𝚌𝚒𝚐𝚊𝚛𝚎𝚝𝚝𝚎𝚜
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Le suole delle mie scarpe scricchiolano sul selciato.
Affondano fra la ghiaia del sentiero che porta direttamente dal campo di football alla palestra, strisciano e fanno attrito. Cerco di non sbilanciarmi sul platform alto quelli che saranno cinque centimetri buoni, procedo in linea retta circondato da una nuova di fumo all'uva che ci precede.
L'aria mi arriva direttamente sulla pancia e rabbrividisco.
Maledetto Denki.
Maledetto lui e le sue idee di merda, maledetto me per aver detto "sì", maledetto il mondo, maledetto questa merda di crop-top che sembra più un reggiseno che altro.
"Sì ma ha le maniche lunghe", ha detto, il bastardo, mentre me lo sistemava addosso e mi lamentavo di quanto freddo avrei sentito.
Le maniche lunghe.
Utili, se ho tutto il torso, dalla parte bassa dei pettorali alla "v" del bacino, scoperto.
Cerco di reprimere i tremori e di mantenere una parvenza di umanità.
Mi sento...
Non lo so, come mi sento, vestito così.
Un po' strano di sicuro, un po' fuori posto, perché non sono decisamente abituato. Però c'è qualcosa di impaziente, dentro di me, e lo riconosco.
Non mi sono mai vestito... bene. Non mi sono mai vestito impegnandomi.
Almeno, non di fronte a lui.
Le cuciture arancioni dei jeans neri che porto entrano nel mio campo visivo periferico quando muovo un altro passo sul selciato.
Denki dice che l'arancione fluo è il mio colore. So di avere due perfette linee di eye-liner disegnate fra le ciglia della stessa tonalità, so che anche i lacci dei Dr. Martens lucidi che Denki mi ha prestato riprendono quello stesso tono, ma non so effettivamente quanto mi possa stare bene.
Mi sono visto...
Bello?
Non lo so.
Mi sono visto un po' sexy, questo sì. Ed è stato strano, per me che vivo il mio corpo come qualcosa con cui non sono in conflitto, ma con cui di certo nemmeno vado d'accordo.
La fila di perline che attraversa la mia vita tintinna quando mi muovo.
Sembro scemo?
Vestito così, gli sembrerò scemo?
O magari gli piacerò?
Non ne ho idea.
Non ne ho davvero idea.
So che...
Questa è una mossa plateale. Questo è un modo di attirare l'attenzione meno timidamente nascosto del solito, è una dichiarazione.
"Guardatemi".
Forse è più...
"Guardami".
Voglio che mi guardi?
Voglio che mi guardi e che mi trovi...
Stringo le braccia verso il corpo, porto con me i gomiti dei miei amici ancorati ai miei, mi faccio piccolo piccolo tra le loro spalle.
Va tutto bene, Katsuki.
Va tutto bene.
Jirō ha un body tanto sgambato che quasi le si vedono le tette di lato, Denki ha una gonna di PVC trasparente e olografica con un paio di pantaloncini sotto che lasciano all'immaginazione forse solo un centimetro di pelle, non sei da solo, non sei l'unico.
E poi non sei tu che le cose non le fai mai a metà?
Non sei tu che dici sempre "se devo farlo, lo faccio bene"?
L'hai fatto bene.
Che problema c'è, allora?
C'è che...
Ho le lenti a contatto, quindi non trovo nessuna rassicurazione nel peso della montatura sul mio naso che di solito mi fa sentire nascosto, ho il viso completamente scoperto.
Mi sento nudo.
E non so se mi piaccia sentirmi nudo.
Mi sembra... un rischio. Mi sembra l'atto di stendermi su un vassoio e chiedere ad ogni persona che mi veda di prendere un pezzo di me e dirmi di cosa sa.
Detesto espormi così.
Ma l'idea, solo l'idea, la minuscola, persistente idea del viso di Kirishima che mi dice che sono bello mi costringe a camminare ancora.
Non mi sono vestito così per lui.
Mi sono vestito così per me stesso. Per decidere di pormi come qualcosa di sensuale, una volta tanto, e di vivere i miei maledettissimi diciotto anni come un ragazzo che qualche volta non teme di esporsi. Però...
Mentirei se dicessi che non m'interessa la sua reazione.
Mentirei se dicessi che so che Shindō mi aspetta di fronte alla palestra, a qualche metro da noi, ed eppure non è la sua reazione che m'interessa.
Mentirei se dicessi che non vedo l'ora di sapere che cosa pensa di me... così.
Ne ha visti tanti, di Katsuki diversi, Eijirō Kirishima che conosco da un mese. Ne ha visti molti di più di tante altre persone che conosco da ben più tempo. Ha visto il Katsuki studioso, quello rassicurante, quello a cui piacciono le cose stupide come il budino, quello fiero del suo lavoro, quello timido, quello incerto e quello terrorizzato. Ha visto tanto di me, ed eppure...
Ancora.
Guardane ancora, Kirishima.
Per favore.
Guarda ogni mia versione e dimmi che ti piace.
Ti piace?
Katsuki consapevole di se stesso e del suo corpo, ti piace?
Vorrei che ti piacesse.
Vorrei che...
Lo penso dal giorno del circuito che Shindō ha mandato in pezzi. Lo penso da quel momento, dal momento in cui ho visto la foto.
Sono qualcosa che...
È fiero di mostrare. Qualcosa che gli piace al punto che il solo fatto di piacergli è per lui motivo di vanto, di fierezza, di felicità.
Non dico di voler essere un trofeo, io sono il mio stesso trofeo e credo fortemente in questo, ma dico che la sensazione che qualcuno sia talmente preso da te da ritenere la tua presenza qualcosa di cui andare fieri è davvero, davvero piacevole.
Forse vorrei solo che mi dicesse che sono bello.
Forse invece vorrei che impazzisse completamente alla mia sola vista.
Forse...
La linea che attraversa il mio ombelico si piega mentre cammino.
Vorrei che uscissi di testa per me.
Alla fine, se devo dire la verità, è questo che vorrei davvero.
Vorrei che ti sentissi come mi sento io.
Vorrei che mi guardassi e ogni tuo pensiero si trasformasse in un pensiero su di me.
Anche se sono un disastro. Anche se sono un ragazzino sordo che studia la matematica come se fosse la sua ragione di vita, anche se frigno e piango e faccio un casino dietro l'altro, anche se ti mostro i miei circuiti come se fossero la più grande opera d'arte che il mondo abbia mai visto.
Anche se sono solo io.
Vorrei che "solo me" per te avesse un significato.
Vorrei...
– Cazzo, Katsuki. Porca troia. Sei... bellissimo. –
Mi rendo conto che ci siamo fermati in un attimo. Siamo fermi, non sto più camminando, i miei piedi non pestano più fra la ghiaia.
Rifocalizzo lo sguardo.
Scemo di un Katsuki, brutta testa di cazzo, tu e le tue fantasie di merda. Ti metti un crop-top e parti subito per la tangente convinto di essere in un romanzetto rosa del cazzo?
Non lo sei.
Sei nella vita vera.
E nella vita vera tu sei...
Sento Jirō e Denki sciogliersi da me in un gesto quasi freddo, poi la mano aperta di Shindō si appoggia sul mio viso e le sue labbra raggiungono le mie.
