Capitolo 21- La Maledizione p.1 I sogni
Sfortunatamente per il povero Sharu, così profondamente convinto della totale innocenza della sua Preside,
Eifir conosceva fin troppo bene la tremenda maledizione, che, da tempo immemore, tormentava la sua famiglia.
Quel dogma di sangue, infatti, dal momento stesso in cui lei era nata come ibrida, le si era avvinghiato intorno al corpo, invischiandola nelle sue catene, e aveva lentamente trascinato la sua vita in un profondo Tartaro.
~Passato III~
Due anni prima, ottobre
Vi era un piccolo villaggio di esili capanne al limite della Foresta, dove un misero gruppo di indigeni viveva ancora di caccia e raccolto, in perfetta sinergia con il crudele mondo circostante.
Il cielo, poco prima del sorgere della Luna, era stranamente terso e avvolgeva delicatamente le rudimentali e calde abitazioni in un rimescolarsi continuo di viola e ocra.
Mentre ci si preparava alla notte, l'ultimo manipolo di giovani cacciatori, con le loro lunghe cerbottane alla mano, tornava frustrato al villaggio, dopo un'infruttuosa battuta.
Erano tre ragazzi sui diciotto anni o poco meno, dai fisici scolpiti dalla fatica della vita nel piccolo villaggio e le pelli ambrate e annerite dal sole amazzonico.
Si aggiravano sicuri in quell'angolo di Foresta, che conoscevano a menadito e che iniziava a diventare sempre più scuro, destreggiandosi abilmente in uno stretto sentiero, creato dal loro continuo passaggio.
《Ancora poco e siamo arrivati!》disse il più anziano del gruppo, indicando un punto indistinto tra le fitte foglie degli alberi.
Solo una manciata di minuti di camminata a ritmo serrato separava i giovani dall'apparente sicurezza delle capanne del villaggio.
《Peccato che non ci arriverete mai...》sibilò qualcuno dall'alto di uno spoglio albero, dove non vi era appollaiato neanche un uccello.
La figura misteriosa lanciò un altro sguardo al trio di cacciatori, poi chiuse gli occhi come per concentrarsi su qualcosa di terribilmente remoto.
《Finalmente la sento:...la figlia di Eyra si è risvegliata.》continuava a farfugliare quel pensiero ad alta voce, concentrandosi su quelle sensazioni, che divenivano sempre più nitide.
《Rabbia, gioia, frustrazione, amore: quante emozioni, quante cose stai provando, piccola Kimad Naar!!!》aggiunse sogghignando, eccitato e compiaciuto di quel dettaglio.
《Cara figlia di Eyra, cara ingenua cuginetta...appena sentirai quello che io ho dentro, vedrai che accoppiata letale, che intruglio venefico ne verrà fuori! Non resisterai a lungo...》
Riaprì gli occhi di scatto, con la faccia ancora convulsa in un ghigno agghiacciante, poi le sue pupille ellittiche si posarono nuovamente sul gruppo di giovani cacciatori, come famelici avvoltoi.
《Basta parlare! Adesso bisogna iniziare a lavorare!》
La figura si gettò agilmente giù dal suo albero, si mosse quatta quatta intorno al trio di giovani indigeni, ben nascosta dalla vegetazione, e, all'improvviso, bloccò loro la strada.
《Fermi ragazzi! C'è qualcuno...》
I cacciatori arrestarono la loro marcia all'istante, vedendo sbucare dal buio della Foresta un essere dal corpo apparentemente gobbo e deforme, nascono in uno scuro e logoro mantello, ma si tranquillizzarono quando un misero e storpio ragazzino, che non poteva avere più di quindici anni, gli si parò difronte.
《Chi sei?》chiese incuriosito uno di loro, mentre gli altri due mettevano da parte le cerbottane, che avevano, per un secondo, avuto intenzione di usare.
Il ragazzino non rispose subito, ma semplicemente si mise a ridere in un modo inquietante, prima di pronunciare solo due semplici parole:
《Ho fame!》
Il trio di cacciatori lo guardò perplesso per qualche secondo, senza riuscire a decidersi sul da fare.
《Mi spiace, ma non avrai niente da noi...》ripose, poi, un giovane indigeno evidentemente confuso e a disagio.
《Come vedi, non abbiamo cacciato un bel niente oggi!》
《Ingenuo...》sibilò gelido il ragazzino, continuando a ridere in modo sempre più folle e convulso.
