𝚏𝚘𝚘𝚝𝚋𝚊𝚕𝚕 𝚝𝚎𝚊𝚖
─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───
Le seggioline sono scomode.
Sono scomode, di quella plastica dura che appiccica, giallo fluo, traballanti e rigide. Non riesco ad incrociare le gambe, Denki è in crisi perché non può accavallarle e dice che il suo outfit è rovinato.
C'è un sacco di casino, non so perché così tanta gente sia interessata alla partita di football di due squadre del liceo.
Fanno rumore attorno a me e mi mettono ansia, vorrei ucciderne un paio, per poter stare un po' più tranquillo.
Fa un freddo porco.
Denki trema da un'ora, mezzo nudo com'è ogni giorno della sua vita, io credo di stare per congelarmi da un momento all'altro.
Questo posto è l'apoteosi di tutte le cose che odio.
Eppure, di lamentarmi, non me lo sogno neanche.
Credo che sia una faccenda più istintiva che altro, non una cosa mentale ma puramente fisica. Non so perché coscientemente sia così, non ha alcun senso, ma...
Cazzo, non credevo che l'avrei mai detto, ma c'è qualcosa nel football di profondamente, profondamente attraente.
Sarà il fatto che si picchiano tutto il tempo, che si buttano gli uni addosso agli altri come animali, forse addirittura la messa in mostra della pura forza bruta, ma...
Mi.. piace?
Mi piace guardarlo?
Non saprei nemmeno come dirlo.
So soltanto che la parte di me meno controllata, quella fisica che non riesco a mettere in ordine come faccio con la mia intelligenza, è naturalmente attratta da questo.
Da una ventina di coglioni enormi che si corrono addosso.
Me ne vergogno, ma purtroppo non posso proprio negarlo.
Denki mi ha detto che il quarterback, oggi, lo fa Iida, il ragazzo di Sero. Non mi sta simpatico, lui, anzi, la maggior parte delle volte lo prenderei a pugni tanto per. Purtroppo è il doppio di me ed è il rappresentante degli studenti da che mondo è mondo, però potessi, giuro che lo farei.
Kirishima gioca come centrale, credo.
Denki mi ha detto che è così.
Al momento, non posso permettermi di non ascoltarlo, visto che di sicuro, io di lui sono messo peggio.
Trema dal freddo e sospira da che questa roba è iniziata.
Nell'ordine si spiaccica contro di me "perché ci facciamo caldo a vicenda", mi fa il solletico e io lo allontano con una manata, Hitoshi lo guarda e dice "oh mio Dio quanto lo amo", gli fa il cuore con le dita e ricomincia da capo.
Che routine, eh?
Considerato che io passo il mio tempo a guardare un cretino coi capelli rossi, sinceramente non mi sento nemmeno in grado di giudicarlo.
È un coglione.
Ma lo sono anch'io, quindi possiamo ignorare questo passaggio.
Kirishima corre parecchio, salta parecchio addosso agli altri e fa parecchi punti. Almeno, verso di me si gira spesso, e mi ha detto che l'avrebbe fatto, per cui ho assunto che sia per questo.
Denki dice che qualche volta si gira a caso, ma non credo.
Perché dovrebbe?
Manco mi vede bene, da laggiù.
Ci siamo messi vicino alle transenne un'altra volta, perché completamente in mezzo alla tribuna mi sarebbe venuto un colpo e accanto alle scalette so che Denki avrebbe fatto inciampare qualcuno, al fondo non avremmo visto niente e siamo approdati qui.
Ci passano vicino, ogni tanto.
E Denki, quel bastardo, dice che sorrido tantissimo, ma io non gli credo.
Non gli credo perché mi conosco, no? Io non sorrido mai, a nessuno, e che sia successo due volte con Kirishima è solo un'eccezione dovuta alla mia distrazione giovanile, niente di più.
Io riesco perfettamente a controllarmi, non sono uno scemo che fa la prima cosa che gli viene in mente, per la miseria.
Sporgo le gambe e le incastro contro la transenna, getto la testa indietro e sospiro, prima di tornare a guardare il campo pieno di gente.
I cattivi hanno la maglia gialla.
I buoni, che saremmo noi, dovrebbero averla blu.
Si riempiono di pacche sulle spalle e se la ridono fra di loro come se un attimo fa non fosse successo niente. Vi ho visti che vi spiaccicavate a terra, perché ora siete felici? Sono l'unico che se si arrabbia lo fa per bene?
Ma forse non sono incazzati.
Forse stanno solo giocando.
Ma che senso ha giocare a qualcosa del genere se non sei incazzato?
Non lo so, non lo capisco.
Però è bello.
È bello perché forse, ma solo forse, anche a me piacerebbe avere uno di quei muri di muscoli completamente spiaccicato addosso.
Probabilmente uno nello specifico.
Ma non voglio pensarci e preferisco godermi lo spettacolo così, senza pensieri, nella negazione totale delle emozioni che sto provando.
Va tutto bene, Katsuki, va tutto bene.
Non è successo niente, va tutto bene. Non sei qui a sperare che un metro e novantacinque di cretino di placchi e ti schiacci a terra e non ti lasci mai andare, no. Non stai pensando "per la miseria quanto è forte" e "per la miseria mi aprirebbe in due", no, non lo stai proprio facendo. Tu sei solo un adolescente qualsiasi ad un evento qualsiasi come tutti gli altri, e non c'è niente che non vada.
Vero?
Verissimo.
Parola di Katsuki.
Io sì, che sono affidabile.
Sono affidabilis...
Mi trema una gamba, stringo gli occhi e lo vedo.
Ne ha tirato giù un altro. Preso dal mezzo della vita e schiacciato a terra come se pesasse pochi grammi, si è tirato immediatamente su e ha ricominciato a correre.
Corre, corre, credo che faccia punto, perché si gira e quando agita la mano verso di me mi rendo conto che non stavo respirando, che il fiato ci era rimasto incastrato, nella mia gola, e che forse forse, poi così affidabile, non lo sono.
Alzo un braccio di rimando, il mio viso si distende ma cerco di non pensarci.
