Capitolo XXXVIII: La gelosia che rende stolti


Capitolo XXXVIII: La gelosia che rende stolti

"Fidanziamoci", disse Aryon a Nerwen.

Era notte; dopo la cena, consumata in compagnia di Séredor e Lythelen, si erano ritirati ed ora si stavano spogliando per andare a letto.

Colta del tutto di sorpresa, Nerwen lasciò cadere a terra il vestito che si era appena sfilata e guardò il principe con gli occhi sgranati.

"C... cosa?", fece.

Aryon, a torso nudo, fece il giro del letto e le prese le mani, portandosele alle labbra.

"Fidanziamoci", ripeté, "Da noi è usanza, appena si incontra il compagno della propria vita, annunciarlo pubblicamente tramite una cerimonia di promessa, a cui fanno da testimoni un padrino e una madrina. Il fidanzamento dura un anno e un giorno, poi si celebra il matrimonio. Ho sempre pensato che avrei chiesto a Séredor di farmi da padrino, data la nostra lunga amicizia; ed è a portata di mano. Che ne dici?"

Nerwen era ancora completamente sbalordita: non si aspettava quella proposta, non mentre erano in viaggio.

"Santi Valar...", mormorò, sbattendo le palpebre un paio di volte; vide lo sguardo del principe velarsi leggermente e comprese che, con la sua esitazione, lo stava mettendo in ansia.

"Ne sarei felice", cominciò allora a dire lentamente, "Dopotutto, anche da dove provengo io si usa così. Solo che non so dove saremo, tra un anno e un giorno..."

"Non ha importanza", affermò il principe, sollevato che le sue obiezioni fossero soltanto di ordine pratico; le baciò il palmo della mano, "In qualunque posto saremo, chiederemo ad altri di farci da padrino e madrina, per il matrimonio. Magari... saranno delle Entesse", concluse con un piccolo sorriso.

"Potrebbe anche essere", rispose Nerwen, contraccambiando il sorriso.

"Allora è un sì?", domandò lui.

"È un sì", confermò l'Aini. Aryon le lasciò le mani e cominciò a giocherellare con la chiusura del laccio della sua camiciola, sciogliendolo.

"Abbiamo qualcosa da festeggiare, allora...", mormorò, lo sguardo sempre fisso nel suo. Lei si sentì annegare in quelle iridi azzurre, mentre un fremito ormai famigliare le percorreva la spina dorsale.

"Concordo...."

************

Séredor fu entusiasta della richiesta dell'amico; anche se in fondo al cuore nutriva ancora perplessità riguardo all'opportunità dell'unione tra un immortale ed una mortale, per quanto dotata di una vita assai più lunga di quella umana, ammetteva che di fronte al destino non potevano fare nulla né lui, né nessun altro; inoltre, da quanto gli aveva raccontato Aryon, aveva la benedizione dell'Alta Sovrana, per cui non avrebbe avuto motivo alcuno di rifiutarsi.

Poiché in quel luogo non aveva un'amica a cui chiedere di farle da madrina – lo avrebbe chiesto a Melian, oppure a Galadriel, ma entrambe erano lontanissime – Nerwen si rivolse alla regina Lythelen, che accettò di buon grado nonostante le proprie riserve, ancor più forti di quelle del marito.

Poiché non avevano invitati da chiamare – di certo non era il caso di far intervenire Meledhiel – organizzare la cerimonia richiese un tempo brevissimo, in pratica soltanto quello occorrente ai futuri fidanzati di procurarsi degli anelli di fidanzamento, che la tradizione voleva d'argento; Lythelen li indirizzò al suo gioielliere di fiducia, dove scelsero due vere identiche, modellate come una treccia piatta che si susseguiva lungo tutta la circonferenza.

Non corrisposero denaro: in quanto emissario dell'Alta Sovrana, tutte le spese di Aryon venivano rimborsate direttamente dalle casse reali, ed anche se non era più la sua Prima Spada, la sorella lo aveva autorizzato ad avvalersi del credito reale per tutto il tempo che fosse rimasto nei territori delle Sei Tribù.

La Istar pensò che era generoso da parte sua: era stata rifornita di denaro sia ai Porti Grigi che a Lothlórien, e comunque avrebbe potuto procurarsene esercitando la sua arte medica, ma era certamente comodo servirsi di un credito virtualmente illimitato come quello, finché avessero potuto.

Approfittarono di quella passeggiata per andare ad acquistare anche una pipa nuova per Aryon ed una riserva di galenas.