《Anche io sono a caccia e voi siete capitati nella mia zona!》
《Ehi mostriciattolo! Guarda che questo è il territorio del nostro villaggio!》urlò il più spavaldo e attaccabrighe del gruppo, avvicinandosi allo sconosciuto e premendogli minacciosamente la cerbottana sul petto.
Il ragazzino, però, non smise di sogghignare neanche difronte a quella chiara intimidazione.
《Mi stai stufando, va via o ti facciamo fuori!》urlò nuovamente l'indigeno, stizzito dall'insistenza dello sgorbio.
《Siete voi che mi state stufando...》 rispose in un ringhio lo sconosciuto, afferrando con un braccio, la cerbottana del cacciatore.
Lo sguardo scosso del giovane cadde, inevitabilmente, sull'arto dello spavaldo ragazzino e ci rimase incollato, pietrificato dalla paura.
《Ma t...t...tu sei...un abitante delle Terre Proibite.》Rantolò l'indigeno, con la voce strozzata dal terrore, e gli occhi ancora incollati sull'arto di quella creatura, uscita direttamente dai miti e dalle leggende.
Il braccio del misterioso ragazzino, infatti, non aveva assolutamente niente di umano: era percorso da un intricato disegno di profonde cicatrici, alternate a cinerei spruzzi di squame coriacee; la muscolatura possente, troppo massiccia per la giovane età e cinque acuminati artigli alla fine delle dita.
《C'è qualcuno a cui vuoi dire addio?》disse minacciosamente la misteriosa creatura, mentre una ribollente massa di luce biancastra, scivolava lungo il suo braccio.
《Attento Krowe!》urlò uno dei due cacciatori, senza, però, trovare il coraggio di intervenire.
L'ammasso informe ed incandescente risalì rapidamente lungo la cerbottana, aggrappandosi saldamente al corpo dello sfortunato indigeno, che si mise immediatamente ad urlare in preda ad un dolore atroce, non appena venne sfiorato da quell'indefinibile cosa.
《Smettila di strillare, stupido! Tanto non ti sente nessuno.》disse ridacchiando il ragazzino, mentre il corpo convulso e sofferente del cacciatore si scioglieva e si disfaceva sparendo nel nulla, come una castello di sabbia in balia delle onde.
《È sempre così divertente...》
La massa biancastra scomparve, poi, in uno schiocco di dita, portandosi via gli ultimi rimasugli del giovane e, allora, gli occhi famelici del ragazzino, si fissarono sugli altri due indigeni.
《SCAPPA! Viene dalle Terre Proibite!》urlò istericamente uno di loro, dandosi immediatamente alla fuga.
《Aspetta! E Krowe...?》
《Non si può fare niente! Scappa!!!》L'altro indigeno, lanciò un ultimo sguardo al suo compagno, ormai ridotto a niente e, con le lacrime agli occhi, corse via anche lui, insieme all'altro cacciatore.
《Dove pensate di andare voi due!?》urlò, con ritrovato vigore, il sadico ragazzino.
《Non penserete mica che mi sazi con così poco: non ho ancora finito di giocare!》
Estrasse fulmineamente un pugnale dalla cintola, abilmente nascosto sotto lo scuro mantello, e lo lanciò con forza, contro la sua nuova preda.
L'arma volteggiò nell'aria, sibilando come un furioso serpente, e percorse una lunga parabola tra le fronde, finché non arrestò la sua corsa, conficcandosi in profondità nella schiena di uno dei cacciatori.
Il giovane si accasciò al suolo agonizzante, dopo aver straziato la Foresta con un urlo orribile, che sapeva soltanto di morte, e sputando ininterrottamente scuri fiotti di viscido sangue.
《E adesso ne manca solo uno!》
Il ragazzino corse, quindi, all'inseguimento dell'indigeno rimanente, calpestando, con grande indifferenza, il cranio di quello appena spirato.
《Aspettami...sto arrivando!》
Scostò rapidamente il lungo mantello, spiegando due grandi e piumate ali bianche dai riflessi di un acceso blu e verde metallico, che, fino a un secondo prima, erano rimaste ripiegate dietro la schiena, formando quell'antiestetica gobba.
Le batté al suolo con una forza sovrumana e spiccò un spaventoso salto verso la sua ultima preda, piombando, con gli artigli sguainati sull'indigeno rimasto.
《GODITI LO SPETTACOLO FIGLIA DI EYRA!》
Il sogno si interruppe bruscamente in una macabra pioggia di sangue, stagliata nel purpureo cielo serale della crudele Foresta, e in un susseguirsi frenetico di urli così strazianti, e orribili che svegliarono di scatto la povera Eifir, con la stessa violenza di una potentissima scarica elettrica.