Sta sorridendo, lo so, anche se non lo vedo.
E cazzo, mi sa proprio che sto sorridendo anch'io.
Torna al gioco e io torno normale, imbronciato e totalmente ipocrita mentre penso e ripenso a cose che, poi, nell'effettivo, tutto sono tranne che vere.
È per la mia sanità mentale.
Se mi dicessi che mi attrae sarebbe problematico, per me.
Non sono abituato a non avere le cose sotto controllo, e in nome della mia pacifica tranquillità personale, farò finta che tutto vada bene.
Tanto alla fine che può succedere?
Le congetture di Denki sono solo stronzate.
E io non ho fiducia in me abbastanza per pensare di essere qualsiasi cosa all'infuori del gelido e freddo ingegnere che sa tutto del mondo, ma non sa niente di se stesso.
− Cazzo, 'Suki, sto crepando. Vieni qui. –
Non faccio in tempo a rispondere che mi sento trascinare di lato, come è già successo almeno una ventina di volte da che siamo qui, spiaccicato contro la spalla magra di qualcuno che si veste sempre come se fosse Ferragosto.
Che poi per carità, non è che io sia messo tanto meglio, con le mie braccia completamente scoperte e la maglietta – a detta di Denki – trasparente, però almeno non ho la pancia all'aria.
Lo sento avvolgersi contro la mia spalla, strofinare la testa contro la mia e tremare di freddo addosso al mio corpo.
− Si gela, miseria. –
− Già. – borbotto.
Non dirò che è piacevole averlo vicino, ma quantomeno ci scaldiamo a vicenda.
Non mi rende debole dirlo, vero?
No, no.
Assolutamente no.
− Qualcuno poteva avvertirci che avrebbe fatto questo freddo di merda, però. –
− Come avrebbero potuto saperlo? –
− E che mi frega, avrebbero dovuto lo stesso. –
Mi ritrovo a ridacchiargli nell'orecchio, lo sento fare lo stesso.
− Ti stai divertendo? –
Mugugno un "sì" a mezza voce che credo a malapena riesca a capire.
− Anche io. È bello vederli che si buttano addosso agli altri, se lo facessero senza maglietta sarebbe ancora meglio. –
− Sarebbe volgare. –
− Sarebbe bellissimo. –
Mi pizzica una guancia e strizzo il naso.
− Ti piacerebbe un sacco, di' la verità. –
− Mi farebbe schifo. –
− Sbaveresti più di quanto tu non stia facendo adesso. –
− Non sto sbavando. –
Non lo sto facendo, lo giuro, lo prometto su qualsiasi cosa vogliate. Sto solo... apprezzando, perché è sempre bello vedere qualcuno che esibisce la forza fisica.
Vero?
Verissimo, cazzo, ci scommetto.
− Alla faccia tua io non mi vergogno di dirlo, sto sbavando da un'ora. C'è qualcosa di più sexy di uomini alti che si corrono addosso? È incredibile, mi sembra la versione per bambini di un'orgia. –
− Denki! –
Scoppia a ridere e scoppio a ridere anch'io, perché è un cretino, ma un cretino simpatico.
− Di' che non ho ragione, avanti, fallo. –
− Non hai... −
− O, Cristo, ma cosa sta succedendo? –
Alzo lo sguardo immediatamente verso il campo.
C'è Kirishima steso su un altro giocatore, un po' come Sero l'altro giorno, ma non sembrano doloranti e credo sia solo parte effettiva del gioco.
Mi si stringe lo stomaco.
La mia testa dice...
Dice che vorrei un po' essere io.
E che non esserlo non mi piace poi così tanto.
Stringo i denti e mando via la sensazione.
− Si gioca così, cretino. –
− Ne sei proprio sicuro? –
− In che senso? –
Mi volto a guardarlo e ha quella luce infida negli occhi tipica di quando sta per stuzzicarmi o prendermi in giro. Dovrei conoscerlo e dovrei sapermi difendere, ma non è così, perché in un modo o nell'altro, sa sempre come prendermi alla sprovvista.
− Magari voleva solo buttarsi addosso a qualcuno. Magari quel giocatore è carino e voleva solo stargli vicino, magari gli sta dicendo di uscire insieme, magari... −
− Io sono carino. Ha detto a me che sono carino. –
− Ma mica ha detto che sei... −
− Mi ha detto che sono sempre più bello ogni volta che mi vede. Non sta dicendo a quel giocatore di uscire assieme, non lo farebbe mai, perché... −
Mi blocco con un brivido che mi scende sulla schiena.
Mi blocco perché mi rendo conto di quello che ho detto.
E quello che ho detto contraddice ogni singolo pensiero che mi sono costretto a formulare nell'ultima ora.
Denki sorride, piega la testa e si lecca le labbra.
− Wow, 'Suki, volevo solo prenderti un po' in giro. Non credevo che te la saresti presa, scusa, tigre, non mangiarmi. –
− Non me la sono presa. –
− No? E allora cos'è appena successo? –
Eh, dimmelo tu, che io non lo so di certo.
Il pensiero che possa essere istintivamente e naturalmente geloso di qualcuno che non conosco e che trovo solo esteticamente attraente non è ammesso nella mia testa.
Dev'essere un errore.
Sarà che sono stanco.
Sarà che il freddo mi ha rincoglionito le idee.
− Stavo constatando i fatti. Tutto qui. –
− Constatando i fatti, sul serio? –
Metto su il broncio e mi rimetto a guardare il campo senza degnarlo nemmeno di un altro sguardo, stranamente offeso, stranamente colpito nel vivo di un problema che non credevo di avere.
− Stai zitto. –
− Io posso anche stare zitto, ma questo non toglie che... −
− Stai zitto e basta, per favore. –
Ammutolisce, lo vedo con la coda dell'occhio annuire e lo sento sospirare, appoggia un'altra volta l'orecchio contro la mia spalla e tace.
"Per favore" non lo dico mai.
Lui sa come confondermi ma io so come placarlo, la situazione è tutto sommato equilibrata e sono felice che lo sia.
Rimaniamo in silenzio a guardare il gioco che procede.