Non lo respingo.
Chiudo gli occhi, accetto il bacetto di saluto che mi lascia addosso.
Tu hai un ragazzo. E quel ragazzo non è Eijirō Kirishima, ma è quello che hai di fronte.
Respiro.
Mi stacco.
– Grazie. Mi ci sento un cretino ma grazie. – borbotto, di risposta al complimento.
– Un cretino? Ma se stai benissimo! Come mai non ti ho visto così prima? Dove lo tenevi nascosto, eh? –
Sbatto le ciglia piene di mascara.
– Non mi piace. –
– A me sì, per quel che vale. –
Sorride, mi arruffa i capelli con una mano e mi lancia un'ultima occhiata da capo a piedi prima di indietreggiare per farmi posto vicino a sé.
Lo seguo.
Di riflesso.
Mi metto al suo fianco, aspetto che mi leghi una mano in vita e non mi scosto, anzi, mi lascio andare contro di lui anche se la sensazione non è esattamente quella che vorrei sentire.
Vorrei sentire...
Mani più grandi, corpo più solido, un odore diverso.
Non è questo il momento di pensarci.
– È tutto merito mio, comunque. Quindi ti ringrazio per il complimento, Shi... – dice, arricciando il naso e fingendo confusione.
Gli lancio un'occhiataccia.
– Shindō. –
– Già, vero. Shindō. –
Il mio ragazzo non raccoglie la provocazione, anzi, alza le spalle e basta.
– Beh, grazie, allora. Dovresti vestirlo te più spesso. –
Jirō fa una minuscola smorfia.
– Perché, non ti va bene com'è vestito di solito? Un paio di centimetri di pancia ed è un'altra persona? –
– Non ho detto questo, solo che oggi sta meglio del solito. –
Guardo male anche lei che sbuffa, totalmente poco convinta, poi sporge la mano verso Denki.
– Dammi qua la merda all'uva, credo di averne bisogno. –
Mi schiarisco la voce.
– Anch'io, ragazzi. –
Mi guardano tutti e due con uno sguardo che non so se sia di rimprovero o compassione, poi Denki lascia la sigaretta elettronica in mano a Jirō e la cosa decade.
Sento le dita di Shindō scorrere sul mio fianco piano.
S'incastra contro la collana di perline arancioni sulla mia vita.
– Wow, non m'ero mai reso conto di quanto avessi la vita stretta. –
– Fate sesso e non te n'eri mai accorto? Sei sicuro di non aver bisogno di un paio di occhiali? –
Sospiro.
– Denki, basta. –
– Era solo una domanda. –
Shindō, di nuovo, non si fa scoraggiare dall'astio plateale intessuto nelle parole di Denki e ride e basta, senza accennare nessun altro tipo di reazione.
– Certo che l'avevo notato, ma oggi sembra ancora più stretta. –
– Grazie. –
– E di che, dico solo la verità. –
Alza gli angoli della bocca dalla mia parte e ruota il viso di novanta gradi verso di me. Le sue labbra si appoggiano sulla mia tempia, la sua mano s'incastra sulla mia vita.
C'è qualcosa nel modo in cui mi tocca che non mi piace.
Non è che sia viscido o qualcos'altro, no, è di fatto piacevole, ma...
È contenuto.
Non pretendo scenate o cos'altro, per carità, ma è... contenuto.
Non stringe, non afferra, non affonda. Non tasta, non saggia, non prova.
È misurato.
A me questo... non credo piaccia molto.
Jirō mi passa la sigaretta elettronica di Denki e l'accetto con calma. Prendo un tiro e lascio che il calore bruci in fondo alla gola, cerco di mantenere il più a lungo possibile la sensazione per cercare di concentrarmi su qualsiasi cosa non siano le mie stupide reazioni corporee.
Va tutto bene.
Tutto, tutto bene.
Non c'è niente che non vada.
Va tutto...
Sentiamo una sequela di passi decisi sulla ghiaia dietro di noi provenire dall'ingresso della palestra. Prima che succeda qualsiasi cosa mi giro, nella speranza di vedere capelli rossi e occhi spalancati, ma...
Perché, Katsuki? Perché?
Sei col tuo maledettissimo ragazzo e hai detto che non sarebbe successo niente. Non hai alcuna motivazione, nessuna, nessunissima per voltarti nella speranza che ad accoglierti ci sia qualcuno che non dovrebbe volerti.
Nessunissima.
E nessunissima per essere deluso quando ti rendi conto che il colore dei capelli è lavanda e che le spalle larghe sono larghe ma non larghe quanto vorresti tu.
Apro bocca per salutare ma qualsiasi cosa io potessi anche solo pensare di dire viene completamente spazzata via dal turbinio di capelli biondi e stivali con la zeppa che si lanciano oltre me urlando.
– Hitoshi! –
Shinso sorride, apre le braccia.
Denki gli si... catapulta addosso.
Non guardo.
Dopo un paio di secondi distolgo l'attenzione.
Però è quello, il modo in cui lo vorrei. Quello. L'entusiasmo, la felicità, che si vedono trasparire dal solo movimento delle dita. Le mani che afferrano le cosce del mio amico e lo tirano su, il sorriso rarissimo che compare sul viso di solito stanco, la luce che gli si spande in viso.
Io vorrei...
Un po' quello che ha lui.
Si stringono forte, braccia attorno al collo e cosce attorno alla vita, io guardo Shindō, lo guardo, e penso che sicuramente lui, quel che voglio, non me lo darà mai.
Ma mi dico anche che come non potrà darmelo non potrà togliermelo.
E che di sicuro, di sicuro, tutta questa voglia di vedere il mondo tremare per me è dovuta al fatto che stasera mi sono vestito carino, e sicuramente non al fatto che forse, dalla vita, vorrei di più che qualche brillante successo scolastico.
Shinso mette giù Denki dopo un paio di secondi.
Facendolo gli sistema la gonna, lo guarda.
Niente.
Non dice niente.
Ma... gli brillano gli occhi.
E credo che sia il suo modo per comunicare il suo apprezzamento.
Mi ritrovo a guardare la punta dei miei anfibi.
Forse mi sono un po' illuso. Forse io una reazione del genere non me la merito. Non sono invidioso di Denki in senso cattivo, non lo sarei mai, anzi, sono dannatamente felice per lui.
Ma pensare che la vorrei anch'io è qualcosa di malvagio?
Lascio perdere.
Lascio...
– Ti piacciono le mie scarpe nuove? Mi fanno minimo dieci centimetri più alto. –
Denki si piega per mostrare gli stivali borchiati a Shinso che annuisce.
– Mi piacciono. Come ti stanno e il fatto che rimani comunque un nano. – risponde, ridacchiando sotto i baffi.
– Le ho pagate un rene, ma ne vale la pena. –
Jirō annuisce.
– Sono Demonia? –
Schiocco la lingua verso di lei.
– Si vede lontano un chilometro che sono Demonia, 'Yōka. –
– E che ne so, io, sono lesbica, io metto solo le Vans. –
Ridacchia e lo faccio anch'io, rimaniamo un secondo a rimirare come la superficie olografica rifletta la luce quando Denki muove le gambe.
Shinso gli sistema i capelli dietro l'orecchio.
– Ho in mente un paio di posti simpatici dove starebbero bene fra un paio di drink. – borbotta, lo sguardo assonnato come al solito ma una tinta lievemente diversa sulla sua voce bassa.