《Oh Cielo! Cosa ho appena visto!》
La ragazza si mise seduta sul letto con un solo rapido e convulso movimento e con gli occhi ermeticamente serrati, per il terrore di vedere ancora quel lago di sangue.
《Ti prego, non dirmi che...》
Con un mano sfiorò istintivamente il talismano Neshaaska, appeso al suo collo, per assicurarsi che stesse ancora funzionando.
《
Non si è rotto! Non si è rotto...》disse, ansimando, con i polmoni in fiamme e il cuore che le batteva come un pazzo, fuori dal petto.
Qualche secondo dopo, riaprì lentamente gli occhi, ma anche nel buio della sua casa, rimbombavano ancora gli ultimi rimasugli di quei suoni terribili e, soprattutto, di quei colori che trasudavano morte .
《Che cosa orrenda!》
Si strinse, con forza le dita intorno al capo come, per farvici disperatamente uscire tutte quelle tremende immagini: anche se i ricordi dell'incubo erano già diventati confusi, inquietantemente distorti e troppo sfocati anche solo per distinguere i dettagli dei corpi o del paesaggio, le urla, il sangue, la distruzione e la rabbia si erano, impiantati, chiari e cristallini, nella mente della povera Eifir, penetrando così in profondità da diventare irremovibili.
"Goditi lo spettacolo Figlia di Eyra!"
La ragazza mosse rapidamente le mani lungo le orecchie e le premette con forza contro le tempie, mentre la mente ripercorreva quei sbiaditi ricordi come in un orrendo loop, seguendo il suono di quelle strane parole in lingua antica.
《No, non ancora! Non voglio più vedere!!! 》
Scosse violentemente la testa, per liberarsi da quella voce, che le riecheggiava nelle orecchie.
"Piccola Kimad Naar..."
《Basta, basta...》ripeté ancora, mentre tremava come un esile ramoscello, in balia di quei sussurri gelidi e taglienti.
"Appettami...sto arrivando!"
《Ti prego basta! BASTA!!!》
"Non ho ancora finito di giocare!"
Lentamente, poi, la voce scomparve così come era venuta, portandosi via gran parte dei ricordi, e la stanza di Eifir sprofondò nuovamente nel silenzio.
《È passato? Si, si è tutto finito.》
La ragazzina, con la testa e il cuore sul punto di scoppiare, si abbandonò esausta sul letto, nascondendosi completamente sotto le coperte.
《È stato solo un brutto sogno...solo un brutto sogno!》
Se lo ripeté centinaia di volte, fino allo sfinimento, poi strinse tra le braccia il cuscino, ci fece sprofondare la faccia e cercò di rimettersi a dormire con grande fatica.
《Andrà tutto bene ora...》
La notte che l'attendeva, però, sarebbe stata tutt'altro che tranquilla: l'incubo, infatti, si ripresentò ancora e ancora, sempre accompagnato da quei sussurri inquietanti, che la tormentavano per appena qualche secondo, prima di sparire nel nulla e poi tornare di nuovo, fino a prosciugarle tutte le forze; ogni volta, sembrava che un minuscolo pezzettino di lei si morisse difronte all'orrore vissuto, dopo aver assorbito ed assimilato tutto l'odio e la rabbia, di cui era intriso.
Lo strazio si protrasse fino all'alba, quando neanche il talismano Neshaaska di Eifir fu in grado di reggere oltre e si frantumò in centinaia di pezzi, distrutto da quell'inarrestabile valanga di emozioni incontrollabili.
《Perfetto e adesso come faccio!》disse la ragazzina, tenendo in mano quello rimaneva del suo ciondolo e riassumendo gradualmente il suo aspetto da Jamail.
《Stupido sogno!》farfugliò piena di rabbia, mentre un bagliore biancastro si faceva largo tra le dita, strette e convulse intorno ai grigi frammenti di cristallo.
Un secondo dopo, riaprì lentamente la mano, ma, oltre ad una piccola colonna di fumo violaceo, non ci trovò più niente dentro.
《Perfetto! Ora non posso neanche sistemarlo!》Disse, serrando con violenza i denti .
《Dannazione! DANNAZIONE!!!》
A quel punto, Eifir gettò via le coperte e si mise in piedi come una furia, sperando che fare qualche passo l'avrebbe aiutata a smaltire tutta quella paura e quell'agitazione, che si erano repentinamente trasformate in una ribollente febbrilità.
