𝚍𝚛𝚎𝚊𝚖𝚜

!! smut alert (sperando che io ancora mi ricordi come si fa ma ci ho provato dai) !!

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

– Katsuki, co... –

Gli stringo il viso con le mani.

Mi alzo sulle punte dei piedi, lo tiro giù con tutta la forza che possiedo.

– Io e te non siamo amici. –

Incontro resistenza, incontro rigidità da parte sua, incontro la confusione, la sorpresa, incontro forse anche timore.

Ma non m'interessa.

Non mi interessa, davvero.

Non me ne frega un cazzo.

– Io e te non siamo... –

Chiudo gli occhi.

– ... amici. –

L'acqua inonda il suo corpo sopra il mio, colpisce le sue spalle, colpisce il retro della sua testa, poi scola in rivoli morbidi verso di me, ci lega come se fosse colla, ci infradicia entrambi, ci mescola.

Le mie labbra sono aperte.

Le sue no.

Ma...

No.

Eijirō, no.

Io non voglio quel che tu credi io voglia.

Io non voglio che ti fermi.

Non voglio che ti trattieni, non voglio che tu mi dica belle parole e che tu nasconda l'istinto che hai di divorarmi, non voglio che tu sia spaventato da quanto mi vuoi.

Io voglio...

Insisto.

Lo bacio anche se lo sento rigido.

Voglio che tu mi voglia con la foga che credevi mi avrebbe spaventato.

Voglio che mi brami.

Voglio che mi desideri.

Voglio che tu...

Tenta di staccarsi.

Non glielo permetto.

Spingo più forte le labbra contro le sue, lascio scivolare via le mani dal suo viso per passarle sulle sue spalle, sulla pelle nuda che sento bollente sotto le mie dita.

Credi che io sia un angelo?

Credi che io sia così fragile e delicato da non poter essere nemmeno sfiorato?

Scorro sui muscoli delle braccia, sento e tasto coi polpastrelli ogni ansa, ogni rientranza, ogni curva sulla sua pelle.

Credi che quella sera non ti sarei caduto fra le braccia se non fossi stato ubriaco?

Credi che questo sia solo un caso?

Oh, Eijirō.

No.

Cazzo, no.

Assolutamente...

Prendo le sue mani con le mie. Intreccio le nostre dita assieme, poi tiro indietro.

Mi stacco e nello stesso istante metto le sue dita aperte sul mio corpo, sulla mia pelle.

Sbatto le palpebre.

I capelli scarlatti sono bagnati, spinti indietro dall'acqua, la rasatura ai lati del suo viso si nota meglio del solito, così come il colore argenteo della barretta che ci collega le estremità superiori di un orecchio.

Ha le pupille dilatate.

Le spalle tese.

La mascella serrata.

Sono stanco di avere paura di te e quello che puoi farmi, Eijirō.

Sono sfinito.

Sono esausto.

Voglio cedere.

Sto cedendo.

Ma non posso cedere da solo.

Io devo cedere...

Devo cedere assieme a te.

– Io e te non siamo amici, Eijirō. –

Tiene le pupille incollate alle mie. Gli si legge in faccia la voglia sconfinata, bruciante, di lasciarle vagare ovunque, su di me, sul mio aspetto, ma resiste e le tiene là, immobili.

Prende fiato.

Non gli lascio il tempo di parlare.

– Non voglio che ti fermi. Chi ti ha detto che potevi fermarti? –

L'acqua che gli scivola dalle spalle lo fa sembrare più minaccioso, non saprei ben dire perché. Forse è sapere che il getto della doccia non mi colpisce perché c'è lui in mezzo che copre completamente la mia stazza con la sua, forse è solo l'immagine così maschile di lui senza vestiti che mi guarda dall'alto.

– Credi che io non voglia quello che vuoi tu? Credi che io non lo desideri come lo desideri tu? –

C'è un fuoco che brucia dentro di me, un incendio che divampa e lascia di tutto ciò che c'era prima solo cenere.

Timore?

Timidezza?

Non contano niente, ora.

Ora conta...

Conti tu.

Contiamo noi.

– Io ti voglio. Anche io ti voglio. –

La sua mascella si contrae, vedo dal suo viso come la pelle s'increspi e distenda al movimento.

– Voglio che tu mi distrugga. Voglio che tu mi faccia piangere e che tu mi faccia tremare, voglio che tu mi rovini per gli altri. Voglio che tu faccia di me tutto quello che vuoi. –

Spingo le sue mani su di me.

Non stringe, è in balia dei miei movimenti e pare non avere volontà che non sia quella di farsi guidare da me, non reagisce.

– Puoi avermi, Eijirō. –

Sta fermo.

Lui sta...

– Puoi avermi, se mi vuoi. –

Passa un secondo in cui l'unico rumore che sento è quello dell'acqua che sbatte contro il piatto di ceramica della doccia.

Poi la sua glottide si muove.

Deglutisce la saliva.

Prende fiato.

Il suo petto si distende piano.

– Se ti voglio? –

– Sì. Se mi vuoi. –

– Se ti voglio, Katsuki. Se ti voglio. –

Distoglie lo sguardo da me, fissa per un istante un punto sopra la sua testa, in linea diretta al suo viso.

Poi torna dov'era.

– Lo sai che dopo non si torna più indietro, vero? –

Se lo so?

Dio.

Lo so perfettamente.

È esattamente il motivo per cui...