Quando tornarono a palazzo, era quasi mezzogiorno; poiché avevano già concordato di mangiare assieme ai sovrani, si recarono nella loro sala da pranzo privata, dove ebbero la sorpresa di venir dirottati in giardino. Qui giunti, videro che era stato eretto un padiglione, sotto cui c'era una tavola imbandita in gran pompa, accanto alla quale li attendevano i sovrani degli Hwenti.

"Saremo anche in pochi", sorrise loro Séredor, "ma l'avvenimento merita di essere festeggiato adeguatamente."

I due innamorati si scambiarono un'occhiata divertita: quanto a quello, ci avevano già pensato la sera precedente...

"Grazie, amico mio", disse Aryon, sforzandosi di scacciare dalla mente le conturbanti immagini degli abbracci di Nerwen, "Hai certamente ragione."

"Venite", li invitò Lythelen, facendo loro cenno di avvicinarsi, "Se volete, possiamo cominciare subito."

Aryon prese la mano di Nerwen ed assieme incedettero verso il re e la regina. Via via che procedevano, percorrendo i pochi passi che li separavano dagli altri due, Nerwen sentì l'emozione diventare sempre più forte, fino a farle quasi mancare il fiato. Conosceva a memoria le poche parole di introduzione, ma quando si fermarono davanti alla madrina ed al padrino della cerimonia, le sembrò di non ricordarne neanche una sillaba. Strinse spasmodicamente la mano di Aryon, che percependo il suo nervosismo, si girò a guardarla con un'espressione che voleva essere rassicurante, ma che in realtà era colma della stessa emozione.

Notando lo scambio di sguardi, anche Séredor e Lythelen si lanciarono un'occhiata, divertiti ed inteneriti; poi tornarono a guardare gli innamorati, attendendo pazientemente che parlassero.

Cominciò Aryon, seguito dopo sole due sillabe da Nerwen, che aveva di colpo ritrovato la memoria:

"Secondo l'antica tradizione degli Eldar, chiediamo a voi, nostri cari e nostra gioia, di essere testimoni della nostra promessa."

La cerimonia avrebbe previsto la presenza di amici e parenti, a cui la frase sarebbe stata indirizzata, ma poiché erano soltanto loro quattro, essa venne rivolta ai soli sovrani.

Poi Aryon guardò Nerwen e proseguì:

"Ecco colei che ho scelto e a cui ho legato il mio cuore", tornò a guardare Séredor, "A te mi affido come figlio dell'anima: accoglila dunque come un padre accoglie una figlia e rallegrati della nostra gioia."

Séredor si sentì contagiato dall'emozione dell'amico e dovette prendere un respiro per calmarsi prima di rispondere:

"Come una figlia l'accolgo nella mia anima e nel mio cuore."

Padrino e figlioccio si scambiarono l'abbraccio rituale, posandosi l'un l'altro le mani sulle spalle; poi Séredor si sporse verso Nerwen e le baciò la gota.

Aryon si tolse l'anello dalla tasca e prese la mano sinistra di Nerwen.

"Il mio cuore è legato al tuo", disse guardandola negli occhi, con voce più bassa di un'ottava a causa dell'emozione, "Porta dunque questo anello, che ora ti dono, come pegno della mia fedeltà e segno del nostro legame."

Lentamente, le infilò la vera d'argento al dito indice.

Nerwen sentì il cuore balzarle in gola e fu costretta a deglutire forte prima di riuscire a rispondere:

"Con gioia lo accetto in dono, con gioia lo porterò."

Rivolse ad Aryon uno sguardo talmente luminoso d'amore che lui sentì le ginocchia trasformarsi in gelatina e quasi barcollò. Raccolse tutta la propria forza di volontà per dominarsi e si costrinse a respirare lentamente, tentando di tranquillizzarsi.

Adesso era il turno di Nerwen:

"Ecco colui che ho scelto e a cui ho legato il mio cuore", si girò a guardare Lythelen, "A te mi affido come figlia dell'anima: accoglilo dunque come una madre accoglie un figlio e rallegrati della nostra gioia."

Lythelen le fece un grande sorriso: di fronte all'evidenza del sentimento che univa quei due, le sue perplessità si erano di colpo volatilizzate.

"Come un figlio l'accolgo nella mia anima e nel mio cuore", dichiarò, abbracciando ritualmente la figlioccia così come aveva fatto prima Séredor con Aryon, e poi baciò il principe sulla guancia.

Con dita tremanti, Nerwen pescò l'anello dal tascapane e prese la mano sinistra di Aryon.

"Il mio cuore è legato al tuo", disse, ripetendo le parole di lui con voce tremolante di emozione, "Porta dunque questo anello, che ora ti dono, come pegno della mia fedeltà e segno del nostro legame", concluse, mettendogli la fascetta all'indice.

