultato, do un'ultima controllatina, scrivo il mio nome e il mio cognome in cima al foglio.

Poi lo giro.

Tre quiz e ho fatto.

Allora, il primo chiede...

Quando un campo magnetico può essere definito conservativo.

Mai.

Il campo magnetico non è conservativo.

La seconda domanda riguarda le armature di un condensatore. Ok, il condensatore è sempre collegato al generatore di forza elettromotrice, non cambia la differenza di potenziale, cambia la carica.

Terminiamo con un meraviglioso quiz di ottica che chiede cosa succede se faccio passare un'onda elettromagnetica policromatica propagante fra due mezzi dielettrici.

Cosa succederà mai?

Ma questi pezzenti credono sul serio che io non sappia questa roba?

Mi sento offeso.

Onestamente offeso.

Questo è il compito per impedirmi di vincere?

Mi stanno sottovalutando e io odio essere sottovalutato perché lo devono sapere tutti che ci sono cose in cui sono il migliore e il fatto che non lo sappiano mi fa incazzare.

Lo risolvo tanto in fretta che mi fa quasi incazzare.

No, sul serio, mi fa incazzare.

Dov'è la sfida?

Dov'è la competizione?

Dov'è il divertimento?

Odio vincere così, cazzo.

Io voglio impegnarmi e voglio essere messo alla prova e quella vittoria, solo quella, mi sembrerà effettivamente meritata e effettivamente mia, ma questo...

Sbuffo ad alta voce.

Riguardo l'ultima volta, poi mi alzo strisciando la sedia, riaccendo l'apparecchio acustico, prendo il mio foglio di merda e passo fra i banchi separati verso la cattedra del professore che deve fare sorveglianza durante questa porcata.

Sbatto il compito sulla scrivania e lo guardo senza temere affatto il contatto visivo.

– Ho fatto. Ho vinto. Falli smettere. –

Aggrotta le sopracciglia.

– Eh? –

– Vince quello col punteggio più alto e nel caso ci fossero punteggi uguali vince il primo a consegnare. Ho fatto il massimo e sono stato il primo a consegnare. Ho vinto, falli smettere. –

– Come sai di aver fatto il ma... –

– Lo saprebbe anche un coglione, che ho fatto il massimo, ma se non ti fidi correggilo. –

– Non è meglio aspettare che anche gli altri abbiano... –

Tutta la sicurezza in me stesso che non ho quando si tratta di essere socievole, avere a che fare con le emozioni e con le altre persone si riversa qui, in questo momento, nell'unico ambito dove non ho paura di niente.

– Gli stai solo facendo perdere tempo. Dovrebbero stare qui due ore a fare questa merda per perdere. Correggi questo schifo e falli smettere. Ho vinto, non c'è bisogno che rimangano qui. –

Gli passa nello sguardo un barlume di...

Paura, credo.

Sicuro non mi chiede di rimettermi al mio posto.

Sicuro non prova ad imporre la sua autorità su di me.

Ed è meglio così, perché i professori incompetenti sono una categoria con cui proprio non vado d'accordo.

Prende il mio foglio e credo le mani gli tremino appena, lo gira verso di sé, poi prende la busta scura e sigillata con la soluzione.

– Non so se posso aprirla senza che... –

– Puoi. L'ho fatto fare anche alla competizione di matematica stamattina, puoi. –

– O... ok. –

Tira fuori un paio di forbici dal cassetto della cattedra e taglia via il sigillo, estrae delicatamente il foglio delle soluzioni e lo appoggia a fianco del mio.

Passa con lo sguardo da un quesito all'altro confrontandolo con quelli già corretti.

Non ci vuole molto.

Sono due soluzioni numeriche e tre quiz, non ci vuole molto per davvero.

Quando alza gli occhi verso di me trova la mia faccia sorridente, ma annoiata.

– È vero. Hai fatto il massimo. Quindi hai... hai vinto. Ora devo... –

– Il liceo ha il mio indirizzo in segreteria, mandatemi il premio a casa, odio le cerimonie. Di' alla commissione che la prossima volta vorrei un compito un po' più difficile, è stato così stupido che stavo per addormentarmi. –

Non dice una parola.

Rimane muto, le labbra sigillate fra loro.

– Non è stato un piacere. – dichiaro, poi, in ultima battuta, prima di superarlo, prendere la mia borsa lasciata dietro la cattedra come quelle degli altri e uscire, senza dire nient'altro, dalla porta dell'aula.

Mi ritrovo a fissare l'orologio del corridoio appena ci metto piede.

Un quarto d'ora.

Ci ho messo un quarto d'ora.

Ed è stato noioso, è stato deludente e per nulla simpatico, però...

Controllo che nessuno mi stia guardando, che non ci sia anima viva qui.

