15.

Le giornate si susseguivano incalzanti, ed Alice gradualmente accettò la nuova routine. Evelyn sospettava che fosse per la presenza di Louis: alla bimba mancava una figura maschile di riferimento, la ragazza ne era certa, e da brava mamma si faceva venire mille sensi di colpa.
Relegò tutta la faccenda del pap-test in un cantuccio della memoria, facendosi distrarre da mille altre cose, fino a che, due settimane dopo, il suo telefono squillo'.

Erano le otto di sera di un uggioso lunedì di novembre, ed Evelyn stava facendo fare il bagnetto ad Alice.Era stata una giornata faticosa: il negozio era in turno di chiusura, ed Eve accumulava tutte le commissioni a cui doveva adempiere in quella giornata, per evitare di dover trascinare qua e là Alice di pomeriggio.
Tra l'altro, il proprietario, il signor Brown, avrebbe voluto che incrementasse le ore di lezione di piano, mettendola in difficoltà. Finora aveva lavorato al mattino, mentre Alice era al nido, e due pomeriggi a settimana la lasciava alla baby-sitter per le lezioni, ma ora appunto Brown avrebbe voluto che lo facesse tutti i pomeriggi: era brava, ed erano aumentate le richieste. Per non parlare del fatto che si avvicinava il periodo natalizio, per cui sicuramente le avrebbero chiesto di andare anche il sabato pomeriggio, se non la domenica.
Ed Evelyn si sentiva irrimediabilmente demoralizzata. Le sembrava di non riuscire a fare abbastanza, ad essere abbastanza, di non essere una buona madre.

Il telefono suonò e lei imprecò mentalmente. Era certa fosse un altro call center, l'ennesimo, con l'ennesima offerta imperdibile, e non si curò di rispondere.
Quando, però, il telefono riprese a suonare dopo un minuto, sospirando si alzò e si asciugò sommariamente le braccia sulla maglia, andando a recuperarlo.
Il numero era sconosciuto e rispose in tono scocciato:
-Sì?!-
-...Buonasera, parlo con Evelyn?-
-Sono io-
-Sono Hemmings; volevo chiederti come mai non hai ancora fissato un appuntamento come ti avevo detto-
Merda. Se ne era completamente dimenticata, e la risposta le uscì schietta:
-Oddio..mi è passato di mente. Scusa..-
-Se vuoi, domattina sono in ambulatorio-
-Oh. Grazie mille..posso staccare prima da lavoro e venire..per che ora posso venire?-
-Alle dodici?-
-Sì, va bene. Grazie mille-
-A domani. Buona serata-si congedò lui, riagganciando.
Eve era abbastanza stranita; non si spiegava la gentilissima premura del medico. Si considerava realista: era carina, passabile. Forse sarebbe potuta essere bella, se solo avesse avuto la voglia ed il tempo di curarsi un po'. Ed invece andava in giro in tuta da ginnastica e coi capelli sempre raccolti con un elastico,per non parlare dell'aria perennemente trafelata. Perché diciamocelo, aveva sempre l'aspetto di una in bilico tra una notte insonne a causa della bambina e le bollette troppo alte per essere pagate.
Quindi, concluse che il medico provasse semplicemente pena per lei.
Gli aveva fatto pena, ed il pensiero la irritò. Di solito non aveva tempo di pensarci, e nemmeno le interessava; stavolta il suo orgoglio di donna ne fu ferito.
Di solito crollava a dormire assieme ad Alice, ed invece quella sera, una volta messa a nanna la bimba, impiegò un'ora del suo tempo per fare la ceretta, rispolverando lo scaldacera, e riscoprendo il piacere di avere le gambe in ordine senza usare frettolosamente il rasoio.
Bastò quel semplicissimo gesto per confortarla un po'; si concesse una doccia lunghissima e, per una volta, si spalmò di crema idratante. Aveva davvero quasi dimenticato quanto benessere potesse provare per quelle semplici accortezze.

La sfortuna volle che Alice le facesse passare una notte infernale. Si svegliò quasi ogni ora, ed alle sette e mezza si ritrovò in cucina a prepararsi un caffè molto, molto forte.
Indecisa se chiamare la baby-sitter o se portarla comunque al nido, scrisse un messaggio veloce a Louis.
"Ciao Louis, sono Evelyn la mamma di Alice, stanotte non ha dormito molto, cosa dici? Chiamo la baby-sitter?"
Tempo due minuti e le arrivò la risposta:
"Portala lo stesso, se vedo che è stanca la metterò in un lettino, non preoccuparti"

Ovviamente la bimba fece un sacco di capricci per alzarsi e prepararsi, com'era prevedibile, aumentando i sensi di colpa di Evelyn. Una volta a scuola, parve calmarsi, ma volle essere presa in braccio da Louis con il ciuccio in bocca.
-Spero non stia covando qualcosa- commentò la ragazza, dispiaciuta.
-Non preoccuparti, Eve. Se ci saranno problemi ti chiamerò. Probabilmente è solo stanca-
Rassicurata dalle parole gentili di Louis, Eve si accinse ad andare a lavoro.
La mattinata fu molto tranquilla, con pochissimi clienti, e la ragazza ebbe tutto il tempo di sistemare il carico appena arrivato e di finire un inventario.

