Capitolo 5: Nemici con cani in comune
Bussaialla sua porta, scocciata.
Eranopassati giorni da quando avevo trovato quella cucciola neraspaventata. Il padre di Moore aveva trovato altri tre cuccioli ederano tutti in clinica (a quanto pareva, la clinica era dellafamiglia Moore da generazioni).
Adaprirmi fu il coinquilino di Moore: Logan. Aveva profonde occhiaie egli occhi gonfi dal pianto. Feci una smorfia disgustata, ma in realtàera solo una facciata: stavo iniziando veramente a pensare che questoragazzo soffrisse di una profonda depressione. – Cristo santo,Logan – borbottai, entrando in casa. – Puoi dirmi il nome diquesta maledetta? Giuro che la vado a picchiare io stessa, se miprometti di renderti presentabile domani mattina, quando verrò asalutare la cucciola.
Logannon rispose. Girò su sé stesso e si trascinò in camera sua,mormorando un: – Intanto, potresti trovare una soluzione per lacagnolina, visto che non fa altro che piangere durante la notte.
Entraiin camera di Moore senza troppe cerimonie e lo trovai con deipantaloncini da basket neri e una canottiera bianca, che metteva inrisalto i bicipiti scolpiti e le ampie spalle. Feci l'ennesimasmorfia disgustata: odiavo le canottiere. Ma non sembrò notarla, oalmeno fece finta di non notarla.
Chiusila porta dietro di me e mi misi seduta a terra, incrociando le gambe,esattamente come Moore. Proprio davanti a lui.
– Siè appena addormentata – sussurrò. Anche lui aveva profondeocchiaie nere. – Sto cercando di farla abituare. La notte piangemolto, ma è importante non prenderli in braccio quando fanno così.
–Come i bambini – notai io a bassa voce.
–Sì, come i bambini.
Loosservai attentamente in viso. Stava guardando la cucciola,accoccolata tra le sue gambe, e notai un viso totalmente rilassato,ma anche totalmente assorto da quel piccolo animale. Per un attimo,lo trovai maledettamente attraente.
Poimi venne in mente la macchina distrutta di Aaron.
Mischiarii la voce, attirando la sua attenzione. – Dobbiamo andare alezione – gli ricordai. – E tu hai bisogno di una doccia evestiti decenti.
Aggrottòle sopracciglia. – I miei vestiti sono decenti.
–Sono osceni – ribattei ferrea. – Manon è colpa tua se hai dei gusti di merda.
Scossela testa, sospirando. – Stai veramente commentando i miei gusti,dopo esserti presa una cotta per Caleb?
–Non ho mai avuto una cotta per Caleb. Melo portavo solo a letto.
–Per mesi – mi fece notare lui,scrutandomi con quei suoi occhi grigi.
– Haun pene di eccellenti dimensioni e prestazioni – replicai.
Coprìle orecchie alla cucciola. – Non davanti ai bambini! – esclamò,indignato.
Alzaigli occhi al cielo. – Lascia i bambini fuori da questo – dissi. –E fatti una doccia.
– Tiringrazio per i consigli.
–Stasera vengo qua – gli comunicai,osservando le occhiaie. – Ci penserò io alla cucciola. Tu e Loganavete bisogno di riposare.
–Piange troppo per riuscire a dormire,quindi non ti preoccupare – borbottò. – Sono quasi sicuro cheavrò delle lamentele anche dai vicini per quanto piange forte.
–Non te lo stavo chiedendo – dissi,conficcando gli occhi dentro i suoi. – Stasera vengo qua.
– Tihanno mai detto che auto-invitarsi è da maleducati?
– No– replicai, sarcastica. – Non ho avuto un'infanzia felice. Miopadre era un ubriacone e mia madre è morta quando ero piccola.
Ridacchiò,scuotendo la testa. Pensava veramente che stessi mentendo. – Eccoda dove proviene questo caratteraccio.
– Houna corazza perché ho sofferto troppo – dissi con un tonoassolutamente melodrammatico.
Maforse era vero.
***
Lasera, dopo aver staccato dal bar, mi precipitai all'appartamento diMoore. Bussai un paio di volte e questa volta fu proprio Moore adaprirmi, con la cucciola in braccio che sembrava dormire.
–Sta dormendo da un bel po', quindi sisveglierà tra poco.
Incrociaile braccia. – Oppure mi hai mentito solo per farmi sentire incolpa.
Roteògli occhi e si girò, per tornare seduto sul divano grigio. Miguardai intorno, alla ricerca di Logan. – Non c'è. È tornato acasa per il fine settimana – se ne uscì Moore, senza guardarmi.
– Oh– mormorai. – I suoi abitano tanto lontani? – chiesi.
– Adue ore di macchina. Ed è solo la mamma con la sua sorellina.