Non c'è nessuno.

La mia faccia sorride da sola e mi scappa una risatina che non sente nessuno, che non deve sentire nessuno, e qualcosa si fa frizzante sotto la mia pelle, impasto le mani fra di loro e un lampo di fulminea, istantanea contentezza mi invade.

Ho vinto.

Lo so che è stato facile e non è una vittoria di quelle che ti segnano una soddisfazione perenne in corpo, ma...

Ho vinto.

Fisica ora, matematica tre ore fa, chimica stamattina presto, biologia ieri pomeriggio, informatica sempre ieri all'ora di pranzo.

Ho vinto tutte le competizioni a cui ero iscritto.

Ho vinto.

Ho vinto, ho vinto perché...

Sono un genio.

Sono un cazzo di genio.

Sono obiettivamente, chiaramente, decisamente un fottuto genio.

Il primo pensiero che mi passa per la mente, è composto da due parti che ruotano attorno allo stesso elemento.

Devo dirlo a Kirishima.

Devo andare a vedere Kirishima vincere anche le sue gare.

Senza ulteriori ragionamenti inizio a camminare verso il cortile e lo faccio col sorriso ancora stampato in faccia, con la pelle che un pelino formicola e la consapevolezza che sarò anche un disastro, e decisamente lo sono, ma certe cose le so fare davvero, davvero bene.

Di quel che è successo lo scorso weekend alla festa, non abbiamo più parlato.

So che magari qualcuno si sarebbe aspettato che facessi diversamente, ma... la discussione non è nata e io di certo non l'ho fatta nascere.

So solo che non parlo con Shindō da allora.

E che dovrei dirgli qualcosa ma finché non mi contatta darò per scontato che non esista ed eviterò di affrontare una situazione di stress per niente.

Magari si è stancato di me e non mi scriverà più, magari ha i cazzi suoi, magari crede di starmi ghostando e che io sia in pena per lui, non lo so.

So che anche quella è una questione complicata, e che anche quella è una questione che vorrei evitare.

Sono un codardo?

Sono un coglione?

Non lo metto in dubbio.

Ma la vita non è un film e le persone non sono insiemi semplici di idee, la logica è sopravvalutata e comprendere il perché di certe cose, qualche volta, è davvero difficile.

Io so cosa tutti si aspettino che io faccia.

Chiamo Shindō, lo mollo, vado da Kirishima e gli chiedo di metterci insieme perché è l'uomo perfetto ed è decisamente preso da me.

Lo so.

Sembra facile, no?

Non lo è.

Perché implica fidarsi di qualcuno.

Perché se mi metto con Kirishima, Kirishima diventa parte integrante di me.

Perché non so se riuscirei a reggere l'eventualità che Kirishima se ne vada.

Lasciarmi andare con lui significa lasciarmi andare con le emozioni.

Ma non tutte le emozioni sono positive.

E miseria se non vivo tutti i giorni il dilemma di scegliere se essere apatico o farmi prendere quando so che non riesco a godermi le cose fino in fondo ma allo stesso modo niente mi ferisce come dovrebbe.

Esco verso il cortile, la luce del giorno si apre di fronte a me e così lo scenario delle persone che partecipano alle competizioni sportive, le rispettive scuole, le squadre di tifo e una marea di liceali sparsi qui o lì a non fare niente, come dovrei fare io, come non credo che farò.

Preferisco che le cose succedano da sole.

Preferisco fare quello che mi va nel breve termine e raccoglierne dopo i risultati.

Mi dico che le cose andranno nel modo giusto se lascio che vadano e per quanto mi è difficile non pensare ossessivamente ad ogni dettaglio, mi dico che ho diciott'anni, che certe cose le posso fare senza pensar troppo alle conseguenze.

In realtà sto solo scappando.

Lo so benissimo.

Ma forse smetterò di farlo, come pensa Kirishima.

Forse non smetterò mai.

So solo che per ora, proprio non ho voglia di pensarci.

A differenza delle competizioni scolastiche, alle persone, le competizione sportive piacciono. Sarà che comprenderle non è così complicato, sarà che prevedono ammassi di persone vestite poco che sudano, ma ricevono sempre una grande affluenza di spettatori e di quegli spettatori, faccio parte anche io.

Iniziano oggi.

Le gare sportive, iniziano oggi.

Prima ci sono tutte le prove scolastiche e poi tutte quelle fisiche.

Non so a quali sia iscritto Kirishima, so che fa la corsa campestre perché la fanno tutti i giocatori di football e stamattina Shinso se ne stava lamentando in macchina e che sicuramente giocherà quando faranno le partite domani sera, ma molto di più non ho capito.

So solo che vincerà.

Come lo so?

Lo so e basta.

Me l'ha detto lui, che è bravo in queste cose, e mannaggia a me, mi fido.