Alle undici e cinquanta arrivò davanti al distretto, con zero voglia di entrare, tanto che rimase qualche minuto nell'atrio. Inutile negarlo: il dottor Hemmings la metteva in soggezione. La faceva sentire inadeguata, e lei generalmente non aveva grossi problemi di autostima.
Con un sospiro e l'aria di una che va al patibolo, entrò.
Si fermò allo sportello e fece l'accettazione, sperando che Hemmings non fosse troppo in ritardo.
Venti minuti dopo entrò in ambulatorio.

Chiuse la porta, e si voltò verso il medico, che la spiazzò con un sorriso.
Evelyn sentì un vuoto allo stomaco. Lo sguardo del giovane la lusingò, le scaldò il cuore, e si tranquillizzò.
-Ciao!-
-Ciao- lo salutò, avvicinandosi alla scrivania sentendo caldo alle guance.
-Come stai?-
Eve gli sorrise di rimando:
-Bene, grazie. E tu?-
-Non c'è male. Veniamo a noi: sei la mia ultima paziente. A che ora devi andare a prendere Alice?-
-Oggi all'una-
-Peccato- la stupì lui - allora non puoi farmi compagnia a pranzo-
Sorpresa, Eve non seppe come interpretare la cosa, ed ebbe qualche momento di esitazione.
-Sempre se ti avrebbe fatto piacere venire a pranzo con me- aggiunse lui.
-No, no...certo. Ti ringrazio- replicò Eve.
Luke le fece un cenno verso il separé, ricordandole bruscamente cosa fosse venuta a fare, al che lei si rabbuio':
-Ah. Giusto.-
Si alzò, mentre il medico faceva un sorrisetto divertito.
-Sai, sembra che tu stia andando al patibolo- la prese in giro.
Lei avvampo', ma coraggiosamente rivelò:
-Mi sento a disagio-
Lui tornò serio:
-Mi dispiace. Non era mia intenzione..-
-Lo so, non preoccuparti. Solo, sbrighiamoci, per favore- gli chiese lei, desiderosa di lasciarsi tutta la faccenda alle spalle. Lui annuì ed Eve scomparve dietro al separé.
Si spogliò velocemente e si sedette sul lettino, coprendosi con un lenzuolino di carta. Evitò di guardare Hemmings al di sopra del paravento e si stese soltanto quando lui le voltò le spalle per infilarsi i guanti; si coprì gli occhi con un braccio, ed anche se colse un cenno di divertimento nel tono del suo "non preoccuparti, facciamo presto" non reagì e non lo guardò.
Dal canto suo, lui fu efficiente e veloce, e subito Eve si alzò, sospirando silenziosamente di sollievo mentre si rivestiva in velocità.
Appena fu pronta si sedette alla scrivania, aspettando che Hemmings finisse quello che stava facendo.
Il medico citofono' fuori, e poco dopo la segretaria entrò, facendosi consegnare il portavetrini e tutto il resto; Eve osservò il profilo del giovane mentre guardava la segretaria da sotto in su, seduto, ed ancora una volta si stupì di quanto sembrasse giovane. Aveva un naso perfetto. Lui si girò a guardarla con un secondo sorriso che le fece tremare il cuore in petto, alzandosi:
-Vieni?-
Ed a lei non rimase che seguirlo, un po' imbambolata.

Una volta fuori in parcheggio, Hemmings la spiazzò di nuovo:
-Ho una proposta da farti, se ti va. Domenica hai impegni?-
-No- rispose Eve, non sapendo bene cosa aspettarsi.
-Ti va di andare a fare un giro in montagna?
-Ehm..io ho anche Alice..-
-Era ovvio che fosse inclusa nell'invito- replicò lui, usando un tono di sufficienza.
-Scusami, mi hai colta di sorpresa. Non mi aspettavo niente del genere- disse lei, sulla difensiva.
-Ok, scusami tu. Allora..ti va?-