Denki sbatte le ciglia.
– Tipo? –
– Eh no, non li posso dire in pubblico. –
– Voi due avete un problema, andate a farvi curare. Hitoshi, non mi hai neanche salutato e già subito stai a parlare di scopare. Ciao, bastardo. –
Si girano tutti e due verso Kyōka, sento Shinso quasi ridere, poi si avvicina, si china quasi comicamente verso di lei e le stampa due baci di cortesia sulle guance.
– Scusa, scusa, hai ragione. Buonasera, mia signora, come sta oggi? –
– Stanca, sfinita, gay. Tu? –
– Stanco, sfinito, pansessuale. In vostra attesa per ubriacarmi e dormire fino alla prossima settimana. –
Si gira verso di me.
– Bakugō, tu? Intero? –
– Nudo e infreddolito ma sì, ho avuto giorni peggiori. –
È quasi comico il modo in cui non proferisca parola nei confronti di Shindō, Ancora di più lo è quello che dice dopo.
– Kirishima è già dentro. Mi diceva che ti ha scritto prima ma non gli hai risposto. Si chiedeva quando arrivassi. –
Sento il sangue iniziare a scaldarmisi nelle vene ma faccio finta di niente.
– C'era il mio telefono attaccato alle casse in macchina, non ho visto le notifiche. – rispondo, fingendo una nonchalance che non possiedo.
– Sarà felice di sapere che sei arrivato. –
Torna vicino a Denki e io sento Shindō guardarmi come se potesse bucarmi la pelle.
– Quello dell'altro giorno? –
– Lui. – sussurro di risposta.
Denki mi sorride.
Sguardo e sorriso da volpe.
– Sì, Kirishima, quello che butta giù gli avversari in campo come se fossero fatti di gommapiuma. Lo sapevi che è un giocatore di football, Shi... –
– Shindō. – completo, con una certa dose di fastidio mischiata ad una certa dose di divertimento.
Lui alza le spalle.
– Non ne avevo idea, ma ne ha tutta l'aria. –
Shinso lo fissa dall'alto.
– E quale sarebbe l'aria da giocatore di football? –
– Grande, grosso e scemo. –
– Kirishima non è scemo. –
Lo dico con tale enfasi che quasi mi spavento da solo.
Il mio ragazzo si gira verso di me.
– No? Uno che ha bisogno di ripetizioni di matematica al liceo? –
– Non è affatto scemo. –
Non indietreggio di un passo, quando il suo sguardo diventa indagatore.
Non m'interessa cosa possa pensare. Non m'interessa molto di lui in generale, a dirla tutta, e a maggior ragione non provo il minimo rimorso a difendere Kirishima.
– Se lo dici tu. –
– Lo dico io. –
Qualcosa gli passa dentro gli occhi scuri, ma è qualcosa che non riconosco, che non indago.
Forse fastidio, forse disappunto.
Non m'importa.
Torno a rivolgermi agli altri.
C'è un silenzio un po' imbarazzato nell'aria e sento di doverlo spezzare, ma sento anche che non so se sia il contesto giusto e per farlo e anche che non saprei cosa dire e che...
– Entriamo? Sto iniziando a ghiacciarmi il culo qui fuori. –
– Già, 'Yōka ha ragione, forse potremmo... –
Li guardo per un secondo.
Grazie.
Siete due idioti, è indubbio, ma siete utili, qualche volta, e oggi è una di quelle volte.
– Già, andiamo. Credo che sia decisamente il caso di... –
Jirō ci supera tutti, mi sfiora il fianco con una mano quando mi passa accanto e schiva Shinso, si stringe nelle spalle e inizia a camminare.
Denki la segue.
E grazie a Dio, così facciamo noi, io mano nella mano con Shindō, il mondo di nuovo un posto all'incirca tranquillo.
Questo specifico evento a scuola, è sempre stato, da che sono qui al liceo, piuttosto informale. Abbiamo due balli, al liceo, quello invernale prima delle vacanze di Natale e quello estivo prima della fine della scuola, ma ci sono anche delle feste, qualche volta, come questa, per celebrare cose che sinceramente neppure so.
La festa l'allestiscono in palestra.
È tutta aperta, si può uscire sul retro verso il campo se si vuole prendere un po' d'aria o imboscarsi nel parcheggio come sono piuttosto convinto faranno Denki e Shinso fra poco più di un paio d'ore, e anche la parte centrale del liceo è accessibile, per cui si trovano studenti da tutte le parti.
Io non sono proprio un animale da festa.
Sono...
Un topo di biblioteca.
Ma Denki adora le feste e Kyōka adora il rumore e la musica e Momo Yaoyorozu che partecipa a tutte le attività possibili e immaginabili e purtroppo per me io, cinque minuti l'anno, adoro loro, quindi non è raro che partecipi.
Diciamo che di solito non sono proprio l'anima della festa, però.
Ero un po' più spigliato quando Denki non stava con Shinso perché seguivo lui, ma ora che stanno assieme...
Avevo invitato Shindō come salvezza nel caso fossi stato abbandonato.
Inizio a credere che con il concetto di "salvezza", lui, ora come ora possa averci a che fare ben poco.
Quando entriamo nella palestra, la prima cosa di cui mi accorgo è che la festa pare decisamente iniziata. Ci sono persone ammassate ovunque, l'odore di alcol è forte nell'aria, vedo bicchieri rossi in molte delle mani di fronte a me.
Poi mi rendo conto delle luci, accese ma colorate, che danzano sulla pelle delle persone.
E poi...
– Denki? –
– Che c'è, 'Suki? –
– La roba che mi hai messo reagisce con gli UV? –
Sto luccicando. Le cuciture dei pantaloni, i lacci delle scarpe, la collana di perline sulla vita, probabilmente anche l'eye-liner, scintillano quando il tono vira sul verde, sul blu, mi fanno sentire...
– Sì! Hai visto che figata? –
Shindō mi squadra da testa a piedi.
– In effetti vestito così ti porterei dovunque. –
Mi guardo.
Appariscente.
Troppo...
Troppo appariscente.
Troppo perché...
Ho fatto la cosa giusta?
Ho fatto...
Shindō mi prende sottobraccio senza preavviso, si scosta dal gruppo per avere un po' di spazio, mi trascina un po' più in là.
Lo seguo senza dire niente, confuso, un po' incerto, ma più concentrato nel tentativo di capire come mi sento che altro.
Lui...
Si ferma sotto uno dei riflettori principali.
Mi lancia uno sguardo da testa a piedi.
Mi scannerizza.
È...
Non è piacevole. Non è Shinso che guarda Denki come se fosse l'unica cosa al mondo, è un esame, è una constatazione, è...
– Wow, sei davvero bello stasera. È impressionante quanto tu sia bello quando ti ricordi di avere diciott'anni. – scherza, le mani che si agganciano di nuovo alla mia vita, il sorriso sulle labbra.
Non dico niente.
Non...
– Sei meraviglioso, cazzo. –
Lo sono?
Non lo so, se lo sono. So che...
Non mi ci sento. Anzi, mi sento a disagio, perché qualcosa mi fa sentire a disagio e qualcosa mi fa sentire fuori posto, e perché le tue parole sono carine ma non giuste e il tuo modo di fare è dolce ma non adatto, e perché...