E l'idea che il nostro liceo quest'anno vinca le competizioni perché io ho fatto man bassa di tutti i trofei nella sezione scolastica e Kirishima in quella sportiva, mi piace molto più di quanto non voglia ammettere.

Fa un po' coppia di vincitori.

È... carino.

Supero i tavoli sulla prima parte del cortile e mi dirigo direttamente verso il campo da football dove credo si stiano allenando tutti i vari partecipanti a non so che gara, mi sistemo la tracolla sulla spalla per evitare di far cadere qualcosa e dal retro dei miei occhiali inizio a cercare capelli rossi, sorriso smagliante e voce che risuona più forte di quella degli altri.

Non lo vedo.

Vedo gruppi di studenti ammassati a caso.

Sarà fra un nugolo di gente, no?

Socievole com'è non sarà un problema per lui.

Bello com'è non sarà un problema per gli altri.

Nasce in me l'idea che forse, se è con altre persone, se si sta divertendo con gli altri e sta ridendo e scherzando e facendo cose che a me proprio non si confanno forse sarebbe meglio lasciarlo in pace.

Non voglio costringerlo a interrompere la sua vita sociale perché io a malapena ne ho una e sicuramente non voglio partecipare alla sua.

Però...

Ho vinto.

Vado solo a dirgli che ho vinto.

Poi lo lascio in pace.

Perché ecco, io ho vinto e sono felice di averlo fatto e al mondo intero questa cosa non è che non interessi, è che pare scontata.

Lo pare anche a me, talvolta, e non amo che  venga celebrata proprio per questo.

Però Kirishima non dà quasi niente per scontato.

E Kirishima mi fa i complimenti.

E Kirishima non è il mondo, non è festeggiare in pubblico, ma è lui, ed è completamente, completamente diverso.

Per quanto intimidito, non smetto di camminare verso il campo e continuo a cercare fra i gruppi di persone se vedo i capelli rosso fuoco spuntare da qualche parte.

Ve lo rubo un attimo, ok?

Solo un attimo.

E non è che l'attimo seguente ve lo ridarò perché siete voi a chiedermelo, ma perché a lui diverte, intesi?

Speriamo che sia un po' espansivo, così capiscono come stanno le cose e si scollano un po'.

Magari mi dà un bacino sulla fronte, magari mi abbraccia.

A loro li abbraccia?

Dio, forse gli amici sì.

I bacini sulla fronte però sono miei.

E anche quaranta minuti di strusciamenti vari come se fossimo due quattordicenni chiusi in uno stanzino, ma questo non devono saperlo.

Però forse dovrebbero.

Dovrebbero?

Ho ancora i segni sul collo che stanno cercando di andare via e per quanto m'impegni a mettere felpe e sciarpa e qualsiasi altra cosa so che si sono intravisti in giro, ma tutti penseranno che me li ha fatti Shindō, perché è il mio ragazzo.

Però forse dovrei...

Qualcuno mi passa accanto e il movimento mi distrae.

Vedo solo un turbinio di treccine rosa confetto e ci metto qualche istante a metabolizzare, ma quando lo faccio, ecco, mi giro subito a seguirne qualsiasi spostamento.

Treccine rosa significa Mina Ashido.

E Mina Ashido è la Denki di Kirishima, assieme a Momo Yaoyorozu che è la sua Jirō, quindi dove c'è lei ci sarà anche lui, no?

No.

Ovviamente no.

Ovviamente mi ritrovo a guardare solo lei, bellissima come sempre perché è dannatamente bella ogni cosa faccia, che raggiunge Momo poco più in là urlandole qualcosa di molto poco elegante che riguarda credo delle vagine e del sesso ma che non ascolto perché le vagine mi fanno paura e il sesso purtroppo non lo faccio da un po'.

Perché Kirishima si nasconde sempre quando lo cerco?

Non lo trovo mai, miseria.

Non lo trovo mai.

Ma oggi non è che lo voglio trovare, lo devo trovare, per cui valutando le opzioni vado per quella più sicura e nonostante un pochino mi facciano paura perché entrambe sono più alte di me e sicuramente fisicamente più forti, riesco ad avvicinarmi di qualche passo a Momo e Mina poco distanti da me.

Devo dire qualcosa, immagino.

Beh, certo che devo dire qualcosa.

Sono io che mi sono avvicinato, è ovvio che io debba dire qualco...

– Katsuki? Ciao, Katsuki, che ci fai qui? –

Alzo lo sguardo e, ovviamente, tutte e due si sono girate verso di me.

Perché Dio le ha fatte così alte?

Perchè Dio ha fatto me così basso?

Perché...