Il cuore di Aryon perse un battito prima che riuscisse a rispondere:

"Con gioia lo accetto in dono, con gioia lo porterò."

Si guardarono intensamente, scambiandosi con gli occhi una promessa ancor più solenne di quella pronunciata dalle loro labbra. Di nuovo, Lythelen e Séredor attesero finché i due fidanzati non si furono ripresi a sufficienza dalla commozione per proferire congiuntamente la formula finale:

"I Valar siano testimoni accanto a voi di quanto oggi è avvenuto."

Di slancio, Nerwen ed Aryon si abbracciarono, poi fecero altrettanto coi rispettivi padrino e madrina.

"Congratulazioni", disse Séredor con sincerità: come la moglie, aveva visto l'evidente sentimento che univa l'amico alla Istar e non nutriva più alcun dubbio che la loro unione fosse giusta ed opportuna.

Infine si sedettero attorno al tavolo imbandito per mangiare e bere lietamente.

Era il tredicesimo giorno di luglio.

***************

Nei tre giorni seguenti, Meledhiel si tenne alla larga sia da Nerwen che da Aryon; la Maia ne fu sollevata, perché non aveva alcuna voglia di iniziare una guerra.

Purtroppo si rivelò soltanto la calma prima della tempesta.

Era un pomeriggio assolato, e a causa del caldo Nerwen aveva staccato le maniche al suo vestito verde da casa. Dopo aver trascorso alcune ore in biblioteca a documentarsi ulteriormente su ogni fonte disponibile che parlasse degli Orocarni, alla ricerca di un indizio per un valico che potesse condurre lei ed Aryon oltre quell'immensa cordigliera, stava ora tornando verso la propria camera.

Percorrendo un androne piuttosto buio, con la coda dell'occhio colse un movimento furtivo alla propria destra. D'istinto scartò di lato e questo le evitò d'essere colpita alla schiena da un lungo stiletto, brandito con ferocia nientemeno che da Meledhiel; la sottile lama del pugnale la prese tuttavia di striscio, aprendole una lunga ferita sul braccio, fortunatamente superficiale, che però le strappò un grido di dolore.

Con un'esclamazione di sorpresa e disappunto, Meledhiel barcollò in avanti per un paio di passi, salvo riacquistare subito l'equilibrio e slanciarsi in un nuovo attacco. Nerwen balzò all'indietro per schivare la punta della micidiale arma, quasi inciampando nell'orlo della gonna.

"Ferma!", gridò, "Sei impazzita?!"

Meledhiel non le diede retta e tornò all'assalto con un fendente basso inteso a sventrarla, a cui la Istar si sottrasse con una capriola all'indietro.

A differenza che sulla Feingwend, stavolta Nerwen non era stata colta completamente di sorpresa; inoltre, la sua avversaria non brandiva una lama lunga, bensì un pugnale, dal quale era più facile potersi difendere. Pertanto, l'Aini mise in pratica le lezioni di lotta corpo a corpo impartitele da Tulkas – di cui aveva avuto assai raramente bisogno, ma che ogni tanto aveva cura di rispolverare perché non si poteva mai sapere – e si preparò a contrastare l'attacco con ogni mezzo. Era impacciata dal lungo vestito, ma riuscì a rialzarsi dalla capriola grazie alla prodigiosa agilità della sua razza. L'altra però non era da meno, e per di più era abbigliata in modo pratico con pantaloni e casacca, che le rendevano i movimenti più facili; si girò di scatto come un serpente e caricò di nuovo.

Stavolta Nerwen non si limitò a sottrarsi; si spostò fulmineamente di lato, afferrò il polso del braccio armato e lo storse in una leva dolorosa che obbligò Meledhiel a mollare la presa. Lo stiletto cadde rumorosamente a terra.

La vice Signora di Palazzo strillò la sua rabbia ed attaccò a mani nude, il bellissimo volto distorto in una maschera di odio; ma Nerwen se lo aspettava: schivò ancora una volta, le ghermì un braccio e ritorse contro di lei il suo stesso slancio, scaraventandola a terra. L'Elfa atterrò violentemente e sbatté il volto sul pavimento; con un ringhio tornò ad alzarsi, col naso che perdeva sangue. Guatò con risentimento la sua avversaria, ma si trattenne dall'aggredirla di nuovo: Nerwen praticava una forma di combattimento corpo a corpo che non aveva mai visto e di cui non comprendeva il meccanismo, ed inoltre sfoggiava una rapidità assolutamente impossibile per un'Umana. Concluse che era preferibile recuperare lo stiletto, col quale era certamente avvantaggiata.

