𝚑𝚎 𝚟𝚘𝚠𝚎𝚍 𝚝𝚘 𝚋𝚎

!!! nel caso qualcuno si ritrovi scioccato o non capisca durante il capitolo vi ricordo che (vi giuro non so nemmeno io per quale motivo cioè è così e basta) io shippo iida e sero insieme e per me sono una coppia lol !!!

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– Seguimi, mi racconti andando. –

– Non possiamo sederci un attimo? –

– No, devo fare una cosa e se ci fermassimo qui non farei in tempo prima delle lezioni. –

– Ok, ok. –

Chiudo l'armadietto con lo zaino dentro, stiracchio la schiena e le spalle, mi giro e seguo Denki senza pensarci due volte.

Ci vorrebbero sei ore per raccontargli dettagliatamente tutto quello che è successo negli ultimi due giorni e no, non abbiamo in questo momento così tanto tempo, per cui cedo alla sua richiesta e non me ne lamento.

Io e Kirishima siamo tornati ieri sera a casa.

L'abbiamo fatto altre...

Non so quante volte.

La nottata è stata lunga.

Lunga al punto che quando mi ha finalmente lasciato andare la luce fuori dalle tapparelle suggeriva l'arrivo dell'alba, al punto che quando mi sono svegliato, il giorno dopo, erano le tre del pomeriggio.

Siamo passati al Festival per vedere se ci fosse qualche nuovo stand rispetto al giorno precedente, ci siamo fermati un po' a parlare col tizio nuovo al padiglione di Elettronica dei Sistemi Digitali, poi siamo tornati a casa e probabilmente la faticata della sera prima m'ha stroncato più del previsto, perché dopo un misero messaggio ai miei migliori amici per dir loro che il fattaccio s'era compiuto mi sono spento di nuovo.

È per questo che oggi sono qui con la lista interminabile dei miei dettagli da sparargli addosso.

E so che sarebbe più proficuo aspettare che ci sia anche Kyōka, ma oggi lei entra alla seconda ora, e io ho bisogno fisico di raccontare a qualcuno quello che è successo.

Denki imbuca il corridoio principale verso la palestra, quando me ne rendo conto aggrotto le sopracciglia, per un secondo la curiosità di sapere cosa stiamo facendo supera la necessità di raccontare.

– Perché stiamo andando in palestra? Ci sono le cheerleader di supporto, oggi, i ragazzi fanno allenamento al pomeriggio. –

– Devo parlare con una cheerleader di supporto, infatti. –

Rimango un secondo interdetto alla sua risposta. Le cheerleader di supporto sono tutte del primo e del secondo anno, sono quelle che entreranno nella squadra ufficiale l'anno prossimo, non ne conosco nessuna e non vedo per quale motivo ne debba conoscere una Denki.

– Con una cheerleader di supporto? Chi? –

Si ferma un secondo, si gira verso di me e mi guarda, la luce nei suoi occhi è fredda, quasi spaventosa.

So che non ce l'ha con me, ma se non ce l'ha con me...

– La biondina del secondo anno. Lei e 'Toshi hanno avuto un flirt prima che ci mettessimo insieme e questa stronza non ha capito che quel che è successo prima di me rimane prima di me. –

– Oh. Continua a provarci? –

– Gli scrive su Instagram e gli manda le foto. –

– Non può bloccarla? –

– L'ha fatto. Gli ha scritto su Snapchat. E quando l'ha bloccata su Snapchat ha cercato il suo numero su Whatsapp. –

– E Hitoshi non può pensarci da solo? –

Denki annuisce, incrocia le braccia, piega la testa.

– Ovviamente. Si è anche offerto. Ma... non lo so, ho voglia di essere cattivo con qualcuno questi giorni. Quindi vada per la stronza che molesta il mio ragazzo. –

I tratti del mio volto si distendono, la mia voce esce in una mezza risata dalle mie labbra chiuse, poco a poco sento i bordi della bocca tirarsi su.

– Andiamo, allora, che aspetti? –

– Sapevo che avresti capito. –

Ricomincia a camminare, questa volta un pelo meno velocemente per potermi stare a fianco, con la spalla accanto alla mia, il corpo un po' più rilassato e l'espressione incazzata, sì, ma anche divertita.

Cancella la conversazione che abbiamo appena avuto qualche istante dopo, scuotendo appena la testa come se il gesto potesse meccanicamente estirpare i suoi pensieri per rimpiazzarli con la mente vuota e pulita per ascoltarmi, si gira verso di me per potermi guardare mentre mi parla.

– Allora, torniamo a noi. Voglio sapere tutto. Chi, come, quando, dove e perché. Tutto. –

– Sai che non ho il tempo di raccontarti tutto. –

– Allora racconta a grandi linee e poi a pranzo metti i dettagli. –

– Ok, allora... –

Mentre cerco di mettere in fila i ricordi per poter dar loro un senso logico e per poterli raccontare, mi capita d'immergermi nelle immagini e per un attimo mi dimentico di dove sono nel presente e vivo un barlume di passato.

Mi compaiono di fronte agli occhi tante cose, molte delle quali forse non sono appropriate al luogo in cui sono in questo momento, altre che anche solo a pensarle mi fanno diventare rosso fino alla punta dei capelli.

Prendo un respiro.

Calmo, Katsuki.

Calmo.

Poi a pranzo ti lasci prendere dalle emozioni e urli come una ragazzina che riceve un messaggio dalla sua crush.

Ora cerca di mantenere un minimo di... dignità.

– È successo l'altro ieri. Il primo giorno del Festival. Gli ho chiesto se potevamo comportarci come se fossimo fidanzati mentre eravamo ad Odaiba e ha detto di sì. –

– E avete fatto sesso? –

– Non subito, Denki, gliel'ho chiesto in macchina alle sette del mattino, per la miseria. –

Il mio migliore amico mi guarda e alza un sopracciglio.

– Non si può fare sesso in macchina alle sette del mattino? –

– Sì può fare ma non è questo il caso. –

– E qual è il caso? –

– Se mi facessi parlare te lo racconterei. –

– Parla allora. –

– Sei tu che mi hai interrotto. –

– Non è vero. –

Lo guardo e lui mi guarda.