Continuo a non capire molto, ma a seguire con gli occhi il venti bianco che spunta sulla divisa scura di Kirishima, come se non potessi staccarli, come se fosse l'unica cosa importante.
Non so cosa ci sia di così magnetico.
Forse il sorriso che mi costringe ad esibire quando si gira, forse i momenti in cui si toglie il casco per bere e i capelli catturano l'attenzione di tutti, forse solo che è lui.
Avvolgo meglio Denki con il braccio, inizio ad avere freddo, e sotto sotto temo di averlo offeso e non vorrei.
− Fra quanto la fanno la pausa? Magari riusciamo ad andare in macchina a prendere le felpe. –
− Fra un paio di minuti, ma non credo ce la faremmo, è pieno di gente e dovremmo rifare tutta la strada due volte. –
− Oh, merda. No, è meglio di no. –
Le cheerleader sono all'angolo del campo e le vediamo fare riscaldamento tutte assieme. Se devono entrare in campo vuol dire che faranno intervallo, potevo ben che arrivarci da solo.
− È Momo Yaoyorozu quella? – mi sento chiedere.
Denki sta indicando una persona, l'indice è in linea d'aria con una ragazza bella, alta decisamente formosa che parla con Mina, i capelli scuri legati in una coda e la divisa striminzita tutto tranne che sobria.
− Oh già, non credevo che fosse già tornata. –
− A quanto pare. –
Momo Yaoyorozu è l'unica studentessa che, per certi versi, si permette di competere con me in quanto a intelligenza. È sveglia, talentuosa, mostruosamente ricca, non esattamente nostra amica ma qualcuno che conosci per forza, se vai nel nostro liceo.
Era in vacanza fino a ieri, ci giurerei.
Ho visto una marea di sue foto al mare online, strano che sia tornata e nessuno abbia dato una festa per accoglierla.
− Se le cade una tetta per terra è terremoto magnitudo nove. –
− Puoi dirlo forte, facciamo il viaggio al centro della Terra. –
Sono enormi.
Sono davvero enormi.
E non mi piacciono le donne, né tantomeno le loro tette, ma non posso fare a meno di guardarle perché alla fine non sei tu che le fissi, ma loro che fissano te.
− Kyōka ha davvero ragione ad avere una cotta per lei. – mi sospira Denki all'orecchio, e annuisco, perché è vero, è dannatamente vero.
Kyōka è il membro mancante del trio, perché non sono stato onesto, non è vero che siamo solo io e Denki, c'è un altro anello nella nostra catena, uno piccolo, basso, strano, con una bella voce e una quantità di omosessualità che fa invidia alla mia.
Eravamo insieme all'asilo, poi alle elementari e alle medie, è con noi al liceo.
Sarebbe qui a chiacchierare fra noi due se non fosse via per un workshop di violoncello a Yokohama. Sì, suona il violoncello. E il basso elettrico, la chitarra elettrica e acustica, un po' la batteria. È un gran talento musicale, anche se da fuori sembra solo una pazza coi capelli viola e gli orecchini improbabili ogni giorno di più.
− Mi manca tanto, quando torna? –
− L'ho sentita ieri, fra due settimane è qui. –
− Mmh, spero che passino in fretta. –
− Anche io. –
Ci divertiamo, solo io e Denki, ma il trio al completo è di sicuro il mio posto felice. Nella macchina di sua madre, lui alla guida, io nel sedile del passeggero e Kyōka seduta dietro che si sporge verso lo stereo, i finestrini aperti e qualche canzone improbabile anni Ottanta a volume talmente alto che non riesco a sentire nemmeno i miei pensieri.
Mi manca, un po'.
Ma non è che sia morta, per cui lascio andare la mia infantile nostalgia con uno scrollo di spalle e faccio finta di niente.
− Le armi di distruzione di massa si muovono. Dio, spero che non succeda niente di male. –
Guardo Yaoyorozu camminare con i fianchi pieni che ballano ad ogni passo, trattengo una risata. Kyōka ha una cotta per lei da... sempre, credo? Mai dichiarata, ma palese, palesissima.
− Dovrebbero rendere illegale quel top, è un pericolo pubblico. –
− Concordo, rischiamo la vita. –
Sarà felice di sapere che abbiamo iniziato a venire alle partite, credo che non ce l'abbia mai chiesto per timidezza o qualcosa del genere, ma credo anche che in fondo ci abbia sempre sperato.
− Le hai raccontato di Kirishima? –
− No, che cosa avrei dovuto raccontarle? Non c'è niente da dire. –
− Niente? Il fatto che siamo qui tu lo chiami "niente"? –
− Oh, Denki, sta' zitto, cazzo. –
Mi stacco da lui per tirarmi su e sgranchire le gambe, quando la realizzazione mi colpisce come un fulmine a ciel sereno.
Cheerleader uguale pausa.
Pausa uguale niente gioco.
Niente gioco uguale giocatori liberi.
Giocatori liberi uguale...
− Bakugō! –
Sotto di me di mezzo metro, le braccia stese sopra la transenna, il fiatone e il sudore che cola dalle tempie, col sorriso smagliante e i capelli sciolti di nuovo.
Non mi ero reso conto che si stesse avvicinando.
Non so perché questo mi renda così nervoso.
− Mi hai guardato, Bakugō? Sono forte, vero? –
Se sei forte?
Sei...
− Hai passato la partita a guardarmi quindi o hai fatto un sacco di punti, o volevi fare finta. – borbotto, le braccia che s'incrociano davanti al petto e lo sguardo che vola da tutt'altra parte.
C'è Shinso che spunta dal campo allo stesso modo in cui ha fatto Kirishima, e Denki lo saluta praticamente urlando.
Li ignoro, quando si avvicinano l'un l'altro, perché forse sono un po' invidioso, ma forse soltanto.
− Ho fatto un sacco di punti, li ho fatti davvero! Non ci credi? –
Torno al mio, di problema troppo grosso, che mi guarda dal basso con gli occhi spalancati e l'espressione totalmente euforica.
Che ci sarà tanto da essere felici, dimmelo tu.