– Eijirō, io credo che tu non stia capendo quello che io voglio da te ora. –

Mi sbilancio in avanti.

Piego la testa indietro, lui la piega in avanti per riuscire a guardarmi, spingo più forte le sue mani su di me.

– Io voglio che tu mi scopi. Ora. –

Prendo fiato.

Lo fa anche lui.

I nostri corpi tremano l'uno accanto all'altro.

– Quindi ora te lo chiederò per l'ultima volta. –

I miei occhi cedono per un attimo e mi ritrovo a guardargli le labbra, come l'acqua le circondi scolando da lui a me.

Con la testa spostata così un paio di ciocche dei suoi capelli cadono verso di me, qualche filo rosso fra il suo viso e il mio.

– Vuoi scoparmi, Eijirō? –

Sento...

Io sento...

Le sue dita si muovono.

Se prima erano morbide e senza volontà sotto le mie, ora...

Non stringe.

Ma si muove.

Lui...

– Sì. –

Il nero delle sue pupille si dilata, si apre e si espande mangiando l'iride circostante un istante alla volta.

– Puoi farlo. –

Il suo corpo trema.

Lo fa anche il mio.

– Puoi guardarmi, puoi toccarmi e puoi scoparmi. –

La sua pelle è calda, sempre più calda, così calda che non mi stupirei se l'acqua che la bagna evaporasse in timide nuvolette attorno a noi.

– Quindi... –

Le sue dita stringono.

– Quindi fallo, ti prego. –

E la rigidità si rompe, la ceramica si crepa, il vetro si dirama in mille frammenti che l'aria fa inevitabilmente cadere a terra uno dopo l'altro, la volontà si spezza, e al suo posto compare la belva, quella che le catene tentavano così disperatamente di contenere, quella che s'imprigionava dietro un muro di distacco.

Cede.

Cede con me.

Cediamo insieme.

E l'emozione è così forte che a parole, nemmeno saprei descriverla.

È...

È...

Le sue dita affondano nella mia carne come se volessero passarci attraverso, il suo corpo pende sul mio, le labbra che prima parevano non voler ricambiare spalancano le mie, le cercano le vogliono, le toccano.

Se un attimo fa era la tensione, a circondarmi, ora è...

Lui.

È lui.

– Cazzo, Kat. –

Mi bacia come se baciarmi fosse respirare, come se stesse annegando e l'aria fossi io, la mia bocca, il mio sapore.

Mi bacia con foga.

La sua lingua s'intreccia con la mia, il collo quasi mi fa male da quanto indietro lo devo piegare.

Qualche ora fa non era così.

Qualche ora fa era sfiorare le nostre labbra nella luce del giorno, era affetto ed era dolcezza.

Ora...

Chiudo gli occhi.

Lo voglio.

Voglio quello che sei fuori di qui. Voglio la persona che sei quando siamo in pubblico, quando siamo nel mondo, voglio quel Kirishima che sa di dolcezza e parole dette sempre al momento giusto, voglio la persona d'oro che sei.

Ma voglio anche questo.

Voglio il Kirishima che mi tocca come se volesse lasciarmi i segni addosso, voglio il Kirishima che mi bacia come se volesse divorarmi, voglio il Kirishima con le pupille dilatate e il corpo teso che vuole soltanto profanare ogni angolo di me.

Voglio tutto.

Dammi tutto.

Io voglio...

– Cazzo, cazzo. Cazzo. –

Stringe più forte, poi scende.

Sposta il viso dal mio, lascia le mie labbra per cercare l'incavo del mio collo, la spalla, la carne chiara e distesa che sovrasta la mia clavicola.

La respira, la mia pelle.

La respira.

La...

– Cazzo. –

Apre le labbra, morde.

La mia testa cade indietro, sbatte con un tonfo sordo sulla parete della doccia, la schiena s'inarca, le mani vagano, poi trovano appiglio sulla sua schiena dove afferrano il più saldamente possibile le sue scapole, i muscoli delle sue spalle.

Morde ancora.

Morde più forte.

– Eijirō, fai pia... –

Si stacca.

– No. –

Chino lo sguardo per cercare il suo, lo trovo.

Non c'è più iride.

C'è solo la pupilla.

C'è solo...

– Per favore, fai... –

– Ho detto di no. –

Alza un braccio, lo tira via da me come se farlo gli facesse fisicamente male, poi lo avvicina al mio viso, passa sopra le labbra col pollice come fa sempre.

– Se vuoi davvero che smetta colpiscimi la spalla due volte. Ok? –

Sbatto le ciglia.

– Non posso dirtelo a paro... –

Mi tappa la bocca.

Spinge la mano su di me, la mia testa indietro finché non è attaccata alla parete della doccia, la mia voce svanisce, si spezza, ammutolita e soffocata in un secondo.

Poi morde di nuovo.

E io riesco solo a chiudere gli occhi, mentre non posso far altro che lasciarlo fare, bloccato come sono sotto l'acqua della doccia, completamente alla sua mercé.

Non faccio niente.

Nulla.

Lui percorre il mio collo, le mie spalle, con le labbra e con i denti.

Io non faccio niente.

Niente che non sia inarcarmi ogni volta che mi sfiora, che mi tocca, tremare al contatto con lui, cercarlo disperatamente con le mani che non riescono né ad aggrapparsi né a spingerlo via.

Sono...

Completamente impotente.