– Sto cercando Eijirō. Sai dov'è, per caso? –

– Eijirō? Oh, dovrebbe essere là da qualche parte, credo vicino a quel gruppo di persone laggiù. – mi risponde Mina, che indica dietro di me uno specifico nugolo ammassato da un lato del campo.

– Ok, gra.... –

– Hai bisogno di lui per qualcosa di specifico? –

Lo sguardo di Momo mi inchioda dove sono.

– No, volevo solo andargli a... –

– Spero che tu non vada a dirgli che ti sei rimesso con quel tipo, Katsuki. Perché se fosse così sarei costretta a dirti che non puoi farlo prima che gareggi e che ti ucciderò con le mie stesse mani. –

Spalanco gli occhi.

– Cosa? –

– Non andare a distrarlo prima che gareggi, è una persona emotiva e non riuscirebbe a competere. –

Rimango completamente di stucco.

Ok, mi aspettavo che sapessero cosa sta succedendo e questo non mi stupisce perché anche io ho prontamente riferito tutto ai miei amici, però non credevo che...

– Voglio solo dirgli che ho vinto la prova di fisica. Non voglio... –

– Non vuoi traumatizzarlo? –

– No che non voglio traumatizzarlo! –

Mina storce il naso, mi guarda piegando la testa.

– Sei proprio sicuro che non vuoi... –

– Voglio solo andare a parlargli. Sono piuttosto sicuro che anche a lui andrebbe di parlarmi quindi non capisco perché mi stiate tenendo qui a... –

– Certo che gli andrebbe di parlarti, quello è un sottone di merda. Per questo ci siamo io e Momo che stiamo qui a valutare se tu possa o meno. –

Qualsiasi cosa stessi dicendo viene spazzata via.

Sbatto solo le palpebre come un cretino.

– Un sottone di... merda? –

– Dai che lo sai pure tu, quello è la creatura mitologica mezza uomo mezza zerbino. –

Mi viene da ridere, mi metto una mano di fronte alla faccia e cerco di nascondere il rumore.

Un po' è vero che è sottone.

Ma sono sottone anch'io, quindi immagino che le cose vadano di pari passo e che non siano poi così problematiche.

– Comunque se giuri e spergiuri che non vai a traumatizzarlo prima della gara, ti lasciamo andare. Però giura. – interviene Momo, che incrocia le braccia di fronte al petto mentre parla e grazie a questo pare ancora più intimidatoria.

Annuisco.

– Lo giuro, lo giuro, vado solo a parlare con lui. –

– Mmh, ok, hai il permesso. –

– Grazie, immagino. –

Trovo esilarante quanto docile mi facciano diventare le donne alte ma in effetti mi spaventano, forse perché non ho tanta familiarità con le ragazze, forse perché hanno qualcosa di decisamente terrificante.

– Solo una cosa, prima che tu te ne vada. –

Porto lo sguardo verso Mina.

– Io non so quale sia il tuo problema e francamente, non m'interessa, però spero vivamente che tu non stia giocando coi sentimenti di Kirishima perché non hai niente da fare e vuoi far passare il tempo. –

Io starei...

– Kirishima ti giustifica ogni cosa tu faccia e per lui potresti investirlo e ti chiederebbe scusa, ma io non sono come lui, intesi? Se mi accorgo che fai il pezzo di merda con il mio amico non va a finire bene. –

– Mi stai minacciando? –

Annuisce senza nemmeno pensarci due volte.

– Sì, lo sto facendo. –

Mi scorre un brivido lungo la schiena.

È...

Andiamo, è terrificante.

Non sono io che non so gestire le donne, è lei che è terrificante.

Io sono totalmente legittimato a sforzarmi per non far tremare le gambe, non sono io che sono un codardo, è lei che è dannatamente terrifica...

– Non sto giocando coi sentimenti di Kirishima. Non sto... facendo niente per fargli del male. Non volontariamente, ecco. –

– Sicuro? –

– Sì che sono sicuro, non sono quel tipo di persona. –

Mina si avvicina a Momo, le loro spalle si toccano, mi sembrano per un attimo una muraglia insormontabile che mi separa da Kirishima, anche se Kirishima è dietro di me e fisicamente potrei raggiungerlo senza problemi.

Per quanto siano un po' spaventose...

Sono felice che mi stiano dicendo questo.

So come ci si sente ad avere degli amici pronti a tutto per aiutarti, lo so.

Sono felice che lo sappia anche lui.

– Ti teniamo d'occhio, Bakugō Katsuki, e non ci faremo intenerire dal tuo bel faccino se fai qualcosa che non va, chiaro? –

Il mio bel faccino?

