𝚑𝚎 𝚌𝚘𝚞𝚕𝚍 𝚗𝚎𝚟𝚎𝚛 𝚕𝚘𝚟𝚎

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Protetto.

Non credevo che fosse qualcosa che avrei mai cercato o di cui mai avrei sentito il bisogno, ma di fatto, in quest'istante, mi sento... protetto.

Io non ho bisogno di protezione.

Non ho bisogno di essere aiutato e curato e seguito, perché sono migliore degli altri anche quando non lo sono, e il mio orgoglio è troppo rigido perché possa transigere alle sue ferree volontà. Io non chiedo una mano, io non cerco gli altri, io faccio quel che voglio fare, se non riesco, mi ammazzo di lavoro pur di farcela completamente da solo.

Però, ora, ora mi sento protetto.

Mi sento protetto e al sicuro.

Mi sento calmo, difeso.

È vero che sono altezzoso, presuntuoso e arrogante. Lo so, non mi offendo a sentirmelo dire, è solo la verità. Sembra sempre che io abbia la situazione sotto controllo, che sia meglio degli altri, che pensi di valere molto più di qualunque altra persona al mondo.

In realtà...

È un meccanismo di difesa.

Il meccanismo di difesa di un insicuro.

Il meccanismo di difesa di qualcuno che sa e che crede che probabilmente quel che vuole è troppo rispetto a quello che è.

Io non sono come sembro.

Non sono invincibile.

Sono... drammaticamente fragile.

Piango tanto, quando sono nervoso, perché non so tenermi dentro la frustrazione. Odio le altre persone perché non voglio che mi feriscano, mi sento bello ma non abbastanza, sveglio ma non abbastanza, interessante ma non abbastanza.

Mi sento disarmato.

Disarmato e sullo sfondo.

Katsuki Bakugō non è così, no?

Invece lo è.

Invece è la perfetta collisione fra un personaggio razionale, logico e di talento e un diciottenne timido, insicuro, che teme di non arrivare nemmeno alla metà degli obiettivi che si pone.

Nessuno lo sa.

Quanto fragile sia la mia psiche, la mia mente, il mio cuore.

Denki, Jirō, mia madre e mio padre. Solo le persone con cui sono cresciuto, che hanno visto gli incidenti come questo durante tutte le fasi della mia adolescenza.

Non c'è alcun bisogno che Kirishima lo sappia.

Ma mi sento protetto, così protetto, che mi dico, questa volta, che non c'è niente di male a dirglielo. Niente di male, niente... di male.

Non mi prenderà in giro.

Non dirà "è colpa tua se sei un coglione e non compri le batterie dell'apparecchio acustico che stai perfettamente di dover portare".

Non dirà che solo i deboli hanno gli attacchi di panico.

Perché lo conosco poco, ma se c'è qualcosa che ho capito di lui, è che gli piace far sentire a loro agio gli altri, gli piace vederli sorridere, forse un pochino, ma un pochino solo, gli piaccio io.

Mi stringe come se fosse fatto per farlo, e il suo corpo un po' lo è. La mia fronte gli arriva proprio all'inizio del petto, le braccia mi fanno sentire come se potesse completamente avvolgermi e farmi scomparire su di sé.

Mi ero accorto che fosse massiccio, ma così vicino me ne rendo conto decisamente di più. Sembra... pura roccia, cazzo, e non negherò che la cosa, su un ragazzo, non mi dispiace.

Continuo a respirare a singhiozzi, ma dopo un po' il muoversi frenetico del mio petto si calma e il cuore inizia a battere con più calma, più regolarità.

Non sento, no.

Ma non c'è nessuno che io debba sentire.

Nessuno mi salirà sopra, nessuno mi stritolerà, nessuno mi farà mancare il fiato in uno spazio così ristretto e affollato al punto che morirò d'asfissia.

Sto bene, va tutto bene, l'ha detto anche lui.

È solo questione di calmarmi un attimo.

Le dita fra i capelli sono estremamente piacevoli, scendono dalla nuca alla base del collo, si avvitano sulla pelle chiara e si muovono con delicatezza.

Non mi piace essere toccato.

Non... amo le coccole.

Non nel senso che non mi piaccia farmele fare, anzi, quello è qualcosa per cui vado matto, ma di norma mi mette a disagio l'idea che me le faccia qualcuno con cui non sono in confidenza, qualcuno che non mi conosce fino in fondo e che alla fine non tiene affatto a me.

Shindō non mi fa le coccole.

Dopo il sesso è già tanto se ci dormo vicino.

Non so, c'è qualcosa del farsi toccare in quel modo, senza secondo fine, pura tenerezza e affetto, che mi fa sentire vulnerabile, e io odio esserlo, perché vorrei che il mondo fosse sempre, ogni minuto ed ogni istante, completamente sotto il mio controllo.

Ora è diverso.

È diverso perché stavo avendo un attacco di panico, e perché degli innocui grattini in confronto non sono niente.

Vero?

Non so se sia vero.

Ho quella sensazione che provo nella bocca dello stomaco di quando mento a me stesso.

Ma non ho cuore di mettermi a ragionare sul perché questa cosa stia succedendo e sia successa un attimo fa, per cui la ignoro, dicendomi che non c'è niente di strano nel fatto che sono corso in braccio ad un semi-sconosciuto nel panico più totale e sono ad un passo dal fare le fusa mentre mi accarezza i capelli.

Era una situazione problematica.

Sono sicuro che nessuno possa biasimarmi per aver cercato di tirarmene fuori. Che poi dovesse essere così piacevole, la cura, non me l'aspettavo, ma alla fine è solo per evitare di rimanerci, non ho alcun interesse personale nella faccenda, no, assolutamente no.

Mi piace come appoggia il viso sopra il mio.

Non so se sia per comodità o cos'altro, ma infila il naso fra i miei capelli, non parla, sta fermo.

È intimo.

Non è affatto un abbraccio amichevole.