Completamente inutile.

Uno strumento.

Uno...

Succhia la mia pelle piano, mi scaldo sotto di lui, gemo come posso ogni volta che passa la lingua sulla carne che un secondo fa stava mordendo.

Pare volermi persino masticare.

Pare volermi al punto da...

– Dio, Katsuki. –

Lascia un bacio nello spazio fra la mandibola e il collo.

– Sei... –

Inspira la mia pelle, il mio odore.

– Tu sei... –

Si stacca. Si allontana da me pur mantenendo la mano sulla mia bocca, si distanzia di qualche centimetro.

Fissa lo sguardo dovunque, su di me.

Mi studia.

Mi mangia con gli occhi.

– Sei bellissimo. Non sai quant'è che volevo vederti così. –

Strofina gli occhi su di me, beve ogni dettaglio, ogni centimetro.

– Non mi sembra vero, cazzo. –

Con la mano libera passa sul fianco, sulla pancia, sul petto. Stringe e lascia andare, tasta, saggia, stringe. Sfiora un capezzolo, io sussulto, lui sorride.

– Sembra un cazzo di sogno. –

Rispondo con un mugugno, oltre la sua mano, che non significa niente.

Alza i bordi delle labbra.

– Vuoi dire qualcosa? –

Ripeto il mugugno.

– Mmh, sembra di sì. –

Atterra con la mano sulla mia vita, la stringe, poi scorre dietro, sulla schiena, sulla curva della spina dosale, sul...

Stringe.

Quando la sua mano finisce dov'è che entrambi sapevamo sarebbe arrivata, stringe.

Gli rotolano gli occhi all'indietro, quando lo fa.

– Merda. –

Mugugno di nuovo.

Lui strizza più forte.

Mugugna anche lui, ma se il mio è un tentativo di risposta, un tentativo di parlare, la sua è solo soddisfazione.

– Cazzo, hai idea di quanto ho aspettato questo momento? Hai un'idea, Kat? Di quante volte ti ho guardato e ho sperato di fare questo? –

Respira.

Non c'è niente del Kirishima che cerca di trattenersi, in lui.

C'è solo...

Si avvicina al mio viso.

– Hai idea di quante notti ho passato a guardare quella foto sperando di poterci essere dentro, di poterti toccare? –

Mi si ferma il sangue nelle vene.

Lui tocca di nuovo.

Tocca.

Tocca tutto.

– Di quante volte sono venuto pensandoci? –

Sento i miei occhi spalancarsi.

Sento...

Caldo.

Tanto caldo.

Tanto...

Appoggia la testa sul muro di fianco alla mia.

Le sue labbra sono proprio sopra il mio orecchio.

– Hai anche solo un'idea di quanto io ti voglia, Katsuki? –

Ridacchia.

Il suono è...

Basso.

È sensuale.

– Se ne avessi un'idea non saresti venuto qui a pregarmi di scoparti. O forse sì? –

Mugugno ancora, cercando di rispondere, ma come prima, non riesco a farmi capire.

– Vuoi saperlo? Vuoi sapere quanto mi piaci? Quanto mi fai uscire di testa? –

Decido che cercare di rispondere è inutile, capisco che farlo lo è, opto per muovere il capo su e giù nel tentativo di annuire.

– Vuoi saperlo? Sul serio? –

Ripeto il gesto.

– Ok, allora. Va bene, va... –

Prende la mia mano con la sua.

Se la porta addosso.

La lascia scorrere, sotto le sue dita che la guidano, giù verso la parete dei suoi addominali, giù per la discesa solida della sua pancia.

Rallenta.

Non si ferma.

Non si...

– Sentilo, Katsuki, quando ti voglio. –

Arriva fin dove deve arrivare.

– Sentilo. –

Solo in questo istante, solo ora, mi consento e concedo di spostare i miei occhi dall'alto verso il basso, dal guardarlo in faccia a guardare di lui una parte che fin'ora non avevo mai visto.

Vedo.

Lo vedo.

Lo tocco.

Lo...

Mi si secca la gola.

Stringo le dita e mi si secca la gola.

Merda.

Dio gli ha dato davvero tutto, a questo stronzo, eh?

Tutto, il pacchetto completo.

Miseria.

Domani non si cammina.

Mi trema la mano.

La muovo anche se trema.

Piano, prima verso l'alto e poi...

– Bravo, Kat, così. –

Mi devo mordere l'interno della bocca per non gemere troppo forte.

Devo...

È tutto... troppo.

Troppo caldo, troppo bello, troppo... troppo.

Il cuore mi batte forte nel petto, il sangue mi attraversa le vene come un fiume in piena, la mia pelle pare sottile e tremolante, la testa svuotata dei pensieri e piena soltanto di uno strano banco di nebbia rossastra che ottura e confonde tutto.

Mi sento sovraccarico.

Ogni secondo è più caldo del precedente, più bello del precedente, e...

Muovo di nuovo la mano.

– Così, così. –

Non mi fermo.

Guardo e mi muovo.

Sto qui, con gli occhi sbarrati, col cervello che pian piano si scioglie, e muovo la mano su di lui.

È...

Tanto.

È tanto.

È...

La sua voce è più gutturale, quando mugugna, quando geme. È più di petto, più sforzata, è decisamente più sensuale. Sembra che non riesca a trattenersi, sembra che stia perdendo la testa come la sto perdendo io.