Io sono qui mezzo nudo.
Mi sono impegnato.
Davvero, mi sono impegnato per dare di me un'immagine diversa.
E non per sentirmi dire quanto sia noiosa quella solita, ma per sapere quanto sia bella questa, per farmi dire che sono "bello" non che "non mi avevi mai visto così" e per essere toccato come se volessi farlo e trattato come dovrei e...
Perché cerco in te cose che non puoi darmi come se fosse colpa tua?
Chino lo sguardo e sorrido per quanto posso per ringraziare del complimento.
Perché voglio reazioni che non avrai mai e mi offendo se non me le riservi?
Perché io so cosa voglio. Ma so di non volerlo. E so che voglio te perché sei molto più semplice e molto meno importante ma so anche che tu non mi basti.
Io...
Non so cosa fare.
Non so come sentirmi.
Bello? In imbarazzo? A disagio? Contento?
Non lo so.
Non so neppure cosa voglio.
Non so neppure perché mi sono vestito così.
Non so niente, non so davvero, davvero niente.
Non so...
Mi giro.
Vedo un riflesso rosso passare vicino a me con la coda dell'occhio e mi giro, lo seguo, lo cerco. I capelli rossi sono del rosso giusto, la statura è quella giusta, il modo di fare, la larghezza delle spalle.
Non mi vede.
Si ferma di fronte ad uno dei tavoli.
Non so niente?
Oh, invece sì che so qualcosa.
È che non voglio ammetterlo, che è diverso.
Si appoggia semi seduto sul bordo di legno, ha un bicchiere rosso in mano, lo porta alle labbra. Si guarda attorno alla ricerca di qualcosa, ma di nuovo non mi vede.
Appoggia l'orlo della sua birra, credo, o cos'altro sulla bocca.
I suoi occhi si spostano dalla mia parte.
Mi nota.
Mi sembra che il mondo si fermi.
Le luci m'investono dal riflettore sopra di me come un'onda, variano e passano colorate su di me, immergono i miei occhi, il mio viso.
Il mio corpo, tutto, si immobilizza.
Mi sembra di sentire solo il sangue pulsarmi nelle vene, solo il rumore del mio cuore che martella contro la cassa toracica al ritmo delle mie emozioni.
Kirishima mi guarda.
Mi...
Mi guarda.
Non fa nient'altro.
Non beve, non sorride e non parla alle persone vicino a lui che sono piuttosto sicuro si stiano riferendo a lui, non muove un dito, non sbatte nemmeno le palpebre.
Mi guarda.
C'è più enfasi nei suoi occhi di quanta io ne abbia mai sentita, percepita, ottenuta dalle parole di chiunque altro.
C'è più fuoco, più interesse, più calore.
C'è...
Tutto quello che cerco.
Tutto quello che vorrei.
Mi guarda come se non credesse ai suoi occhi.
Non come se fossi un'opera d'arte, ma...
Glielo leggo in faccia, quello che pensa.
Lui... vuole, desidera, brama. Lui non riesce a ragionare, non riesce a elaborare un pensiero coerente, non riesce a darsi un tono, una svegliata, non riesce a contenersi.
Vuole toccare, stringere, affondare le dita. Vuole prendere, mordere, possedere, adorare, guardare.
Vuole...
Non dice niente.
Continua a non dire niente.
Non lo faccio nemmeno io.
Non...
Una cosa che non vedo, nei suoi occhi, è la sorpresa. Vedo la consapevolezza che si costruisce, vedo l'intuizione. Ma non sembra guardarmi come se non se lo aspettasse, sembra farlo come se non credesse ai suoi occhi di potermi vedere in queste vesti.
Sembra dire "lo sapevo", sembra dire "non vedevo l'ora che mi mostrassi anche questo", sembra dire che...
Lui sa chi sono.
Lo sa.
Sa che questi sono vestiti sul corpo di qualcuno che non è quello che vuole sembrare. Sa che sono io, che sono sempre io, solo più agghindato, solo più sexy, forse, solo un po' diverso dal solito.
Non è sorpreso.
Non è...
Mi trema il mondo addosso.
Mi è già capitato che lo facesse.
Lo fa nei momenti in cui qualcosa in me, nel modo in cui vivo, si sblocca e entra in una nuova prospettiva.
L'ha fatto quando ho messo l'apparecchio acustico che porto adesso per la prima volta, quando ho chiaramente capito che mi piacessero i ragazzi, quando ho compreso a pieno che cosa volessi diventare nella vita.
Ora lo fa.
Si sblocca.
Mi dice qualcosa.
Mi dice che io...
Voglio venire da te. Posso venire da te, Eijirō? Posso farlo? Posso correrti addosso e puoi correre tu addosso a me? Possiamo incontrarci a metà strada, possiamo fare quel che dovremmo fare? Possiamo essere noi e non io e te, possiamo, possiamo...
Puoi venire qui a dirmi quanto ti piaccio? Puoi venire qui a dirmi quando io sia perfetto, ai tuoi occhi, perfetto come non mi sono sentito mai, perfetto quanto so di non essere?
Mi sembra che nei tuoi occhi non ci sia tutto quello che ho imparato di me.
Mi sembra che non ci sia né il genio né l'insicuro, mi sembra che non ci sia il ragazzino sordo né quello che crede troppo in se stesso, mi sembra che non ci sia niente di quello che mi circonda.
Mi sembra che ci sia solo io.
A prescindere da tutto.
Solo...
Mi tremano le ginocchia.
Mi salgono le lacrime agli occhi.
Sì.
Sì, Eijirō, sì.
Sì, sì, io...
Posa il bicchiere sul tavolo.
È teso, il suo corpo lo è.
Si tira su.
Fa un passo dalla mia parte, sembra quasi meccanico il modo in cui io lo faccio dalla sua.
Ci separa così poco.
Così poco, così...
Si avvicina.
Il mio sguardo si alza ad ogni passo, la prospettiva che mi permetteva di guardarlo in linea retta da lontano si ritrae ogni istante che si avvicina a me, il cuore mi batte più forte nel petto, sempre più forte, sembra voler spaccare ogni costola lo contenga, il respiro si fa più sottile, più ansimato, la pelle mi formicola e l'impazienza mi uccide, e...
Shindō mi si piazza davanti.
Dà le spalle a Kirishima, si mette fra me e lui.
– Tutto bene, Katsuki? –
Le mie pupille saltano dal suo viso al retro delle sue spalle.
Eijirō si è fermato.
– Katsuki? –
Shindō mi mette le mani in vita, sento le sue mani chiudersi sulla mia pelle, ma non lo guardo negli occhi, no, guardo Kirishima, Kirishima che...
– Che problema c'è, Katsuki? –
Fa un passo indietro.
Indietreggia.
Lui...
No, no, cosa fai? No, un attimo, è un errore, è un... sì, sì, per me era un sì, era un sì, dove vai, perché ti stai allontanando, torna qui, torna...
Ne fa un altro.
Fa un altro passo indietro.
Poi...
Alza le mani.
Le alza di fronte a sé.
Lui...
Oh. Illuso, povero illuso, che povero illuso, che sono. Mi sono completamente fatto prendere dai miei pensieri un'altra volta, vero? Mi sono autoconvinto di una cosa che non era vera. Di nuovo, Katsuki, di nuovo. Come al solito, come al...