È un idiota, Denki è un idiota.

Però gli voglio bene perché è un idiota, quindi lascio perdere, scrollo le spalle e lascio perdere.

Sospiro, mi concedo di sospirare, però, giusto per lanciare un messaggio al mondo che comunque, avevo ragione io.

– Allora poi siamo andati al Festival e siamo stati là tutto il giorno. E ci siamo comportati come una coppia. Ci siamo baciati e... –

– Avete fatto sesso? –

– Non ancora, Denki! Dio, dammi un secondo! È possibile che pensi solo a quello? –

Annuisce.

– Sì. –

Sbuffo.

Anche io, che cazzo, lo conosco, Denki. Lo so com'è fatto. "Raccontami tutto a grandi linee" equivale a "raccontami che avete fatto sesso", per lui, lo so che è così,

– L'abbiamo fatto la sera dopo cena. Siamo arrivati in hotel abbiamo fatto sesso. Tutta la notte. –

– Oh, ecco qualcosa di interessante. Tutta la notte in che senso? –

– Nel senso tutta la notte, avremo iniziato che saranno state le dieci e quando abbiamo finito era l'alba. –

– Senza pause per dormire? –

– Due o tre, ma non più di una mezz'oretta. E ovviamente ho dormito solo io. –

– Ha tirato tutta la notte senza dormire? Ma di che è fatto? D'acciaio? –

Mi mordo l'interno delle guance e annuisco.

– Quell'uomo è fuori dal mondo, Denki, fidati di me. È stato bello ma è anche stato scioccante. –

Mi sorride, Denki, sorrido anch'io, alza un paio di volte le sopracciglia, poi abbassa il tono della voce e si avvicina a me.

– Cosa avete fatto? –

– In che senso cosa? –

– Preliminari? –

– Sì. –

– Chi a chi? –

– Io a lui poi lui a me, poi di nuovo io a lui e poi di nuovo lui a me. –

– Ed è stato vanilla? –

– Forse le ultime due volte, che ero un po' stanco per i numeri da circo. –

– Ti ha rivoltato come un calzino? –

– Peggio. –

– A dimensioni com'era messo? –

– Il ragazzo è un ragazzone sotto tutti i punti di vista. –

Denki si ferma improvvisamente, il mio cervello non reagisce abbastanza in fretta quindi riesco ad imitarlo soltanto dopo aver percorso un altro passo, quando mi giro per chiedergli cosa stia succedendo mi prende la faccia prima che possa anche solo pensarle, le parole da dire.

– Chi ha iniziato la cosa? –

– In che... –

– Chi ha proposto la cosa a chi? –

Sbatto le palpebre.

– Di comune accordo. Però se intendi chi ha fatto il primo passo... l'ho fatto io. Sia di chiedergli di comportarci da fidanzati sia per... quello che è successo dopo. –

– Tu? Hai fatto il primo passo? –

– Sì. –

Stringe gli occhi a due fessure e mi guarda direttamente nell'anima come solo lui sa fare.

– Tu non fai il primo passo. Quindi... o sei impazzito o ti sei... oh, Cristo. Katsuki, ti sei innamorato? –

Mi sento per un attimo come se qualcuno m'avesse disegnato un bersaglio da freccette sulla fronte e come se Denki avesse centrato esattamente il pallino rosso con un colpo perfetto, preciso e diretto.

Sarà anche un idiota e lo è, ma Dio solo sa quanto bene mi conosce questo stronzo e Dio solo sa quanto bravo sia a decodificarmi.

– Mi sa di sì. –

– Ti sa o sei sicuro? –

– Sono... sicuro. –

– E come ti senti riguardo a questa cosa? Felice o in ansia? –

– Molto felice. –

La sua faccia si rilassa.

La freddezza con cui sembrava puntarmi fino ad un secondo fa si ammorbidisce, le labbra arricciate si distendono in un sorriso, le sopracciglia si sciolgono dal nodo in cui le aveva aggrottate, la pace torna sul suo volto.

Lascia andare la mia faccia e le sue dita che fino ad un secondo fa mi stringevano immobile la mandibola si aprono sulla mia guancia, imitate da quelle dell'altra mano, finché non si ritrova a tenermi il capo coi polpastrelli che accarezzano i miei zigomi.

– Questa è la notizia migliore che potessi ricevere e questo è tutto quello di cui m'importa. Anche del sesso m'importa, ma non così tanto. Se sei contento tu sono contento anch'io. –

Non so bene come reagire e reagisco come mi viene, un po' sorridendo, un po' distogliendo lo sguardo, un po' imbarazzandomi perché amo Denki ma sono anche uno stronzo insicuro che le emozioni le dimostra poco.

– Smettila di dire queste cose carine in pubblico, sembri mia madre. –

– Io sono tua madre, e ti dico tutte le cose carine che voglio. –

Mi strizza un pochino la faccia, scuote il viso come se stesse parlando con un bimbo, in un modo ancora più imbarazzante ma paradossalmente anche ancora più tenero.

– Quindi ora ti devo lasciare a qualcun altro? E io come faccio? Non lo so se sono pronto ad accettare che ci sia qualcuno al mondo che tu ami che non sia io, 'Suki. –

– Guarda che io non ti... –

– Non sono sicuro di volere che qualcuno tocchi il mio piccolo Katsuki, sono ancora indeciso, mi serve tempo per pensare e per ragionarci su. –

Sbatte le ciglia infoltite di mascara in maniera plateale, sporge il labbro inferiore, stringe un po' la voce.

Scherza, lo so che scherza.

Ma sotto sotto forse c'è anche un fondo di verità.

È per bene di quel grammo residuo alla base della questione, che dico quel che dico, solo per quello. E anche perché per quanto imbarazzato io possa essere, è inevitabile l'istinto di rassicurare il mio amico, che sarà scemo, ma fa parte di me.