E nel marasma di non sapere chi dei due è chi, chi dei due è più perso e chi più cosciente, quel tanto che ora vivo improvvisamente mi pare poco, mi pare troppo poco. Diventa non abbastanza, e inizio a volerne...

Muovo la mano appena più velocemente.

– Stiamo iniziando a diverti... ah.... a divertirci? – scherza, interrotto dal suo stesso gemito, gli occhi nei miei che volano dal suo sguardo alla mia mano alternativamente.

Mi lecco le labbra, so che sente la punta della mia lingua passargli sul palmo della mano.

– Direi di sì. –

China la testa verso di me.

Affonda le labbra fra i miei capelli bagnati.

– Ti piace, eh, Katsuki? Dillo, che ti piace. –

Annuisco.

– Forse abbiamo scoperto un'altra cosa che Katsuki adora di Eijirō. No? –

Annuisco di nuovo.

– Oh, Kat. –

Stringo le dita.

Geme nel mio orecchio.

Il suo corpo s'irrigidisce.

– Sei... –

Tiro su la mano libera e l'appoggio su quella delle sue che mi copre la mano.

Lo guardo.

Sbatto le ciglia.

– Mmh? –

Batto sulla sua mano.

– Vuoi che la tolga? –

Sposto in alto e in basso il capo.

– Vuoi parlare? –

Catturo i suoi occhi coi miei.

Lo so, cosa vede, nelle mie iridi, lo so.

Vede...

Scuoto la testa.

No.

Non voglio parlare.

Non voglio...

Sorride.

– In tal caso... –

La toglie, la mano, ma prima che io possa fare qualsiasi cosa mi passi per la mente, prima la sua bocca si appoggia sulla mia, il suo respiro e il mio diventano uno, mi geme fra le labbra.

Dopo, mi lascia andare.

Dopo.

Prima mi bacia.

Poi...

– Fai come ti pare. –

E io faccio come mi pare, perché è tutto troppo ma anche troppo poco, e io ne voglio...

Di più.

Lo spingo indietro, mi aggrappo alla sua vita, lo lascio andare.

Poi abbasso un ginocchio sulla ceramica della doccia.

Abbasso l'altro.

E poi guardo in alto, stringo nuovamente le dita attorno a lui e non parlo, non dico una parola, solo rimango lì, a farmi fissare a sua completa, totale disposizione.

Mentirei se dicessi che non ho mai immaginato questa scena.

L'ho fatto.

Più di una volta, ben più.

Ma l'immagine che mi si para di fronte agli occhi non ha nulla a che vedere con le pallide forme che la mia mente tentava disperatamente di riprodurre.

Toglie il fiato.

Eijirō Kirishima toglie il fiato.

Quando lo guardo dal basso, quando lo vedo di fronte a me nel suo intero metro e novantacinque, senza un singolo vestito addosso, mi toglie il fiato.

È...

Mi sento insignificante.

Insignificante e adorante.

Minuscolo sotto il suo sguardo che mi scava, che mi apre e mi seziona, inerme e indifeso sotto la sua volontà che mi schiaccia.

Mi sento debole.

Ho sempre odiato sentirmi debole.

Ma ora, ora...

Lo osservo e basta, per un attimo.

Lo guardo.

Quella che emana di solito è un'aura soffice, morbida, comprensiva. Ti abbraccia, ti fa sentire tiepido, al sicuro. Ti guarda e ti pare che nulla abbia più la minima importanza, perché c'è lui, con te, e niente potrà andare storto.

Ma questa non è calma.

Questo non è tepore.

Questo è incendio.

Questa è foga.

Questa è la sensazione di guardarlo, di guardare le sue spalle larghe, la forma così rigida, così affilata del suo corpo, del suo viso, e sapere che non c'è scampo, non c'è sicurezza, non c'è via d'uscita.

Ho sempre odiato sentirmi debole.

Ma qui amo sentirmi tale.

Perché non è il mondo, che mi divora quando lascio intravedere la parte più fragile di me, ma è lui, e sono disposto a subire questo, se è lui a farlo.

Strappa gli occhi dai miei.

Li chiude.

– Cazzo, Kat, non hai idea di cosa tu mi stia facendo. –

Alzo una mano e l'appoggio sul lato di una delle sue cosce, muovo le dita piano per accarezzarlo.

– Lo so, invece. So cosa sto facendo. –

Deglutisco la saliva.

Continua a non guardarmi.

Pare aver paura di farlo, come se dentro i miei occhi ci fosse qualcosa di scuro, qualcosa che teme di attraversare.

Ma non deve avere paura.

No, non deve averne.

Va bene.

Lo voglio.

Io...

– Posso farlo, Eijirō? –

Annuisce.

Non lo dice a parole, ma annuisce.

Io però voglio che lui me lo dica.

Voglio che lui sia chiaro.

Che...

– Ti prego, dimmi che posso farlo. –

Mi sistemo meglio sulle ginocchia.

Avvicino il mio viso a lui, finché non è a contatto col suo corpo.

– Ti prego. –

Riprende il fiato che sembrava aver perso.

Riapre gli occhi, torna a guardarmi.

Annuisce di nuovo.

– Puoi farlo. –

Ed è allora, quando mi dà il permesso, quando dice che posso, che poi io lo faccio per davvero.

Sposto la mano dal suo fianco a lui, la muovo su e giù un altro paio di volte, poi prendo fiato, pianto gli occhi sui suoi e apro la bocca.