È dolce, tenero, oserei dire... romantico. E mi fa meno schifo di quanto vorrei dire, anzi, non mi fa schifo per niente.

Ha un buon odore, credo che si sia fatto la doccia prima di uscire dallo spogliatoio.

Il mio cervello da quattordicenne in preda agli ormoni spera che la fretta con cui se l'è fatta fosse per vedere me, per raggiungere me, ma non lo so, non credo lo saprò mai.

Respira un paio di volte contro il mio capo, si muove, preme... un bacio fra i miei capelli.

Non reagisco, non salto, non sobbalzo.

È stato lieve.

Nessuno se ne dev'essere accorto.

Può perfettamente rimanere un segreto fra noi due.

Sento il suo petto vibrarmi contro la fronte, suppongo che stia parlando.

Mi sento più calmo, ora, più intero, mi concedo il lusso di prendere aria e fare lo stesso.

− Non sento niente, Kirishima. –

S'irrigidisce e smette di parlare.

Mi prende il viso con le mani e delicatamente, come se fossi fatto di vetro, mi stacca da sé. C'è qualcosa nel modo in cui mi guarda che per un solo, singolo istante, mi fa sentire come se ci fossimo solo io e lui al mondo.

Muove le labbra con calma, lentamente.

− Non funziona l'apparecchio? −

− Si è scaricato. −

Annuisce brevemente, sempre senza lasciarmi.

Se qualcuno ci vedesse ora, se Shindō ci vedesse ora, la posizione sarebbe compromettente. Ma non stiamo facendo niente di illegale, no? Sembra, ma non è. Non... non è niente.

− Se passiamo dallo spogliatoio arriviamo al campo, sono sicuro che là non c'è nessuno. Che ne dici, ti va di andare? −

Deglutisco la saliva e cerco di respirare, di guardare solo lui e respirare non pensare al fatto che un attimo fa ero convinto che mi avrebbero schiacciato vivo a due metri da qui.

− Può andare... credo. −

− Credi? −

Annuisco.

− No, va bene. Va bene, andiamo. −

− Perfetto. −

Trovo ironico come le proporzioni del mio corpo sembrino ridicole in confronto alle sue. Sono un ragazzo di media statura, alla fine, non sono uno di quelli che descriveresti come "minuto" o "sottile".

Però quando mi stringe la mano nella sua e le dita s'intrecciano assieme, mi sembra che le mie scompaiono.

Ha le mani ruvide.

Credo sia lo sport.

Sono ruvide, ma sono piacevoli da stringere.

MI guarda negli occhi, sorride e parla sempre con la stessa calma serafica, come se non fosse successo niente, come se non stesse succedendo niente.

− Cammini? Se non ce la fai ti prendo in braccio. −

In...

Il mio cuore urla "fallo" ma il mio cervello lo mette a tacere con un sospiro infastidito.

− Cammino. −

− Peccato. −

Mi diventano le guance viola quando inizia a camminare.

Voleva portarmi in braccio? Per davvero? Ma ce la fa a tirarmi su? A guardarlo così è probabile, ma...

Supera l'ingresso e non dice un'altra parola mentre mi trascina fra i muri tutti uguali dello spogliatoio. C'è ancora qualcuno dentro, vedo le luci accese, immagino verso gli armadietti e le docce, ma Kirishima non fa quella strada, prende un altro corridoio, uno più distante e mi tira in avanti.

Sono un po' indietro, rispetto a lui, perché ho le gambe più corte e meno forza nei movimenti, ma camminare con il suo braccio che tira il mio guardando la sua schiena non è tremendo, anzi.

Mi piacciono le sue spalle.

Come si muovono sotto la felpa, come appaiono, come sono.

Il mio gusto in fatto di uomini a Kirishima aderisce completamente, e questo mi spaventa. Mi sono sempre piaciute le spalle larghe, le schiene ampie e le mani grandi, i muscoli, le gambe lunghe, la statura alta. Lui sembra essere ognuna di queste caratteristiche, cazzo, ognuna e tutte insieme, in un trionfo di quello che è esteticamente il mio tipo d'uomo.

Mi salva il suo carattere, dalla follia.

Il carattere dolce, disponibile, tenero, carino.

Mi salva perché mi dico che alla fine, tanto, non succederà niente di male, niente di strano, non perderò la testa né rovinerò la mia falsa perfezione, con lui.

È una persona affettuosa, dopotutto.

Nessuna persona affettuosa si prenderebbe davvero una sbandata per... me.

La porta tagliafuoco è al fondo di un corridoio con le pareti gialline, deserto, dove sono sicuro rimbombino i miei passi, nonostante io non li senta.

Mi trascina, mi tiene la porta, la richiude dopo di me, non lascia la mia mano.

Premuroso.

Attento, protettivo.

Cazzo, che cosa non mi fai.

Mi spinge un po' in avanti verso l'erba sottile del campo, mi tiene le spalle da dietro ad ogni passo, come se avesse paura di vedermi cadere a terra da un momento all'altro.

Aria.

Tanta aria.

Aria e silenzio, non l'ombra di una persona, solo la solitudine e la pace di essere completamente isolato, ora, dal casino del mondo.

Mi sembra di rinascere.

Di tornare alla vita dopo quell'attimo di panico puro che è scorso nelle mie vene.

Mi lascio tirare giù dalla stanchezza, ad un certo punto, mi abbasso sulle ginocchia, premo i palmi sudati delle mani contro l'erba, inspiro ed espiro profondamente.

Calmo.

Tranquillo.

Probabilmente... sereno.

Kirishima dice qualcosa, forse, ma non posso sentirlo e se ne rende conto dopo un attimo, quando mi supera e si mette di fronte a me, seduto come lo sono io.

− Meglio? −

Non rispondo.

Annuisco e mando giù l'ansia, mi abbasso ancora, lascio scivolare le gambe a posto finché non sono incrociate sotto di me.

Dovrei dire "grazie".

