capitolo 4



Ero arrivata a casa. Durante il viaggio non potei far altro che pensare a tutto ciò che era successo.

Alla fermata del pullman erano venuti a prendermi i miei genitori insieme a Ginevra. Quanto mi erano mancati. Non vedevo l'ora di raccontare tutto alla mia amica. Però era tutto rimandato all'indomani, ormai era tardi. Lasciammo Ginevra e tornammo a casa. Arrivati, misi i bagagli da parte e visto che era tardi lasciai tutto da sistemare per l'indomani. Stavo scrivendo un messaggio a Federica per dirle che ero sul mio lettino ed ero indecisa se mandare un messaggio anche a Riccardo, visto che al suo non avevo più risposto.

Pensando e ripensando mi collegai su Facebook per vedere la sua bacheca, e una minuscola emoticon attirò la mia attenzione, ovvero una faccina con le lacrime agli occhi. Presa da un impulso, risposi al suo commento con la medesima espressione, chiusi e andai a dormire.

La mattina quando mi svegliai, sentii un senso di vuoto, solo il giorno prima ero in un altro posto con una nuova amica e una persona che credevo non contasse nulla per me, e che invece con i suoi modi burberi ma dagli occhi dolci mi era entrato fin dentro l'anima.

Non ero una ragazza facile, né una a cui un ragazzo piace solo per l'aspetto fisico. Eppure lui non so come, aveva innescato in me qualcosa che nemmeno io sapevo spiegarmi. Nel pomeriggio era venuta Ginevra e le avevo raccontato tutto ciò che era successo, di quello che sentivo e di cosa mi aveva scritto lui. Ginevra dopo avermi ascoltata mi aveva detto che già da quando ero scesa dal pullman, aveva intuito che qualcosa in me era cambiato. Le chiesi:

- Che cosa?

Mi rispose che avevo una luce strana negli occhi, anche fisicamente sembravo diversa e probabilmente quel ragazzo aveva fatto centro nel mio cuore, anche se i modi non erano i soliti usati dagli altri. Forse mi piaceva proprio perché era diverso, non era il solito ragazzino.

Avevo le idee talmente confuse che appena Ginevra uscì dalla mia stanza, accesi la radio e mentre sentivo le sue melodie scoppiai in un pianto inarrestabile, non riuscivo a fermarmi. Poi mi calmai, ricevetti una chiamata da Fede, che appena mi sentì si accorse subito che qualcosa non andava.

- Stai piangendo?-, mi chiese.

- Un po'.

- Perché? Cosa succede?

- Un po' di nostalgia, mi mancate,- appena pronunciai quella parola mi corressi subito, - mi manchi.

Fede mi disse:

- Non dirmi che alla fine anche tu ti sei persa per mio fratello?

Io risposi dicendole che si sbagliava, che non ero come le altre, e lei lo sapeva bene. Mi disse solo:

- Purtroppo devo salutarti, comunque ti dico solo che non stavo parlando delle altre, ora devo andare, ciao.

Cosa voleva dire? Se non parlava delle altre di chi parlava?

Erano già i primi giorni di Settembre e si stava avvicinando il mio diciottesimo compleanno, Federica mi aveva promesso che al 99% sarebbe venuta, e che si sarebbe fermata fino ai primi d'Ottobre, visto che poi sarebbe stato il suo compleanno e sarei andata io da lei. Pareva brutto anche pensarlo, ma più che a Federica pensavo che quando sarei andata a Roma avrei visto Riccardo. Non potevo invitarlo, avrebbe dato troppo nell'occhio.

I giorni passarono in fretta. Ero indecisa su che facoltà universitaria scegliere. Alla fine optai per giurisprudenza, ma non lo feci per via di Riccardo, perché era già una cosa a cui pensavo prima di conoscere la famiglia Rossi.

Per la mia festa di compleanno prenotammo una saletta tranquilla con musica dal vivo e un giardino strepitoso, tutto illuminato da lanterne che facevano immaginare di camminare tra le stelle.

Quel giorno avrei voluto camminare tra le stelle con lui, ma non ci sarebbe stato e con molta probabilità la cosa migliore da fare era cercare di dimenticarlo perché mi sarei fatta male da sola se avessi continuato a pensarlo. Lui aveva la sua vita lì, un mucchio di ragazze che gli cadevano ai piedi, perché avrebbe dovuto perdere tempo con me che ancora dovevo fare 18 anni, che abitavo a più di mille chilometri di distanza e che - parliamoci chiaramente - ero molto semplice? Certo se c'erano occasioni speciali mi sapevo mettere in tiro anch'io, ma sicuramente mi sentivo più a mio agio a stare in jeans e maglioncino e scarpe da tennis. Lui di sicuro era abituato alle fighette in minigonna e tacchi alti, le classiche tipe da discoteca, io ero più tipo da pigiamone e copertina.