Nerwen notò la direzione dell'occhiata di Meledhiel, ma aveva allontanato il pugnale con un calcio ed adesso l'arma era fuori dalla portata di entrambe. Approfittando della breve pausa, sollevò la gonna e ne infilò l'orlo in cintura per avere maggior libertà di movimento, pronta a difendersi.

In quella, richiamate dal rumore, sopraggiunsero due guardie di palazzo.

Meledhiel le vide arrivare alle spalle di Nerwen e pensò di sfruttare la cosa a proprio vantaggio.

"Guardie! Prendetela! Ha cercato di uccidermi!", strillò, "Aveva un coltello!"

I soldati si bloccarono, presi alla sprovvista, e guardarono indecisi le due avversarie, entrambe ferite.

"Che aspettate?", strepitò l'Elfa, "Prendetela, ho detto!"

I due si scambiarono un'occhiata; dovendo scegliere tra la figlia di Lady Kilven, che ben conoscevano, e la straniera, che per loro era una perfetta sconosciuta, la scelta era ovvia. Fecero per abbrancare Nerwen.

"Fermi!", gridò la Istar; la sua voce echeggiò terribile, mentre la sua figura minuta si faceva improvvisamente alta e possente, "Non osate toccarmi!"

Impressionate, le guardie si bloccarono, ed anche Meledhiel rimase senza fiato per lo sconcerto.

Da dietro l'angolo spuntarono altri tre soldati, condotti da un sergente.

"Che cosa sta succedendo?", sbraitò quest'ultimo, sguainando la spada imitato dagli altri due.

"Questa donna mi ha aggredita con un coltello", dichiarò Meledhiel velenosamente, ripetendo l'accusa.

"Sì, come no", la irrise Nerwen, "Allora spiegami perché sono io quella con una ferita da arma da taglio", la sfidò, mostrando al sergente il braccio sanguinante. Avrebbe atteso a guarirla col proprio potere, in modo da presentarla come prova dell'aggressione subita.

Il sottoufficiale non era uno sciocco né un ingenuo, e per quanto istintivamente si fidasse più della vice Signora di Palazzo che della forestiera umana, l'osservazione gli mise la pulce nell'orecchio.

"In effetti...", disse, scoccando all'Elfa un'occhiata corrucciata.

"Mandate a chiamare Lord Aryon", lo invitò pacatamente Nerwen, "Lui può garantire per me."

"Sì, certo!", sbottò Meledhiel astiosamente, "Perché ci vai a letto assieme!"

"Brutta bestia, la gelosia, vero?", la rimbeccò l'Aini; fremeva di rabbia, ma si obbligò a mantenersi calma, tuttavia oh!, cos'avrebbe pagato per prenderla a pedate negli stinchi!

Ad un cenno del sergente, uno dei soldati partì di corsa; pochi minuti dopo, era di ritorno con Aryon.

Il principe nerovestito osservò la scena ed impallidì nel notare la ferita al braccio di Nerwen; lei gli fece un cenno, rassicurandolo di star bene.

Aryon allora si voltò a guardare Meledhiel con un'espressione così fosca che avrebbe fatto arretrare un battaglione di Orchi in assetto da battaglia.

"Mi vuoi spiegare, Lady Meledhiel?", la invitò in tono glaciale. La bella Elfa rabbrividì sotto quello sguardo duro, tuttavia non demorse:

"La tua amichetta ha cercato di uccidermi con un coltello!", sputò, indicando lo stiletto che giaceva ancora sul pavimento.

"È vero l'esatto contrario", controbatté Nerwen, esibendo il braccio ferito, "Lady Meledhiel mi ha vigliaccamente aggredita alle spalle, come un infame sicario."

"Che hai da dire a tua difesa, Meledhiel?", ringhiò Aryon, tornando a guardare la figlia di Kilven e fulminandola con lo sguardo. L'Elfa, troppo accecata dalla propria gelosia per rendersi conto della situazione precaria in cui si trovava, si inalberò:

"A mia difesa?? Sono io quella che è stata aggredita, ti dico! Perché credi a lei e non a me? Come si spiega che il nobile figlio di un Maia stia al guinzaglio di una donna della debole razza degli Uomini? Non capisci che è una strega e ti tiene sotto incantesimo...?"

"Basta così!", tuonò Aryon, troncandole le parole in bocca. Il suo tono fece sussultare tutti, perfino Nerwen, che riconobbe in esso una traccia della stessa capacità d'imposizione che poteva conferire alla propria voce.