Apro la bocca per farlo.

Mi muoiono le parole in gola quando mi sorride e mi prende dalle spalle, sposta le mani verso il collo e verso il mio viso, trascina via i capelli dalle guance e mi tiene così, fermo, protetto nonostante io la protezione alla fine, non l'abbia mai esplicitamente chiesta.

− Stavi per avere un attacco di panico, vero? −

Lo posso dire ad alta voce?

E che senso avrebbe, in ogni caso, mentire, quando sembra aver perfettamente capito che cosa sia successo?

− Già. −

− Non riuscivi a sentire niente e ti è venuta l'ansia? −

Sposto il mento in alto e in basso in un timido gesto d'assenso.

− Mi viene paura quando sono da solo in mezzo a tante persone e non sento. Mi dispiace di averti dato fastidio, è solo che... −

− Se credi di avermi dato fastidio un solo minuto, Katsuki, ti sbagli. −

Non so perché non stia usando il mio cognome. Non ho idea del perché sia passato dal dire "Bakugō" con quel sorriso allegro e spensierato al comporre "Katsuki" con le labbra che si muovono fra di loro in un sussurro intimidito.

So che tanto siamo da soli.

Che nessun altro lo saprà.

E che in questa dimensione così intima, non vorrei che dicesse nient'altro.

− Come hai fatto a capire che ne stavo avendo uno? −

− Di attacchi di panico? −

− Sì. −

Lascia scivolare appena le mani per spostarle verso di sé ma inseguo il suo movimento, come per catturarlo a metà, e non cede all'idea di volersi allontanare.

Rimane là.

Con i palmi sul mio viso e le dita che lo tengono su.

− Ne avevo alle medie. So come funzionano. −

− Ora non li hai più? −

Scuote il capo.

− Da anni. −

Vorrei chiedere ancora ma non dovrei, non dovrei pensarlo né dovrei permettermi, alla fine non sono affari miei, sono...

− Mi prendevano in giro alle medie. Non ci stavo tanto bene, già. −

Quel che dice o che in ogni caso leggo da lui, mi lascia interdetto.

Prenderlo in giro?

E per cosa?

− Chi è il figlio di puttana che prende per il culo qualcuno come te? Vogliono morire? Non li hai ammazzati? −

Ride, credo.

Fa la faccia di qualcuno che ride.

Mi piace, quando ride.

Il suo viso è più solare.

− Diciamo che non ero... tanto magro. Nel senso che il mio corpo ha iniziato a crescere un po' tutto di colpo e i miei ormoni... −

Lo interrompo sul nascere.

− Kirishima, sembra che tu stia giustificando i tuoi bulli. Non farlo, cazzo, anche se avessi avuto la cazzo di faccia verde non dà a nessuno il motivo di romperti i coglioni. −

Interrompe le sue parole e le rielabora, le tramuta e modifica.

− Tu dici? −

− Certo che lo dico. Non ha senso dire "eh ma mi bullizzavano perché non ero magro", che cazzo di discorso è? Ti bullizzavano perché erano dei figli di puttana insicuri e invidiosi, sono sicuro che tu non avessi fatto niente di male. −

Ci pensa un attimo.

C'è una vena di amarezza nel suo volto, quando mi guarda.

− Figli di puttana sì, invidiosi non credo. Non che ci fosse niente da... −

Abbasso le sopracciglia verso gli occhi, come se lo stessi sgridando.

È più maturo di me, più aperto e più dolce, nelle poche interazioni che abbiamo condiviso sembrava essere lui ad avere le redini della situazione.

Ma se lui ha aiutato me prima nonostante non avesse motivo di farlo, ora lo sento io, questo impulso di dire qualcosa che possa dargli una mano.

Non sono il tipo, di norma.

Onestamente degli altri e dei loro problemi mi curo poco, che ho già le mie stronzate da affrontare.

Con lui è diverso.

Ho paura di scoprire perché.

− Se dico invidiosi intendo invidiosi, Kirishima. In realtà è palese che gli altri ragazzi ti invidino, insomma, guardati. −

Sorride appena, scuote la testa.

− Ma prima non ero... −

− Trenta chili in più o in meno, Eijirō, ti troverei comunque bellissimo. −

Non so perché l'ho detto così.

Non so perché ho usato il suo nome.

So che smette di parlare, che arrossisce, che incolla lo sguardo al prato e non dice niente per un paio di minuti, ma non smette di sorridere fra sé e sé.

Mi è piaciuto prima sentirmi protetto.

Ma anche questa sensazione di averti reso più allegro, a dirla tutta, non mi fa affatto schifo.

Si riprende dopo un po', mentre scende con le mani di nuovo sulle mie spalle e passa le dita sopra la pelle scoperta delle braccia.

La consistenza non è liscia e morbida, è più...

Ho la pelle d'oca.

Ho freddo.

Sto congelando, stavo congelando anche prima, ho sudato nella fuga e nel pianto e sto solo patendo i lasciti di quel che ho fatto fino ad un attimo fa.

Non chiede, non valuta e non aspetta.

Mette le mani sull'orlo della sua felpa, la tira su e me la... porge.

− Tieni. −

Non trovo il coraggio di accettarla, all'inizio.

− Non c'è bisogno, guarda che sto... −

− Sei un pezzo di ghiaccio, prendila, su, starai meglio. −

− Sei sicuro? −

Apre la bocca come se stesse sbuffando, poi piega l'orlo per rendere più facile metterla e me l'infila sulla testa prima che possa protestare ancora.

− Non patisco il freddo, e preferisco che stasera questa la metta tu. −

Faccio il broncio ma non lo contraddico un'altra volta, anzi infilo le braccia negli spazi delle maniche, le stendo, mi rendo conto che a malapena le mie dita spuntano dai polsini.

− È troppo grande. −

− L'importante è che ti entri e che ti tenga al caldo. −

Oh, beh, entrarmi mi entra. Ci entrerei tre volte, volendo, c'è così tanto spazio che se ci s'infilasse Denki ci starebbe comodo con me.