Era finalmente il 26 Settembre. Non stavo più nella pelle e non per via del compleanno, ma perché ero all'aeroporto che aspettavo Fede che avrei visto spuntare da un momento all'altro. Eccola finalmente. Le corsi incontro abbracciandola, feci le presentazioni di rito e ci incamminammo verso la macchina, nel mentre mi disse:

- Ti devo parlare.

- È successo qualcosa? Mi fai preoccupare.

- Tranquilla nulla di che, si tratta di Riccardo.

Ecco lo sapevo, solo sentirlo nominare il cuore batté così forte che sembrava volesse uscire dal petto e andare via lontano. Federica mi guardò insistentemente tanto che pensai: oddio lo sente pure lei come batte.

Mi sorrise e poi mi disse:

- Tranquilla, è una cosa bella secondo me.

- Fede potevi stare zitta fino a casa, almeno non stavo in ansia.

Si mise a ridere e mi disse che così era più bello, almeno si divertiva un po'.

Arrivati a casa sistemammo i bagagli e feci vedere un po' a Fede i dintorni di casa mia, così ne approfittai per bussare a Ginevra, farla scendere e presentargliela.

Al primo impatto quando erano una di fronte all'altra ho temuto si accapigliassero, infatti sentivo solo: uhm mmm ehm. Ad un certo punto le guardai, e dissi che essendo entrambe mie amiche mi sarebbe piaciuto che andassero d'accordo. Allora stranamente Federica disse:

- Ha ragione Stasy, ricominciamo, che ne dici?-, E fece uno dei suoi mega sorrisi.

Ginevra allungò la mano e disse che, in fondo, essendo amica di entrambe, potevano diventare amiche anche fra loro.

Finalmente era arrivato il giorno del mio compleanno. Mi stavo preparando, mentre Ginevra e Fede mi aiutavano. Ad un tratto sentii una voce che disse:

- Oh mamma, ieri ce ne siamo proprio dimenticate, Stasy ricordi ti ho detto che ti dovevo dire una cosa di Riccardo?

Ancora una volta mi si gelò il sangue, e il cuore stava battendo così forte che ebbi paura di sentirmi male.

- Dimmi –, le dissi.

Fede andò verso la sua valigia e prese un pacchetto, avevo i battiti a mille, me lo porse guardando Ginevra e strizzandole l'occhio in segno d'intesa.

- Cos'è? -, balbettai.

- Aprilo.

Lo aprii e dentro c'era un bracciale con un ciondolo a forma di cuore, e nel lato interno c'era scritto "Ragazzina 27/07/15". Sul momento quella data non mi diceva nulla, poi ricordai che mi ero scontrata con lui il giorno dopo il mio arrivo, ovvero proprio il 27 Luglio scendendo quelle scale. Lì l'avevo visto la prima volta. Ero così felice anche se non ne capivo il significato, perché? Guardavo le mie amiche che mi sorridevano e poi Fede mi disse:

- Prendi di buono quello che questa estate ti ha portando, nemmeno io so il significato, ma puoi chiederlo a lui.

Fede mi agganciò subito il braccialetto. Nel mentre terminai di prepararmi, e quando fui pronta guardandomi allo specchio non riuscivo a credere ai miei occhi. Forse era la felicità che avevo dentro, ma mi vedevo bellissima. Le mie amiche mi guardarono e sorrisero, e Fede mi disse: "Mettiti in posa voglio farti una foto, stai troppo bene". Le chiesi la motivazione e lei mi rispose:

- Su dai, dovrà restarti pure qualche ricordo di questo giorno, no?

Mi convinse. Così mi misi in piedi vicino la finestra, tenevo in mano la mia pochette e nel modo di tenerla spiccava il regalo di Riccardo. Ero davvero felicissima e si vedeva, ero radiosa, con quel vestitino blu e bianco con la gonna a palloncino, i capelli raccolti in una bella treccia che scendeva di lato, ai piedi indossavo scarpe décolleté (stranamente avevo i tacchi), e il trucco leggero e naturale come piaceva a me. Ad un certo punto sentii:

- Questa foto è troppo bella, la mando a mio fratello.

- Cosaaaa? No, ti prego, mi vergogno troppo e poi non l'ho ancora nemmeno ringraziato del pensiero.

- Ecco, vedi, lo ringrazi allegando la foto per fargli vedere che lo indossi.

- No, no, non posso, non ce la faccio.

- Ok, allora ci penso io.

Non feci in tempo a rispondere che sentii dire: inviata. Dio mio e adesso che avrebbe pensato?

All'improvviso mia madre ci chiamò e fummo costrette ad andare. Tra ricevere gli ospiti e tutto il resto non potei fermarmi un momento, e continuavo a pensare a quella foto e a Federica che non doveva inviarla.