– Guarda che io non vado da nessuna parte. Mica siamo diventati meno amici quando ti sei messo con Hitoshi. Io non divento meno amico tuo. –

– Sei sicuro? Sicurissimo? –

Riduco la voce ad un filo.

– Dopotutto Kirishima lo amo da un mese, te ti amo da quando avevo tre anni. –

La luce che si spande sul suo viso ripaga tutto l'imbarazzo, è soffusa, calma, tanto tanto dolce.

– Anche io ti amo da quando avevo tre anni. E scherzavo, so che non scomparirai, e sono davvero contento per te che questa situazione con Eijirō si sia risolta. Sapevo che sarebbe arrivato il giorno ma ero ansioso che sarebbe stato troppo tardi. –

– Lo sapevi? –

– Oh, 'Suki, io so sempre tutto. –

Mi lascia andare il viso e mi prende le mani, si gira finché non sta dando le spalle alla porta aperta della palestra, mi trascina camminando all'indietro con le dita fra le mie.

– E sapevo che vi sareste messi assieme. –

Sbatto le palpebre.

– Oh, ma non ci siamo messi assieme. Cioè, tecnicamente non siamo più fidanzati, lo eravamo là ma qui no. –

– Non state insieme? Quindi non avete parlato di cosa siete ora? Non ti sei dichiarato? –

– No, non mi sono dichiarato, diciamo che dopo il sesso ero stanco e non ce l'ho fatta. Ma ho tutta l'intenzione, solo mi serve una mano per una cosa. –

– Cosa? –

– Te lo spiego dopo. Ora mi sa che hai da fare. –

Indico col mento un punto dietro alla sua spalla, mi fermo e Denki si ferma con me.

Quando capisce cosa intendo tutto quello che si era lentamente raggrumato sul suo viso, dalla sorpresa alla curiosità al più semplice sentirsi a suo agio, si disfa, sostituito dall'intento che l'ha portato qui.

Diventa veleno prima di girarsi.

Lancia soltanto uno sguardo divertito a me, prima di lasciarmi andare le mani, girarsi con la schiena dritta e puntare gli occhi da serpe sulla pletora di cheerleader che gli si parano davanti.

Non m'ero reso conto che avessero smesso di chiacchierare quando siamo entrati, ero immerso in tutt'altro, ma qualcosa nel retro della mia mente mi suggerisce che è esattamente quel che è successo, ci hanno notati quando ci siamo imbucati nella palestra e si sono azzittite confuse dal fatto che di tutti i posti in cui potevamo andare, siamo venuti proprio qui.

Certo mi sarei sentito confuso anch'io, se qualcuno me l'avesse raccontata prima di questo momento, perché Denki fuma troppo per fare sport, io detesto sudare, e a nessuno dei due piace guardare le cheerleader, Denki perché dice che se guarda le tette per troppo tempo poi diventa scemo, io perché credo di avere davvero paura delle vagine.

Eppure, eccoci.

Quindi se c'è da ballare, ecco... balliamo, no?

Io non lo so.

Denki di sicuro.

Tira su un braccio.

Lo vedo scannerizzare il gruppo con la mano, e prima che punti la preda mi perdo un secondo a guardarlo.

Porta i jeans a vita bassa che porta di solito, quelli con le ginocchia tutte tagliate e un po' larghi sulle gambe, una t-shirt tagliata sotto le costole, gli anfibi col platform che lo fanno sembrare meno basso, di statura un po' più normale.

Ha gli orecchini quelli che gli ha regalato Hitoshi, gli anellini con le croci, una collana che è solo un filo a contatto col collo, il mascara appositamente sbavato, l'ombretto nero sotto l'occhio che dà quel senso disordinato, che non sai mai se sia grunge o trucco colato dopo ore di sesso sfrenato.

Oh, questa povera stronza.

Non solo ha sbagliato nella vita a credere di fare un torto al mio migliore amico e credere di passarla liscia, ma è anche indubbiamente un'idiota.

Come può pensare che alla persona che sta con Denki, Denki per la miseria, Denki il bisessuale emo ADHD col cervello fritto e settemila kink nemmeno troppo nascosti, possa piacere qualcuno come lei?

È un'idiota.

Un'idiota che forse non sopravviverà alla giornata.

– Tu. Proprio tu, là dietro, che mi guardi come se ti avessi appena investito il cane con la retro, tu. Mi senti, tu? –

La punta col dito, io la vedo e sinceramente non so chi sia.

Tengo l'espressione adamantina perché stiamo parlando di cose serie, ma per un secondo mi chiedo se questa tipa venga davvero nella nostra scuola perché mi è talmente indifferente che penso di non averla seriamente mai vista.

– Dici che mi sente, 'Suki? Non mi risponde. –

– Ti sente, ti sente. – rispondo, da una parte perché è quel che devo fare, dall'altra anche perché penso sia vero, perché se ci fosse stato un altro studente sordo a scuola l'avrei saputo e di nuovo, io 'sta stronza non l'ho mai vista nella vita.

Denki mi lancia uno sguardo, vedo qualcosa di maniacale nel modo in cui brillano i suoi occhi ma non mi preoccupo, anzi, sorrido per incoraggiarlo.

Torna alla cheerleader.

– Sei tu per caso la stronza che molesta il mio ragazzo? –

Immediatamente qualcuno si gira a guardarla, qualche parola vola, le ragazze si riaccendono come se l'argomento fosse loro effettivamente familiare.

– Perché nel remoto caso in cui fossi tu che non sai tenere le tue manacce a posto e devi per forza schiaffarle sui fidanzati degli altri sono qui per ricordarti che se gli altri non ti vogliono, quelle manacce puoi anche infilartele su per il culo. –

Percorre un passo, stringe le mani conserte al petto.

– Prova un'altra volta a mandare una foto non richiesta al mio fidanzato e giuro che... –

– Non è non richiesta, guarda che le ha salvate tutte. Non mi sembra corretto che tu te la stia prendendo con me se il tuo tipo ti tradisce, è colpa sua se gli piacciono, non mia. –

Mi cade la mascella.

Letteralmente, cade.

Denki rimane impietrito un secondo.

Poi scoppia a ridere.