Sbatto le palpebre un paio di volte e poi cedo.

È solo una felpa. Solo una felpa, niente di più, assolutamente niente di più.

La sistemo meglio, mi tiro su sulle cosce per farla arrivare sotto al culo, mi ci rintano dentro e lo guardo in silenzio.

In effetti è vero.

Sto meglio, ora, sono al caldo, la pelle ha smesso di pizzicare per il vento e... profuma. Non so se sia l'ammorbidente con cui fa la lavatrice o cos'altro, ma sa di buono, di qualcosa di caldo e accogliente, un po' come lui.

Quando rivolgo lo sguardo verso di lui, mi sta platealmente fissando immerso nei pensieri.

Mi sta...

− Mi sta male? − mi ritrovo a chiedere.

Scuote la testa per concentrarsi.

− No, no, figurati, non ti sta... −

− E allora perché mi guardi in quel modo? −

Lo vedo chiaramente mordersi l'interno della bocca.

− Non eri tu il grande matematico? Non è un'equazione difficile da risolvere, Katsuki. −

Un'equazione?

Che equazione?

Quali sono i termini del calcolo?

Che cosa devo...

Tira su una mano e poi l'altra, in fila, parla mentre lo fa.

− Prendi un bel ragazzo. Uno molto bello, molto molto bello. −

Ok, ci sono. Chi è? Di chi sta parlando? Mi serve saperlo?

− Poi mettici la mia felpa addosso. Un bel ragazzo con la mia felpa addosso. −

Ah.

Sono... sono io.

Sono io?

E chi se no?

− Aggiungi che io e questo bel ragazzo siamo da soli di notte, che cinque secondi fa mi ha fatto un complimento e chiamato per nome, che la mia felpa gli sta enorme e lo fa sembrare tutto carino e piccino e... −

La mia faccia va a fuoco.

La infilo per metà nel colletto, abbasso lo sguardo sul prato e cerco di non esplodere qui e ora.

Perché, Kirishima? Perché? Chi ti dà il diritto di essere così? Dovrebbe essere illegale, tu, dovresti essere illegale. Ti odio, cazzo, ti odio perché...

− Diciamo che c'è una cosa davvero carina davanti a me e che è normale che la fissi in questo modo perché non saprei proprio che altro fare. −

− Io non sono carino. −

Tira su gli angoli della bocca e piega la testa.

− A me sembri molto carino. −

− Io non sono affatto carino. −

Ha uno scintillio ironico, negli occhi.

− Se non sei carino non fare quella faccia carina. −

− Non sto facendo nessuna faccia carina, questa è la mia... la mia faccia, cazzo, io non sono... −

Mi alzo sulle cosce e faccio per muovere un braccio, ma mi fermo.

− Posso colpirti o ti offendi? −

− Mi hai davvero chiesto se puoi tirarmi un pugno? −

Alzo le spalle.

− L'ultima volta mi hai detto che non si fa, no? Sto solo chiedendo il consenso. −

− Oh, se la metti così... sì, dai, tanto non credo che qualcuno carino come te possa farmi poi così male, vai. −

Tiro dietro la mano e lo colpisco sulla spalla.

Sono piuttosto certo di farmi più male io di lui, ma non importa, non importa perché ci riprovo e questa volta non prende il colpo, ma mi ferma stringendo le dita attorno al mio polso.

Non so cosa gli passi per la testa.

Non ne ho idea.

So solo che mi tira in avanti e perdo l'equilibrio, cerco di aggrapparmi a qualcosa per non rovinare inevitabilmente a terra e a quando pare quel qualcosa è la sua maglietta e indietreggia anche lui e...

Gli atterro addosso.

Steso sopra.

Con una mano piantata su un suo pettorale e l'altra nella sua, le gambe ai lati della sua vita e il fiato corto che sbatte contro la sua faccia.

Voleva questo, quando mi ha trascinato verso di sé?

O sono io che gli sono caduto addosso?

Non lo so.

Non ne ho idea.

So solo che...

Dovrei alzarmi.

Scusarmi, alzarmi e andarmene.

Ma non riesco a convincermi a farlo, quindi rimango fermo, là, a guardarlo e basta.

Il cuore mi batte così forte nel petto che addirittura mi pare di sentirlo, di riconoscere il rumore netto del sangue che fluisce dentro di me.

Kirishima lascia andare la mia mano e l'appoggia un'altra volta sul mio viso, con più intenzione, ora, meno distrattamente.

Sobbalzo, quando lo fa.

Sorride.

− Ti comporti sempre come se avessi paura di me, quando ti tocco. Hai paura di me? −

Se ho paura?

Ho paura.

Ma non di te, Kirishima, ma di me quando sono con te.

− È complicato. −

− Ti dà fastidio? −

Sposto lo sguardo verso il basso, verso la sua maglietta bianca e verso la mia mano spalmata sopra di lui.

− È complicato anche questo. −

Trema come se ridesse.

− Forse non è poi così complicato, forse sei solo tu che complichi le cose. −

− Non è vero. −

− No? −

Scuoto la testa.

− Non capisco nemmeno perché tu lo dica. −

Alza lo sguardo un attimo, come se stesse fissando un punto dietro di me, si lecca le labbra, prende fiato.

− So che non sei stupido, Katsuki, lo so bene. Ma ti stai comportando come se lo fossi e lo sai anche tu, mostriciattolo. −

− Non ti permettere di... −

− Guarda in faccia la realtà. −

Guardare in faccia la realtà? Che realtà? Non c'è nessuna realtà da guardare in faccia, Kirishima, perché la realtà non è forse la percezione singola e soggettiva di ciascuno? Io la faccio, la mia realtà, e quando non mi piace, la cambio, perché alla fine è mia e posso plasmarla a mio piacimento.

No?

No, non è vero.

Sono solo le parole di un insicuro che mente a se stesso.