Annuiie decisi di non indagare ulteriormente. – Tu invece non torni acasa, perché tanto la clinica di tuo padre è a quindici minuti daqua? – chiesi, sedendomi accanto a lui.
Milanciò un'occhiata di traverso. – No. Non torno perché vivoqua.
Certo,pensai. A chi andrebbe di passare il fine settimana in una famigliaperfetta?
Mooresi mise comodo, allungando le lunghe gambe fino ad appoggiare italloni sul tavolino da caffè di vetro davanti a noi. Io rimasirigida, più lontana possibile da lui. – Puoi prendere iltelecomando e vedere qualcosa se vuoi.
–No.
Rimanemmoin silenzio per minuti interi, intenti a fissare lo schermo nerodella televisione.
– Iltuo Aaron oggi ha vinto – se ne uscì Moore. – Giusto perché nonho potuto partecipare.
Sbuffai.– Ti ha già battuto, Moore. Può rifarlo tranquillamente.
–Per il momento non c'è ancorariuscito, ed è passato molto tempo – replicò Moore con unsorrisino compiaciuto.
–Taci, Moore.
– Michiedi di fare silenzio a casa mia?
–Sono abbastanza sicura che sia inaffitto, quindi non è nemmeno tua, tecnicamente – borbottai,incrociando le braccia. – Perché non vai in camera tua a dormire,visto che stamattina eri così stanco?
– Mistai anche cacciando da casa mia!
Rimasiin silenzio.
–Ascolta-
Lacucciola aprì gli occhi ed osservò prima Moore e poi me. Iniziò ascodinzolare e mi piombò addosso, iniziando a leccarmi il viso.Ridacchiai, stringendolo a me. – Ciao, Tate! – esclamai.
–Tate? – chiese Moore, aggrottando lafronte.
–Sì, è il suo nome.
Rabbrividì.– È terribile. Non pensi che dovremmo sceglierlo insieme?
– No, non lo penso.
Mooreridacchiò, tirandosi indietro i capelli scuri in disordine. –Ovviamente.
Continuai a fare le coccole a Tate, finoa quando non mi resi conto che probabilmente avrebbe fatto i bisognida lì e pochi secondi. Quindi mi alzai e la portai sulla traversina.Si mise ad annusare i bisogni che aveva già fatto e...
–Riportala- Riportala sul tappetino, ha latendenza a-
Simise a fare la pipì poco lontana dal tappetino.
Ridacchiai.
– Anon centrare il tappetino – completò Moore, poggiando la schienasullo schienale del divano, sbuffando. – Grazie per lacollaborazione, Dayna.
–Taci, Moore. Pulisco io – dissicarezzando la cucciola. – Ma quanto è piccola?
Moorerimase un attimo in silenzio, poi chiese: – Non hai mai avutoanimali domestici, non è così?
Scrollaile spalle. – No. I miei lavoravano troppo per avere il tempo dioccuparsi di un cane – mormorai, guardando ammaliata la cucciola,che stava mordicchiando le mie dita.
Sospirò,stiracchiandosi. – Io ho sempre avuto cani – annunciò. – Sinda quando sono nato. Il mio primo cane fu un pastore tedesco, di nomeMax. Passai i miei primi tredici anni con lui, quando morì fuorribile. Non penso di aver mai provato dolore così intenso.
Rimasiin silenzio. Le sue parole mi avevano catturato. Non pensavo, ma erapiuttosto genuino. Si stava aprendo con me, che avevo sempre cercatodi fargli del male... sia fisicamente che emotivamente. A talproposito, mi limitai a dire: – Non te l'ho chiesto.
Mooreridacchiò. – Sai, Dayna... puoi fare la dura quanto ti pare, mastai guardando quel cucciolo in un modo che rappresenta la tua verarealtà.
–Ovvero? – chiesi, scoccandogliun'occhiataccia.
–Sei buona – replicò lui, con tonoquasi esasperato. – E sai essere perfino dolce.
Ridacchiai,scuotendo la testa. – Si vede proprio che non mi conosci.
Misorrise. Fu un sorriso strano, quasi a volermi prendere in giro. Comese mi trovasse adorabile.
–Dovresti seriamente andare a dormire. Giàsei brutto... quelle occhiaie non fanno altro che peggiorare il tuoaspetto – ringhiai, abbassando lo sguardo sulla cucciola. Mi feceun agguato e atterrò completamente la mia mano. Mi appuntaimentalmente di comprarle dei giocattoli.
Ridacchiò,ma subito dopo sbadigliò, confermandomi che stava veramente morendodi sonno. – Sei sicura che posso lasciarti qua da sola? – chiese.– Voglio dire, non hai intenzione di rubare dentro casa mia, vero?
– Eche cosa dovrei rubare? – risi. – La PlayStation?
–Potresti farci un sacco di soldi – mifece notare lui. – E potresti rubarmi anche il cane.
–Non è tuo. È mio.
–Strano, perché sembra vivere qua.