– Le ho salvate io, le foto, idiota. Gli screen di Snapchat li ho fatti io. –

La risata si affievolisce.

Percorre un altro passo.

La tipa non indietreggia, ma credo dovrebbe farlo, tutte le altre si aprono a ventaglio per far spazio a Denki.

– Mi servono delle prove per andare alla commissione disciplinare ed è esattamente quello che farò se non smetti di molestarlo. –

– Lui... –

– Insinua un'altra volta che il mio, mio fidanzato mi tradisca con te e tiro a lucido questa palestra di merda con la tua faccia. –

Arrivano uno di fronte all'altra.

Lei ha su Denki almeno cinque centimetri buoni, il mio amico è effettivamente di conformazione minuta, ma delle quattro ginocchia una di fronte all'altra sono quelle della ragazza, a tremare, non quelle di Denki.

– Devi smetterla di scrivergli e devi smetterla di mandargli le foto. Non ti vuole, fattene una ragione. Lo so che è difficile, specie dopo averci fatto sesso, ma questa è la situazione quindi ti consiglio di comprenderla e di smettere di rompere i coglioni, perché ti assicuro che il prossimo passo è la commissione disciplinare, quello dopo ancora farmi una bella chiacchierata con Momo e Mina per assicurarmi che nella squadra ufficiale tu non ci metta piede nemmeno da morta. Intesi? –

Quando i nomi di Momo e Mina lasciano le sue labbra, vedo panico negli occhi della ragazza.

Però a quanto pare il panico è troppo poco, perché la stupidità vince di gran lunga.

– Allora tu devi dire al tuo fidanzatino di smettere di salutarmi in corridoio e di smettere di... –

– Non ci siamo capiti. –

Forse il panico vince.

Forse il tono di voce di Denki permette al panico di vincere.

Forse...

– Quello che tu stai facendo a Hitoshi non è solo uno schifo. È uno schifo, lo è, perché Hitoshi è fidanzato e perché solo una persona viscida cercherebbe d'infilarsi in una relazione che non la riguarda. Però quello che stai facendo è anche molestarlo, perché lui quelle foto non te le ha chieste e dare per scontato che lui voglia vederle e che voglia avere a che fare con le tue parti intime è oltrepassare il suo consenso senza alcun diritto di farlo. –

La tipa ha gli occhi spalancati, pare prendere aria per respirare ma non dice niente, rimane ferma a guardare Denki, immobilizzata.

– Quindi te lo ripeto per l'ultima volta. O tu smetti di molestare il mio fidanzato, oppure io ti rovino la vita. So che pensate tutti che sia lui quello minaccioso perché è due metri di stronzo che gioca a football, ma io sono molto, molto più cattivo. Non ti consiglio di scoprire quanto. –

I loro sguardi s'intrecciano per un attimo.

Li vedo che si guardano, che per qualche istante c'è una battaglia silenziosa su chi debba avere l'ultima parola, su chi debba rinunciare alla vittoria per il bene della propria sopravvivenza, ed è scontato che questo scontro faccia uscire vincitore il mio migliore amico quando lo vedo scogliere le braccia e girarsi di spalle.

– Ho finito, buon allenamento. 'Suki, andiamo, dai. Continuiamo da dov'eravamo rimasti, mi stavi dicendo che... –

Faccio in tempo a guardar male la stronza e a cercare di girarmi verso il mio amico che il mio orecchio capta una frase, detta a mezza voce, non abbastanza piano per passare inosservata, da un'altra cheerleader a quella al centro dell'attenzione.

Le dice...

– Te l'avevo detto che non sarebbe mai andata con Shinso. Te l'avevo detto di provarci con Kirishima, lui almeno è single! –

– Kirishima non è single. – sbotto.

Entrambe si girano a guardarmi.

– In che senso non è... –

–  Kirishima non è single. Non pensateci neanche. –

Una delle due apre bocca ma scuoto la testa, non m'interessa sentire alcuna risposta, non me ne può fregar di meno.

– Giù le mani da Kirishima. –

Mi giro senza dire nient'altro.

Prendo Denki sotto braccio.

Usciamo insieme, dalla palestra, col fastidio che si mescola a quella strana sensazione che provi quando vinci, quando hai ragione, quando il mondo ti s'inchina davanti, un passo alla volta sul pavimento che squittisce, nel silenzio più totale.

Il mio migliore amico parla piano, quando lo fa, anche se nel mutismo collettivo non dubito tutti lo sentano.

– 'Suki, ma se saltassimo la prima ora? –

– C'è matematica alla prima. –

– Tu la sai già e io tanto non la capisco. –

Stringo le labbra.

– Andiamo sul tetto? –

– E tetto sia. –

Non nascondo un sorrisetto divertito che mi spunta sulle labbra alla sua risposta.

Non nasconde lui la stessa reazione, e anzi l'amplifica, la dimostra al mondo, perché si sporge dalla mia parte e mi lascia un bacetto sulla guancia.

– Mi mancava stare un po' da solo con te. –

– Anche a me. –

Appoggia la tempia contro la mia spalla.

– Ti voglio bene. –

– Te ne voglio anch'io. –

Prima di infilarmi verso le scale antincendio mi guardo attorno.

Non c'è nessuno che ci guarda.

Siamo coperti, possiamo salire.

Però...

Prima di salire uso l'indifferenza degli altri per chinare il viso tra i capelli di Denki. Nascosto a tutti lo bacio fra le ciocche bionde, perché mi va, perché mi rende felice.

Poi le salgo, le scale.

Col migliore amico un po' più contento e il cuore un po' più in pace di un secondo fa.

Sono al secondo muffin – li avevo portati per pranzo ma ho valutato che mangiarli ora fosse l'idea migliore – e Denki è alla seconda sigaretta, quando mi ricordo la cosa che dovevo dirgli.

Immerso com'ero nella sequela di brutte parole nei confronti delle povere cheerleader di supporto che proprio oggi hanno deciso di farsi rovinare la vita m'era completamente passato di mente, ma in un inaspettato momento di silenzio, con Denki alla ricerca dell'accendino che riesce a perdere anche tenendolo in mano e io particolarmente impegnato a godermi il sapore del cioccolato salato sulla lingua, la mia mente si svuota e mette ordine, riportandomi alle cose che c'erano prima della nostra piccola lite di stamattina.