– Chiaro. Chia... chiaro. –

– Perfetto. Ora raggiungi quel cretino, è tutta la mattina che ci fa una testa così che ieri non ti ha visto. –

– È tutta la mattina che vi fa... –

– Corri, su, vai! –

Lo dice con un sorriso grande quando la Terra, Mina Ashido, e sul suo viso vedo scintillare la stessa luce che di solito vedo in tratti più maschili, le obbedisco perché non saprei che altro fare ma mentre mi giro e quasi corro verso il gruppo di persone dove ora so che è Kirishima, mi dico che ora so come mai questi due sono così amici.

È logico, no?

Ha senso.

Ed è molto più tenero e carino di quanto mi aspettassi la prima volta che qualcuno mi ha detto in che rapporti fossero.

Con una nuova, rinnovata voglia di vedere Eijirō e una sensazione strana, piacevole ma strana in corpo, ritorno alla mia missione originaria e lo faccio ancora più convinto di quello che sto facendo.

No che non gioco coi suoi sentimenti, insomma, andiamo.

E no che non voglio traumatizzarlo, non lo vorrei a prescindere da quello che gli devo dire ora, non lo vorrei mai.

Voglio solo vederlo.

È normale che voglia, no?

Non è solo perché mi piace.

È anche perché gli voglio bene.

E perché che lui ne voglia a me in quel modo così chiaro e palese mi emoziona in un modo che vorrei non finisse mai.

Rimetto a fuoco lo scenario.

Ci sono parecchie persone, credo una ventina, tutte ammassate attorno a quella che credo sia una panca di metallo a bordo campo.

Alcune parlano fra di loro, altre sono girate verso l'interno, e dato che non vedo capelli rossi intendo che Kirishima sia proprio là, nascosto dalle loro spalle che lo circondano.

Che faccio, lo chiamo?

Di buttarmi in mezzo alla folla non ho voglia ma non ne ho nemmeno di alzare la voce, forse dovrei semplicemente cercare di farmi notare e verrà lui da me.

Ma per farmi notare devo avvicinarmi, no?

Quindi...

Ok, Katsuki, è per una buona causa.

Non ti gettare in mezzo alla ressa, solo cerca di infilarti quanto basta perché Eijirō si accorga che sei lì.

Arrivo vicino alla panchina e m'infilo oltre il primo cerchio di persone.

Perché diavolo sono tutti così alti?

Cos'è, un raduno di giocatori di football?

Oddio, forse lo è.

Non m'interessa, è comunque schifoso, illegale e vergognoso che siano così tanti e che siano così alti.

Dov'è?

Non lo vedo ancora.

Ma sento la sua voce.

Lo sento ridere.

È vero, è qui, è decisamente qui.

Devo solo...

M'infilo fra due persone, un po' mi manca il fiato, lo intravedo, credo si stia legando i capelli, mi sembrano sciolti o comunque disordinati, ride di nuovo, io...

Mi spingo in avanti.

Dovrei sbucare in mezzo.

Dovrei...

C'è una persona, fra me e Kirishima, che non conosco. È un ragazzo che ha il numero delle gare sportive attaccato con una spilla da balia alla schiena, alto quasi quanto lui, che si muove e gesticola quando parla.

L'attimo prima è fermo.

Quello dopo muove le braccia per dire o enfatizzare qualcosa e facendolo ne tira uno indietro, verso di me, e...

Mi atterra il suo gomito sulla fronte.

Forte, perché non credeva ci fosse qualcuno dietro.

Mi colpisce proprio in mezzo alle sopracciglia, il dolore è immediato e lancinante, mi punge fin dietro la testa, perdo l'equilibrio e non cado ma barcollo indietro, istintivamente sento gli occhi inumidirsi di lacrime che non verso, la mia voce dice...

– Cazzo! –

Passa una frazione di secondo.

Io parlo, c'è un momento di silenzio, e poi prima che arrivi qualsiasi cosa, le scuse, l'interesse o quantomeno la curiosità di chiunque ci sia attorno a noi, Kirishima non è più seduto ma è in piedi, di fronte a me, che mi guarda dall'alto con l'ansia dipinta in volto e le sopracciglia aggrottate fra di loro.

Non so se capisca subito quel che è successo.

So che io vorrei dire "ciao" o qualsiasi altra cosa ma non riesco perché il dolore ancora mi pulsa addosso e mi toglie le parole di bocca, e che lui...

Mi squadra.

Mi mette le mani sulle spalle.

Mi tira in avanti, verso di sé, e poi chiude le braccia attorno al mio corpo e parla così, senza vergogna, tenendomi stretto al suo petto come se potesse proteggermi da un dolore che già provo.

– Guarda dove cazzo metti le mani. –

"Guarda dove cazzo metti..."

Oh.

Ce l'ha col tipo.

Che sicuramente non voleva colpirmi ma...