Sospirai.– Se vuoi, lo porto da me.
Misorrise maliziosamente. – Certo, adesso fai finta di averne lapossibilità. Come se non avessi il proprietario di casacompletamente contrario.
–Come diavolo fai a-
– Lafaccia che hai fatto in ambulatorio era piuttosto chiara.
Alzaigli occhi al cielo. – Buonanotte, Moore.
Nonostantel'occhiata assolutamente non convinta, si alzò e si diresse versola sua camera da letto. – Buonanotte, Dayna. Cerca di non rubarmiil cane.
– Vabene, mi limiterò a prendere la PlayStation.
Ridacchiò,ma poi si chiuse la porta della camera alle spalle, lasciandomi solacon la peste nera.
***
Purtroppola previsione di Moore si avverò: Tate iniziò a piagnucolare, senzaun'apparente motivo. La presi in braccio e cercai di coccolarla, mainiziò a divincolarsi. Cercai passeggiare per tutto il salone, conlei in braccio, esattamente come un bambino.
Spoiler:non era un bambino. Era un cane. Quindi quello che stavo facendo sirilevò del tutto inutile.
Mooresi alzò dal letto e si incamminò in salone come uno zombie. Avevagli occhi socchiusi e la massa di capelli scuri e mossi eranoveramente indecente. Feci una smorfia disgustata, continuando atenere la cucciola tra le braccia.
Moorela prese dalle mie braccia in un movimento secco e la posò a terra.– Non viziarla. È inutile portarla in giro come un pupo. Nonpiange come i bambini.
– Eallora qual è la tua soluzione, Mister So Tutto Io? – ringhiai.
–Lasciala lamentarsi – borbottò. Sigirò e tornò verso la sua camera. – Purtroppo è troppo piccola.Ha bisogno della mamma e dei fratellini, non è stata svezzata...Avrà parecchi problemi comportamentali.
Sbuffai.– Taci, Moore. Verrà su un cane stupendo.
– Neriparliamo quando inizierà a pinzare persone a cazzo.
Dettoquesto, si rintanò in camera, lasciando però la porta aperta.
Tateiniziò a guaire, andando da una parte all'altra del salone. Sinascose sotto il tavolo, poi non contenta cercò di infilarsi sottoil divano.
Iniziaia capire la depressione di Logan.
Stavapiangendo da pochi minuti ed ero già esausta.
Stufa,presi in braccio Tate e cercai di tranquillizzarla nuovamente.Iniziai a passeggiare, con lei in braccio, e poi cercai di sdraiarmisul divano con lei attaccata.
Nonci fu verso di tranquillizzarla.
Mooresi rialzò dal letto e questa volta si mise seduto vicino a me.Proprio quando iniziai a pensare che non mi avrebbe dato fastidio,riprese Tate e la posò a terra. Nuovamente.
– Mala smetti?! – sbottai, cercando di riprenderla. Me lo impedì,infilando le sue gambe pelose in mezzo a noi. – Leva queste gambe,scimmia!
–Che originalità – borbottò. –Lasciala piangere, Dayna.
–Vai a fare l'educatore cinofilo daqualche altra parte, Moore – ringhiai.
–Casa mia, regole mie – disse,afferrandomi le braccia. Il suo viso si fece vicinissimo, gli occhigrandi... Il cuore fece uno strano salto. Mi irrigidii, spaventatadalla reazione del mio petto alla sua vicinanza. Osservai il coloredei suoi occhi, grigio con alcune sfumature sempre più scure.
Miallontanai di scatto, come scottata. Per un attimo, il panico misoffocò.
Mooremi studiò con la fronte aggrottata. – Se avessi saputo che perfarti stare zitta e ferma bisognava semplicemente avvicinarsi a te,l'avrei fatto prima – si prese gioco di me.
Leparole viaggiarono nel mio cervello, confuse.
Checazzo mi prendeva?
Nonpotevo provare attrazione per il nemico del mio migliore amico,dannazione.
– Iltuo alito è terrificante – me ne uscii
Ridacchiò.– Sì, come no.
–Sei peloso come una scimmia e il tuoalito puzza di morte – sentenziai. – Mi spieghi come cazzo riescia portarti a letto tutte queste ragazze?
–Nella tua stessa domanda c'è anche larisposta – replicò lui, abbassando lo sguardo verso Tate, chestava ricominciando a tranquillizzarsi.
Alzaigli occhi al cielo. – Scimmia, scarsa igiene dentale e ancheterribilmente deficiente – borbottai. – Devi avere veramentedelle doti nascoste.
–Non nascondo mai niente.
Ridacchiai.– Disse quello che ancora non ha ammesso di sfasciare le macchineper vendetta.
– Ionon ho-
Sentimmoun rumore. Girammo entrambi il viso verso il rumore.
Tatestava facendo la diarrea.
Sultappeto di Moore.
AdoravoTate.
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