25.


Il fracasso che riuscivano a produrre due soli bambini era incredibile.
Alice, la prima figlia di Evelyn, ed il piccolo Nat, il bimbo di Harry e Louis, erano scatenati. Eve aveva il suo bel daffare a tentare di riportare un po' di quiete, con Michael tra le braccia, ma i due monelli erano incontenibili. Esasperata, minacciò la figlia:
-Alice! Se non smetterai di fare baccano, ti riportero' immediatamente a casa!-
Intervenne anche Harry, placando l'iperagitazione del bimbo proponendo loro un gioco in scatola.
Eve era mortificata.
-Mi dispiace Harry..lo sai, di solito non è così..ma è un po' gelosa, ed è entusiasta di avere un nuovo amico-
Harry le sorrise:
-Non preoccuparti. Nat è così tutto il tempo, con o senza Alice. Non è abituato ad avere contatto con altri bambini, e tutti gli stimoli gli arrivano amplificati. Anzi, l'assistente sociale ci raccomandava proprio la settimana scorsa di fargli frequentare coetanei-

Il piccolo Nat arrivava dalla Bielorussia. Harry e Louis erano andati per un mese a trovarlo nell'orfanatrofio, e finalmente, dopo trattative estenuanti e incomprensibili lungaggini burocratiche, erano riusciti ad averlo a casa con loro.
Il bambino aveva cinque anni, ma era sottopeso, e ne dimostrava tre. Aveva passato tutta la sua vita nell'orfanotrofio dove era stato accolto alla nascita, e la sua situazione, che poteva apparire disperata in Inghilterra, non era purtroppo un caso isolato nella sua terra.
Oltre a non saper quasi parlare, il bambino aveva sofferto la fame, e di conseguenza aveva tutta una serie di problemi collegati. Ad esempio, Harry e Louis avevano dovuto insegnargli a non mangiare gli scarti dalla pattumiera.
In tutto ciò, i due non sarebbero potuti essere più felici. Si occupavano con dedizione del figlioletto, che beneficiava già, a distanza di soli tre mesi dal suo arrivo, dei risultati del loro amore.
-A che ora arriva Luke?- Le chiese, mentre finalmente i due piccoli si mettevano seduti a terra con un puzzle.
-Mi ha detto che era in sala operatoria un'ora fa- rispose lei sedendosi sul divano di casa Tomlinson-Styles sbadigliando, mentre con una mano reggeva Michael, che ora aveva tre mesi e mezzo.
Il campanello trillo' ed Harry andò ad aprire a Liam e Zayn, arrivati in contemporanea.
Liam andò subito a sedersi vicino a Eve, facendosi passare il neonato.
-Ma ciao piccolo Mikey! Com'è che tutti questi bimbi sono ancora svegli a quest'ora?-
Eve sbuffo':
-Me lo chiedo anch'io! Stiamo tirando su una truppa di nottambuli-
In quel mentre Louis arrivò, coi capelli ancora umidi di doccia, in salotto.
-Louis! Ciao!- Si precipitò a salutarlo Alice, mentre Nat la guardava di sottecchi.
-Ciao Alice! Cosa stai facendo di bello? Giochi con Nat?-
-Sì, ma lui è strano, non parla ancora come mio fratello!-
-Vedrai che imparerà prestissimo- la rassicurò Louis, guardando con affetto la testolina bionda del figlio china sul puzzle.
-Niall non viene?- Chiese poi al marito.
-Ha la notte- rispose Harry scuotendo brevemente la testa, occupandosi subito dopo delle birre portate da Zayn.
-Allora? Che si dice in quel di Londra?- Gli chiese Louis. Nel corso degli anni aveva imparato a conoscerlo e ad apprezzarlo, finendo per diventare buoni amici.
-Nulla di nuovo- rispose l'altro, lasciandosi cadere vicino al suo migliore amico, ancora tutto preso dal piccolo Michael che faceva delle buffe espressioni.
-Sai amico, a volte penso proprio che sarebbe ora che ti creassi una famiglia tutta tua- esordì, spiazzando Liam.
-E di te cosa dobbiamo dire?- Rispose, alzando un sopracciglio.
-Passi da un letto all'altro con la stessa frequenza con cui ti cambi le mutande-
L'uscita dello psicologo, solitamente moderato nei termini, sbalordì non poco i presenti, tranne il diretto interessato.
-Perché ti scaldi tanto? Ho solo fatto un' osservazione. Saresti un bravo papà- si limitò a replicare, ottenendo immediatamente la reazione che si aspettava da Liam.
-Scusami, Zayn, non volevo essere offensivo. Ho la testa altrove e non penso a quello che dico-
-Hai tenuto il corso, giusto?-
Liam annuì, passando di nuovo il bimbo, che ora piangeva, ad Eve.
-Tutto a posto?- Chiese Zayn.
Liam annuì di nuovo, e l'altro non replicò. Oramai lo conosceva da una vita, e sapeva che, a tempo debito, si sarebbe aperto con lui.
Liam era l'unica persona che poteva permettersi di dirgli qualunque cosa, senza che lui si arrabbiasse.