– Non volevo, giuro che non volevo, non mi sono accorto che fosse dietro di me e non volevo... –

– Non me ne frega un cazzo se non te ne sei accorto. Guarda dove cazzo metti le mani, gli hai fatto male. –

Vorrei osservare la scena ma tutto quello che osservo è la trama della canottiera di Eijirō di fronte a me.

– Mi dispiace, davvero non volevo. È che è spuntato dal nulla e non sapevo che... –

– Non sapevi cosa? Che non devi tirare gomitate alla gente mentre parli? Non mi sembra una cosa difficile da sapere. –

Miseria, è incazzato.

Incazzato cattivo, non incazzato eccitato, e questa cosa io non l'avevo mai...

– Ti consiglio di andartene perché ora gli chiederò quanto male gli fa da uno a dieci e se la sua risposta supera il tre sei morto. –

– Giuro che non vole... –

– Sparisci. Ora. –

Wow, è davvero arrabbiato.

Davvero molto, molto arrabbiato.

Ed è arrabbiato con questo tipo che continuo a non conoscere ma anche se è arrabbiato mi tiene stretto e mi muove le dita contro la schiena come a coccolarmi e...

Mi piace, arrabbiato così.

Arrabbiato con gli altri e non con me.

Arrabbiato col mondo perché il mondo ce l'ha con me.

Non vorrei questa cosa per lui perché so quanto è solare, so quanto ami le persone e chiacchierare e parlare e vivere nel mondo, di certo non credo riuscirei a generare una situazione del genere volontariamente per poter avere questo genere di attenzioni.

Ma di tanto in tanto...

Sento le persone parlottare ma nessuno dei loro discorsi arriva chiaro alle mie orecchie, immagino che il tipo che mi ha tirato la gomitata se ne vada, Eijirō non mi lascia andare, è rigido, ancora decisamente irritato.

Non è così grave, dai.

È solo una gomitata in fondo.

Non è...

– Quindi ti va di fare la foto con noi? Per la pagina della scuola, così la mettiamo su Instagram. –

La voce che fa questa domanda è petulante, femminile, lagnosa e palesemente con un secondo fine.

Non dovrei.

Lo faccio.

Quando sento che riempie il petto d'aria per rispondere, pur non sapendo che cosa dirà ma temendo che la sua incredibile gentilezza possa tradirlo, stringo le labbra e mugugno qualcosa che somiglia ad un verso di dolore.

Lo lascia cadere, quel fiato che aveva preso.

Ne prende un altro poco dopo, e quel che dice è sicuramente diverso da quel che contava di dire un attimo fa.

– Al momento no, Katsuki si è fatto male, non ho tempo. Magari dopo. –

– Oh, ok, come vuoi. Guarda che ci vuole un attimo, però, non è niente di... –

– Ho detto di no. –

Mi ritrovo a sorridere con la faccia spiaccicata contro la sua maglietta, le sue dita mi corrono fra i capelli e mi massaggiano fra le ciocche chiare, mi avviluppa in un abbraccio, mi fa sentire protetto e al sicuro nonostante il dolore che ancora mi punge, non quanto vorrei far credere, sulla fronte.

– Va bene, allora, che modi, non c'è bisogno di rispondere così. –

– Non c'è bisogno di chiedere ossessivamente le cose. – risponde, prima di spostarsi verso di me, probabilmente ignorandole.

Ci sono altre persone che parlano.

Altre che richiedono l'attenzione di Kirishima come se non fossi là, come se fossi nulla più di un mero elemento d'arredo, su questa o quest'altra cosa.

Però lui risponde che non può.

Che non gli interessa.

E lo fa finché le domande non cessano di arrivare, finché le voci degli altri non si affievoliscono e allontanano, finché in questa fetta di mondo, in questa bolla che prende forma accanto alla panchina sul bordo del campo da football non rimaniamo noi due, da soli, ancora abbracciati come nel momento in cui mi ha visto non so quanto tempo fa.

Non so se la nostra solitudine sia effettiva o se semplicemente le altre persone abbiano smesso di parlare al punto che non registro più la loro presenza, so che...

Sono al centro dell'attenzione.

Quella di Kirishima di sicuro.

E questo mi basta.

Dopo essersi accertato che nessuno mi stia dando fastidio e che la situazione sia tranquilla, mi stacca piano da sé e mi fa piegare indietro la testa, sposta i miei capelli per scoprirmi la fronte, mi guarda.

– Ti fa tanto male? –

– Guarda che... –

– Avrei dovuto ucciderlo, altro che lasciarlo andare. Ti poteva rompere il naso se t'avesse preso più in basso. Piccolo Katsuki, mi dispiace che tu ti sia fatto male. –

Lo dice con tale apprensione, con tale dolcezza che...

Sento la mia faccia scurirsi.

Improvvisamente mi sento minuscolo e piccino fra le sue mani e qualcosa di delicato di cui si sta prendendo cura.