"Si può sapere cosa accidenti mi sta succedendo?! Cos'è tutto questo!"
Poggiò i piedi al suolo e percorse nervosamente qualche centimetro mentre le gambe tremavano ancora per la stanchezza, quando, improvvisamente, qualcuno spalancò la porta della sua stanza, facendola sobbalzare.
《Ehi, va tutto ben..》chiese una donna già accuratamente vestita e pettinata, che, però, rimase un attimo interdetta nel rivedere la figlia adottiva con quell'aspetto, ai suoi occhi, mostruoso.
《Va tutto bene? Ho sentito lamentarti questa notte... e sono venuta a controllare.》concluse la frase, cercando si ridarsi un tono.
《Sto bene...non è successo niente, mamma...》rispose rapida Eifir, nascondendo a fatica le zanne digrignate dalla rabbia.
《Si è...soltanto... rotto il mio talismano.》
《Vedi di aggiustarlo allora, altrimenti a scuola conciata così non ci vai!》
《Non ti preoccupare, chiederò a Moth di darmene un altro...》
《Ok...》rispose poco convinta la donna, guardando il suo orologio da polso .
《Io sto andando a lavoro, se serve qualcosa chiedi a papà...》
《Va bene mamma... buona giornata. 》
《Anche a te.》
La donna richiuse silenziosamente la porta e corse via verso la macchina, lasciando Eifir sola e in balia dei suoi pensieri e dei ricordi ancora vivi e pulsanti di quell'incubo orrendo.
《Mamma...sempre la solita!》serrò il pugno con tanta forza da lasciare il segno degli artigli sulla morbida pelle del palmo.
《Sempre il solito sguardo schifato: mi guarda come fossi un mostro! Basta adesso, devo subito andare a Shiali...》sussurrò la ragazzina, quando sentì l'auto allontanarsi e il rombo del motore sparire infondo alla strada.
Cercando di scacciare via ogni distrazione, Eifir iniziò a cercare nel comodino il suo pugnale, abilmente nascosto e camuffato tra un'accozzaglia di oggetti buttati lì alla rinfusa.
《Trovato!》
Si sedette per terra, ai piedi del letto e afferrò saldamente l'elsa tra le dita: il gelido contatto con il metallo le trasmise un dolce brivido, che si irradiò lungo le braccia e la schiena, correndo fulmineo sulla pelle e facendola sentire più al sicuro.
《Shia sol ore!》Eifir pronunciò quella formula, con voce ferma e decisa, e conficcò il pugnale nelle assi del pavimento.
Mentre un lieve bagliore azzurrino, si irradiava nella stanza seguendo le venature del parquet, la ragazza visualizzò nella mente le immagini della sua destinazione e, con un po' di fatica, riuscì ad aprire quel piccolo varco nel tessuto dello spazio, che l'avrebbe condotta fino a Shiali.
《Mi puoi spiegare di nuovo come accidenti hai fatto a distruggere il talismano?!》chiese Moth, rovistando tra gli scaffali della sua piccola capanna, in cerca di un nuovo artefatto.
《Ho avuto un incubo orrendo...》rispose brevemente la Eifir, cercando inutilmente di portare la mente lontano da quei ricordi.
《Deve essere stato proprio tanto brutto per provocare tutti questi danni!》aggiunse l'uomo, porgendo una nuova collana alla ragazzina.
《
Abbastanza...》sussurrò nervosamente Eifir, guardando il basso e afferrando il nuovo talismano quasi alla cieca .
《Poverina...Ora va casa e prova a riposare, che sembri aver combattuto una guerra..》disse Moth, avvicinandosi alla ragazzina e accarezzandole il volto incupito.
《E non dare troppo peso ai sogni, non lasciare che ti abbattano.》
《Ci proverò.》rispose piano la ragazzina.
《Perfetto, allora oggi pomeriggio, se ti va, ti insegno qualche magia nuova, così non ci pensi più, ok?》
《Certamente!》esultò Eifir, ritrovando un briciolo di allegria.
《Allora ci vediamo questo pomeriggio dopo i compiti, buona scuola!》
Per un po'di tempo, Eifir fece esattamente come Moth le disse di fare, quel giorno, ormai, lontano: provò a non dare più peso agli incubi, benché si ripresentassero notte dopo notte, diventando sempre più cruenti e terrificanti.