"Come osi?", proseguì il principe, avvicinandosi a Meledhiel con fare minaccioso ed ergendosi in tutta la sua considerevole statura; di fronte a lui, l'Elfa si fece piccola, comprendendo d'essersi tradita con le sue stesse parole, "Come osi lanciare simili accuse? Nerwen la Verde è una Istar, non una volgare fattucchiera, e non sprecherebbe certo il suo potere per un insulso sortilegio d'amore! È la mia compagna per la vita e la mia promessa sposa, che ti piaccia o meno, e attentare alla sua vita non cambierà la situazione. Sergente!", esclamò, chiamandolo con un cenno imperioso, "Arresta Lady Meledhiel e portala dinnanzi a re Séredor affinché la giudichi!"

"Non è necessario", disse una voce maschile che fece voltare tutti gli occhi nella direzione da cui proveniva: Séredor avanzò da dietro l'angolo del corridoio da cui era giunto anche Aryon. La guardia che era corsa a chiamare il principe, aveva mandato a cercare anche il sovrano.

"Sono già qui", proseguì il re mentre, accigliato, guardava la figlia della sua Signora di Palazzo; aveva udito gran parte dello scambio tra lei ed Aryon, ma una domanda lo tormentava, "Perché l'hai fatto, Lady Meledhiel?"

"Io non ho fatto nulla", si difese debolmente l'Elfa, ormai consapevole d'essersi ficcata in una situazione senza via d'uscita e pur tuttavia insistendo nella sua commedia, "Ti prego, Sire, credimi almeno tu..."

Séredor esitò: conosceva Meledhiel da quando era nata e gli sembrava davvero impossibile che avesse attentato senza motivo alla vita di un'ospite onorata come Nerwen; poi lo sguardo gli cadde sul pugnale, negletto in un angolo, ed il suo volto divenne di pietra. Fece un cenno ad una delle guardie, che andò a prendere lo stiletto e glielo portò. Il re lo rigirò tra le mani mentre lo sguardo gli si faceva sempre più cupo.

"Questo lo riconosco", dichiarò in tono addolorato, "L'ho regalato io stesso a tuo padre..."

"No, no!", strillò lei disperata, "Non è quello, non è mio!!"

Séredor la guardò con compassione; ancora non comprendeva le sue motivazioni, ma era chiaro che non era in sé.

"Portatela via", ordinò al sergente, a voce bassa ed amareggiata, "Rinchiudetela nella sua stanza."

Sapeva che avrebbe dovuto gettarla nelle segrete, ma ancora non se la sentiva. Dopotutto, era la figlia di Lady Kilven, la sua fidata Signora di Palazzo, e gli risultava pertanto estremamente difficile punirla, anche se era consapevole che avrebbe dovuto farlo. Tuttavia, voleva prendersi del tempo per capire il perché del suo folle gesto e comminare a mente lucida la condanna appropriata.

Le guardie si affrettarono ad obbedirgli, afferrando l'ormai ex vice Signora di Palazzo; mentre cominciavano ad allontanarla, Meledhiel si girò e lanciò un'ultima accusa:

"Quella non è chi sembra essere! Si muove troppo veloce!"

I soldati non si fermarono e portarono via a forza l'Elfa recalcitrante; perplesso, Séredor si voltò verso Nerwen:

"Cosa voleva dire, col fatto che ti muovi troppo veloce?", indagò. A tutta prima, Nerwen pensò di negare, dando della visionaria a Melethiel, ma poi pensò che, se lei avesse insistito, a lungo andare la cosa avrebbe suscitato legittimi sospetti.

"Le risorse di un Istar sono spesso una brutta sorpresa per i malintenzionati", rispose in maniera volutamente enigmatica, scrollando le spalle con finta indifferenza: non poteva certo rivelare che la sua straordinaria agilità derivava dall'essere un'Aini.

Se anche la spiegazione non lo soddisfece appieno, Séredor aveva altre preoccupazioni che lo tormentavano, in quel momento; annuì brevemente e nascose il proprio sconforto sotto un'espressione dura, ma Aryon lo conosceva troppo bene per non vedere sotto la maschera che aveva indossato.

"Mi dispiace, amico mio", disse a bassa voce. Séredor scosse il capo come a riscuotersi:

"No, Aryon, dispiace a me: una persona mia ospite ha subito un grave torto per mano di una mia funzionaria. Lady Nerwen", si girò verso la Istar, "stai pur certa che Meledhiel verrà adeguatamente punita", guardò meglio e notò la ferita, ancora sanguinante, "Ma tu hai bisogno di cure: farò subito chiamare il medico di palazzo."