Evelyn non capiva ancora cosa l'avesse spinta ad accettare.
Finora aveva sempre evitato di coinvolgere sua figlia in questo genere di situazioni, anzi, diciamo che non aveva mai avuto nessun genere di storia, da quando Alice era nata.
Stavolta, però, la proposta del giovane le aveva smosso qualcosa dentro. Un desiderio di evadere, una sorta di rivalsa nei confronti di tutto quello che le era capitato fino ad ora. O forse il fatto che lo trovasse molto attraente, e le sue attenzioni la lusingavano. Eve non se lo sapeva spiegare del tutto. Fatto sta che, domenica mattina, aveva preparato la borsa del cambio aggiungendo un biberon di camomilla, bavaglio, alcuni indumenti di scorta, per poter affrontare una giornata fuori casa.
Luke arrivò puntualissimo alle dieci. Le citofono', ed Eve rispose:
-Ti va di salire?-
Luke entrò, ed Eve si rese conto di quanto alto sembrasse, lì sulla soglia di casa sua, e di quanto bello fosse, con la felpa col cappuccio e la maglia che si intravedeva sotto.
-Ciao- le sorrise.
-Ciao. Scusa il disordine; con lei è impossibile tenere a posto- si scusò, accennando alla baraonda di giochi e libri disseminati.
Alice lo guardò perplessa, andando poi a nascondersi dietro alle gambe della ragazza, intimorita.
-Scusala, fa sempre così quando non conosce le persone- aggiunse Eve, ma Luke la rassicurò:
-Non preoccuparti. In realtà mi conosce: sono stato il primo a prenderla tra le mani- scherzò lui, accennando al fatto di averla fatta nascere.
Eve ne fu colpita:
-Caspita...hai ragione!-
Alice fece capolino da dietro alle sue gambe, e per qualche strana ragione parve prendere a simpatia il giovane, che era alquanto impacciato con bambini che non fossero neonati, a quanto pareva.
Eve radunò le sue cose e con l'aiuto di Luke portò giù borse e passeggino. Poi prelevò il seggiolino dalla propria auto e lo posizionò in quella del medico, pensando a quanto fosse assurda la situazione.
Alice si lasciò agganciare senza fare storie, cosa di cui la ragazza fu estremamente grata.
Il viaggio in auto, di un'oretta, fu sorprendentemente piacevole. Luke si stava dimostrando cortese, rilassato ed alla mano, tutta un'altra storia rispetto all'atteggiamento che sconfinava nell'arroganza che gli aveva visto a lavoro.
Si ritrovarono ben presto a chiacchierare tranquillamente. Così Eve venne a sapere che si era specializzato in Ginecologia perché sua zia, l'unica sorella di sua madre, era morta per una complicazione del parto; che aveva un fratello che non vedeva mai; che aveva un migliore amico di nome Michael, e che giocava con lui ed altri due amici a calcio.
Alice ad un certo punto si addormentò, ed Eve sentì scivolare via la tensione, iniziando davvero ad apprezzare la gita fuori porta.
La giornata si prospettava limpida e fredda, e ben presto giunsero ad una altitudine per cui i lati della strada iniziavano ad essere imbiancati.
Ebbe un brivido involontario nel guardare il panorama invernale al di fuori del finestrino, e Luke alzò il riscaldamento all'interno dell'abitacolo. Lei gli sorrise e tornò a guardare fuori, senza coglierlo mentre la guardava con la coda dell'occhio.
-Potremmo fermarci a mangiare in una baita sul passo- propose lui, spezzando il confortevole silenzio che era sceso.
-Volentieri. Però c'è un problema: mi son resa conto che Alice non ha una tuta da neve. Non mi aspettavo di trovare già tutto questo bianco-
-Nessun problema: c'è un negozio di articoli sportivi proprio tra una decina di chilometri, sulla strada per il passo- rispose Luke, ed Eve annui', grata.
Luke parcheggio' davanti al negozietto un quarto d'ora dopo.
-Che si fa? La svegli?-
-Per forza. Devo fargliela provare- asserì lei, scendendo dall'auto ed accingendosi a svegliare sua figlia.
La piccola protestò, ma quando vide Luke, inspiegabilmente, gli porse le braccine per farsi prendere in braccio. Lui era perplesso e ad Eve venne da ridere, trovando buffo il modo impacciato in cui tirò su la bimba dal seggiolino sotto al suo sguardo divertito.
Entrarono velocemente in negozio, e subito la commessa equivoco' il ruolo di Luke:
-Buongiorno principessina!Ma come siamo belle! Assomigli proprio al papa'- le si rivolse, alludendo al fatto che entrambi avevano i capelli biondi e gli occhi chiari.
-Ehm..in realtà non è il papà- spiegò Eve, chiedendo subito dopo aiuto per trovare una tuta da neve.
Seguì la commessa e si girò un momento indietro per scusarsi silenziosamente con Luke, ma lui le sorrise e le fece cenno di andare avanti, mentre Alice gli sbadigliava contro il collo e giocherellava con un suo orecchio.
Eve, abituata ad essere veloce ed efficiente, scelse senza perdere tempo una fra le tre tute da neve che fecero provare alla bimba; altrettanto velocemente decise per gli scarponcini da neve e seguì solerte la commessa per effettuare l'acquisto, lasciando Alice in braccio a Luke per qualche minuto.
Tornò subito dopo, trovandoli nella stessa posizione: Luke seduto sul divanetto con una espressione un po' imbarazzata, con spalmata addosso la bimba che succhiava il ciuccio con aria indifesa.
-Ecco fatto- esordì, e Luke si stupì:
-Sei stata velocissima!-
Uscirono, e si apprestarono a trascorrere una piacevolissima domenica.

Spazio autrice:
ho diviso a metà il capitolo perché stava diventando un poema...
Intanto posto la prima parte, ed appena trovo il tempo per correggerla aggiungo anche l'altra :-)

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