Mi tiro su dalla posizione in cui ero, steso con la schiena sull'unica panchina che hanno messo qui, cerco lo sguardo del mio amico, prendo fiato.

– Alla fine non ti ho detto la cosa che dovevo dirti. –

Alza le sopracciglia.

– Quale cosa? –

– Quella che ti ho detto che dovevo dirti prima che andassimo dalle cheerleader. –

– Questa frase è troppo contorta e giuro che non ci ho capito niente. –

– Ah, e che importa, devo dirti una cosa, non conta il resto. –

Fa spallucce, io sospiro, poi si tira su come ho fatto io un secondo fa, mi dedica tutta la sua attenzione.

Credo l'abbia trovato, l'accendino, perché quando tira la sigaretta brucia, e una nuvoletta di fumo compare fra le sue labbra l'attimo dopo.

– Dimmi tutto. –

Lo guardo dritto negli occhi.

Gli prendo le ginocchia con le mani.

– Mi devi dare una mano a infilarmi in segreteria senza che mi becchino. Ho bisogno di una mano per entrare senza prendermi un richiamo disciplinare. –

– Devo aiutarti ad entrare in segreteria senza... un attimo, perché diavolo devi entrare in segreteria? –

– Sei mi dai un secondo te lo spiego. –

– Tutti i secondi che vuoi. –

Impasto le mani fra di loro, un'ondata d'imbarazzo increspa la marea tranquilla delle mie emozioni ma decido che non importa, se sono imbarazzato, perché Denki è Denki e se da una parte non ho niente di cui vergognarmi con lui, dall'altra so che anche se volessi tenerglielo nascosto non me lo permetterebbe.

– Ho deciso che voglio mettermi con Kirishima. Che voglio che stiamo insieme. Tipo... per... sempre, credo. O comunque per un sacco di tempo. E non a distanza. –

Lo vedo aggrottare le sopracciglia confuso.

Apre bocca per chiedere spiegazioni ma lo precedo, perché so che sta per chiedermi "e questo che cazzo c'entra con la segreteria" e ho tutta l'intenzione di rispondere alla sua domanda anche senza sentirgliela dire.

– Quindi pensavo ieri che sarebbe uno schifo se alla fine dell'anno dovessimo andare a fare due Università diverse. E che non voglio. Quindi... –

Pianto lo sguardo sulla pietra del pavimento, stringo le labbra.

– Voglio infilarmi in segreteria, trovare la sua cartella e vedere se c'è già scritto in quale Università vuole andare o se ha ricevuto qualche ammissione anticipata. Per... farmi un'idea su cosa fare. –

Quando torno a guardare il mio amico è meno confuso di prima, comunque confuso.

– E non puoi... che so, chiederglielo? –

– No, certo che no. Se glielo chiedessi penserebbe che per me stare con lui sia meno importante di scegliere l'Università e che se eventualmente dovesse andare in una città diversa dalla mia allora non vorrei più stare con lui. Non voglio che lo pensi. –

– Ma scegliere l'Università è più importante che stare con lui per te. No? –

Alzo le spalle.

– Sono importanti uguali. –

– Oh, miseria, allora sei innamorato per davvero. –

– Te l'ho detto prima! Sì! –

– Non mi ero reso conto fossimo arrivati fino a questo punto. –

Alza le sopracciglia e sospira come se fosse scioccato, io mi sporgo e lo colpisco perché mi sta mettendo in imbarazzo, ride, rido anch'io.

Qualche istante dopo prende un grande respiro, riempie il torace che si alza e si abbassa piano.

– Ok, allora, vediamo. Infilarci in segreteria senza farci beccare, come possiamo organizzarci? Possiamo... –

– Quindi mi aiuti? –

– Secondo te? –

Sbatto le palpebre, poi gli sorrido appena.

– Sei il migliore, Denki. –

– Lo so. –

Mi accarezza una guancia, prima di prendere un altro tiro della sua sigaretta e passare con lo sguardo verso le nuvole che tinteggiano il cielo, palesemente in profonda meditazione.

Pensa per un minuto, forse due, in silenzio tombale che non interrompo, consapevole che per quanto ci possa mettere, su queste cose è una garanzia e qualsiasi piano formulerà sarà sicuramente meglio di quanto possa pensare io.

Io sono bravo con le cose di scuola, dopotutto.

Lui è quello più esperto nel risolvere i problemi che ti si presentano nella vita di tutti i giorni.

Rimane immerso dentro la sua testa con gli occhi vuoti e il corpo praticamente spento, fuma in un gesto meccanico e non pensato, ragiona.

Si riaccende quando giunge a una conclusione.

Si riaccende riprendendo controllo di se stesso e schiarendosi la voce.

– Ok, ce l'ho. Forse ho un'idea. Dimmi se ha senso. –

– Vai. –

– Aspettiamo che la segretaria vada in pausa pranzo. Quando lei è in pausa pranzo va a fare segreteria il rappresentante degli studenti, no? Allora noi distraiamo il rappresentante degli studenti e entriamo in segreteria. –

Sbatto le palpebre.

– Come pensi di distrarre il rappresentante degli studenti, però? Lo sai che Iida non è uno che si fa distrarre e non vedo come noi potremmo... –

– Sero mi deve un favore. –

Le mie sopracciglia si sollevano piano mentre realizzo.

– Quindi tu dici di chiedere a Sero di corrompere Iida per farci entrare in segreteria? –

– No, dico di chiedere a Sero che lo distragga per darci il tempo di entrare senza che lui lo sappia. Cerchiamo la cartella, la guardiamo e poi la rimettiamo a posto e nessuno si accorgerà di niente. –

– E tu dici che funzionerà? –

– Hai idee migliori? –

Scuoto la testa, mi mordo l'interno della bocca.