Mi brucia la bocca dello stomaco.
Vorrei correre via e nascondermi.
Kirishima si gira.
Mi dà le spalle.
Se ne va, lui...
Perché cazzo mi sono vestito così, stasera? Perché cazzo ho pensato anche solo per un secondo che a qualcuno sarebbe interessato vedermi così?
A nessuno interessa.
A nessuno cambia niente.
Tu sei sempre il solito, sempre, sempre il solito. Che poi alla fine avevi ragione, eh, ce l'avevi davvero.
A nessuno frega un cazzo.
A nessuno frega...
Prendo le guance di Shindō.
Lo tiro giù verso di me, mescolo le labbra con le sue e chiudo forte gli occhi cercando di cacciare via da me stesso la sensazione così fastidiosa che sento nel petto, la consapevolezza di essere uno stupido illuso che si fa le cose da solo.
Cos'altro avrebbe dovuto fare, scusa?
Cos'altro?
Venire da te e portarti via come se glielo avessi chiesto quando gli hai detto chiaramente più di una volta che con lui non vuoi stare? Dichiararti il suo amore eterno quando l'hai rifiutato?
Ma lui aveva detto che mi avrebbe...
L'ha detto.
L'ha detto e forse lo intendeva.
Forse si è reso conto che non ne vale la pena.
Forse...
Vorrei strapparmi i pensieri fuori dalla testa con le mani nude. Vorrei scoperchiarmi il cervello ed estirpare ogni singola idea fuori dall'intreccio del mio cervello. Vorrei togliere tutto, togliere...
Le dita di Shindō affondano sulla carne della mia vita, io mi piego un po' indietro e aggrappo le braccia dietro il suo collo.
'Fanculo, Katsuki.
Vattene a fare in culo.
Che cazzo pensavi?
Che scoprire un po' di pancia avrebbe mandato via i tuoi problemi?
C'è una sola che può mandare via i tuoi problemi.
Quella cosa è...
– Shindō, lo sai cosa dovremmo fare? –
– Cosa? –
Stringo lo sguardo.
– Andiamo a prenderci da bere. –
Mi sorride, annuisce e mi trascina verso di sé per un altro bacio.
Chiudo gli occhi un secondo dopo di quanto sarei solito fare.
Guardo Kirishima, in quel secondo.
Sorride, ride con persone che non sono me, si diverte, si allontana, nemmeno mi guarda. Deve averci rinunciato, no? Deve averci rinunciato. È giusto così, è giusto così, è tutta colpa mia, solo colpa mia e se lo merita, se lo merita.
Lo so, vero?
Lo so.
Mi chiedo solo perché non riesca a farmene una ragione, quando chiudo gli occhi e rispondo al bacio del mio ragazzo.
Forse è perché alla fine mi piace molto più di quanto io non sappia.
Forse è perché sono stanco.
Forse solo perché Kirishima stringe fra le dita il bicchiere di plastica, ora, nonostante non mi guardi e nonostante ci abbia probabilmente rinunciato, come se l'unica cosa che volesse fare nella vita sia uccidere chiunque sia ad un raggio di un metro da lui.
Nel paio d'ore che seguono il mio ingresso alla festa, l'unica cosa che faccio, letteralmente, è bere. Bevo, bevo, bevo tantissimo. Accetto la birra, il punch, accetto gli shottini di vodka che non so dove Shindō abbia trovato, tiro giù nello stomaco metà del drink che Denki mi lascia prima di andare in bagno, faccio spazio per lo spumante che aprono per festeggiare nemmeno io so cosa. Ci faccio il bagno, nell'alcol, ci faccio il bagno e mi ci rotolo dentro, finché...
Finché...
Apro le cosce attorno a quelle di Shindō.
Siamo sopra una scrivania. Una cattedra, di quelle che ci sono in aula, che non so chi ha spostato in palestra per sedercisi sopra o per appoggiare le cose. Lui tiene le mani spalancate sulla mia vita, le nostre anche sono le une contro le altre, il mondo un po' gira, ma non troppo, sento le sue labbra scorrere dalle mie alla mia guancia, verso l'orecchio, socchiudo gli occhi.
Ah, quanto sono sbronzo.
Quanto sto bene.
Va tutto bene, no?
Va tutto...
La gente balla.
Intravedo la gonna olografica di Denki, le sue mani sulle spalle di Mina Ashido sulla pista, i loro corpi intrecciati, Shinso poco lontano che lo guarda un po' in cagnesco, in quel modo che Denki definisce "autoritario ed eccitante".
Kyōka dov'è?
Dio, spero che la stronza sia con la faccia fra un bel paio di tette.
Hanno acceso la musica.
Mi rimbomba nel cervello.
Il mio sangue è fuoco, ormai, le mie guance sono rosse, sento caldo, sto sudando, vorrei togliermi ogni vestito di dosso e buttarlo per terra, mi sembra di non sapere più dove sono e la sensazione, miseria, mi piace davvero.
– Dio, Katsuki. –
Sorrido e passo la lingua contro la parte sottostante dell'arcata superiore dei denti, respiro con la bocca, spalanco di più le cosce, indietreggio con il bacino.
Chissà dove cazzo è quel pezzo di merda.
"Non ho intenzione di mollare la presa" e poi è scomparso come un coglione al primo accenno della presenza di un altro.
Ero solo un passatempo, eh?
Solo quello.
Solo il ragazzino occhialuto e nerd con cui divertirti così, tanto per giocare un po', tanto per provare al mondo che puoi avere tutto quello che vuoi.
La sai una cosa, Eijirō?
Io posso avere tutto quello che voglio.
Io...
Stringo le dita fra le ciocche scure della sua nuca, spingo il suo viso verso il mio.
Apro le labbra quando lui apre le sue, mi tiro su sulle ginocchia e spingo il viso verso il suo, sento le sue dita scendere dalla mia vita al culo, sorrido mentre lo bacio, piego il capo per incastrare meglio i nostri nasi, chiudo gli occhi.
Mmh, mi piace questa sensazione.
Mi sento così leggero, mi sento bene, mi sento libero.
A chi cazzo importa se mi sentivo un coglione un paio di ore fa?
Ora sto benissimo.
Sto davvero benissimo.
Sto...
Scivola col viso nell'incavo del mio collo.
Socchiudo gli occhi per guardarlo.
Li richiudo l'attimo dopo.
Così, così, così.
Mi piace, la sensazione della tua bocca sulla mia pelle. Mi piace come i tuoi denti sfiorino la mia carne, mi piace come la graffino, mi piace come mi tocchi, come mi stringi.
Di più.
Di più, di più.
La punta del suo naso sfiora la mia glottide, mi mordo l'interno della bocca.
– Cazzo! –
– Ti piace? –
Non riapro gli occhi, ma annuisco.
Mi sorride contro la pelle.
– Stasera non sembri proprio tu, Katsuki, lo sai? –
– Stai zitto. – borbotto, premendo il collo contro la sua faccia nel tentativo di fargli chiudere la bocca attorno a qualcosa che somigli più a me che alle sue parole che non sono mai quelle giuste.
Ridacchia.
Obbedisce.
Sì, cazzo, così, così, co...
Affondo le dita sulle sue spalle.