Io non capisco perché tu faccia questa faccia, quando sei con me.
Non credo di essere poi tanto rallegrante, per le altre persone.
− Non lo so se ci credo. Avrei bisogno di un altro parere. –
− Ma come... Shinso! Shinso diglielo anche tu! –
Lo colpisce piano alla spalla e quello si gira.
Ha fatto sedere Denki a terra, con la testa sotto la transenna e le gambe all'infuori verso il prato e non sembra molto disposto a partecipare alla nostra conversazione, ma quando viene toccato, reagisce lo stesso.
− È vero, Katsuki, ne ha fatti parecchi. –
Aggrotto le sopracciglia.
− Ne siete proprio sicu... −
− Smettila di prendermi in giro! –
Mi ritrovo a ridacchiare e a fare la stessa cosa del mio amico, piegarmi in basso, appoggiare il culo sul cemento gelido e incrociare le gambe, tirare la faccia verso l'alto.
Così lo vedo meglio.
Così può...
Mi prende dalle spalle e mi scuote appena, come se fosse ancora offeso, e gli faccio la linguaccia.
− Scherzo, non metto in dubbio che tu sia bravo. Sembri piuttosto bravo, in effetti, Kirishima. –
− Sei serio? –
Piego la testa di lato.
È più bello dal basso che dall'alto.
È bello sempre, per carità, Madre Natura non si è proprio risparmiata i dettagli quando l'ha fatto, però dal basso ha un non so che di più... maestoso.
Userei la parola "dominante" ma non voglio tradire tutta una serie di gusti sessuali improbabili che preferisco al momento tenermi per me.
− Beh, se il gioco è tirare a terra la gente sei bravissimo. –
Si gratta la nuca.
− È anche questo quindi... grazie mille! Sei davvero carinissimo, Bakugō, grazie! –
Mi sento la faccia andare a fuoco.
− Di nie... di niente. –
Vedo Denki e Shinso con la coda dell'occhio, li guardo per una frazione di secondo. Denki ha il collo teso in aria e Shinso è piegato in basso, si sorridono a vicenda, fronte contro fronte, labbra a pochi millimetri di distanza.
Anche io.
Anche...
− Quindi in ogni caso ti stai divertendo, vero? Mi spiacerebbe se ti annoiassi, non vorrei mai. –
Quando mi rigiro verso Kirishima, mi si secca la bocca.
Bastardo.
Lo fa apposta?
Forse lo fa apposta.
Ha i polsi incrociati contro la transenna, il corpo che pende contro il mio, la divisa che si alza appena sulla pancia e il sorriso meno dolce, più... malefico, forse.
Vuoi la guerra, stronzo?
La vuoi?
Prendo la maglietta che indosso, mi sporgo verso di lui e la tiro in basso come a sistemarla.
Lo so che così ci si vede dentro, dall'alto.
Lo so bene.
Lo so quanto so che infila il suo sguardo dentro il colletto largo e ce lo lascia vagare per più del tempo che riterrei conveniente per un'altra persona.
− Non mi sto annoiando. In realtà 'sta roba è meno orribile di quanto mi sarei aspettato. –
− Hai capito come funziona il gioco? –
Sbuffo.
− Assolutamente no. Se l'avessi capito non ti avrei chiesto quanti punti hai fatto, cretino. –
− Giusto. –
Si lecca le labbra, immagino le abbia secche.
− Come fai a divertirti a guardare un gioco che non capisci, allora? –
Apro la bocca per rispondere ma la voce non esce.
Come faccio, mi chiedi?
Beh, ti guardo, e ti guardo saltare addosso alla gente, correre, sudare, guardarmi e...
Vampata di coraggio che nasce dal nulla e senza un motivo preciso, prendo fiato, lo guardo e rispondo seccamente qualcosa che forse non avrei dovuto dire, ma che dico ugualmente.
− Allo stesso modo in cui tu ti diverti a venire in laboratorio a farmi fare cose che per te non hanno senso. –
Reggo il contatto visivo.
Temo di non riuscire ma lo faccio, lo faccio davvero e per un solo istante mi sembra che voglia... mangiarmi, quasi.
− Io so perché mi sono divertito a guardarti in laboratorio, Bakugō. –
− E io so perché mi diverto a guardarti qui. –
Si avvicina di più con il viso, si flettono i muscoli delle braccia sotto il tessuto sottilissimo della divisa, mi sembra tanto più alto di me, tanto più grosso in generale.
− Non credo che sia lo stesso motivo. –
− Questo proprio non puoi saperlo. –
Rimango a fissarlo così intensamente che a malapena mi rendo conto dell'urlo che arriva a pochi metri da noi.
Iida, quello con gli occhiali.
Dice "venite qui, dobbiamo parlare della strategia".
Credo che anche Kirishima lo senta, perché da immobile com'era si sposta un po', si tira su, si mette per bene in piedi.
Però non va da loro.
No, lui mi sistema i capelli dietro l'orecchio e indugia un po' con la mano sul lato del mio collo, l'appoggia sulla spalla, muove il pollice avanti e indietro contro la mia clavicola come se mi stesse... accarezzando.
− Se vado a giocare continui a guardarmi? –
Annuisco senza rispondere, non credo di farcela a parole.
− Perfetto. Ci conto, allora. –
Sposta la mano verso l'esterno, fa per staccarla.
Istintivamente non so perché io metta la mia sopra la sua per fermarlo, so che lo faccio, che lo tengo fermo lì per un attimo.
Alza appena un sopracciglio in un'espressione puramente interrogativa.
Deglutisco l'imbarazzo.
Tanto non mi sente nessuno.
Tanto non significa niente, tanto è una cosa detta a caso, tanto... tanto non rischio.
− Se non ti giri verso di me quando fai i punti non capisco più come sta andando il gioco. –
− Stai dicendo che non devo smettere di farlo? –
Prendo un grande respiro.
− No, per favore. –
− Dio, prima o poi mi farai impazzire. –
Alzo lo sguardo di scatto.