"Non è necessario", affermò Nerwen, "Dopotutto è solo un graffio, basterà lavare il taglio e trattarlo con un balsamo che ho nel mio bagaglio... Chiedo licenza di ritirarmi", concluse accennando ad un inchino.

"Ma certo", annuì il re.

"Vado con lei", annunciò Aryon, e Séredor assentì di nuovo; ovviamente il fratello dell'Alta Sovrana non aveva bisogno di chiedergli permesso, ma dopotutto era in casa sua e la cortesia lo imponeva.

Mentre il re degli Hwenti si dirigeva nel proprio studio a riflettere sulla difficile questione, Nerwen ed Aryon si recarono nella loro stanza.

Frattanto che la Maia si spogliava dell'abito strappato e macchiato di sangue, rimanendo con la sola camiciola, il principe si recò in bagno, dove versò dell'acqua da una brocca in un catino e vi bagnò un panno pulito; tornato in camera, lo usò per detergere la ferita di Nerwen, un'espressione preoccupata sul volto. Lei lo lasciò fare con un lieve sorriso; accorgendosene, Aryon corrugò la fronte:

"Che c'è da sorridere?", la interrogò perplesso. Lei gli accarezzò una guancia:

"Sei molto dolce a prenderti cura di me", rispose sottovoce, "ma in realtà non ce n'è bisogno."

Sorpreso, Aryon smise di tamponare il taglio e la guardò senza capire; poi gli sovvenne quel che aveva fatto al giovane bisonte ferito dalla troll.

"Hai ragione", disse lentamente, "Dimenticavo che sei una Istar."

Lei gli sorrise, poi chiuse gli occhi e si concentrò, mandando il suo potere taumaturgico a rimarginare la ferita, che sotto gli occhi attenti del principe si chiuse, lasciando soltanto una lieve traccia che presto scomparve.

Riaprendo le palpebre, Nerwen notò lo sguardo di Aryon fisso sul suo braccio. Sorprendendola, lui l'abbraccio di repente, stringendola fortemente contro il proprio petto.

"Oggi Meledhiel avrebbe potuto ucciderti... Per grazia dei Valar ha fallito...", bisbigliò con voce sorda.

Nerwen si sentì stringere il cuore: non poteva tranquillizzarlo in quel senso, non senza rivelargli la propria vera natura, e ciò le era proibito.

"Non è così facile uccidermi", tentò allora di rassicurarlo, consapevole che era ben poca cosa, "Posso curarmi così come ho fatto col giovane bisonte, anche se non posso guarire qualcosa di mortale, come una pugnalata al cuore, o un veleno dall'azione troppo rapida, o una malattia grave ad uno stadio troppo avanzato," non poté dirgli che ciò non valeva per lei stessa, "Inoltre, so difendermi piuttosto bene: ne è prova il naso rotto di Meledhiel...", concluse invece, sardonica.

Aryon la tenne stretta ancora per qualche istante, poi lentamente la lasciò andare.

"Sì", disse a bassa voce, "Immagino di sì", la guardò, mentre un lieve sorriso gli curvava gli angoli della bocca, cancellando parzialmente la preoccupazione dal suo viso, "Sei piena di sorprese, mio cuore... Non sapevo che tu fossi capace di batterti corpo a corpo."

"Succede raramente che ne abbia bisogno", osservò lei, "Di solito basta la mia fama di Istar a incutere un certo timore e a evitarmi di venire attaccata; ma ovviamente questo non vale quando non vengo creduta", soggiunse, accigliandosi. Era accaduto anche a bordo della Feingwend: doveva imparare ad essere più prudente.

"D'ora in avanti, ci sarò io a difenderti, in caso di bisogno", dichiarò Aryon con aria determinata. Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di mettere in pericolo la sua amata; per lei avrebbe affrontato un Balrog e lo avrebbe fatto a fette.

Nerwen gli prese il volto tra le mani e lo guardò negli occhi; in essi vide tutta la sua devozione.

"Grazie", rispose, commossa, prima di tirarlo verso di sé e baciarlo. Lui tornò a stringerla, contraccambiando il bacio.

Quando si scostarono, le guardò il braccio e le passò le dita dove prima c'era il taglio, sentendo solo pelle liscia.

"Come mai non è rimasta alcuna cicatrice, come invece la ferita sul fianco?", domandò, perplesso.

"Più è leggero il danno, meglio riesco a curarlo", spiegò Nerwen, "Questo era solo un graffio, mentre quel colpo di spada era molto più profondo."

Lui le prese una mano e se la portò alle labbra per deporvi un bacio.