– Vuoi che ci mettiamo un po' di ghiaccio così magari smette di fare male? Vuoi che ti accompagni in infermeria? –

Passa col pollice sulla pelle della mia fronte per tastare la botta e giuro, giuro che ora sta iniziando a fare davvero molto meno male di prima, però non riesco a costringermi a dirglielo e...

– Miseria, mi dispiace così tanto che ti sia fatto male. Davvero, mi spiace. Vieni qui, su, ci penso io a te. – borbotta, prima di lasciarmi andare il viso e di nuovo spiaccicarmi contro di sé.

Io non so bene che idea abbia Kirishima dell'aiutare qualcuno che si è fatto male.

Perché non per lamentarmi, anzi, ma di solito non è abbracciando una persona che guarisci le sue ferite.

Però...

In effetti...

Devo dire che sto davvero molto meglio, ora, per cui immagino che funzioni, non so come, non so perché, eppure...

– Come mai ti sei infilato così fra la gente? – chiede poi, dopo diversi minuti passati a strofinarmi la schiena e il retro del collo.

– Volevo vederti. –

– E non potevi chiamarmi? Ti avrei raggiunto subito, lo sai. –

– Non lo so, Mina e Momo mi hanno detto che eri qui e non ci ho pensato. –

Rimane zitto un secondo, prima di reintrodursi nel discorso.

– Hai parlato con Mina e Momo? –

– Ah-ah. –

– Ti hanno... –

– Minacciato di morte? Sì, assolutamente sì, ed è stato spaventoso. Quest'associazione che avete di grandi grossi attivi è terrificante e ho molta paura. –

Lo sento ridere piano, stringermi le spalle da dietro e chinare la testa per affondare il naso fra i miei capelli.

– Sono molto più carine di quanto sembri, lo giuro. Non sono cattive. –

– Sono spaventose. Sono un gay che non ha mai visto una donna nuda in vita sua alto un metro e settanta, Eijirō, ok che sono un genio ma ho delle paure anch'io. –

– Hai paura delle donne? –

– Di quelle alte sì. –

Ride di nuovo, strofina il viso contro di me, mi stringe più forte.

– Ma tanto nessuno ti farà niente, no, assolutamente no. Perché ci sono qui io e nessuno tocca il piccolo Katsuki se ci sono qui io. –

– Smetti di dire che sono piccolo. –

– Ma lo sei! Sei piccino e delicatino e sei così dolce e sei un patatino carino e... –

Provo a pizzicargli un fianco ma ovviamente nemmeno si sposta, lo sento sorridere contro di me e muovo la testa per guardarlo in faccia e fargli vedere che sto chiaramente facendo il broncio, ci guardiamo negli occhi, lui ride.

Non è tanto lontano, anzi, direi che la sua faccia è proprio di fronte alla mia.

Ha le labbra increspate in un sorriso e una ciocca di capelli lunghi e rossi, sfuggita alla coda, pende fra me e lui, gli occhi gli brillano, è bello com'è bello sempre.

Squadra la mia espressione, smette di ridere, fissa le iridi sulle mie e poi le abbassa. Tornano su in un secondo, ma me ne accorgo che mi ha guardato la bocca e non so come...

– Non lo farò ma te lo dico per onor di cronaca. In questo momento vorrei davvero baciarti, Kat. Davvero tanto. –

Le mie guance si scaldano, il broncio si distende un pochino.

– Non possiamo così davanti a tutti, poi le tue fan mi linciano e noi due... –

– Non lo farò, ti ho detto che non lo farò. Però vorrei farlo. Volevo che sapessi che vorrei farlo. –

Anche io.

Vorrei farlo anche io.

Vorrei che ti chinassi un po' di più verso di me e vorrei tirarmi su sulle punte dei piedi e vorrei stringere le braccia dietro al tuo collo e sentire le tue mani chiudersi sulla mia vita, vorrei baciarti qui in mezzo alla scuola, Eijirō, perché tutta questa gente che ti ama e che ti gravita attorno sappia di chi t'interessa davvero.

Non lo faccio perché sono un codardo.

Perché c'è un pubblico enorme e non voglio discutere con me stesso dell'attrazione che provo per Kirishima, figurarsi con metà scuola incazzata perché ho pescato l'unico single del football e me lo sono preso per me.

Però vorrei farlo.

Annuisco per cercare di farglielo capire e non so se lo capisca.

Lo spero.

L'attimo dopo cambio argomento.

– Ho vinto la gara di fisica. Ci ho messo un quarto d'ora e ho vinto. Ho vi... –

– Hai vinto la gara di fisica? Anche quella di fisica? –

Ha gli occhi un po' più aperti di prima, non è stupito ma è interessato e mi fa sorridere così tanto che lo sia perché...