Mi lascio cadere contro il suo bacino e sento le sue mani scorrere sulla mia schiena, infilarsi sotto l'orlo del mio top per afferrare più pelle possibile, sento il suo corpo reagire al mio.
Mmh, siamo contenti?
Lo sento, sai?
Comico, esilarante.
Ti piaccio così tanto, eh?
Ti piaccio?
Dimmi che ti piaccio, dimmi che ti piaccio, dimmi che...
Morde.
Mi cade indietro la testa e mi rotola un gemito fuori dalla gola.
Probabilmente viene subito riassorbito dalla musica assordante, probabilmente neppure lo sente, ma lo sento io e non m'imbarazza per niente.
Di più.
Di più, di più, di più.
A che cazzo ti servono tutti quei muscoli, se non li usi adesso?
Avanti, tirami su e aprimi in due. Tirami su e trasportami dove vorresti che fossi, piegami, spogliami, fammi tutto quello che cazzo vuoi. Sovrastami, fammi scomparire.
Non è questo che vuoi farmi?
Non è questo che desideri tanto?
Morde di nuovo, io gemo di nuovo.
Così, cazzo.
Più forte, stringimi più forte. Mordimi più forte, muovimi più forte.
Sento le mie labbra separarsi, il mio corpo stendersi.
Strofino il bacino sul suo.
Mmh, sì, sì. Mi piace, così mi piace. Mi piace come reagisci a me, mi piace. Ti piaccio anch'io, vero?
Quanto?
Quanto ti piaccio?
Dimmi quanto ti piaccio.
Voglio sapere...
Sento le dita che passano fra i miei capelli, i polpastrelli che sfiorano la pelle delicatamente.
No, non così.
Tira.
Afferra e tira.
Fammi piegare la schiena, fammi... fare quello che vuoi. Fletti le tue braccia, le tue meravigliose braccia per stirarmi indietro, per affondare il viso sul mio, per sentire che sapore ho, che odore ho.
Divorami.
Mi lascio divorare, sono qui, per te.
Perché non lo fai?
Sento labbra sulle mie, reagisco d'istinto.
Sono...
No, no, come prima. Aggressivo, rude, non così. Su, su, fammi sentire, fammi sentire.
Sento le mani scendere sulle mie scapole, avvolgersi contro la mia vita, infilarsi sotto la collanina di perline che la circonda.
Perché non la rompi?
Perché non mi tocchi con così tanta enfasi da distruggermela addosso e far saltare queste stupidissime perline da tutte le parti?
Voglio che il mascara mi coli sulle guance.
Voglio che il gloss che ho sulle labbra mi finisca ovunque, sul mento, sul naso, e che finisca ovunque anche a te, ovunque, ovunque davvero.
Non vuoi la stessa cosa?
Perché non te la prendi?
Perché quando affondo le dita non sento la tua voce risuonare in quel verso gutturale che ho già sentito e che non vedo l'ora di sentire di nuovo? Perché le tue spalle sembrano più sottili, perché non mi sembra di essere rinchiuso dentro di te che sei il doppio della mia stazza e mi fai qualsiasi cosa tu voglia, perché...
Apro gli occhi.
Perché non sei tu, Kirishima?
Perché?
Perché quando apro gli occhi quelli che si specchiano sui miei sono neri?
Perché cazzo non mi vuoi?
Perché...
Mi fermo col fiatone.
Mi rendo conto di quanto in fretta il mio petto si stia alzando ed abbassando in questo momento.
Mi trema tutto, le cosce, le braccia, le mani, tutto.
Riporto la mia attenzione al mondo intero, ed esco dalla mia fantasia.
Shindō ha gli occhi un po' lucidi, le guance un po' rosse.
– Cazzo, ma sei sicuro di stare bene? Non che mi lamenti, ma... –
– Sono sbronzo. Scusami. – borbotto, cercando di evitare l'argomento.
Ridacchia.
– Dovremmo farti sbronzare più spesso, allora. –
– Forse sì. –
Chino lo sguardo verso lo spazio che ci separa.
Forse...
– Vuoi che andiamo da qualche altra parte? Solo noi due? –
Mi mordo il labbro inferiore.
– Fammici pensare. –
– Tutto il tempo che vuoi, splendore. –
Si appoggia con la fronte su una delle mie spalle, di riflesso lo stringo, cerco di ripescare almeno uno dei miei pensieri che non sia infradiciato d'alcol e di cattive intenzioni.
Merda, io non mi ubriaco mai. Odio farlo, mi fa essere totalmente privo di coscienza e di inibizioni, mi fa fare solo stronzate. Sono stronzate che farei se non ne avessi paura da sobrio? Sì, ma sono pur sempre stronzate.
Cerco di rilassarmi.
Voglio uscire?
Non lo so.
Non sono convinto sia una grande idea.
Forse sarebbe solo meglio se stessimo tranquilli fra di noi per un po' e vedessimo cosa fare.
Sì, sono eccitato e sì, vorrei scopare seduta stante, ma razionalmente so che non risolverebbe nessun problema e anzi, ne creerebbe solo altri.
– Se aspettassimo ancora un po'? –
Sento Shindō mugugnarmi contro il collo.
– Quanto? –
– Non lo so, una mezz'oretta? –
Mi bacia una clavicola attraverso il top.
– Una mezz'oretta la posso aspettare. –
– Grazie. –
– Di nulla. –
Passa distrattamente con le dita sulla mia spina dorsale, si rimette dov'era sull'incavo del mio collo e mi pare chiuda un attimo gli occhi. Mi riservo di tenerlo stretto e cercare di riprendermi dalla marea di alcol in cui sto nuotando.
Sto bene.
Dai che sto bene.
Sto benissimo.
Non stavo baciando il mio ragazzo pensando che fosse un altro che stasera non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo, no, non lo stavo facendo.
È un costrutto sociale.
È un'idea generazionale.
È un'allucinazione.
Io non ho mai fatto niente del genere.
Io non farei mai, niente del genere.
Io sono Katsuki Bakugō, per la miseria, non sono un sottone di merda che ci sta male per gli altri, sono quello per cui la gente sta male.
Vero?
Ve...
Forse sono solo un fallito.
Forse sono solo un bastardo che fa tutto da solo.
Forse è una cosa che ho immaginato solo io.
Perché guardarmi così e andarsene? Perché fissarmi come se fossi l'unica persona sulla faccia della terra e poi alzare le mani?
Forse non sono abbastanza.
Forse sono troppo scialbo, troppo noioso, troppo complicato, troppo tutto, troppo niente, troppo... troppo poco.
Ogni volta che i nostri sguardi s'incontrano distoglie il suo e beve qualcosa. Come se non gli importasse. Poi si mette a ridere con gli altri, tira giù un bicchiere di birra dietro l'altro, mi ignora.
Non era lui che si aspettava che arrivassi?
Non era lui che...
– Pensavo che fra noi due ultimamente le cose non andassero un granché, lo sai, splendore? E invece tu sei sempre una sorpresa. –
– Perché pensavi che andassero male? –
– Perché hai sempre la testa da un'altra parte. –
Mi lascio cadere contro il capo di Shindō, sospiro piano.
– È un momento un po' complicato per me. –
– Come mai? –
– Roba mia. Non preoccuparti. –
– Mmh, ok. –
"Roba mia".