− Eh? –
− Niente, niente. Io... vado, ok? Ci vediamo dopo la partita? –
− Non avete altre pause prima? –
Scuote la testa e sorride in un modo che non comprendo, non so se allegro o rassegnato o cos'altro.
− Questa è l'ultima. –
− Allora ci vediamo dopo. –
Stacco la mia mano dalla sua, aspetto che se ne vada, o anzi, più che altro che faccia per andarsene, si giri all'ultimo e mi dica qualcosa con le labbra e basta.
Ma non lo fa.
Sorride e si allontana.
Non so perché.
So solo che la cosa mi contorce lo stomaco in un modo che preferirei, sinceramente, proprio non succedesse.
I restanti quindici minuti di gioco li passo nell'evasione più spietata, con gli occhi incollati a Kirishima e Denki che m'interroga manco fossi ad un esame di stato.
"Che cosa vi siete detti?"
"Ti ha toccato, l'ho visto!"
"Ti è piaciuto?"
"Vorresti rifarlo?"
"Dillo che ti piace da far schifo, dillo, dillo, dillo e basta."
Maledetto.
Apprezzo che cerchi di farmi capire le cose e di metterle in chiaro, ma qualche volta non serve forse anche un po' di calma?
Gli ho chiesto di smettere di pressarmi e ha smesso, perché a quanto pare funziona fargli vedere che non sono esattamente a mio agio, e abbiamo parlato di altro per tutto il tempo in avanti.
Ora come ora ho capito solo che abbiamo vinto.
Abbiamo vinto, c'è un sacco di gente felice di questo e un sacco no, alcuni urlano, altri si sbracciano e altri ancora escono dalla tribuna correndo, i giocatori sono rientrati in spogliatoio e le cheerleader hanno fatto il numero di chiusura, io sto guardando la fiumana di persone come se mi avesse fatto qualcosa di male.
Io, là dentro, in quella merda, non ci vado.
Piuttosto aspetto mezz'ora che si allontanino.
Piuttosto faccio nottata sulle seggioline scomode.
Ma col cazzo che mi metto a sgomitare fra le persone in quel modo becero e ansiogeno che non farebbe altro che farmi uscire di testa.
− Te la senti di andare? –
− No. –
Denki tiene la sigaretta in bilico fra le labbra, sorride.
− Me lo aspettavo. –
− Però se tu vuoi andare vai, ci vediamo quando riesco a tornare indietro. –
− E ti lascio qui da solo? –
− Mica c'è nessuno che mi dà fastidio, scemo. –
Valuta la proposta squadrandomi da capo a piedi. Non sembra convinto, ma so che vorrebbe andare, lo so bene. A lui piacciono le altre persone, non lo spaventano le folle, mi sembrerebbe ingiusto, scorretto persino, farlo rimanere qui per un problema solo mio personale.
C'è Shinso che lo aspetta di là, Sero, chissà chi altri, non posso mica legarmelo addosso, no?
− Quanto sei sicuro di questa cosa da uno a tantissimo? –
− Tantissimo, Denki, sul serio. –
− Mmh, non lo so, non sono sicuro che... −
− Se c'è qualche problema ti scrivo. –
Prende un altro tiro, stringe gli occhi e sospira.
− Non scrivermi, chiamami. – capitola alla fine, annuendo e tirando fuori il cellulare per attivare la suoneria e premurarsi che le notifiche siano attive.
Lo sono, lo rimette in tasca, spegne il mozzicone contro la transenna ma lo tiene in mano per non buttarlo per terra.
− Vado? –
− Vai, Denki. –
E va, va verso la gente che esce e che cammina a pochi metri da noi, s'infila fra di loro e passa, completamente tranquillo, per andare dall'altra parte.
Non so se invidio questa cosa delle persone normali.
Non so se preferirei essere socievole e non avere un timore insito e trascinante delle folle.
Forse qualche volta sì.
Ma ormai che sono così, direi che va bene lo stesso.
Appoggio le spalle contro la transenna e incrocio le braccia, guardo in alto, sospiro ad alta voce.
Stavamo flirtando, prima, io e Kirishima? E lui sapeva che lo stavamo facendo, e lo sapevo io? Perché non si è girato a dirmi niente? Che cosa intendeva quando diceva che "lo faccio impazzire"?
Che sono noioso?
Che sono fastidioso?
Che mi odia?
Che mi trova adorabile?
Che gli piaccio?
Mi rendo conto di avere il bordo del pollice fra i denti in un attimo, ma non riesco a toglierlo, rimango a mangiucchiarmi le pellicine come l'ansioso che sono.
Gli sono sembrato un cretino?
Magari ha pensato che non potrebbe mai trovare attraente qualcuno che non sa niente di football.
Magari ha pensato che sono il primo ragazzo biondo che non gli piace.
Magari adesso non vuole più vedermi.
Ma mi ha detto che mi avrebbe guardato, quindi che senso ha?
Non mi ha detto niente perché non aveva niente da dire, potrebbe darsi anche questo. Ci sta, non è che debba sempre avere un complimento nel taschino, può anche risparmiarselo, non c'è una legge che lo impone.
Però non riesco a darmi pace.
Com'è possibile?
Come cazzo è possi...
Sobbalzo quando sento la mia gamba iniziare a tremare di botto.
Mi stanno chiamando, credo.
Mi stanno...
Ho modificato il mio cellulare che avevo undici o dodici anni, perché non so che problema abbiano le compagnie telefoniche moderne, ma la vibrazione non si sente per un cazzo e la suoneria non è detto che io sia sempre in grado di poterla ascoltare.
Detto questo credo di aver fatto un lavoro anche troppo meticoloso, perché quello che era il tentativo di farlo muovere un po' di più è stato il trasformarlo in uno di quei massaggiatori per la schiena che potrebbero fare un buco nel muro.
Prendo il cellulare con le dita e sistemo gli occhiali.
È Denki? Ha deciso che torna indietro?
Forse è Kirishima che deve dirmi il mio complimento, che si è reso conto di esserselo scordato, forse mi sta cercando, forse...
Ah.
Lui.
L'ultima persona a cui pensavo ora.
Chissà che cosa c'è.