– Ah-ah. Fisica, matematica, chimica, biologia e informatica. Le ho vinte tutte io. –

Sposta entrambe le mani sul mio viso, mi prende le guance.

Ha gli occhi grandi e pieni di...

Meraviglia.

– Cazzo. Sei davvero... incredibile, Katsuki, sei incredibile. –

– Guarda che non erano nemmeno così difficili. –

– Sei intelligente e sei sveglio e sei un genio e sei incredibile, davvero, sei incredibile. Non mi aspettavo niente di diverso da te ma cazzo, sei incredibile lo stesso. –

Sento tutto il sangue nel mio corpo scaldarsi di colpo, farsi più frizzante e scorrermi nelle vene quasi facendomi il solletico, mi ritrovo a sbattere le palpebre verso il suo viso con tutto il cervello che prima diceva "no" a urlare "sì".

Mi mordo l'interno della bocca.

Cosa dovrei...

Aah, 'fanculo.

Non sono mica Gesù Cristo.

Posso anche farla, una stronzata ogni tanto.

– Uno solo, Eijirō. – borbotto, e lui aggrotta le sopracciglia perché non credo capisca cosa intendo e credo stia per parlare ma...

Aggancio una sua spalla per reggermi, mi tiro su in punta di piedi e stampo le mie labbra sulle sue.

Lui s'irrigidisce.

Poi...

Quando la sorpresa gli scivola via dal corpo le sue mani mi stringono la vita, esattamente come avevo immaginato, il suo viso si piega, la bocca si apre, il respiro si mescola col mio.

Non so quanto duri.

Il mio cervello si spegne.

So solo che ad un certo punto mi stacco e Kirishima mi segue, segue il mio viso nel tentativo di averne ancora, ma si ferma, si ferma, perché "uno solo" ho detto e uno solo sarà.

Neppure mi giro per guardare come stanno reagendo le persone attorno a noi, faccio finta di niente, non voglio affrontare quel discorso.

Lo guardo e basta.

Lo guardo negli occhi e sorrido.

– Era per i complimenti? Perché se mi baci ad ogni complimento che ti faccio giuro che ti dico tutti quelli che penso di te ogni giorno, Kat. –

– Scemo, non fare il ruffiano. –

Ridacchia, lo faccio anche io.

Poi scuoto la testa, alzo piano i bordi delle labbra.

– Non devi gareggiare anche tu, Eijirō? –

– Mh-mh, sì, ma che c'entra? –

– Era di buon auspicio. –

I tratti del suo volto si rilassano, capisce cosa intendo.

Lo spingo di nuovo verso di me, ma invece di schiantare la faccia contro la sua sposto le labbra verso il suo orecchio.

– Vedi di vincere queste gare, Eijirō, ok? –

Sento il suo corpo tremarmi appena addosso.

– Le vinco, Kat, giuro che le vi... –

– Nessun perdente merita la mia attenzione, dimostrami che la meriti. –

S'irrigidisce.

Mi avvicino ancora di più, abbasso ancora di più il tono della mia voce.

– Se le vinci tutte potrei anche pensare di darti un premio, Eijirō. Lo vuoi un premio? –

– Lo voglio. Cazzo se lo voglio, lo voglio da morire, lo vo... –

– Allora vinci. –

Chiude le labbra, deglutisce la saliva, annuisce brevemente.

– Vincerò. –

E se non avevo dubbi l'avrebbe fatto un attimo fa, ora, che lo guardo da questa distanza ravvicinata, lo so per certo.

Vincerà, Kirishima vincerà.

E per la prima volta nella vita mi capita di pensare anche che...

Non dovesse vincere, non cambierebbe niente.

In realtà, non m'interessa.

Perché l'unica cosa che m'interessa è lui.

E diamine, se non m'interessa come non m'è interessato mai niente prima di questo momento.

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okokokokoko

allooooooooooora

loro sono adorabili il mio cuore si sta sciogliendo

qualcuno mi ha chiesto quanti capitoli mancano ragaz secondo il mio piano la storia totale ne avrà 26 quindi siamo a metà (sicuro non saranno di meno, forse di più ma di meno no lo sapete come sono fatta)

probabilmente riarrangerò le pubblicazioni di novembre (della prima settimana e mezza credo) per poter finire awas di cui mancano tre capitoli quindi non so quando ci rivediamo con questa storia ma comunque ora faccio un piano di pubblicazione e lo posto sul mio profilo sisi da qualche parte lo trovate

niente vi chiedo solo se il capitolo vi sia piaciuto

mando un bacino a chiunque stia leggendo ciao cuory DIVERTITEVI AD HALLOWEEN ANDATE A BERE SIIIIIII

sendin lots of love

mel :D

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