Eve si coprì con una pashmina e molto agilmente attacco' il bimbo al seno. Nat parve incuriosirsi, ed Eve scostò leggermente la stoffa per permettergli di vedere Michael succhiare voracemente. Nat parve incantarsi; si sedette di fianco a lei e rimase immobile, con gli occhi spalancati, a fissarlo. Louis sentì stringersi il cuore, e gli si sedette accanto, abbracciandolo. Rimasero così, in silenzio, mentre Alice continuava il puzzle e gli altri tre si spostavano in cucina per preparare il tavolo.
-Secondo te cosa sta pensando?- Sussurrò Eve a Louis.
Come se avesse capito la domanda,Nat si girò verso il papà, attirandone l'attenzione con un gesto.
-Cosa c'è, Nat?-
-Il bimbo indicò Michael, si indicò la bocca.
-Michael beve il latte- spiegò Louis. Nat ripeté i gesti.
-Ne vuoi anche tu? Vuoi latte, Nat?-
Il bimbo si illuminò e gli sorrise.
-OK, vado a prepararti il latte- sorrise a sua volta Louis, alzandosi. Così Eve rimase coi due bimbi. Subito dopo suono' il campanello.
Luke si fermò sulla soglia del salotto, prendendosi qualche momento per osservare Eve. La sua compagna aveva l'espressione dolce che assumeva sempre quando stava allattando, e nel contempo stava stringendo a sé Nat, che osservava incantato il piccolo sfamarsi.
Alice alzò la testa e lo vide:
-Papà!-
Luke la prese in braccio e la strinse, mentre Eve sollevava la testa e gli sorrideva.
Luke si avvicinò, notando quanto fossero marcate le sue occhiaie.
-Amore mio, sei stanca. Mi spiace tanto di aver fatto tardi-
-Ora sei qui- mormorò lei, porgendogli il viso per un bacio.
-Ciao Nat! Hai visto come mangia Michael?- gli sorrise il medico, mentre Louis arrivava con una tazza piena di latte.
-Ehi, voglio anch'io latte!- Protestò Alice mettendo su un broncio adorabile.
-Dai vieni. Andiamo a prenderci latte. Sai, anche il papà è affamato stasera- le disse Luke, conducendola per mano verso la cucina.
Michael finì, e rientrarono in salotto gli altri, per annunciare che era pronto in tavola. I bambini avevano cenato in anticipo rispetto a loro, perché l'ora era tarda.
Liam porse le mani verso Michael, appoggiandoselo poi con destrezza sulla spalla per farlo digerire.
-Zayn ha ragione..saresti proprio un bravo papà- disse d'un tratto Eve. Di solito era molto discreta, per cui quell'uscita lo sorprese. Senza replicare, si alzò, seguito da lei, per raggiungere gli altri in cucina.

La brace della sigaretta di Zayn brillava nell'oscurità.
-Oggi al corso una ragazza mi ha colpito- esordì Liam. Erano tornati a casa; era l'una passata, e Zayn stava fumando l'ultima sigaretta della serata sul balcone.
Da circa tre anni condividevano un appartamento, dopo che Zayn aveva lasciato casa di Harry.
Il neurochirurgo sorrise tra se e sé. Sapeva che l'amico si sarebbe confidato con lui.
-Perché ti ha colpito?-
-Penso ne sappia qualcosa di persona, o qualcuno a lei vicino. Aveva delle reazioni esagerate-
-Beh, diciamo che tu non ci vai giù molto leggero, Liam- commentò l'altro, avendo partecipato qualche volta alle sedute dell'amico.
-Lo so, ma non era la classica reazione, lei era piuttosto sconvolta-
Zayn esalò una voluta di fumo socchiudendo leggermente gli occhi. Liam lo poteva scorgere nella ppenombra.

Giusto tre settimane dopo, Liam iniziò con le simulazioni.
Aveva passato le ultime due lezioni a parlare di come prevenire l'aggressione; avevano aperto un dibattito sull'argomento violenza domestica. Ora era tempo di passare a sviscerare le paure più profonde.