Sì, tipo che tu sei un pezzo di merda a cui interessa scopare e che io stia zitto e t'importi poco e niente di me. Tipo che un altro pezzo di merda mi tratti come se fossi di cristallo e poi scelga deliberatamente di ignorarmi.
Tipo che io sono il pezzo di merda più grande di tutti perché non faccio altro che rovinare le cose per tutti e tre.
Ma...
Non è falso che sia "roba mia".
Tecnicamente non sto mentendo.
Quindi...
Mi perdo a guardare nella folla di persone giusto per poter trovare un attimo di pace.
Denki sta dando spettacolo, come al solito. Lui e Mina sono completamente avvinghiati che fanno cose che non saprei descrivere, la maglietta del mio migliore amico è volata chissà dove e ora si vede solo la calza a rete che portava sotto attraversargli il torace scoperto.
Dovrei fare un po' come lui.
Fare quello che voglio senza imbarazzo.
Ma se fossi senza imbarazzo non sarei me, e purtroppo io sono decisamente me.
Vedo Shinso sempre dov'era prima, spalle al muro, braccia conserte, occhi stanchi fissi su Denki e l'espressione indecifrabile in volto.
Non lo perde di vista.
È così male sperare che qualcuno lo faccia con me?
Forse lo è sperare che a farlo non sia la persona che chiami il "tuo ragazzo", ma...
Kirishima distoglie lo sguardo.
Ogni volta che appoggio gli occhi sui suoi lo trovo che ricambia, ma poi distoglie lo sguardo e mi fa sentire come se neppure gli interessassi un briciolino.
Non ci siamo nemmeno salutati.
Non eravamo amici, noi due?
Mi fa sentire uno schifo.
Mi fa sentire davvero uno schifo.
Chiudo gli occhi e quando li riapro sento la canzone che mi risuona nelle orecchie affievolirsi, spegnersi, finire.
Stanno cambiando canzone.
Denki si ferma, Mina con lui, la vedo chinarsi dal suo metro e ottanta di gambe chilometriche per dargli un bacio su una guancia, girarlo dalle spalle e rispedirlo al mittente con una sonora pacca sul culo.
Mi viene da ridere a vedere il mio amico che trasalisce.
Sembra una di quelle serie, sono convinto che Mina Ashido non colpisca tanto per, e la sequela di muscoli che si intravedono sotto la pelle scura quando lo fa suggerisce la stessa cosa.
Scappa da Shinso correndo sui tacchi.
Apre le braccia e si fa tirare su.
Di nuovo sento un morso d'invidia.
Un pochino.
Solo un pochino.
Sentirmi... desiderato per una sera.
Invece no.
Invece...
Lo cerco. Con lo sguardo, anche se non dovrei, lo cerco. Passo da Denki ad un altro gruppo di persone ad un altro ancora, cerco di intravedere da qualsiasi parte anche solo un ciuffo di capelli rossi, infilo il mio sguardo attraverso tutte le persone che vedo, dietro, davanti.
Non mi sembra di vederlo.
Inizia una nuova canzone.
Non la conosco.
Però ha un ritmo sensuale, piuttosto stiracchiato, come un gatto che sbadiglia, e mi impregna il corpo.
Le luci si abbassano, si scaldano, diventano rossastre.
Dove sei?
Dove...
Come prima, come ogni volta, come in tutta la serata, quando lo vedo i nostri occhi si allacciano.
Dritto di fronte a me, coi capelli un po' fuori dalla crocchia disordinata che ha sempre, i jeans scuri che abbracciano ogni centimetro di quelle gambe che sembrano infinite, la maglietta bianca che lascia scoperte le braccia.
Mi fissa.
Fissa me, fissa il mio corpo su quello di Shindō.
Non fa niente.
Neppure mi sorride.
Torna a parlare con la persona che ha a fianco.
Con chi cazzo è che sta parlando? Stringo lo sguardo. L'ho già vista, ma dove? Chi cazzo è? Merda, io e il mio egocentrismo, devo smettere di pensare che le persone siano tutte comparse nella mia trama originale, non mi ricordo ma chi cazzo è chi.
Ha i capelli scuri.
È alta.
È...
Oh, porca puttana.
È la tipa dell'altro giorno.
La tipa che mi ha chiesto se fosse single.
La tipa a cui ho detto che a Kirishima piaceva un'altra persona, la tipa a cui...
Davvero?
Davvero, Eijirō? Siamo seri? Ieri mi adoravi e ora stai seriamente parlando con quella stronza invece di darmi anche solo un minimo di attenzione?
'Fanculo, cazzo, 'fanculo.
Affondo le mani fra i capelli di Shindō, lo tiro indietro, gli faccio piegare la testa verso di me.
Non distolgo lo sguardo da Kirishima.
Su, se hai coraggio.
Guardami.
Guardami, guardami, guar...
Cede.
Mi guarda.
Io gli sorrido, mi lecco le labbra. Faccio appena in tempo a vederlo stringere la mascella che chino il viso su quello del mio ragazzo e lo bacio.
Figlio di puttana.
Credi di essere l'unico?
Credi di essere l'unico bastardo nel mondo che può...
Quando mi stacco guardo Shindō attraverso le ciglia. Ha le pupille dilatate. La musica ci avvolge, le luci ci sommergono, c'è puro desiderio dentro le sue iridi.
Lo trascino verso il mio collo.
Faccio in modo che mi baci nell'incavo della spalla.
Torno a guardare Kirishima.
Questa volta non ce l'hai fatta, eh? Questa volta non l'hai distolto, lo sguardo. Che c'è, me lo merito solo se faccio un po' la troia?
Separo le labbra, gemo quando Shindō raggiunge un punto particolarmente piacevole, spalanco le cosce.
Potevi essere tu.
E invece sei là che ti mangi le mani.
Invece sei là che mi guardi come se non potessi fare niente.
Avanti, fa' qualcosa.
Preferisci stare là?
Ondeggio con le anche su quelle di Shindō, lui passa chiaramente con le mani sul mio culo, io gemo di nuovo, sento il centro delle mie sopracciglia alzarsi appena appena.
Perché hai smesso di parlare con lei?
Avanti, parlale.
Parlale, Kirishima, parlale.
Sento il sangue ribollirmi nelle vene.
Shindō passa col viso di fronte al mio, mi bacia le labbra, poi scende di nuovo, sulla guancia e sul collo verso la clavicola.
Io inarco la schiena.
Porto una mano dietro di me e sposto di nuovo le dita di Shindō aperte sul mio culo.
Sorrido di nuovo.
Fa' qualcosa.
Fa' qualcosa, Kirishima, fa'...
Si gira.
Prende qualcosa dal tavolo.
È il suo bicchiere?
Controluce sembra pieno.
Lo porta alle labbra e lo inclina, vedo la sua glottide salire e scendere, lo vedo deglutire, deglutire, deglutire ancora.
Schiaffa il fondo di plastica sul legno del tavolo.
Trema tutto, quando lo fa.
Mi guarda di nuovo.
È sbronzo? È più sbronzo di me, meno sbronzo di me, è...
Ci metto un secondo, a riconoscere quel che gli passa in faccia. Uno di incertezza, prima di cementarmi nella realizzazione.
Oh.
Mi sa che...
Forse potrebbe essere un po' incazzato. Con... me.
Muove le labbra e il modo in cui lo fa suggerisce che un po' abbia bevuto anche lui.
Fatico a leggerle ma mi concentro.