Ma se smettessi di mentirmi, non credi che sarebbe tutto molto peggio? Non credi che mi perderei come sono stato perso per tanto tempo in una confusione che non posso controllare?

Io ho bisogno di prevedere quello che succederà, Kirishima.

Non è perché sono pazzo.

Ma perché le variabili incognite potrebbero davvero distruggermi e sono troppo fragile per lasciare che accada, troppo debole.

Non oso perché se fallissi non sono sicuro che riuscirei a rimettermi in piedi.

Puoi biasimarmi per questo?

− Non credo di riuscirci. −

− È così difficile? −

− Lo è, non sai nemmeno quanto. −

Annuisce, respira piano contro il mio petto.

− Per me invece no. −

Non avevo dubbi, Kirishima, non ne avevo nemmeno uno. So che sei molto più coraggioso di me, si vede, te lo si legge addosso.

− Io so quel che voglio, Katsuki, e non ho alcuna voglia di far finta che non sia così. Ma se tu hai bisogno di tempo e pazienza e... qualsiasi cosa, non mi dà fastidio aspettare. −

Infilo la lingua fra i denti.

− Chi ti dice che ci sia qualcosa da aspettare? −

Fa spallucce.

− Nessuno, ma posso concedermi il rischio. −

Bastardo, bastardo arrogante. Perché anche la sua arroganza è attraente? Perché mi piace tutto quel che dice? Perché...

No, Katsuki, non puoi fare così.

Non puoi lasciarti manipolare e girare e piegare come se fossi una bambola da qualcun altro. Tu devi essere padrone di te stesso sempre, a prescindere dall'interlocutore, così non vai da nessuna parte, da nessuna...

− Vuoi fare una prova? Così al massimo mi metto l'anima in pace. –

La mia testa si zittisce completamente.

Vuota, vuotissima, solo il silenzio esistenziale di un sordo che teme e forse spera di aver letto male le labbra di chi ha di fronte agli occhi.

− Una prova? –

− Non era così che funzionava il metodo scientifico? Tu sei uno scienziato, forse ti serve una prova, un esperimento. –

Un esperimento?

− Di che genere? –

Sorride come se avesse vinto qualcosa.

Non ha vinto niente, stronzo, non ha vinto assolutamente niente. Non può farmi questo, non può avere questo controllo su di me, io...

− Primo passo, osservazione del fenomeno. Kirishima dice che tu arrossisci sempre quando ti parla, che sembri davvero felice quando ti tocca, che ti piace tanto indossare la sua felpa e che lo fissi un po' troppo quando credi che non ti stia guardando. –

La mia faccia diventa viola.

Quando...

Non è vero.

Come se n'è accorto?

No, non è vero. Non c'è niente di cui accorgersi, niente di niente, niente, assolutamente niente.

− Secondo, ipotesi. L'ipotesi è che forse, a te, un tantino solo, Kirishima piace. Ti attrae, lo trovi attraente, ti incuriosisce e senti un po' più caldo di prima quando lo vedi. –

Falsa.

Falsissima, falsa, falsa come false sono state poche cose nella storia dell'uomo.

Io non sono...

− Terzo, esperimento. Vediamo se ti piace Kirishima. –

No.

No...?

Oh, cazzo, questo stronzo.

Questo pezzo di merda.

Questo bastardo.

Non è davvero idiota, non è idiota per niente, cazzo, mi ha incastrato come se fossi una zanzara sulla carta appiccicosa che metto fuori dal balcone.

Non posso rispondere "no". Quale scienziato rifiuterebbe un esperimento, dopotutto? Se dicessi "no" sarebbe palese che la risposta alla sua domanda sarebbe "sì, mi piace", perché per quale altro motivo dovrei rifiutare?

Per imbarazzo, certo. Perché mi sento a disagio, perché non voglio farlo e tutta una serie di altre validissime ragioni.

Ragioni che, però, sono tutte una più falsa dell'altra.

Mi ha incastrato.

Ma non con lui, con me stesso.

Come faccio a mentirmi?

Se rifiuto, ammetto a me stesso che rifiuto perché ho paura.

Se accetto, poi mi rendo conto che...

No.

Ecco qual è la soluzione.

La soluzione, l'unica che ha senso, l'unica che posso attraversare, è accettare l'esperimento e uscirne completamente indenne. Posso? Certo che posso, cazzo, sono Katsuki Bakugō, io posso fare tutto.

Devo solo...

Controllarmi.

Controllarmi e non farmi prendere dal panico.

Controllarmi e dimostrare a lui, a me stesso e al mondo che non è vero che mi piace. E che anche se mi fosse piaciuto per cinque minuti ieri, l'altro giorno o una settimana fa, posso comunque gestirmi così bene da fare in modo che non sia più così.

Vero?

Vero, verissimo.

− Facciamo questo esperimento. – borbotto.

− Sicuro? –

− Tanto cosa vuoi che succe... cazzo! –

Mi spaventa.

Mi spaventa un sacco quando si tira su e mi gira come se fossi una cotoletta sul pratino, succede tutto di colpo e di botto e mi maneggia come se fossi davvero un pezzo di plastica leggera che sta muovendo per gioco.

Atterro con le spalle sul campo, le gambe semi aperte, la sua faccia... vicinissima alla mia.

− Paura? –

− Sì, stronzo. –

− Scusami. –

Sorride, si avvicina ancora.

− Pronto? –

− A cosa? –

− All'esperimento. –

Già, che poi che cosa intendesse fare non è che me l'abbia detto poi tanto chiaramente.

Mi guarda negli occhi, poi guarda le mie labbra e annuisce.

− Non lo dirò a nessuno e mi dirai tu dopo come vuoi comportarti a riguardo. Se non ti piace mandami via, chiedimi di smettere e lo faccio subito. Se non vuoi più vedermi dopo ti accompagno da Denki e sparisco dalla tua vita. –

Sento i miei occhi spalancarsi da soli.