– No, assolutamente no. Vada per la corruzione di Sero, mi sembra l'opzione migliore. –

– Allora gli scrivo? –

– Sì, per favore. –

Si contorce su se stesso per tirarsi su abbastanza da prendere il cellulare sulla tasca posteriore dei jeans, lo prende e accende lo schermo, aggrotta le sopracciglia perché non ha gli occhiali mentre cerca la chat giusta.

Una domanda mi sorge spontanea.

– Perché Sero ti deve un favore? –

– Ti ricordi quella volta che è suonato l'allarme antincendio e siamo stati tutti evacuati e si è scoperto che alla fine si era attivato per sbaglio perché qualcuno l'aveva fatto scattare fumando nei bagni? –

– È stato lui? –

– Ah-ah. –

Trova la chat giusta, avvicina lo schermo alla faccia tanto da sembrare ridicolo, inizia a comporre il messaggio.

– E tu come l'hai scoperto? –

– Dovevo andare al bagno ed ero là quando è successo. Sono praticamente caduti fuori tutti e due di fronte alla mia faccia appena ha iniziato a suonare. –

– Tutti e due? –

Denki alza le spalle, si morde la punta della lingua coi denti.

– A quanto pare anche al rappresentante degli studenti piace farsi la cannetta post-pranzo. E chi l'avrebbe mai detto? –

Spalanco gli occhi.

– C'era anche il rappresentante degli studenti? –

Il mio migliore amico annuisce.

– Oh già. E ti dirò, potrei ricattare direttamente lui per farci imbucare in segreteria, ora che ci penso. Però... –

Scuoto la testa.

– No, no, meglio se chiedi a Sero di distrarlo. Non è detto che Iida non reagisca in modo strano se lo minacci. –

– Sì, tipo che va ad autodenunciarsi per correttezza o queste stronzate qui. –

– Sì, esatto. –

Allontana la faccia dal telefono, preme sullo schermo col pollice mentre lo fa.

– Ok, gli ho scritto. Vediamo che risponde. –

Mi avvicino per guardare, non abbastanza in fretta per precedere la risposta.

A quanto pare Sero era già al telefono.

Quando il mio sguardo s'assesta sui messaggi ha già letto e accettato.

– Ok, ci siamo. Ci vediamo in pausa pranzo di fronte alla segreteria. – dice Denki, quando lo vede.

Sorrido tra me e me.

– Perfetto. –

– Perfetto. – risponde, prima di spendersi a ringraziare il nostro diversivo come se non l'avesse appena minacciato di sputtanarlo in presidenza se non c'avesse dato una mano.

Quando ci presentiamo all'appuntamento dato, all'una e qualche minuto – di ritardo, perché ho dovuto aggiornare Kyōka prima di poter essere lasciato andare e perché Denki doveva recuperare gli occhiali dall'armadietto perché senza è praticamente una talpa – troviamo Sero là, con le braccia conserte, i vestiti tutti larghi come li indossa sempre, appoggiato al muro a fianco del corridoio per la segreteria in religiosa attesa del nostro arrivo.

Lo guardo, mentre ci avviciniamo.

Più si fa definito ai miei occhi, più mi viene naturale l'istinto di maledirlo.

È un altro stronzo alto, questo.

Un altro stronzo alto del football.

È diverso da tutti gli altri come il suo ruolo è diverso all'interno della squadra, non è grosso, non è imponente, è longilineo e sottile, flessibile, persino flessuoso, però è alto.

E io le persone alte un po' le odio tutte, perché mi ricordano che sono basso e odio essere basso.

Ha i capelli lunghi, folti e neri come la pece, legati in una mezza coda un po' disordinata, un anellino su una delle narici, la pelle abbronzata, le dita lunghe e sottili che tamburellano sul braccio, costellate dai segni del fatto che a questo ragazzo la parola "ansia" sia familiare, perché si mangia le unghie e si vede anche da qui.

Non so se sia mio amico.

Non ci ho mai parlato tanto.

Certo ci vado d'accordo e so che a Denki sta simpatico, quindi non lo detesto, che per me è comunque già un inizio.

Quando ci vede alza un braccio per salutarci e sorride, io piego la testa per reciprocare il gesto, Denki sorride al posto mio e lo fa per entrambi.

Muovendosi le maniche della sua t-shirt si alzano e lasciano intravedere alcuni dei tatuaggi che gli ho visto addosso in altre occasioni.

È uno di quelli che si tatua quel che gli passa per la testa, Sero. Uno di quelli che prende appuntamento dal tatuatore e poi decide sul momento cosa vuole imprimersi per sempre sulla pelle, forse uno di quelli che vive ogni giorno un po' come viene, al contrario di me, che devo pensare e ripensare tutto quel che faccio finché non sono perfettamente certo che sia effettivamente quel che devo fare.

Ha un taco tatuato sull'avambraccio. Letteralmente un taco. Perché quel giorno aveva mangiato un taco e gli era piaciuto. E dall'altra parte fianco a fianco, a simboleggiare perfettamente forse tutta la casualità con cui prende le cose nella vita, Patrick Stella con le calze a rete e una frase da "Cent'anni di Solitudine" di García Márquez.

Forse è per questo che andiamo d'accordo ma non ci definirei amici.

Forse perché siamo diametralmente opposti.

Forse perché lui è tutto quello che io non sono e io sono tutto quello che non è lui.

Forse solo perché non abbiamo avuto occasione di parlare abbastanza.

Lascio scivolare la mia riflessione fuori dal cervello, quando ci fermiamo a salutarlo, perché ora devo pensare ad altro e non ho tempo di rimuginare sul motivo per il quale io e Sero Hanta, che è amico di Denki, non siamo a nostra volta amici.

– Ciao, splendori. Quale piacere vedervi qui oggi. – esordisce, le braccia sempre conserte ma i tratti del volto che si adagiano lentamente in quella sua espressione classica, non so se strafottente o rilassata, che ti fa sentire a tuo agio ma non troppo.

– Ciao, Sero. Sei cresciuto negli ultimi tre giorni? Sembri più alto. – risponde Denki, che parla perché gli piace e anche perché sa che io di certo non sono in grado di farlo.

