22.
Mi metto comoda sul divano, mentre Domenico raccoglie le sue cose e viene a sedersi vicino a me.
<Posso aiutarti?> mi chiede mentre alzo la maglia e il solo movimento del braccio mi fa fare una smorfia di dolore, e rinuncio subito, passandogli il barattolo che, poco prima, avevo preso.
<Perché lo fai?
Cioè ti ringrazio, ma per quanto un essere insulso come me abbia attirato, in qualche modo, la tua attenzione, non riesco a capirlo.>
< Innanzitutto non sei " un essere insulso" anzi, e poi non ho un vero motivo.
È nella mia natura cercare di far star bene, o almeno è quello che tutti mi dicono.> si arrotola le maniche della camicia, che poi tira su il più possibile, facendo comparire delle piccole linee nere.
Ho sempre amato i tatuaggi, ma sono riuscita a salvarne soltanto uno.
<Cosa è?> chiedo passando le dita su quelle linee che, viste così, sembrano non avere un significato, ma la cosa che attira la mia attenzione è la sua pelle, che ha subito reagito al mio tocco,così tiro via la mano alzando il viso verso di lui.
Ma non ha l'espressione infastidita, ma sembra si sia estraniato in mondo tutto suo.
<Scusami, non volevo essere indiscreta.>
Lui sembra riprendersi e comincia a sbottonare la camicia, mentre a me si secca anche la salivazione.
Stile Mia, resto imbambolata a guardare i suoi movimenti senza riuscire a di distogliere lo sguardo dal suo petto liscio, dal suo addome non tanto scolpito, ma bellissimo ugualmente.
<Aspetta aspetta Domi, no...non...oh cavolo...>
Mi guarda e scoppia a ridere
<Tranquilla Mia, non ti salterò addosso, volevo solo farti vedere il tatuaggio.> dice continuando a ridere
<Ma infatti, intendevo il tatuaggio.
Si, non voglio vederlo se non ti va.>
<Si certo, se non mi andava non te l'avrei fatto vedere.
L'ho fatto quasi dieci anni fa.
Era quello che credevo fosse il mio futuro.>
Resto a guardate quelle linee, bellissime.
Un quarto di luna crescente, per un po nascosta da alcune nuvole, che formano due iniziali, mentre due uccelli sembrano volare verso la luna, o almeno è quello che capisco io, visto che è tutto stilizzato.
<Cosa vedi?> mi chiede e gli dico quello che vedo.
< Sono due civette, per il resto hai visto bene.
Sapevo già che non ti saresti fermata all'apparenza.
Molti non riescono a vederlo, non come l'hai visto tu.>
<Chi sei in realtà?
Ti va di parlarne?
Magari ti rimetti la camicia, non vorrei che arrivassero i miei.>
<Scusami...>
<No, non farlo.
Non ti scusare, non hai fatto nulla di male, ma non vorrei che pensassero male.>
<Facciamo un patto> mi dice rimettendo la camicia.
<Io ti parlo di me, e tu mi spieghi cosa è successo.
Però cominciamo a mettere questa, altrimenti non ti passerà mai, quel livido.>
<Ci sto> dico sdraiandomi e permettendo a lui di alzare leggermente la maglia.
Così, mentre cerca di non farmi male, comincia a parlare.
<Mi chiamo davvero Domenico e davvero sono un rappresentate di macchine agricole, ma non sono qui per lavoro, anche perché sto cercando il modo di lasciarlo, non è un lavoro che mi soddisfa, io preferisco fare altro.>
<Ed avresti il modo di fare altro?>
<Si, mia madre è italiana, mio padre è nato a Tokio, ma mio nonno era siciliano, esattamente di qui, e quando andò a stare con la nonna, prima ancora che nascesse mio padre, aprì una piccola trattoria, sapeva cucinare benissimo ed a me piaceva passare i pomeriggi a guardare il suo modo di preparare tutto.
Tutto quello che so, l'ho imparato da lui.>
<E come sei arrivato in Italia?>
Chiedo mentre guardo le sue dita muoversi delicatamente sul livido.
<Mia madre andò in Giappone per un viaggio, lì conobbe mio padre.
Il locale di mio nonno era l'unico che preparava cibo italiano, e a mia madre non piaceva il cibo giapponese.
Dopo qualche giorno cominciarono ad uscire insieme, solo che mia madre doveva tornare in Italia, quindi cominciarono ugualmente una relazione a distanza.