Lo faccio.

Guardami.

Io lo faccio.

Perché voglio.

Perché...

Come stringo le labbra le sue dita volano fra i miei capelli, afferrano le ciocche chiare, non spingono né mi muovono ma si aggrappano a me.

Un gemito gutturale gli rotola via dalla gola, io lascio che il mio corpo si rilassi e...

Vado giù.

Finché riesco.

Vado...

– Cazzo! –

Gemo addosso a lui quando sento la sua voce.

Sì, Eijirō.

Sì.

Dimmi che ti piace.

Dimmi che ti piaccio.

Dimmi che ti faccio stare bene.

Dimmi...

Copro la parte di lui che non riesco a far entrare fra le mie labbra con la mano, appoggio la lingua sull'arcata inferiore dei denti, mi muovo.

Su e giù.

Piano.

Pia...

Stringe più forte i miei capelli.

Mi fa male.

Mi fa...

– Cazzo, cazzo. Kat, cazzo. –

Rilasso di più le labbra, la gola, quando lo lascio rientrare vado un po' più a fondo, un po' di più.

Faccio fatica.

La glottide si stringe ma la costringo a rimanere morbida, sento le lacrime dello sforzo annidarsi sulla rima cigliare dei miei occhi, sbatto le palpebre per cacciarle.

Torno a guardarlo.

Sì, così.

Guardami.

Guardami dall'alto, dove devi stare, sopra di me. Guardami come se mi adorassi, come se fossi la cosa più bella che hai visto, e assieme goditi quel che faccio per te, perché è solo per te, perché è a te che voglio dedicarlo.

Bramami, Eijirō.

Desidera solo me.

Succhio più forte.

Il suo corpo trema.

– Porca puttana, Katsuki. –

Non cedo.

Non rallento.

No.

Di più.

So che posso fare di più, so che posso averne di più, so che posso fare meglio, ancora meglio, che posso farti stare meglio, che posso darti di più.

Mando giù poco alla volta, spingo il mio corpo al limite poco alla volta, ignoro la gola che si stringe, le lacrime che ora colano dalle ciglia invece di rimanerci disperatamente aggrappate, vado giù, più giù, più...

Non sono io a staccarmi per prendere fiato.

È lui.

Mi strappa via da sé tirandomi i capelli.

Appena lo fa, la prima reazione che ho è quella di lamentarmi.

Lo faccio.

Lascio uscire dalle labbra un verso di lamentela, un capriccio.

– No, no. No. – borbotto, col collo che immediatamente cerca di tornare dov'era prima, la lingua che inumidisce le labbra nell'istinto di aprirle.

Mi strattona indietro.

– Katsuki. –

– No, no, Eijirō, no. Ancora. –

– Katsuki, un secondo. Dio, un secondo. –

Sporgo il labbro nel mio solito broncio e cedo.

– Che c'è? –

Ridacchia, quando mi rivolgo a lui in quel modo.

Ridacchia e lascia vagare lo sguardo per un secondo, prima di riportarlo su di me.

– "Che c'è"? Ti stavi strozzando, "che c'è". –

– Non mi stavo strozzando. Stavo iniziando a prenderci gusto. Hai qualche rimostranza? –

Stringe le labbra e alza le spalle.

– No, ma non voglio che tu... –

– Non ti preoccupare di me. Preoccupati di te stesso. –

– Sì, ma... –

Strattono la mia testa in avanti, le sue dita cedono. Atterro su una delle sue cosce, giro il viso verso l'interno, lo guardo dal basso.

Sorrido.

– Non siamo qui per preoccuparci del povero piccolo Katsuki, Eijirō. No? –

– Non voglio farti male. –

Sbatto le palpebre, poi mi avvicino a lui e ci premo le labbra sopra in un bacio appena accennato.

– Non vuoi o credi che io non voglia? –

– Io... –

– Perché io voglio che tu mi faccia male, Eijirō. Io voglio che tu mi faccia tutte le cose orribili che pensi mi spaventino tanto. –

Salgo e lo bacio di nuovo.

La mia voce trema, ma la mia decisione, quella no.

– Io non sono mica fatto di vetro. Posso sopportare qualche colpo, mica mi rompo. –

Piego la testa.

– E se mi rompessi sono piuttosto certo che troveresti un modo per rimettermi insieme, sbaglio? –

Arrivo dov'ero prima, ma non mi allontano, lascio che stia sul mio viso e che mi guardi così, offerente, offerto.

– Quindi smetti di farti problemi che non ci sono e fai quel che vuoi fare. –

Prendo un respiro profondo, prima di dire le ultime parole, perché so che cosa potrebbe venire dopo e spero, spero che arrivi.

Scandisco bene le lettere.

– Usami, Eijirō. Usami. –

E spero bene, perché la mia richiesta, lui l'accoglie.

Rimette la mano fra i miei capelli e non strattona piano, strattona forte, mi sposta senza nemmeno fare fatica esattamente come vuole che faccia.

– L'hai chiesto tu. –

– Sì, l'ho fa... –

– Apri la bocca e smetti di parlare. E ricordati che questo l'hai chiesto tu. –

L'euforia si spande dentro le mie vene attorcigliata ad un nodo di paura che rende tutto meno lineare, meno liscio, più eccitante.

Obbedisco.

Smetto di parlare.

Apro la bocca.