Chissà che cosa vuole.
Apro la chiamata.
− Shindō, ciao. Che c'è? Bisogno di qualcosa? –
Ride dall'altra parte della cornetta.
− Devo aver bisogno di qualcosa per poter chiamare il mio ragazzo? –
Sospiro e un po' sorrido fra me e me.
− No, immagino di no. –
Shindō Yō ha ventitré anni, è più alto di me – ma meno di Kirishima ad occhio e croce, nel caso qualcuno ci stesse pensando – e più maturo, ha i capelli scuri, un bel viso, un carattere... pacato.
L'ho conosciuto quest'estate, al corso di perfezionamento di programmazione che hanno fatto all'università dove studia, non quella che sceglierei per me, ma interessante senza dubbio.
Studia informatica, ma non sembra un informatico.
È troppo carino per esserlo.
È quel tipo affascinante, di bell'aspetto, che un po' sembra sapere tutto del mondo e un po' sembra odiarti, ma che alla fine trovi attraente proprio per questo, perché se la tira.
Non che se la tiri ancora così tanto, ha smesso.
Ma all'inizio trovavo affascinante la sua... spietata ambizione.
− Dove sei? –
− Ad una partita di football. –
Ride nella cornetta, non capisco cosa ci sia da ridere.
− Tu ad una partita di football? Davvero? Mi prendi per il culo? –
− No, sono qui con Denki, sul serio. Hai qualche problema? –
− Figurati, no, è solo strano. Come mai sei andato? –
Mi mordo la lingua.
"Perché il tipo a cui faccio ripetizioni è attraente e volevo vederlo giocare".
Non si può dire.
− Ho accompagnato Denki a vedere Shinso che gioca. –
− Ah, ok. –
Shindō e io non siamo calorosi l'un l'altro e non siamo una coppia piena d'affetto. Ci piacciamo esteticamente, siamo sessualmente piuttosto compatibili, le cose vanno bene e sono tranquille, niente di più e niente di meno.
Certo, se io non avessi...
No, non è il momento.
Non è nemmeno un problema serio.
Non dire stronzate.
− Vieni da me dopo? –
Mi guardo le punte dei piedi.
Vado da lui dopo?
Io...
Non mi sento in colpa con lui per il motivo che mi ha spinto a venire qui.
Non è una relazione fatta per durare, lo sappiamo entrambi, non gli devo un'immancabile fiducia esistenziale, non siamo quel tipo di coppia.
Mi sento in colpa per Kirishima.
Perché forse sono un pezzo di merda che lo illude e basta.
Ma illudere di che, mi dico dopo un attimo, mica mi sono dichiarato, mica si è dichiarato lui, non c'è problema.
Lascio perdere la questione.
− Sì. Chiedo a Denki di accompagnarmi. –
− Ancora niente patente? –
− Sai che mi fa paura guidare. –
Non andrò perché credo di dovergli qualcosa. Non andrò per stare con lui, per offrirgli la mia compagnia o il mio corpo, non è questo il motivo.
Ho accettato perché ho bisogno di distrarmi.
E di coprirmi dalla testa ai piedi nascondendomi dalla sensazione di star perdendo il controllo ogni istante di più.
− Ti sei divertito? –
− Più del previsto. –
− Menomale. –
Ridacchia e lo faccio di conseguenza, anche se continuo a non capire che cosa ci sia da ridere.
− È comunque meglio di quando ti chiamo e mi fai una testa così coi tuoi cavi, Katsuki. Sono piuttosto pro a questa cosa dello sport, davvero. –
Mi mordo l'interno della bocca.
Questo è un errore mio.
Credevo che... credevo che gli sarebbe interessato quel che facevo, viste le cose che studia. Ma come l'informatico anomalo che è, le trova indifferenti, e un po'... noiose.
− Non credo che succederà. – borbotto.
− Sperare è sempre un'opzione. –
La dice come battuta, lui, che trova i miei discorsi... pesanti. Ma non credo lo sia, ho ben presente l'espressione sul suo viso quando attacco a parlarne.
Però non c'è niente di male, no?
Avere interessi diversi non è negativo.
Non lo è.
Non lo è di certo.
− Magari vado a farmi una doccia. – mugugna poi, il rumore della sedia della sua scrivania che scricchiola di sottofondo.
Sorrido fra me e me.
− Che lusso, ma grazie. –
− Oh, non fare lo stronzo. –
Rido con un senso, adesso, e lui non lo fa.
− Fra quanto pensi di arrivare? –
− Un'ora, un'ora e mezza. –
− Ok. Ci vediamo dopo. Fa' il bravo. –
Faccio per allontanare il cellulare dal mio orecchio.
− Mai. –
La telefonata si chiude e rimango a guardarmi attorno come un cretino.
Cazzo, perché mi sembra che tutto sia sbagliato?
Perché mi sembra di star facendo una cosa orribile?
Sto solo andando dal mio ragazzo, non sto rapinando un'anziana, non sto picchiando un bambino. È piuttosto normale che lo faccia, no?
Eppure mi sembra di star facendo qualcosa che non va.
C'è da capire per chi, potrebbe non andar bene. Per Shindō? Per Kirishima?
O forse per me?
Dio, non ne ho idea.
Ma pensarci mi mette ansia.
Più ansia, decido bilanciando la situazione, che infilarmi nella folla.
Quindi forse è il caso che...
Forse è il caso che vada. Meglio non pensare a niente, meglio trovare qualcosa che mi estirpi ogni singolo dubbio dal cervello, che sia Denki che parla o Kirishima che sorride, la gente che mi si schiaccia addosso o cos'altro.
Non ho davvero lo spirito e la voglia di mettermi a riflettere ancora.
E temo davvero che se ci pensassi su giungerei a conclusioni che non mi piacerebbero, per cui forse è meglio non trarle, quelle conclusioni, e far finta ancora una volta che tutto vada bene.
Mi spingo in avanti, prendo un grande respiro e inizio a farmi strada.
Non è tanta quanto mi aspettavo, la gente. Sembrano molti di più da fuori, ma di fatto non è che debba sgomitare più di tanto.