La serata proseguì tranquilla, quando ebbi un attimo di tempo mi rifugiai in bagno, volevo ringraziare Riccardo e pensare a cosa scrivergli, alla fine scrissi un semplice: "grazie del pensiero, è bellissimo". Dopo poco squillò il mio telefono e iniziai ad andare nel panico, guardai lo schermo ed era lui, mi aveva risposto ma io avevo paura di leggere la risposta. Quando fui con Ginevra gli confessai cosa avevo fatto e lei mi spinse a leggerlo, non ce la facevo, le diedi il telefono e le chiesi di leggermelo lei. Prese il cellulare e mentre leggeva aveva una faccia seria.

Pensai: ecco, lo sapevo, mi ha scritto di non illudermi e che non devo darci peso.

All'improvviso Ginevra fece un grande sorriso e mi disse:

- Ti ha scritto...

Non le feci neanche finire la frase che le risposi:

- Non voglio sentire, ti prego.

- Stai calma -, disse Ginevra, - ti ha scritto: "sei molto più bella tu".

Feci un sorriso a trentadue denti e abbracciai Ginevra, non potevo crederci: lui, bello come il sole diceva a me sgorbietto minuscolo che ero bella.

Federica vista la scena corse da noi e volle che le spiegassimo tutto, era più felice di me, disse che quella era l'unica volta in cui suo fratello l'aveva coinvolta con qualcosa che riguardava una ragazza, tra l'altro sua amica, quindi sicuramente non stava giocando. Quelle parole risuonarono più volte nella mia testa. Non solo ero felice perché avevo compiuto 18 anni, ma anche per quello che era appena successo, lo aveva fatto diventare il giorno più bello della mia vita. Quella sera andai a dormire felice come non mai.

Le giornate trascorrevano normali, studiavo per passare il primo esame. Federica se ne andò due giorni dopo il mio compleanno, ma tutto sommato non eravamo tristi perché sapevamo che a breve ci saremmo riviste. Avevo chiesto di non dire nulla a suo fratello sul fatto che sarei andata a Roma per il suo compleanno, ed ero sicura che non avrebbe parlato. Mi fidavo di lei.

Quel giorno avrei dato il mio primo esame all'università. Quello sulla storia del diritto. Non amavo molto la materia, ma dovevo pur farlo. Per fortuna lo passai con un ventisette che ovviamente accettai subito.

Con Riccardo ci scambiavamo qualche messaggio e mi richiese l'amicizia su Facebook. Le cose, dal giorno del mio compleanno, andavano meglio. Com'è strano il mondo, c'eravamo avvicinati di più mentre eravamo lontani che quando eravamo vicini.

Già erano primi giorni di Ottobre, le cose all'università di Trapani non andavano benissimo, si parlava del rischio della chiusura dell'ateneo. Se fosse successo sarei dovuta andare a Palermo e la cosa non mi entusiasmava. Anche Fede andava all'università, ma nonostante i suoi genitori, lei si era iscritta alla facoltà di Farmacia, e le piaceva tanto, almeno per il momento. Ginevra si era trasferita a Milano, andava alla Bicocca e seguiva il corso di Scienze del Turismo e Comunità Locale, chissà cosa ne sarebbe venuto fuori.

I miei genitori dicevano che se dovevo andare a Palermo avrei dovuto fare avanti e indietro e dare solo gli esami senza seguire le lezioni, o almeno non tutte, ma solo quelle obbligatorie, purtroppo a malincuore non avevano la possibilità di prendermi in affitto una casa, nemmeno se la condividevo con altri, perché oltre l'affitto c'erano tante spese, figuriamoci dirgli che Fede mi aveva proposto di andare a Roma a fare lì l'università.

Affinché con Fede potessimo andare in giro a far compere per la sua festa, andai qualche giorno prima a Roma. Non sarei stata a casa sua ma in un appartamentino che avevano sfitto in centro, perché volevamo fare una piccola sorpresa a Riccardo che non sapeva del mio arrivo. Preparai la valigia e i miei genitori mi dissero di mettere qualcosa in più:

- Perché? Avete detto che starò solo una settimana.

- Beh, tu fa come ti diciamo che poi ti spieghiamo, abbiamo parlato con Federica e c'è una sorpresa per te.

Non sapevo che dire, ero rimasta senza parole, da quando conoscevo Fede in effetti capitava spesso che restassi stupita.

Il giorno tanto atteso arrivò. Stavo per partire, ma non capivo perché mio padre avesse telefonato a mio zio per chiedergli di accompagnarci. Stavo per prendere la mia valigia e mamma mi disse:

- Aspetta ci sono anche queste -, e porta altre tre valigie.

- Che devi farci con tutta quella roba?

- Non hai ancora capito, noi veniamo con te e dopo ti fermi a Roma per fare l'università.

- Cosa? Ma come? Io non ho preso tante cose, mi serviranno delle cose che non ho messo in valigia.

- Infatti ho preso tutto io, due di queste tre valigie sono le tue.

Corsi ad abbracciarli e scendemmo in macchina, zio ci portò all'aeroporto, appena misi piede sull'aereo tirai un grosso respiro. Finalmente qualcosa stava per cambiare e non parlo solo della città.

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