-Quello che dovete tenere a mente è che, nel novanta per cento dei casi, la vittima perde lucidità. Si sente impotente, umiliata, teme per la propria vita- precisò Liam per l'ennesima volta. Voleva che fosse ben chiara la necessità di non crearsi false sicurezze.
La palestra era quasi tutta in penombra; soltanto i faretti centrali erano accesi, e creavano una sorta di palcoscenico illuminato.
-Forza allora. Iniziamo-
Per alcune persone, il farsi invadere il proprio spazio vitale era già un grosso disagio. Liam ne era consapevole. Infatti si fecero avanti prima le persone più sicure. Ogni tanto si interrompeva e spiegava a rallentatore qualcosa; in generale, il silenzio era totale, ma spesso qualche battuta sdrammatizzava l'atmosfera.
Quella sera non erano presenti tutte le partecipanti; di solito smezzava il gruppo per evitare lunghe attese, ed alla fine si ritrovarono in sei compreso lui.

Quando fu il turno di Meggie, era palese che la ragazza fosse sulle spine. Goccioline di sudore le imperlarono la fronte, e tremava impercettibilmente. Non appena Liam si avvicinò a lei, la ragazza parò le mani avanti e indietreggiò, scuotendole:
-Non ce la faccio, non voglio farlo!-
-Meggie, tranquilla. Non succederà niente- la rassicurò Liam, fermandosi.
-Non posso farlo. Mi dispiace- ripeté lei. Liam annuì, facendole cenno di tornare tra le altre partecipanti, ed andando avanti.

Alla fine della lezione, a tutte erano chiari i passaggi che avevano provato; tutte avevano simulato l'aggressione tranne Meggie. Liam la fermò, mentre le altre uscivano. Quando furono soli, le fece cenno di sedersi.
-Meggie, so che per alcuni è difficile recitare una parte sotto agli occhi di tutti. Se vuoi possiamo provare ora, siamo solo io e te-
Lei lo guardò, dubbiosa.
-È importante affrontare le proprie paure. Se vuoi, lo possiamo fare un passetto alla volta- la rassicurò lui.
-Cosa intendi?-
-Puoi fermarti a fine incontro, e provare da sola con me, una cosa alla volta-
Meggie ci pensò su.
-Ok-
-Dai allora, iniziamo- la spronò lui, andando a chiudere la porta della palestra e tornando da lei. Vide che era in imbarazzo.
-Cominciamo con l'evitare che l'aggressore riesca ad afferrarti per un braccio. Hai capito come fare?-
Si trattava di una semplice rotazione del polso, afferrando a propria volta l'avambraccio dell'aggressore e tirandolo verso l'esterno, in modo da fargli girare leggermente il busto e garantirsi una via di fuga.
Liam la vide deglutire ed allargare gli occhi, sembrava un animale in trappola. Indietreggiò leggermente, e lui con uno scatto la raggiunse, afferrandola.
Meggie si dibatté in preda al panico, dimenticando totalmente quello che avrebbe dovuto fare.
-Ehi, ehi. Calmati. Non sta succedendo nulla- esclamò immediatamente lui, alzando le mani.
-Scusami, io..non amo molto il contatto fisico- si giustificò lei, in affanno.
-Lo vedo- constatò lui, mantenendo le distanze per darle modo di calmarsi.
-Posso chiederti il motivo?-
Lei si strofinò le mani sulle braccia, mentre una inconfondibile espressione di vergogna le passava come un' ombra negli occhi.
-Meggie..io sono qua in veste di istruttore, ma forse potrei esserti d'aiuto indirizzandoti a degli incontri di tipo diverso.-
Lei distolse lo sguardo, mordendosi il labbro per non versare le lacrime che minacciavano di strabordare dai suoi occhi, sentendosi umiliata, arrabbiata, desiderando di cancellare tutta la faccenda e non pensarci mai più.
Liam avanzò verso di lei, ed allungo' una mano a palmo in su. Meggie degluti' di nuovo, esitando.
-Vorrei aiutarti-
Lei lasciò che le lacrime scorressero sul suo viso, ed annuì, appoggiando la mano su quella di Liam.
-Vorrei tanto che tu potessi farlo- mormorò.
-Allora vieni allo sportello, domani.C'è una mia collega che si occupa in maniera specifica..-
-No- lo interruppe subito lei.
-Non voglio parlarne con nessuno. Non c'è nulla da dire. Voglio solo tornare ad essere come prima, invece di vivere in costante ansia-
-Ti capisco. Intanto vieni domani; se non vuoi parlare con nessun altro, almeno vieni da me. Ok?-
Lei acconsentì.

Il giorno seguente, per distrazione, Meggie tornò alla palestra anziché andare ai poliambulatori. Suonò il campanello, chiedendo del dott.Payne. Il caso volle che, ad accompagnare un paziente tetraplegico fuori dalle porte automatiche, ci fosse Niall Horan.

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