Certo, che mi tocchino anche solo involontariamente mi mette un'incredibile senso di disagio, ma mi dico che basterà un attimo, che fra pochissimo sarò dall'altra parte e nessuno mi toccherà più, che devo solo resistere.
Non è niente di drammatico, Katsuki.
Su, con calma e con metodo, come fai qualsiasi cosa. Spostati di qua e girati di là, evitali come se fossero lebbrosi, cerca di ignorare la sensazione di aria che ti manca nel petto e datti pace.
Non succede niente.
Non succede...
Il mio orecchio suona.
No, un attimo, non il mio orecchio.
Il mio apparecchio acustico, suona.
E suona nel momento più sbagliato, nel più improbabile e nel più stronzo, come se qualcuno da lassù volesse punirmi o che cazzo ne so io, come se qualcuno stesse solo aspettando questo.
M'irrigidisco.
Lo sento fare "biiiiip".
Mi fermo.
E quando tiro su la testa, mi rendo conto che non sento più niente.
Merda, merda.
Si è scaricato.
Come ho fatto a non pensarci?
Ho le batterie nel portafogli, vero?
Cazzo, non sento niente.
Come ho fatto a dimenticarmene? Ho il calendario pieno di note sui giorni in cui la batteria dovrebbe smettere di funzionare, perché oggi non l'ho guardato?
E ora che...
Qualcuno mi passa dietro e mi sento colpire la schiena.
Vado un po' avanti per evitare la persona dietro di me ma sbatto contro un'altra, qualcuno mi sfiora il braccio, qualcun altro sembra spuntare dal nulla più completo alla mia sinistra.
Cazzo, non sento.
Non sento, non sento, non vedete che non sento?
Andate via.
Siete troppi.
Non fatemi niente, vi prego.
Mi sento mancare l'aria.
Non sento, non sento, non sento niente. Sento a malapena il battito del mio cuore, sento... sento a malapena la voce dei miei pensieri.
Cerco di guardare a terra per riprendermi ma non funziona, non funziona, vedo solo le persone, un sacco di persone, persone e persone e altre persone ancora e io come faccio, non riesco a respirare, non riesco a... non riesco... io...
Non sento niente.
Vi prego, lasciatemi stare.
Non è colpa mia se non sento.
Io non ho fatto niente.
È vero, sono uno stronzo, ma non vi ho fatto niente di male.
Lasciatemi andare.
Io non sento.
Ci sono nato, non è colpa mia.
Lasciatemi passare, andatevene, smettere di schiacciarmi, non calpestatemi, non fatelo, non...
Sto tremando, so di star tremando, e quando muovo la mano per cercare il cellulare nella tasca qualcuno mi passa vicino e mi sbatte contro la spalla, il telefono cade per terra e io vengo sbalzato in avanti, mi piego per raccoglierlo ma ci sono altre persone, altre ancora, tutte intorno a me, tutte addosso a me, tutte che...
Stringo le dita sul cellulare.
Ma mi rendo conto che anche la vista mi si è appannata.
Merda, sto piangendo?
Merda, lasciatemi stare.
Provo a tirarmi su ma non riesco, perché mi tremano le ginocchia e mi manca il fiato, vorrei chiedere aiuto ma la voce non esce, mi sembra che la folla mi stia schiacciando.
Lasciatemi andare.
Vi prego, lasciatemi andare.
Voglio scappare, voglio scappare e andare via e respirare e sentire e...
Qualcuno si china verso di me.
Non so chi sia.
Mi alzo e indietreggio in un attimo.
Chi sei?
Cosa vuoi?
Non ti sento.
Perché parli se non ti sento?
Muovi le labbra troppo in fretta, non le vedo.
Chi sei?
Smetti di parlare così velocemente.
Smetti di dirmi cose che non posso capire, smettila, smettila, io non ci sento, non ci sento, non ci sento, io non...
Mi stringo le braccia addosso, verso il petto.
Mi sento un cervo in autostrada, con gli occhi aperti contro i fanali, prima di essere colpito dal cofano di una macchina.
Ho paura.
Ho paura, ho paura.
Denki, dove sei?
Torna, Denki.
Perché mi sono infilato in questa situazione?
Perché?
Dovevo rimanere a casa, dovevo farmi i cazzi miei, non pensare che posso essere come tutti gli altri ragazzi del mondo perché non sono come tutti gli altri ragazzi del mondo, no, io sono solo...
Debole.
Debole e inerme e non fatto per questo mondo.
Sono...
Vedo rosso prima di vedere qualsiasi altra cosa.
Si dice che molte specie animali non vedano tutti i colori ma solo il bianco, il nero e il rosso. Non so perché, forse che è il colore del sangue, il colore del pericolo, delle ferite, della fuga.
Io mi sento un animale, in questo momento.
Una bestiola indifesa incastrata in una tagliola che guaisce sperando che qualcuno la liberi.
Un cerbiatto qualsiasi che si è messo di sua sponte nella trappola passandoci sopra e ora non sa come uscirne.
Vedo rosso prima di vedere qualsiasi altra cosa.
Dall'altra parte della folla, non distante o lontano né particolarmente vicino, davanti ad una porta di plastica blu che ha scritto sopra "spogliatoi".
Non è che l'immagine sia chiarissima, continuo ad avere gli occhi pieni di lacrime, il fiato che manca e la testa che rimbomba del silenzio assordante che non posso fare a meno di sentire, però lo riconosco.
Rosso.
Rosso fuoco, rosso sangue.
Rosso di qualcosa che conosco.
Rosso e basta.
Le mie gambe si muovono da sole. Non so con quale forza o con quale energia, non so come, lo fanno e basta.
Forse l'adrenalina del panico puro che sento, forse l'istinto puramente irrazionale di mettermi in salvo.
Se avessi visto Denki avrei fatto la stessa cosa.
E questo mi stupisce, o almeno stupisce il minuscolo grammo logico che ancora mi rimane in corpo, perché Denki lo conosco da tutta la vita, questo stronzo da meno di due settimane.
Passo fra la gente con le lacrime che non smettono di scendere.