Quando mio padre poteva, andava da lei e viceversa, solo che dopo un paio di anni, a mia madre non stava bene quella situazione, e decise di lasciarlo.
A mio padre non stava bene la cosa e decise di partire definitivamente, voleva mia madre e così tornò definitivamente a Milano, da allora non si sono mai lasciati.
Abbiamo due ristoranti e la mia intenzione è di aprirne uno tutto mio, devo solo trovare la zona giusta.>
<Allora perché non sai come lasciare il tuo lavoro, se è una cosa che non ti piace, a maggior ragione, perché non farlo.>
<E tu? Se la tua situazione non ti stava bene, perché non sei andata via?>
<Anche questo è vero, ma credo sia leggermente diversa come situazione.
Io ho creduto in quello che avevo, o facevo finta di crederlo non lo so ancora, e poi ho una bambina, credi sia facile lasciare tutto e ricominciare?>
<Cosa ti ha fatto cambiare idea?> dice mentre prova ad alzare un po di più la maglia, per arrivare a tutto il livido, ma blocco la sua mano, non voglio che veda cosa sta più sopra, così riprendo a parlare mentre non stacca la mano dalla mia.
< Credo sia stato tu, ma non lo so con certezza.
Ieri al mare, quando abbiamo parlato, quando non ti sei fermato alle apparenze, sei andato oltre i miei lividi e al mio carattere scontroso.
Non ho visto pena nei miei confronti, ma solo puro interesse per quello che mi era successo.
Nessuno l'ha mai fatto, nessuno si è mai interessato a me in questo modo.
Forse mi serviva solo capire, non lo so.>
<Ma hai la tua famiglia e hai Francesca, non credo che stiano con te per pietà.>
<No, non lo penso.
Francesca è l'unica persona che mi è stata sempre vicino, nonostante non le ho mai raccontato davvero tutto e mi dispiace averla trattata in quel modo stamattina.
La mia famiglia la sto vedendo ora, dopo tanti forse, troppi anni.
Io non ero così chiusa, ero una ragazza che non si faceva abbattere da niente e nessuno, ma questa città, ha provato a spezzarmi e visto come sono oggi, ci è riuscita.
Nel momento più buio, ho conosciuto Alessio, e da allora, ho lasciato che fosse lui ad occuparsi di tutto, anche della mia vita.
Io spero solo di non cedere, perché nonostante il male che mi fa, e non parlo solo di quello fisico, è l'unica vita che conosco.>
<Ma non ti meriti di essere trattata così.
Perché l'ha fatto?>
<Perché non ero a casa.
Ero convinta fosse andato a lavorare, invece era qui che mi aspettava.
Ma questa volta non ero sola, alcune persone sono arrivate in mio aiuto, e per fortuna direi, visto che non so se mi sarei rialzata.>
<Io credo che una persona deve essere accettata con i suoi pregi e i suoi difetti, nel matrimonio c'è bisogno di compromessi ed è vero, ma tu ti sei annullata.
Vero che hai Nora, ma non è una scusa valida per continuare con questa vita Mia.>
Stacco la mano dalla sua, portandola sui miei capelli e, con fatica, mi rimetto seduta.
<Hai ragione, ma non ho mai voluto nessuno che mi aiutasse o che mi facesse aprire gli occhi.
Quando rimasi incita di Nora, Alessio non era così o forse non lo volevo vedere io.>
Dico alzandomi e andando a prendere la foto che qualcuno a raccolto, posandola sul tavolo.
<Ma adesso sono stanca e per quanto possa essere faticoso ricominciare, ci voglio provare.>
Mi volto verso di lui e mi viene un'idea, un po stramba e che forse non cambierà la mia situazione, ma da qualche parte devo pur cominciare.
<Tu resti qui, oppure vai via per pranzo?>
<Perché? Se vuoi resto, non ho nulla da fare.>
< Bene, allora metti in atto le tue doti culinarie e dopo mi farai compagnia in un posto, se vuoi sempre.>
<Certo che voglio, ma posso sapere cosa hai in mente?>
Sorrido guardando il suo braccio coperto dalla camicia, mentre lui comincia a sorridere perché ha capito, mi ha capita.
Buon pomeriggio.
Come state? Tutto bene?
Qua si soffoca, troppo caldo.
Allora, abbiamo conosciuto un po di Domenico, e sembra non essere un serial killer😂.
Una buona giornata❤
Baci Chiara❤
***È la mia vita
Ed è adesso o mai più
Non vivrò per sempre
Voglio vivere finché sono vivo
Perché è la mia vita.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top