Dice...
"Ti do dieci cazzo di secondi per scendere da quel figlio di troia e uscire in corridoio o giuro su Dio che smetto di trattenermi e faccio una cazzo di strage".
Trattenersi?
Soprattutto...
"Smette" di trattenersi?
Si stava...
Mi stacco da Shindō.
Prendo il telefono dal retro della tasca, lo tiro su fra di noi nascondendogli lo schermo, guardo la mia immagine di blocco completamente intonsa per un attimo arruffando le sopracciglia, poi lo spengo e lo rimetto a posto.
– Jirō si è sentita male. Denki non risponde, mi sa che devo andare a vedere come sta. – mento.
Shindō spalanca gli occhi.
– Ora? –
Sì, ora.
Stavamo per scopare davanti a tutti quattro secondi fa? Sì. Sto per andare da qualcuno con cui non sto? Sempre sì. Sono uno stronzo? Credo proprio che anche questo sia un sì.
– È un bordello quando vomita, è minuscola ma non hai idea di quanta roba possa contenere quello stomaco. È mio dovere di amico andare, mi spiace. –
– Dio, Katsuki, è mai possibile che... –
– Mi spiace. – ripeto.
Mi chino verso di lui e gli bacio le labbra come... consolazione, credo, poi mi tiro su da lui e scendo dal tavolo.
Sono ubriaco fradicio, merda, non so come faccio a stare in piedi.
– Quindi poi quanto to... –
Nemmeno mi giro per rispondere.
– Non ne ho idea, quando si sente meglio. – urlo per sovrastare la musica, prima di dirigermi dritto e spedito verso il corridoio.
Non m'importa.
No che non m'importa.
Tutti i pensieri di prima? Scomparsi, come anche l'autocommiserazione e l'incertezza e il dubbio. Erosi da un solo sguardo e una sola frase, probabilmente anche dal fatto che l'alcol non solo mi toglie le inibizioni, ma mi fa anche sentire... un po' eccitato.
Ho il cervello vuoto come un deserto.
Cammino e basta.
Cammino fra le persone che di solito mi fanno paura, m'infilo fra di loro senza il minimo problema, mi sistemo il top cercando di tirarlo un po' su com'è giusto che stia, mi asciugo le labbra col dorso della mano.
Arrivo all'entrata del corridoio in un attimo.
Mi getto dentro senza nemmeno pensarci.
E mi ritrovo con la mano di Kirishima stretta attorno al polso e col suo corpo che mi trascina verso le aule senza che neppure io faccia in tempo a vederlo bene.
Mi gira la testa.
Per la prima volta dall'inizio di stasera sorrido genuinamente.
– Allora alla fine ci sei venuto, a salutarmi. – ridacchio, guardando le sue spalle.
Si gira.
Lui non...
Non sta esattamente... sorridendo.
Sta...
– Chiudi quella cazzo di bocca, Katsuki. Chiudi quella cazzo di bocca. –
Aggrotto le sopracciglia.
Merda, sono davvero ubriaco.
Davvero, davvero...
– Che c'è, ce l'hai con me, per caso? Guarda che non sono io che non ti ho neanche salutato. –
Stringe più forte sul mio polso.
Mi fa quasi... quasi male.
– Ti ho detto che devi chiudere la cazzo di... –
– Ce l'hai con me perché mi stavo facendo Shindō? Perché mi stava toccando il culo? –
Vedo le sue spalle irrigidirsi.
– Katsuki, tu devi... –
– Ce l'hai con me perché stavo facendo un po' la troia? –
Si ferma.
Apre una porta a fianco a sé, mi ci spinge dentro. Non con la cattiveria da farmi cadere ma con la determinazione di impedirmi di uscire.
È buio.
Non so dove siamo.
Sento...
La porta chiudersi alle sue spalle.
Per un attimo respiriamo e basta.
Poi accende la luce e mi rendo conto che siamo in uno sgabuzzino. Uno di quelli grandi, tipo rimessa, con una fila di armadietti bassi di metallo e i prodotti per pulire dritti di fronte a me.
È ancora alla porta.
Lui...
Gira la chiave.
Mi guarda.
È decisamente ubriaco.
Gli sorrido e ridacchio.
– Spaventoso, ragazzone, se non fossi tu potrei persino prenderti per uno stupratore. –
Lui non ride.
Non ride, non sorride, non...
È teso. È proprio teso. Ha le spalle rigide, la mascella serrata, lo sguardo affilato. Mi buca la pelle, il modo in cui mi fissa, mi fa tremare ogni centimetro del corpo.
Me lo fa tremare in senso... buono. Anche un po' cattivo. Ma anche un po'...
Fa un passo dalla mia parte.
Io indietreggio di riflesso.
Ne fa un altro e di nuovo indietreggio, poi un altro, un altro ancora, finché non sbatto contro gli armadietti e non ho più via di fuga, finché non è di fronte a me, in piedi di fronte a me, ad un centimetro di distanza.
Alto.
Grosso.
Decisamente, decisamente quello che...
Lascia cadere la testa sulla mia spalla.
Appoggia la fronte sull'osso.
Io rimango immobile.
Lui...
– Mmh, sì, sì, così. Così è giusto. Prima era sbagliato. Ora è giusto. – mugugna fra sé e sé, il viso che si strofina fra i miei vestiti.
– Ora è... –
– Tu stai zitto. –
Serro la bocca.
Strofina di nuovo la fronte contro di me.
– Stai zitto un minuto. Fammi calmare un attimo. Poi io e te ci facciamo una chiacchierata. –
– Ti devi calma... –
– Ho detto che devi stare zitto. –
Le parole mi muoiono in gola e prendo aria fra le labbra, sento il mio corpo scaldarsi di colpo, la sua presenza di fronte a me molto più incombente. Sento una sensazione di paura ma non paura negativa, ma paura...
Quando inizio a rilassarmi lo fa anche lui.
Respira piano.
Il rumore del battito del suo cuore è così forte che lo sento anch'io.
Apro la bocca per prendere fiato ma prima che anche solo possa passarmi per l'anticamera del cervello l'idea sulla parola da dire, la voce di Eijirō affetta la mia.
– Di' una parola e io esco e sventro quel figlio di troia che pensa di poterti mettere le mani addosso. –
Il calore mi sale dalle gambe, mi scende dal cervello.
Mi formicola la pelle.
Mi sento...
– Nessuno può metterti le mani addosso. –
Vorrei poter dire qualcosa.
Anche potessi, non saprei cosa.
Però...
– Mi fa così incazzare che tu lasci che un bastardo del genere ti metta le mani addosso. –
Strofina di nuovo la fronte sulla mia spalla.
– Solo io posso metterti le mani addosso. –
Mi mordo l'interno della bocca, le mie cosce sfregano l'una sull'altra.
– E ora se vuoi, ti spiego anche perché. –
─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───
IO LO SO CHE VOLETE UCCIDERMI MA NON FATELO VI PREGO
IO VI AMO
VOI NON ODIATEMI
GIURO CHE AL PROSSIMO VI DO QUELLO CHE VOLETE
(il prossimo esce il 3 di ottobre)
OK SPERO CHE VI SIA PIACIUTO (anche se a quanto pare scrivo solo cose che si dilungano prolisse e noiose) (non io permalosa)
CIAO AMICI
mel :)
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