Provo a premere e ripremere il pulsante di accensione dell'apparecchio acustico ma fa solo "biiiiip" prima di spegnersi e non dare minimo segno di vita, vorrei strapparmelo via dall'orecchio e lanciarlo per terra, se non fosse costato una fortuna e appositamente progettato per le mie esigenze, lo farei.
Rosso.
Seguo il colore rosso.
Menomale che è alto, mi dico.
Non l'avrei mai visto se fosse stato basso come me.
Menomale che è alto.
Menomale che...
Sta parlando di nuovo con Mina Ashido, credo che la ragazza coi capelli neri di spalle che intravedo sia Momo Yaoyorozu o qualcun'altra della squadra, ma se prima questa cosa mi aveva fatto salire la bile fino all'ultimo capello, al momento non riesce ad interessarmi.
M'interessa che sono terrorizzato.
Che mi manca il fiato nel petto.
Che mi sembra di morire ad ogni passo, che vorrei scomparire o essere inghiottito dal pavimento, mangiato e fagocitato dal nulla più assoluto, e che il rosso verso cui sto correndo è al momento la cosa più sicura che vedo.
Non so se sia la più sicura anche in confronto a qualcun altro, non so se avrei fatto lo stesso con Shinso, con Iida o Sero. Non so se l'avrei fatto con Shindō. So per certo che da Denki sarei corso, e anche da Jirō, ma loro sono le persone più importanti della mia vita.
Non ho tempo di chiedermi perché lo stia facendo, in ogni caso.
So solo che lo faccio.
Che spunto fuori dalla folla davanti agli spogliatoi, con la faccia un casino e il petto che fa su e giù così in fretta che non so neppure se stia davvero respirando da quanto poco l'aria mi rimane nei polmoni, le gambe che tremano, le mani strette al petto come se mi stessi per proteggere.
Credo che mi veda.
Credo che mi veda perché cambia completamente espressione.
Il sorriso si trasforma in preoccupazione e apre la bocca per dire qualcosa ma non lo sento, non lo sento e non leggo le sue labbra, io...
Faccio tre passi in avanti.
Schiaccio la faccia contro il suo petto, avvolgo la sua vita con le braccia e chiudo gli occhi, lo stringo forte, così forte che mi sembra non vedere più niente, non essere più da nessuna parte, di scomparire.
Gli trema lo sterno, sta parlando.
Ma non lo sento.
So solo che non lascio andare.
E vorrei spiegarmi ma non posso, e immagino di sembrare uno scemo in questo momento, un pazzo psicotico che spunta fuori dal niente e ti abbraccia totalmente a caso, ma non posso fare nient'altro.
Non posso proprio.
S'irrigidisce.
E quando so che sta per allontanarmi da sé, contro ogni mio pronostico, si rilassa, respira pacificamente contro di me e... mi accarezza i capelli.
Stacco poco poco gli occhi per guardargli la faccia.
Sorride.
Mi sorride.
Mi sorride anche se...
Parla piano, quando lo fa, e nonostante la condensa sulle lenti dei miei occhiali è chiaro che cosa mi dica, chiaro ed evidente.
− Va tutto bene, Katsuki. Ora ti porto in un posto più tranquillo. –
Sbatto le palpebre.
− Va tutto bene. – ripetono le sue labbra.
Provo a respirare ma singhiozzo quando tiro l'aria fra le labbra.
− Non c'è niente che non va. –
Vorrei dire qualcosa, non riesco.
Ma non serve.
Non serve davvero.
Non serve quando mi stringe un'altra volta e appoggia il mento sopra la mia testa, infila le mani fra i miei capelli e respira contro di me.
Questo, è tutto quello che serve.
Questo e la strana sensazione di sicurezza che, purtroppo per me e per le mie congetture pragmatiche e logiche, davvero mi scalda il cuore.
─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───
⟿ ✿ per contesto preciso solo che shindō è lui (dell'arco della licenza provvisoria, della ketsubutsu) e che l'ho scelto come ragazzo di katsuki per una questione di praticità.
siccome vi ho chiesto un parere vi spiego anche perchè ho fatto questa scelta e perchè non ho scelto altre delle alternative che mi avete dato (e vi ringrazio tantissimo per questo!!!!)
ho scelto shindō per tre motivi:
1) non è caratterizzato. quindi posso usarlo per la trama senza preoccuparmi del fatto che certe cose siano in character o out of character, non necessariamente devo sottostare ad un personaggio già dato
2) non è pieno di fan che mi avrebbero linciata al minimo accenno
3) è indubbiamente di bell'aspetto e esteticamente credo che sia un po' il tipo di katsuki
per quanto riguarda le altre opzioni:
- no a midoriya perchè non voglio inimicarmi le bakudeku shippers e per il motivo che vi ho spiegato nella prefazione
- no a shoto perchè lui e kat non li vedo affatto compatibili e shoto è un pezzettino di pane e non sarei in grado di assegnargli un ruolo "negativo"
- no a monoma perchè a differenza di shindō è caratterizzatissimo, e obiettivamente kat non starebbe mai con uno come lui. non sono proprio compatibili, non me li vedrei assieme neanche per una relazione "tanto per"
- no a dabi perchè a) non riesco a fargli del male piccolo ancielo del cielo, b) è un personaggio molto complesso e "usarlo" per un ruolo secondario mi spiacerebbe, c) ha una psicologia davvero difficile da analizzare e rischierei solo di rendere la trama inutilmente complicata da quel punto di vista. questa è una storia su kat e su kirishima, se ci avessi messo dabi, conoscendomi, sarebbe stata una storia su dabi. stesso identico problema con shigaraki, è troppo complesso per essere un secondario, e non me la sento di trattarlo con superficialità vista l'enorme quantità di cose che ci sono dentro il suo personaggio.
- no ai personaggi femminili perchè in questa storia katsuki è gay
e niente, questo è, spero che condividiate le mie scelte e se non lo fate mi fa piacere parlarne, se avete qualche domanda mi fa super piacere :D
per il resto ci vediamo domenica con scottish sithe,
kisses,
mel <3
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top