Cosa vuole fare di tanto tremendo da aver bisogno di una premessa del genere?

Dio, ma...

− Vediamo quanto ti piaccio. –

Apro la bocca per correggerlo e dirgli che non è "quanto", ma "se".

Inutile dire che la mia voce non esce, più che altro lo fa, ma non nell'aria, addosso alla sua.

Mi sta...

Mi si chiudono gli occhi da soli.

Il mio corpo si rilassa e mi godo la sensazione di Kirishima che mi... bacia.

Si stacca dopo un secondo.

Sembra terrorizzato.

− Posso... −

Qual era il piano? Sopportare tutto il suo esperimento senza farmi minimamente traviare da lui? Mantenermi integro e intatto a prescindere da qualsiasi cosa sarebbe successa? Trattenermi per dimostrargli che non aveva ragione? Ricordarmi del fatto che io, alla fine della fiera, ho un ragazzo dal quale ho promesso che sarei andato nemmeno un'ora fa?

Oh, piccolo Katsuki.

Kirishima ha ragione, quando lo dice.

Non sei stupido, ma qualche volta lo sembri proprio.

Reagisco d'istinto.

Apro le braccia, le stringo dietro al suo collo e me lo schiaccio addosso.

Non lo saprà nessuno, non lo diremo a nessuno, è un segreto, solo un minuscolo, ridicolo segreto.

Apre le labbra e le apro anch'io, piega la testa per incastrare meglio i nostri nasi, si regge su un braccio e l'altro lo usa per avvolgere la mia vita e tirarla un po' su, contro il suo corpo.

Mi sembra di non respirare ma non m'interessa.

Se le folle che mi assaliscono mi fanno tremare le gambe, ora, mentre il suo peso sul mio corpo quasi mi schiaccia, mi sento incredibilmente al sicuro, incredibilmente protetto e incredibilmente...

Apro le gambe, gliele chiudo addosso.

Mi stacco per prendere fiato, tiene la fronte sulla mia, non apro gli occhi.

− Allora, che di... −

− Non mi sembra di averti chiesto di smettere. –

Un'altra volta, Kirishima mi bacia un'altra volta.

Con i miei capelli biondi che si strofinano sul terriccio e sull'erba, la sua felpa addosso, le sue mani che iniziano a vagare con un po' più di curiosità.

Infila le dita sotto l'orlo della maglietta, a contatto con la pelle, tremo perché ha la mano fredda ma non smette, stringe un fianco e sale verso la vita, mi fa sentire...

Ancora.

Ancora, ancora, ancora.

Non so cosa stia succedendo.

Non so come farò a ricominciare a mentirmi quando questo sarà finito.

Non so se mi piaccia lui dentro per come è o se sia solo la chimica del trovarsi rispettivamente attraenti, non so se il fatto che io lo stia facendo mi renda più un ipocrita o un traditore, non so se riuscirò mai a dire ad alta voce quel che sta succedendo in quest'istante, ma...

Al momento non m'importa.

Al momento l'unica cosa che importa è che Kirishima è qui con me, mi sta baciando e mi sta toccando e non mi sono mai sentito così bene in tutta la mia vita.

Ci tira indietro che non ci stiamo neanche staccando per respirare, fra un po'.

Credo che voglia tenere le mani libere, per questo mi prende dalle cosce e mi appoggia sul suo grembo, per poterle stringere entrambe attorno alla mia vita e per tenermi più vicino.

Ti odio, Kirishima.

Perché devi fottere così tanto il mio cervello?

Tu lo sai quanto difficile sarà cercare di rimettere tutto a posto?

Dio, in questo istante quasi mi viene da maledire anche me stesso. Non perché ho accettato, ma per come sono.

Se solo...

Se solo fossi più bravo, più sicuro di me, se solo non m'importasse così tanto di cosa pensano e dicono gli altri di me.

Se solo tu non fossi così una brava persona.

Quel che mi spaventa di te, Kirishima, è che hai ragione, lo sai che hai ragione, tu mi attrai in un modo spaventoso. Il problema però, è che se io cedessi all'attrazione che provo per te, fra un mese, due, forse un anno, tu mi spezzeresti il cuore e io non saprei come rimettermi in piedi.

Capiresti prima o poi quanto poco io valga, quanto inutile alla fine io mi senta nonostante l'arroganza che dimostro, e ti allontaneresti da me.

E io rimarrei da solo, il povero, piccolo, debole Katsuki senza talento e senza speranza, che pensa di essere migliore di tutti ma in realtà tutto quel che sa fare è mettere in piedi un paio di calcoli aridi.

Vedresti quanto sono fallimentare, quando sono fragile.

Penseresti che ti sei infatuato di una finzione, mi abbandoneresti e mi lasceresti indietro.

Non è colpa tua.

È colpa mia.

Se solo fossi più forte, se solo...

Se solo fossi davvero quello che cerchi, se fossi davvero quel che credi io sia, se potessi meritarmi qualcosa come te, se potessi accettare questa cosa che mi stai dando senza sentirmi in colpa, se...

Si stacca lui, da me.

Si stacca e mi prende il viso fra le mani.

− Hey, hey, cosa succede? Non ti... se non ti va più smettiamo, Dio, Katsuki, non mi ero reso conto che... cazzo, mi dispiace, io... −

Merda.

Io e il mio pessimo modo di gestire le emozioni.

Sto piangendo di nuovo.

Non so come sia possibile che ben due volte gli abbia fatto vedere dal vivo quanto male so affrontare le cose che mi succedono.

− Non possiamo farlo, Eijirō. – dico, e so che la mia voce trema.

− Io... −

− Non possiamo fare questo. Mi spiace, lo so che non avrà senso per te ma io non posso... non posso proprio farlo. –

Si vede che è ferito.

Si vede che gli occhi si rabbuiano, che annuisce brevemente come se stesse accettando una realtà che non gli piace, che smette di sorridere.