"Quando ti ho vista ferita, per un attimo ho temuto il peggio", ammise, "Non mi è neanche passato per la testa che possiedi questo prodigioso talento... che immagino sia condiviso anche dai tuoi colleghi: spiegherebbe la vostra longevità, così diversa da quella degli Uomini."

Nerwen preferì non rispondere: gli Stregoni potevano essere degli ottimi guaritori, capaci di agire anche a livello invisibile per contrastare gli effetti deleteri del potere oscuro di Sauron e dei suoi sgherri, ma non possedevano più il pieno potere taumaturgico, essendo stati diminuiti molto più di lei.

Accorgendosi del suo silenzio, Aryon la guardò senza comprenderne subito la ragione; poi capì che era una di quelle cose che lei non poteva dirgli e, come promesso, non insistette. Cambiò argomento:

"Non riesco ancora a capacitarmi del motivo per cui Meledhiel ti ha aggredita", disse, "Le avevo detto con estrema chiarezza che tu e io siamo compagni per la vita, inoltre ha saputo del nostro fidanzamento; dunque perché tentare di ucciderti? Non mi avrebbe riavuto indietro..."

"È convinta che io ti abbia ammaliato", gli rammentò Nerwen, "e che sia per questo che tu pensi che siamo compagni, non perché sia vero."

"Ma è pura pazzia!", sbottò il principe, "Quando mai si è sentito di un incantesimo tanto potente? E poi, che motivo avresti per ammaliare proprio me?"

"Potrebbe aver pensato che io sia innamorata di te, ma tu non mi ricambi, e così sarei ricorsa alla magia per obbligarti"; congetturò lei.

Aryon scosse la testa, ancora incredulo.

"Mi spiace essere la causa della sua rovina", considerò a bassa voce, "Non ho mai pensato che Meledhiel fosse malvagia e meritasse di finire in prigione, o in esilio; perché sarà una di queste due, la pena che Séredor le infliggerà: anche se finora aveva sempre goduto della sua stima, il re non può passar sopra a un simile affronto, che oltretutto coinvolge me, il fratello dell'Alta Sovrana."

"Meledhiel è stata accecata dalla gelosia", considerò Nerwen, "che l'ha resa stolta; ma ciò nondimeno è responsabile delle proprie azioni e quindi delle conseguenze da esse derivanti. Pagherà il prezzo della sua stupidità", concluse in un tono duro che rammentò al principe come, sotto la sua dolcezza, la Istar celasse un nucleo d'acciaio, che lui aveva intravisto fin dal loro primo incontro/scontro sulle sponde del Mare di Rhûn.

"Già", concordò laconicamente, amareggiato. Nerwen gli accarezzò la mano, che teneva ancora posata sul suo braccio, in un gesto consolatorio.

"Dovrò comprare un vestito nuovo", osservò in tono leggero per distoglierlo dai suoi pensieri cupi, accennando all'indumento lacero ed insanguinato. Aryon lo guardò:

"Conosco un sarto, appena fuori dal palazzo: possiamo rivolgerci a lui..."

Nerwen annuì: le spiaceva un po' per l'abito, che era stato uno dei suoi preferiti, ma dopotutto era soltanto un indumento; ne avrebbe fatto fare uno di simile.

***************

Il re condannò Meledhiel a cinquant'anni di reclusione, ma per rispetto a sua madre Kilven dispose che non li trascorresse nelle segrete; fece invece allestire una camera nella stanza più alta di una delle torri del palazzo, dove l'Elfa venne confinata; robuste grate di ferro alle finestre ed una massiccia porta di quercia fasciata d'acciaio, con una grossa sbarra pure d'acciaio chiusa da un lucchetto, assicuravano l'impossibilità all'evasione. Il lucchetto aveva tre chiavi, di cui una conservata da Séredor, un'altra dal capitano delle guardie di palazzo, e la terza dalla Prima Consigliera del re.

Sconvolta dall'accaduto, Lady Kilven presentò le sue dimissioni da Signora di Palazzo, ma Séredor non volle saperne; le diede però licenza di ritirarsi provvisoriamente dal suo incarico per tutto il tempo che le sarebbe occorso per riprendersi dal trauma causatole dal comportamento inqualificabile della figlia. Quando se la sarebbe sentita, avrebbe ripreso le sue funzioni.

**************

Cinque giorni dopo, Nerwen ed Aryon presero congedo da Séredor e Lythelen; il principe lasciò loro in custodia Nordhir che, esaurito il suo compito di cavalcatura di ricambio, sarebbe stato riportato a Bârlyth con il prossimo convoglio di merci dirette a Eryn Rhûn.