Sembrava che qualcuno si divertisse a compiere crimini e scempi efferati all'interno della sua testa, saturando ed istigando la ragazzina a quello stesso odio, che sembrava generare tanta violenza.
All'inizio, Eifir fu perfettamente in grado di sopportare, di incassare ogni colpo senza cedere, ma già dopo poche settimane quasi insonni, le forze cominciarono a venir meno e la sua resistenza a quell'orrore iniziò a sgretolarsi.
I sogni, così, si insinuarono pian, piano anche nel mondo diurno, sotto forma di un fischio constante e martellante che le rimbombava nella testa e che assumeva, di tanto in tanto, la forma di vaghe e cattiva parole, sussurrando pensieri meschini e crudeli nei momenti in cui lei era più debole.
Fu in questo modo che quella combinazione fatale portò presto alla nascita di uno opprimente senso di rabbia dentro la povera Eifir, che rapidamente crebbe nel suo animo, nutrendosi di tutto ciò che trovava nella sua inarrestabile ascesa: la stanchezza e la frustrazione per sonno perduto; la paura per ciò che le stava accadendo e che non riusciva a spiegarsi; l'angoscia di non poter mai smettere di combattere contro le idee che i sogni e i sussurri, le impiantavano in testa.
Ogni singolo problema venne, inoltre, ulteriormente amplificato da quell'insana e distruttiva abitudine di ogni Jamail di chiudersi nel proprio guscio di ghiaccio nei momenti di difficoltà e dalla loro insensata incapacità chiedere o accettare qualsiasi aiuto.
Senza niente che la fermasse, la rabbia iniziò rapidamente a corrompere anche meravigliosa visione che Eifir aveva del mondo: tutto ora le dava terribilmente fastidio; ogni suono, ogni colore, ogni odore le pareva sbagliato, troppo intenso o troppo debole; chiunque le si avvicinasse la faceva andare su tutte le furie solo respirando, solo esistendo; le piccole battaglie interiori da ragazzina adolescente divennero guerre infuocate, impossibili da vincere.
Niente però poteva uscire fuori dalla sua testa: ogni reazione che potesse mettere in allarme qualcuno, o fare anche solo lontanamente intuire cosa stesse passando era stata cancellata e ogni pensiero malvagio, che la sua mente produceva, veniva rinnegato e segregato.
Così, mentre scivolava inesorabilmente verso il baratro, l'unico scopo di Eifir era diventato quello di fingere che tutto andasse ancora bene, che non esistessero problemi, scaricando, per come poteva, la sua rabbia nelle lezioni di Moth:
《Pensa ad un fenomeno e alle cause che lo producono e cerca di riprodurle nella scala che ti serve. 》 Le ripeteva l'uomo, come fosse un mantra.
《Non devi piegare la natura al tuo volere, ma la devi sfruttare a tuo favore.》
La ragazzina si era subito rivelata un'allieva molto dotata e il suo il Maestro era rimasto piacevolmente stupito della sua sensazionale capacità di equilibrare le indomabili forze ancestrali, che dominavano la natura, tanto che, a breve, avrebbe anche potuto occupare il posto lasciatole dai suoi antenati, senza più avere bisogno del suo aiuto .
Eppure, nell'ultimo periodo, Moth iniziò notare che Eifir produceva incantesimi fin troppo complicati e inutilmente potenti, il cui unico scopo sembrava essere quello di sfinirsi, prosciugare ogni singola energia.
Preoccupato, delle ripercussioni che ciò avrebbe potuto avere sul suo fisico, l'uomo aveva anche provato a parlare con lei, ricevendo, però, soltanto un'inaspettata freddezza, accompagnata da un nervoso e disperato tentativo di dissimulare tanta sofferenza.
Furono, infatti, poche le informazioni che Moth riuscì a ricavare da una martellante serie di conversazioni, spesso forzate e avvilenti: i sogni, ciò che le mostravano, ciò che le dicevano; quello era il fulcro introno al quale giravano tutti i problemi che gli nascondeva.
Più di tanto, però, non riuscì mai ad estorcerle e si convinse del fatto che si trattasse solo dell'istinto più selvaggio di Eifir, che si era risvegliato dopo la trasformazione; quello che, in fondo, abbiamo tutti e che lei non riusciva ancora a controllare.
《Ricordati solo di non dare peso a questi sogni, non lasciare che ti condizionino.》Era l'unica cosa che si ostinava a ripeterle, fino allo sfinimento.
《D'accordo, cucciola?》
La sua cucciola, la ragazzina che Moth conosceva però, stava lentamente scomparendo.
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