− È per qualcosa che ho fatto? Non volevo, davvero, forse mi sono fatto prendere e... −

− Io mi sono fatto prendere, non tu. So che è la scusa peggiore del mondo ma è la verità. Non sei tu, sono io. Io non... non posso. –

− Non vuoi tradire? È per quello? –

Scuoto la testa.

Dovrei dire che è così, ma non lo è.

Shindō e io non siamo seri, non abbiamo nessun futuro.

− È perché... −

− Non te lo posso spiegare, Eijirō, vorrei ma non so come farlo. Tutto quello che posso dirti è che io non posso fare questo con te e mi dispiace tantissimo, davvero, tu non sai quanto, ma... −

Deglutisce la saliva.

Lascia andare la mia vita e porta le braccia sopra la felpa, mi sistema una ciocca dietro l'orecchio e mi rendo conto che gli trema la mano.

Vorrei meritarmelo.

Non hai idea di quanto lo vorrei.

Ma se dicessi che posso fare questa cosa con te, se accettassi di volerla fare, mi distruggerei da solo.

Non puoi capire, ma lo capisco io.

Io non posso fare questo con te perché se mai in futuro m'innamorassi di te, e non stento a credere che potrebbe succedere perché mi sei entrato sotto la pelle dopo sole due settimane, non avrei più controllo su me stesso.

Non posso farlo perché non posso lasciarmi andare.

Non posso farlo perché non rimarrebbe niente di me, dopo.

Non posso farlo perché ho paura, perché faccio schifo e perché mi fa male dirlo, ma non credo che meriterei mai qualcosa di anche solo lontanamente simile a te.

− Solo una cosa vorrei che mi dicessi. – mormora dopo un po'.

Annuisco.

− Non puoi adesso o non potrai mai? Perché te l'ho detto, io non ho paura di aspettare. –

Non posso...

"Mai".

Di' "mai", Katsuki.

Dillo, dillo e metti fine a questo dubbio, dillo e basta, dillo, di...

− Non lo so. –

− È meglio di niente. –

Tiro su con il naso.

− Possiamo rimanere... cazzo, sembro patetico, è una domanda di merda. –

Scuote la testa.

− No, no, dimmi, non ti preoccupare. –

Cerco e raccolgo tutto il coraggio che possiedo, per farla.

− Possiamo fare finta che questo non sia mai successo e tornare ad essere amici? È cattivo da dire e non voglio che mi odi ma... non mi dispiaceva andare in laboratorio e fare ripetizioni e non vorrei che... −

− Oh, Katsuki. –

Annuisce, mi stringe forte al petto e respira a pieni polmoni contro di me.

− Questo non è mai successo. Dopo che sei uscito dalle tribune ci siamo messi a chiacchierare in spogliatoio finché non abbiamo recuperato Denki, va tutto bene e non ci siamo mai baciati. Ti piace? –

No.

Non mi piace.

Non mi piace per niente, mi fa schifo, non lo vorrei.

Ma sono un immaturo, un fragile stronzo chiuso nel muro più rigido mai creato, terrorizzato da quello che gli altri potrebbero farmi, troppo fragile per affrontare davvero le cose.

− Sì. –

− Perfetto, allora è andata. –

− Grazie. –

− Non ringraziarmi. –

Dovrei scendergli di dosso.

Dovrei scendergli di dosso e rimettermi in piedi, andare via, con lui o senza, facendo finta di niente.

Per un po' non lo faccio.

Almeno avrò un ricordo piacevole, mentre maledirò me stesso nel rimpianto di aver detto "no" a qualcosa a cui avrei voluto dire "sì".

Se solo fossi meno un codardo.

Se solo fossi migliore.

Se solo fossi... diverso, cazzo.

− Perché tu lo sappia, continuerò a provarci con te come facevo prima. Sai mai che un giorno decidi che ti va, io non ho intenzione di mollare la presa. –

− Ci stavi provando con me prima? –

− Credi che dica a tutti che sono belli in quel modo? –

Cretino.

Così mi fai ridere.

Non è giusto.

Sono io che dovrei far ridere te, sono io che ho ferito te, sono io il pezzo di merda che deve scusarsi.

Non fai altro che dare adito alla mia tesi, così.

Che sei troppo per me.

Troppo dolce, troppo carino, troppo... troppo.

− Vuoi che ti accompagni a casa? Scriviamo a Denki che non stavi tanto bene e ti porto io, se non hai voglia di... −

− Non devo andare a casa. –

Non chiedermelo.

Se me lo chiedi mi odierai.

Mi odierai e forse sarebbe meglio così, ma non voglio, io non voglio davvero. Sono un ipocrita, sono un egoista e un bastardo ma non chiedermelo, non odiarmi, non guardarmi come se ti avessi deluso, non...

− Dove devi andare? –

− Da Shindō. –

− E Shindō è... −

− Il mio ragazzo. –

Ammutolisce.

Ammutolisce e questa volta lo vedo proprio, che gli fa male qualcosa. È ferito, è...

Sospira.

− Sei davvero inconquistabile tu, eh? –

− Io... −

− Non importa, no, non importa proprio. Sono un tipo molto testardo e molto paziente, e odio perdere, per cui non importa. –

Perdere?

Perdere... me?

Io sono qualcosa che odierebbe perdere?

− Non capisco perché tu non ti sia alzato e mi abbia lasciato qui da solo, Eijirō. Onestamente ne avresti tutto il diritto. Chi te lo fa fare? – sbotto poi, perché è vero, è la verità, lui non dovrebbe essere con me, ora, ma da tutt'altra parte con qualcuno che lo tratta come merita di essere trattato.

Appoggia la fronte contro una delle mie tempie.

Dovresti volermi morto, a questo punto.

Dovresti sperare che io scompaia.

− Katsuki, io me ne sarei andato se tu mi avessi guardato in faccia e mi avessi detto che no, non ti piaccio. Me ne sarei andato se mi avessi mandato via quando ti ho baciato, l'avrei fatto se mi avessi risposto che ami il tuo ragazzo e quel che stavi facendo non era giusto. –

Mi stringe un po' più forte.