– Due colpi sulla coscia se è troppo, come prima. Ok? –

Annuisco.

– Perfetto. –

Poi tira indietro la mia testa, non aspetta un secondo e non mostra la minima premura, prende se stesso e si fa passare attraverso le mie labbra, e...

Arriva in fondo.

Dove cercavo di farlo arrivare prima.

Arriva in fondo.

La mia gola si stringe, il mio corpo s'irrigidisce, per un attimo mi manca l'aria e mi sembra di morire, ma poi...

Poi arriva il caldo.

Poi arriva la consapevolezza.

E mi rilasso, mentre sento il suo corpo che si muove sopra il mio, come se io fossi niente più di un oggetto, fuori e dentro da me, perché gliel'ho chiesto, perché lo voglio, perché questo è esattamente quello che voglio da lui.

Questo.

Io voglio...

– Così, lo volevi, Katsuki, così? –

Non riesco a rispondere, ma cerco di rilassarmi di più per farglielo capire.

– Dio, qualche volta ti sottovaluto. –

La sua mano mi muove la testa su se stesso, tutto quello che devo fare è tenere la mascella rilassata e lo faccio, come posso, mentre tutto di me trema e sussulta ogni volta che arriva in fondo.

– Tu però sei il migliore in tutto quello che fai, no? Il migliore, Katsuki. –

Geme qualcosa che somiglia al mio nome, sento il suo corpo irrigidirsi, le lacrime mi appannano la vista ma cerco di mantenere gli occhi attaccati ai suoi.

– Lo sapevo, che c'era, questo, sotto quella facciata timida. C'è, non è vero? –

Mi aggrappo con le mani al retro delle sue cosce, la foga dei suoi movimenti mi fa sentire come se potessi cadere da un momento all'altro nonostante io sia in ginocchio a terra.

– Lo lasci vedere poco ma se uno guarda abbastanza attentamente lo vede. –

Gli pianto le unghie nella carne.

Geme di nuovo.

Il suo respiro si fa più affannoso, così il mio.

– Tu sei una troia, Katsuki. –

Il mio corpo si fa denso in un attimo.

Mi sento rigido.

Mi sento bloccato.

Ma poi...

Poi mi rilasso.

E il sangue non è sangue, è fuoco.

– Lo sei, no? E allora fatti trattare come tale. –

Il suoi movimenti diventano irregolari.

Diventano più veloci.

Diventano...

– Manda giù. –

E mando giù, un attimo dopo, quando trema fra le mie labbra e viene lì, giù, dentro di me, stretto dalla mia gola.

Mando giù.

Senza nemmeno dubitare per un attimo che è quello che io debba fare.

Lo guardo cadere a pezzi, lo guardo disfarsi addosso a me e per me, grazie a me, sto fermo, rilassato, neutro contro lui che mi dà un verso e un senso, e mando giù, perché è quello che lui vuole che faccia, perché devo fare quello che lui vuole.

Non lo so, se vengo anch'io.

So che mi pare di farlo.

Perché qualcosa dentro di me si apre, si sblocca, e so nel momento in cui lo fa, che indietro, non ci tornerà mai.

Quando l'aria torna e Kirishima non è più dentro di me, la prima cosa che faccio, è tossire.

Mi appoggio sulla sua coscia, chino la testa e tossisco.

Ho la faccia un casino, so di averla un casino, mi sento gli occhi gonfi e la gola che pizzica, il mio corpo trema e non riesco a fermare le lacrime.

Le articolazioni mi sembrano essersi allentate, le mie membra sciolte, mi ritrovo in un ammasso di parole confuse e mugugni a cercare di tornare in me, distrutto.

Non ci mette molto, a riprendersi, lui.

Non ci mette molto a chinarsi e a tirarmi su con calma, le mani sulle mie cosce e il corpo che sorregge il mio, sotto il getto dell'acqua.

Pare che neppure sia successo tutto quel che è successo un secondo fa, per lui.

Che posso comprendere il motivo per cui io sto peggio, credo possano farlo tutti, ma da qui a non aver patito nemmeno un minimo...

L'acqua diventa più calda.

Kirishima ha girato la manopola per scaldarla come piace a me, temperatura inferno.

La rigidità che s'era raggrumata nei miei muscoli scorre via col picchiettare dell'acqua.

Chiudo gli occhi.

– Sei stato bravo, Katsuki. – mi sento dire, dopo un po', con le parole quasi sussurrate al mio orecchio, pacate, tranquille.

Prendo aria.

– Sono stato bravo? –

– Molto bravo. –

– Bene. –

Muove una mano sulla mia schiena, piano e delicatamente.

– Che ne dici se ci laviamo, ora, e poi andiamo a letto? –

Emetto un verso d'assenso.

– Spero tu non intenda a letto a dormire. –

Fa spallucce.

– Intendo a letto a fare qualsiasi cosa ci venga voglia di fare quando saremo là. –

Annuisco.

Sì, così va bene.

Così sono d'accordo.

Stringo come riesco i polpacci attorno alla sua vita, tiro su le braccia per circondargli il collo.

– E cosa ti verrà voglia di fare quando saremo là? –

Gli parlo fissandogli le labbra, persino alzare lo sguardo verso i suoi occhi mi sembra uno sforzo, in questo istante.

– Non ne sono sicuro. Tu hai qualche idea? –

Ridacchio, mi sporgo per premere le labbra sulle sue.

È...