Il ragazzo di fronte a noi tira su un piede scostando l'orlo lungo dei pantaloni troppo larghi.

– No, sono le scarpe. –

– Ti fanno sembrare un lampione. –

– Lo dici solo perché sei alto dieci centimetri. –

Denki ridacchia, Sero pure, io rimango zitto e un po' imbarazzato a guardare la scena come se non fossi nemmeno là, con loro, ma dietro un vetro a guardarli.

Non sono molto bravo quando c'è da essere socievoli.

Mi sciolgo solo con le persone con cui ho confidenza.

Purtroppo per me, però, gli altri hanno libero arbitrio e talvolta questo libero arbitrio s'esprime nella volontà di coinvolgermi in conversazioni.

– Tu, invece, come stai? Ti sei divertito al Festival delle Scienze? –

Lo guardo sperando che i miei occhi comunichino tutta la mia inadeguatezza alle situazioni sociali.

– Hey, non guardarmi così, giuro che non ti stalkero. Seguo Kirishima su Instagram, niente di più. –

– Ha messo un post su Instagram? – inteviene Denki, salvandomi come fa nella maggior parte dei casi.

– Sì, ed è anche piuttosto tenero. –

Sento le guance scaldarmisi e lascio perdere la questione.

Sì, è vero. Ha messo un post, ed era anche tenero. Diciamo che c'erano dieci foto che ha fatto negli ultimi due giorni, in sette delle quali c'ero io, le altre tre dedicate al generacoso, alla scheda FPGA con le lucine colorate che abbiamo visto al secondo giorno e alla mia meravigliosa corona di cartone da Re Indiscusso e diciamo anche che la caption era qualcosa tipo "l'ingegnere mi fa sentire un po' scemo qualche volta ma mi va bene perché è bello" che mi ha fatto molto ridere.

Però non voglio parlarne.

Non voglio assolutamente...

– Oh, miseria, ma è super tardi! Fra poco tornerà la segretaria, dobbiamo spicciarci. Vai, Sero, che aspetti, vai a distrarre il tuo fidanzato, non possiamo stare qui a perdere tempo! –

Alzo lo sguardo e incontro quello di Denki.

Gli dico grazie anche se non con la voce, e il sorriso che mi restituisce mi comunica che ha capito che glielo stavo dicendo.

Sero invece sospira, scioglie le braccia, annuisce.

– Sì, sì, ok, vado. Venite con me, aspettate che io entri e poi andate direttamente là. –

– Ok, perfetto. –

– Però poi non ti dovrò più un favore, intesi? –

– Sì, intesi, va bene. –

– Mmh. –

Squadra il mio migliore amico, poi me, sospira di nuovo.

Qualche attimo dopo si gira e imbocca l'ingresso della segreteria, con quel modo di muoversi sottile e flessuoso che ha sempre che non ti aspetteresti da qualcuno che gioca a football ma che invece si sposa perfettamente col suo aspetto esteriore.

Conosco questa parte del liceo, ci sono stato più volte, so dove stiamo andando.

La segreteria è un ufficio, fondamentalmente, pieno di cassetti e cassettini e cassettiere che strabordano fogli, con la scrivania, il PC collegato al sistema interno del liceo, la boccia di caramelle al limone che prendi ogni volta che ci vai.

C'è una stanza, accanto, che è l'archivio, nella quale si entra solo attraverso la segreteria, e ringrazio Dio di essere nato nel ventunesimo secolo, quando ci penso, perché in assenza di internet sarei dovuto andare là per trovare quel che cerco e sinceramente, quello, sarebbe stato davvero impossibile.

– Chiederò a Tenya di andare nell'archivio, e non so quanto riuscirò a tenercelo. Lo sapete che c'è un vetro oscurato dalla segreteria all'archivio, vero? –

– Un vetro oscurato? –

– Sì, Denki, quelli che fanno vedere nelle serie TV poliziesche, si vede da fuori ma da dentro no. –

– Ah, non lo sapevo. –

– Ecco, ora che lo sai, sappi anche che non ti consiglio di guardarci dentro. –

Il mio migliore amico si gira verso di me. Gli rimando indietro la stessa espressione.

Ok che ti abbiamo chiesto di distrarlo, ma non di distrarlo in quel mo...

– Prima che abbiate da ridire, sappiate che l'unico modo per far schiodare quell'uomo dai suoi doveri è quello. Quindi ringraziatemi. –

– Non stavamo dicendo niente. –

– Lo stavate pensando e non negatelo. –

Nessuno dei due proferisce parola.

Arriviamo in silenzio di fronte alla segreteria, e se noi ci fermiamo, Sero non lo fa, continua a camminare in linea retta fino alla porta.

Si gira un secondo prima di aprirla.

– Entrate quando sentite l'archivio che si chiude. –

Annuisco, e poi scompare.

Denki si gira verso di me non appena la sua figura chilometrica esce dal nostro campo visivo.

– Siamo magnanimi, 'Suki, vero? Non solo stiamo risolvendo il tuo dubbio esistenziale ma stiamo anche offrendo occasioni per fare sesso ad adolescenti innamorati. Siamo due filantropi. –

– Sai cosa significa "filantropo", Denki? –

– No. –

– Ecco. –

Mi prende per la mano e mi agita il braccio in aria.

– Però so che lo siamo. –

– Non lo siamo. Per essere un filantropo devi essere ricco e nessuno dei due lo è. –

– Lo sarei se la spedizione di Dolls Kill non costasse un rene. –

– Scrivigli una mail. –

Alza le sopracciglia, Denki, mi guarda.

– Tu non sei nemmeno un pochino ricco per farci diventare dei filantropi? –

– Dovrei smettere di comprare componenti elettroniche e annullare la mia fornitura mensile di budini. –

– Hai una fornitura mensile di budini? –

– Ce l'ho. E ne vado anche fiero. –

– Miseria, in due non abbiamo una lira. –

Alza le spalle, piega la testa.