− Ma tu non mi hai detto "no", tu mi hai detto "forse". –

− In realtà è che... −

− C'è qualcosa di te che mi piace tantissimo. Non so cosa sia, se l'aspetto o il tuo modo di fare o il fatto che tu sia intelligente o cos'altro, ma c'è. E so che per te è la stessa cosa. –

M'irrigidisco.

Non è vero, non è...

− Quando dico che posso aspettare non intendo che aspetterò passivamente di lato che tu mi dia una chance. –

Mi mette le labbra proprio vicine all'orecchio.

Così sento.

Così sento anche se poco, anche se appena appena.

− Intendo che farò in modo che tu ammetta a me e a te stesso che ti piaccio così tanto che ti sembra di impazzire. –

Se fossi in piedi mi cederebbero le ginocchia.

Mi sciolgo.

Burro, burro addosso a Kirishima che mi tiene su, in piedi, mi sorregge e mi stringe nel buio e nel freddo della sera.

Tu, stronzo.

Tu non ne hai idea.

Tu non ne hai neanche lontanamente idea.

Tu non sai che cosa mi farei fare da te, se solo fossi meno spaventato di quel che sono.

Mi bacia un'altra volta, sotto l'orecchio, all'inizio del collo.

So che mi sente tremare, ma lascia perdere, scuote la testa e lascia cadere la questione.

− Meglio che andiamo, dai. – borbotta, come se non avesse detto niente un attimo fa, come se non mi avesse sentito chiaramente sciogliermi addosso a lui.

− Andia... andiamo. – ripeto, con la voce che trema, confuso e preso dal panico di non sapere minimamente che cosa dire.

Sta giocando coi miei pensieri, lo stronzo.

Mi si sta infilando nel cervello come una serpe.

− Perfetto. –

Si tira su, e mi aiuta a rimettermi in piedi, non prende la mia mano ma rimane fermo dietro di me, tira fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e non lo vedo dire nulla, mentre scrive un paio di messaggi.

Mi sento ancora il suo peso addosso.

Io...

− È Denki? –

− Shinso, sono ancora in spogliatoio. Arrivano. –

− Qui? –

− Già. –

Mi giro verso la porta, Kirishima con me, dietro di me.

Non passa tanto, solo un paio di secondi, prima che veda spuntare i capelli biondissimi dal corridoio. Stavano facendo le cosacce da qualche parte, ci giurerei, che sono spettinati come se si fossero azzuffati, ma non posso permettermi di commentare.

È quando sono a una decina di passi da noi che Kirishima appoggia le braccia sulle mie spalle e si china verso di me.

− Ah, e un'altra cosa. –

Cosa?

Cosa intende?

− Pensaci, in macchina, quando vai dal tuo ragazzo. –

− A che cosa? –

Non lo vedo, ma so che faccia sta facendo.

Quella che ha quando gioca.

Quella che sembra dirti "qualsiasi cosa farai non puoi vincere", quella arrogante, stronza, di chi sa di avere le carte in regola.

Kirishima sta sorridendo.

Perché gli ho detto di "no", ma sa perfettamente che di vero, in quel "no", non c'era niente di niente.

E di certo non è uno che si arrende subito.

− Che quello che ti toglierà i vestiti di dosso stasera, potrei essere io. –

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

QUANTO VOLETE UCCIDERMI DA UNO A DIECI???? LO SO CHE VOLETE FARLO, DITEMELO, SU, no scherzo però se dovete insultare qualcuno non fatelo col piccolo kat ma fatelo con me lui non se lo merita lui è una piccola patata insicura non vuole ma ci prova ma non sa cosa fare KATSUKI PROTECTION MEL SISISISI

ok a parte tutto

vi è piaciuto?????

ho scelto di inserire l'infatuazione reciproca super fulminea fra loro due perchè NON CHIEDETEMI COME MAI MA SE DOVESSERO DIRMI UNA SHIP FATTA DI ANIME GEMELLE AL CENTO PER CENTO VI DIREI LA KIRIBAKU quindi volevo che si rendessero conto praticamente subito di piacersi a vicenda e che la trama fosse più spostata sul cercare di abbattere le difese di katsuki che piccino è un poco come dire UN CASINO DI PERSONA SISISISISISISI (e anche perchè ho la sensazione che kirishima sia quel tipo di persona che non si sa tenere le cose, della serie kat gli piace, lui glielo dice subito. no segreti no sotterfugi, lui è diretto è onesto ecco io te lo dico tu fai quel che ti pare)

poi

perchè kirishima e il body shaming nella stessa storia? perchè gliel'hanno fatto da poco dato che nel manga a quanto pare ha meno addominali e la gente pensa che sia UN'OTTIMA IDEA DIRE CHE EH MA GLI ADDOMINALI COME SE NON FOSSE IL PIU' FICO DEL MONDO ANCHE SENZA MA SCHERZIAMO e poi un po' per menzione a fatgum e perchè sì, perchè ho deciso così e mi piace e ci sta (anche FATGUM DIOBUONDIO QUANDO E' BUONO 100% HIMBO FATGUM VENGO A LAVORARE ALLA TUA AGENZIA ASSUMIMI LAVO LE FINESTRE)

(frase sessuale alla fine il motivo è :: CINQUE CAPITOLI SENZA NEMMENO UN PO' DI GENTE NUDA MI HANNO FATTO VENIRE IL PANICO CIOE' MA SCHERZIAMO QUINDI ECCO SI)

perdonatemi ho bevuto sette caffè

si vede che sto impazzendo?

credo di sì.

ci vediamo venerdì con scottish sithe (e se tutto va bene sarà il capitolo dove sfodererò la mia maggiore comicità della serie preparatevi a venticinquemila battute oscene di mel l'uomo medio che ride per cazzo culo e vaffanculo)

ciao cuori

mel <3

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