Bello quando s'incendia.

Bello quando si spegne.

Bello quando mi vuole e bello quando si prende cura di me.

È tutto bello.

Ogni parte.

Anche volendo, non riesco a trovare un difetto.

– Ho delle idee piuttosto esplicite. Se vuoi te le illustro. –

– Credi che riuscirei ad ascoltarle senza eccitarmi troppo e finire per scoparti qui e ora contro le piastrelle della doccia? –

Piego la testa e lascio che la reazione del mio corpo alla sua malizia mi scorra addosso.

– Questo non lo so. Cos'è che ti farebbe eccitare troppo e farti finire per scoparmi qui e ora contro le piastrelle della doccia? –

Sospira.

– Basta la tua voce, in realtà, e il fatto che sei nudo. A dirla tutta sto già resistendo abbastanza. –

Appoggio il naso contro il suo ma quando si allunga per baciarmi indietreggio appena, lascio che rimanga dello spazio fra noi, per riuscire a parlare.

– Sei debole, Eijirō Kirishima. Tutti questi muscoli inutili, perché sei debole. –

– A te? Debolissimo. –

Cerca di nuovo di avvicinarsi ma indietreggio ancora.

Per evitare che scappi mi appoggia al muro dietro di me, da lì, non posso piegarmi indietro.

– Ti ho in pugno, signor giocatore-di-football-alto-un-metro-e-novantacinque. Ho scoperto il tuo punto debole. –

– Tu sei il mio punto debole dalla prima volta che ti ho visto. –

Mi raggiunge, mescola le labbra alle mie, si rilassa contro di me che a mia volta mi rilasso.

Questo è dolce, di nuovo, come stamattina. Forse più malizioso, forse con quella punta di consapevolezza di cosa verrà dopo, ma dolce.

Gli tengo il viso con le mani, lui mi sorregge dai fianchi, l'acqua ci cade addosso bollente e per un secondo mi sembra che ci sommerga, che chi isoli dal mondo esterno.

Potesse il mondo essere un'infinita reiterazione di questo singolo istante, allora sì che vorrei scoprire il segreto della vita eterna.

È il momento più pacifico che abbia mai vissuto nella mia vita.

È il più calmo.

Quello dove io, a ragion di tutto, sto meglio in assoluto.

Quando mi stacco niente di quello che di solito ha importanza per me ne ha davvero. Tutto mi pare distante e mi pare surreale, mi pare sfumato.

Sorrido.

So che sorrido.

Sorrido e piego la testa, perché è quello che sento di fare, perché provo un affetto tale per questo ragazzo che anche solo impedirmi di far questo mi sarebbe impossibile.

– Lo sai che mi mandi in cortocircuito ogni volta che dici queste cose, vero? –

– Anche se mi dici che sono un ruffiano? –

– Anche se ti dico che sei un ruffiano. –

Stringe le labbra, annuisce.

– Lo sapevo anche questo, che in realtà le cose romantiche ti piacciono. Che ti piace farti trattare un po' come una principessa. –

– Lo sapevi? –

– Ho gli occhi, e credo di essere piuttosto bravo ad usarli quando si tratta di te. –

Rido piano, lo fa lui, sposto le mani sulla sua fronte e tiro indietro i capelli rossi, gli libero il viso, voglio vederlo in faccia, voglio che mi guardi bene.

– Avevi ragione quella volta che hai detto che sei tipo da relazioni. Sei bravo in queste cose. Sei bravissimo. –

– È solo perché si tratta di te. –

– Smetti di dire queste cose smielose o mi colerà il cervello dal naso. –

– Continuerei a volerti anche se ti colasse il cervello dal naso. –

Gli batto l'indice sulla punta del naso.

– Maledetto. Lo sai che sei un maledetto? Sei un maledetto basta... –

– Ssh, vieni qui. –

Ricomincia a baciarmi, le mie parole sfumano addosso alle sue labbra in una risata sfiatata, sottile, rispondo al bacio e mi dimentico quel che stavo dicendo fino ad un attimo fa, lo lascio perdere.

Vorrei rimanere qui per sempre.

Vorrei che non ci fosse nient'altro al mondo che non sia quello che siamo ora.

Vorrei...

Qualsiasi stronzata io stessi tentando di fare dicendoti di no l'ho fallita in partenza, non è vero? Ora è chiaro, quanto idiota sia stato provarci, ma lo era anche prima, no?

Avrei dovuto capirlo quando mi hai detto che ero bello da toglierti il fiato. O quando mi hai chiesto cosa stessi facendo col mio circuito, quando hai mangiato il mio cibo sul tetto, quando hai stretto il mio corpo che tremava per proteggerlo da quello di tutti gli altri.

Là, non ora.

Là.

Non c'era modo che io scappassi dalla tua rete, Kirishima.

Non c'era.

Sarei inevitabilmente sempre finito vittima di quello che sei, perché non è importante quanto ci abbia provato, quanto abbia tentato di crederci, quello che sei alla fine è sempre più forte di qualsiasi cosa io tenti di mettere in mezzo.

Io non uscirò indenne da niente, se si tratterà di me e te.

Io non riuscirò a difendermi da niente.

Ho perso in partenza.

Non ho mai avuto una chance.

Tu sei sempre stato troppo perfetto perché io avessi anche solo una speranza di sfuggirti.

Quando si stacca ha gli occhi un po' lucidi, che cercano i miei.