– Vorrà dire che non saremo dei filantropi. Ma magnanimi sì. –

– Ecco, giù quello ha più se... la porta, Denki! –

Il rumore della porta che si chiude è chiaro, definito e netto. Ci raggiunge oltre lo spiraglio che abbiamo alla segreteria ed è musica per le mie orecchie – o per il mio apparecchio acustico, forse.

– Vai, in fretta. –

– Arrivo. –

Entro per primo, non perdo tempo a pensare a cosa stia succedendo dall'altra parte della parete o a cosa stessi dicendo un secondo fa, diretto verso il mio obiettivo mi faccio strada nella segreteria e mi siedo sulla poltrona di fronte al PC, le mani già sul mouse e sulla tastiera per trovare quello che cerco.

Non presto attenzione a Denki che mi affianca, guardo solo la schermata di fronte a me.

In fretta, devo fare in fre...

– Oh, porcaccia la miseria. Ma quello è Tenya Iida sul serio? –

Faccio l'errore di alzare lo sguardo.

Dalla finestra con il vetro oscurato, quella di cui parlava Sero un secondo fa, vedo qualcosa che seriamente, sinceramente, non volevo vedere.

Non è che siano brutti.

Non lo sono.

Oggettivamente è anche un bello spettacolo.

Però...

Sono avvinghiati, vestiti, grazie a Dio, ma avvinghiati, Sero è seduto sopra una delle cassettiere di metallo e Iida è fra le sue gambe aperte, ci sono mani fra i capelli e occhi chiusi, si stanno baciando e lo stanno facendo per davvero.

– Dio, Denki, aveva detto di non guardare. –

– Ho solo sbirciato e... mannaggia, guarda tu che pazzo il rappresentante degli studenti. Non lo guarderò più allo stesso modo. –

Neanche io.

Ma...

Mi dedico di nuovo al mio compito.

Non importa, che li guardi pure, io ho altro da fare.

Trovo la tendina del sito, poi l'interfaccia dei docenti, il login è già fatto, non ci metto molto a introdurmi nella pagina del personale. Clicco sul link "anno scolastico", poi su quello "sezioni", poi su "classi", la lista dei nomi mi si apre davanti.

– Cosa si stanno dicendo? Tu lo riesci a leggere dalle labbra? –

Decido che spiegare a Denki che non ho tempo da perdere sia perdere tempo e che accontentarlo sia decisamente più veloce, distrattamente guardo le labbra delle due persone oltre il vetro, traduco ad alta voce senza pensarci troppo.

– Sero ha detto "vacci piano che dopo abbiamo allenamento" e Iida ha risposto "lo sai che non so andarci piano con te". –

Torno ai nomi.

Scorro le lettere, trovo il suo.

Ci premo sopra col mouse.

– E adesso? –

Tiro su lo sguardo.

– Sero gli ha chiesto cosa succede se li scoprono e IIda ha detto che non gliene frega un cazzo. Testuali parole. –

– Oh, Cristo, a letto quell'uomo è un vero selvaggio. –

La pagina delle informazioni personali di Kirishima si apre di fronte ai miei occhi. Ci sono i segnalibri all'inizio, e fra di essi vedo la scritta "università" che premo prima di pensarci due volte.

Si apre.

La pagina si apre.

C'è qualcosa, c'è qualcosa e quel qualcosa è...

– No, ok, basta. Ora si stanno calando le braghe e se guardassi invaderei la loro privacy. Sono curioso di sapere se il rappresentante è selvaggio anche sotto la cintura ma non lo farò perché sarebbe volgare e sarebbe... Katsuki? Va tutto bene, Katsuki? Perchè stai... –

Quando smette di parlare e mi guarda, Denki mi trova con gli occhi lucidi.

Sono spalancati e sono lucidi, e so che non dovrei perché siamo di fretta e devo andarmene ma l'emozione è forte e non riesco a mandarla via e...

– Katsuki, che cosa cazzo c'è scritto lì sopra? –

Provo a parlare ma mi trema il labbro inferiore.

Opto per girare il monitor dalla sua parte.

Denki non si perde in chiacchiere e legge immediatamente.

– C'è scritto che è stato ammesso anticipatamente all'Università di To... 'Suki, ma è la tua Università! Quella è la tua! È la stessa! –

È la...

La stessa.

È la stessa in cui sono stato ammesso anticipatamente io.

È la...

Annuisco e sento una lacrima superare il limite delle mie ciglia per rotolare giù dalla guancia.

– Oh, 'Suki, allora vuol dire che... –

Un colpo ci coglie di soprassalto. Qualsiasi cosa stessi provando viene spazzata via dal rumore improvviso, scatto d'istinto, seguo con lo sguardo il rumore che ho sentito, mi ritrovo con gli occhi puntati al vetro oscurato e...

– 'Suki, è bellissimo che tu abbia scoperto che andrete nella stessa università e tutto ma mi sa che piangi dopo e ora ce ne andiamo, sta diventando imbarazzante. –

– Già. Chiudo tutto e andiamo. –

Non che io sia particolarmente timido ma ecco... il colpo era la mano di Iida sul vetro e lo sta letteralmente scopando contro di noi e come dire, non è che io muoia dalla voglia di vedere questa scena.

Quindi...

Chiudo la scheda.

Quelle successive.

Mi alzo quando ho fatto, guardo Denki, lui annuisce.

Scappiamo via l'istante dopo.

Prima però lui ruba una manciata di caramelle dalla boccia.

E io mi godo la consapevolezza che adesso, per davvero, non c'è niente più a separarmi dalla prospettiva di avere quello che ho sempre voluto.

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

OK OK OK

nuovo capitolo nuovi drammi (in realtà no) nuovo tutto LO SO CHE NON C'è KIRI però c'è stato un sacco kiri e volevo fare un po' una pausa con qualcosa di un po' più leggerino e MI MANCAVA DENKI e niente spero che vi sia piaciuto ecco i think it suited the atmosphere però niente aspetto di sentire cosa ne pensiate voi

e niente

sono di fretta che mi stanno cacciando dall'uni quindi scappo

però vi mando un bacio

ditemi qualcosa

alla prossima (CON SOAP SI)

mel :D

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