Orrodal, la capitale del regno dei Kinn-lai, era situata sulle prime propaggini degli Orocarni; distava più o meno duecentocinquanta chilometri da Kopellin e per raggiungerla i due viandanti avrebbero impiegato sei o sette giorni, seguendo il fiume Sirlechin.

Già la sera del primo giorno di viaggio si cominciarono a vedere all'orizzonte i picchi più alti delle Montagne Rosse, che superavano i cinquemila metri, incappucciati di nevi eterne.

Il terreno prese a salire costantemente, anche se in maniera dolce; il quarto giorno di viaggio, Aryon condusse Nerwen in cima ad un colle piuttosto alto dalla sommità nuda, da cui le indicò la sterminata catena montuosa che percorreva l'intero orizzonte orientale, scomparendo in lontananza a nord ed a sud senza soluzione di continuità. Sembrava davvero una muraglia invalicabile.

Nerwen ne fu impressionata: le ricordava le Pelóri, l'imponente cordigliera che si estendeva lungo tutta la costa orientale di Aman, il cui picco più alto era Taniquetil, dove avevano dimora Varda e Manwë, i due Valar più potenti.

Il nome di Montagne Rosse, od Orocarni, era pienamente meritato: pur essendo primo pomeriggio, sembravano pennellate della luce fulva del tramonto, tranne le punte ricoperte di candida neve.

Da quel momento, le montagne dominarono sempre più il paesaggio, via via che si avvicinavano ad esse, finché non sembrò che non ci fosse nient'altro davanti a loro, mentre il Sirlechin diveniva sempre più stretto, rimanendo però ancora navigabile. Il settimo giorno di viaggio, Nerwen ed Aryon si addentrarono in un'ampia vallata che si apriva nei fianchi delle montagne; qui il Sirlechin usciva dal lago di Orrodal, che prendeva il nome della città che sorgeva sulle sue sponde, uno specchio d'acqua lungo e stretto circondato da boschi; proprio in fondo alla valle, su un pendio, sorgeva la capitale del regno dei Kinn-lai.

Una strada ben tenuta, anche se non molto ampia, fiancheggiava il lago, dirigendosi verso la città; i due viandanti la percorsero in groppa ai loro cavalli, seguiti da Thalion e preceduti da Calad come al solito.

"È molto tempo che non vengo a Orrodal", raccontò Aryon a Nerwen, mentre si avvicinavano all'ingresso della città che, a differenza di Bârlyth e Kopellin, era costruita prevalentemente in pietra, "L'ultima volta ho avuto da ridire con re Túrion riguardo a delle tasse che non pagava da dieci anni... Non ci siamo lasciati molto cordialmente", concluse torvo, "per cui non possiamo aspettarci un'accoglienza amichevole come quella che ci ha riservato Séredor."

"Basterà non recarci a palazzo e farci gli affari nostri", suggerì Nerwen, ma Aryon scosse il capo:

"Mi conoscono bene anche qui e il nostro arrivo non passerà inosservato. Se non vogliamo suscitare l'impressione di aver qualcosa da nascondere, sarà meglio presentarci apertamente, anche se solo per un saluto formale. Comunque prima andiamo in cerca di una locanda per renderci più presentabili; andremo a palazzo domani", concluse.


L'angolo dell'autrice:

Non stupitevi se Aryon e Nerwen sembrano aver fretta di ufficializzare il loro rapporto: dovete pensare che hanno dovuto aspettare millenni per incontrare il proprio compagno per la vita, quindi non avrebbe nessun senso indugiare più dello stretto necessario per sposarsi, vi pare? XD

La cerimonia di fidanzamento è frutto delle ricerche di Gianluca Comastri, noto studioso italiano di Tolkien e presidente di Eldalië, una delle più prestigiose associazioni nostrane di appassionati. Con lui nelle vesti di padrino, ho avuto l'onore ed il piacere di essere la madrina di un fidanzamento elfico, e del successivo matrimonio, durante un'edizione di Hobbiton, il festival annuale della Società Tolkieniana Italiana.

Il viaggio di Nerwen la sta portando sempre più lontana dalle zone conosciute della Terra di Mezzo: ora siamo ai piedi degli Orocarni, detti anche Monti dell'Est, oltre i quali neppure gli Avari sanno che cosa si trovi, perché non li hanno mai valicati. La Istar ed il suo principe dovranno trovare il modo di farlo, perché la visione di Nerwen indicava la possibile locazione delle Entesse al di là di questa immensa cordigliera: troveranno qualcuno che li aiuterà? Oppure saranno ostacolati? Di certo, la loro impresa non si presenta facile...

Lady Angel




Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top