– Vorrei che questo fosse ogni giorno della mia vita, Katsuki. Non m'interessa quanto idiota posso sembrare nel dirtelo, ma vorrei che questo fosse ogni giorno della mia vita. –

Annuisco.

Lui riprende fiato.

– Vorrei che tu ci fossi in ogni giorno della mia vita. –

Mi guarda per evitare che anche solo la più piccola parola si perda, per accertarsi che lo ascolti, che sia là con lui.

– Vorrei che un giorno tu capissi quanto realmente tu sei importante per me. –

Sento le sue parole e le assorbo, le lascio penetrare dentro di me, le lascio scendere in profondità.

Ho tanta paura di te, perché ho tanta paura di quanto di me tu stringi fra le mani.

Però quella paura, quella tanta, troppa paura diventa sottile quando...

Mi fido.

Ciecamente.

Mi fido.

Tu hai detto che per te sono importante? Mi fido, mi fido. Mi fido perché sei tu, perché lo dimostri, perché se l'hai detto è perché lo intendi.

Non c'è spazio per il dubbio.

Io...

Abbasso la fronte contro la sua.

– Io li ho sempre odiati i tipi come te, Eijirō, lo sai? –

Sbatte le palpebre.

– Come me? –

– Onesti, presi, affettuosi. Io li ho sempre cercati grandi, distaccati e antipatici. Li ho sempre voluti stronzi. Io quelli come te non li ho mai voluti. Tranne che poi mi sono accorto che... –

Gli stringo il mento con una mano.

– Quelli come te non esistono. Nessuno. Mai. In nessun momento della mia vita. Qualsiasi cosa tu sia, io come te non avevo mai visto nessuno. –

Stringo forte la sua mandibola, forte per quanto posso, che quindi nei suoi standard sarà un timido "appena appena".

– Tu mi piaci un sacco, cazzo. Mi piaci fuori, dentro, mi piaci vestito, nudo, mi piaci. Mi piaci e basta. E un po' ti odio per questo perché mi fai sentire un cretino. –

Sbatte le ciglia di fronte a me.

È emozionato, si vede, ma è anche divertito, ed è carina la commistione di queste due cose sul suo viso.

– Ti faccio sentire cretino? –

– Un coglione di merda. E sai qual è il peggio? –

– Qual è? –

– Che mi piace pure sentirmi un coglione di merda. –

Ride piano, rido io, mi bacia col sorriso.

– Questa è la confessione più strana e più adorabile che abbia mai sentito. –

– Lo è, e così te la tieni. –

– Oh, sì che me la tengo. –

– Ecco, bravo. –

Mi bacia di nuovo, sempre col sorriso, che però poi un po' scompare, come se se ne fosse dimenticato, e me ne dimentico anch'io perché torna a far caldo e ridere diventa meno importante, la cosa fondamentale è stare qui, vicini, toccarci, baciarci, stare attaccati, stare...

Si stacca lui.

Lascia scivolare via le mani dalle mie cosce e mi aiuta a rimettermi in piedi.

Un po' mi allontana da sé.

– Time-out, siamo al limite della sopportazione. Basta. Ora ci laviamo. Ci baciamo dopo. –

Incrocio le braccia al petto.

– Sei al limite? Davvero? Nemmeno un altro minutino? –

– Un altro minuto e il mio cervello si stacca. Non so cosa potrebbe succede se il mio cervello si staccasse. –

– Forse sarebbe carino vedere cosa succede. –

– Forse lo sarebbe se fossimo su un letto e non dentro una doccia. –

Chiudo la bocca, sporgo il labbro, sbuffo.

Kirishima scuote la testa.

– No, no, così no. Il broncio mi stacca il cervello. Non fare il broncio. –

Ritraggo il labbo, alzo il centro delle sopracciglia.

– Il broncio? –

– Il broncio. E quello che stai facendo ora con le sopracciglia. E la tua faccia. E il tuo... oh, miseria, il tuo culo. –

Mi guarda come se fosse colpa mia quando palesemente non è...

– Chiudi gli occhi, allora. –

– Impossibile, se li chiudo poi l'immaginazione parte e... –

Gli schiaffo una mano sul braccio.

Il rumore è secco e lo interrompe.

Sospiro.

– Ok, ho capito. Laviamoci. Va bene. Basta che la smetti di... –

– Anche se mi tocchi il mio cervello si stacca. Non te l'avevo detto? –

Scuoto la testa, esasperato.

– Sei un cretino. –

Lui sorride.

Mi guarda con un misto di voglia, di interesse e di affetto, in modo dolce e malizioso assieme, come se davvero di me volesse e adorasse ogni piccola parte, ogni parola.

Mi bacia una guancia, prima di prendere lo shampoo e passarmelo.

Mi guarda negli occhi.

– Lo sono. Per te, poi, miseria, davvero non potrei fare altrimenti. –

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

L'ULTIMO ARRIVA A BREVE (il 9) (e non l'ultimo della storia l'ultimo del MAGICO FESTIVAL DELLE SCIENZE)

I SWEAR

ARRIVA

intanto vi chiedo COM'è QUESTO NON SCRIVO SMUT DAL MILLESEICENTO PLS datemi un feedback mi pare sempre di dimenticarmi come si scriva lol

e niente

il prossimo arriva fra poco

vi mando un bacino

mel :D

ps un grazione per il betareading a v4ltor e rayxbenzina <3

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