Capitolo XXXVII: Nella città degli Hwenti
Capitolo XXXVII: Nella città degli Hwenti
Nel primo pomeriggio, arrivarono a Kopellin, la capitale del regno degli Hwenti; città simile a Bârlyth nell'aspetto, era però grande solo poco più della metà. Sorgeva alla congiunzione del Rinnen con il Sirlechin, un fiume più piccolo e proveniente quasi esattamente da oriente, direttamente dagli Orocarni.
All'entrata della cinta muraria c'erano due sentinelle, che li guardarono con sorpresa. Uno dei due soldati si inchinò ad Aryon, avendolo evidentemente riconosciuto, e li fece passare senza fermarli. Nerwen pensò divertita che, se fosse stata sola, avrebbe certamente dovuto esibire il salvacondotto della regina, come le era già capitato nei giorni scorsi.
Aryon smontò davanti alla guardiola, avendo spiegato alla sua compagna che dovevano dichiararsi al capitano della milizia cittadina.
"Lord Aryon!", lo accolse questi, "Benvenuto a Kopellin! Non ti aspettavamo..."
"Stavolta non sono qui in veste ufficiale, capitano Glorgan", spiegò Aryon, "ma solo un viandante come altri. La mia compagna di viaggio è Nerwen la Verde", concluse, accennando alla Istar.
Glorgan la guardò dubbioso, probabilmente chiedendosi come mai il fratello della regina si accompagnasse con una donna della razza degli Umani, ma non fece commenti in merito.
"Va bene, registrerò i vostri nomi. Quanto pensate di fermarvi?"
Aryon guardò Nerwen: era lei a dover decidere.
La Maia si strinse nelle spalle:
"Ancora non lo sappiamo" , rispose, "Dipende da vari fattori. Sicuramente almeno due o tre giorni."
Il capitano delle guardie assentì e non indagò oltre; certamente, ponderò Nerwen di nuovo, se lei fosse stata da sola l'avrebbe interrogata a fondo, ma il fatto di essere assieme ad Aryon, fratello dell'Alta Sovrana degli Avari, la tutelava da simili seccature.
Uscendo dalla guardiola, Aryon commentò:
"Solitamente, quando vengo qui alloggio a palazzo: il re degli Hwenti, Séredor, è un mio buon amico. Anche se non sono in viaggio ufficiale, ci ospiterà volentieri."
Nerwen annuì mentre rimontavano a cavallo e si dirigevano verso il centro di Kopellin, dov'era situata la dimora reale: un altro vantaggio di stare in compagnia di Aryon, pensò, compiaciuta. Sarebbe durato soltanto finché fossero stati nel territorio delle Sei Tribù degli Avari, ma intanto ne avrebbe approfittato volentieri.
Giunti a palazzo, uno stalliere venne a prendere le loro cavalcature. Riconoscendo Aryon, gli fece un profondo inchino, mentre squadrò sospettosamente Nerwen. Lei contraccambiò fermamente la sua occhiata, aggrottando la fronte, il che solitamente bastava a mettere al suo posto chiunque, ma invece non ottenne altro che fargli assumere un'espressione di gelida antipatia. Non di nuovo!, pensò esasperata. Le pareva di essere tornata al giorno in cui aveva incontrato Aryon la prima volta, sulle sponde del Mare di Rhûn.
"Mi occuperò personalmente dei miei cavalli", disse bruscamente, rifiutando di consegnargli le redini di Thalion e Thilgiloth. Questo indispose l'Elfo ancor di più, ma non le importava un accidenti; rendendosi conto della situazione, Aryon lanciò un'occhiata feroce allo stalliere, ma costui si era già voltato e non la notò.
Il principe seguì Nerwen nelle scuderie e, quando il palafreniere si fu allontanato per governare Allakos e Nordhir, incrociò le braccia sul petto e le domandò a bassa voce:
"Vuoi che lo affetti?"
Sorpresa, Nerwen si girò a guardarlo:
"Come?"
"Non permetto a nessuno di guardarti storto", spiegò Aryon, serissimo. L'Aini lo fissò per qualche istante, poi sbruffò a ridere:
"Dimentichi come mi guardavi tu all'inizio..."
Con sua immensa sorpresa, il principe arrossì:
"Non sai quanto mi dispiace di averti trattata così...", cominciò, ma lei lo interruppe posandogli una mano sul braccio:
"Acqua passata", lo rassicurò, "Stavi soltanto facendo il tuo dovere", al suo sguardo dubbioso sorrise, "Se per questo, io ti avrei preso volentieri a calci, quel giorno, per cui siamo pari."
Rincuorato e divertito, Aryon le rivolse il suo tipico mezzo sorriso, che lei era giunta ad amare follemente, così come amava follemente colui che glielo rivolgeva.
Nerwen cominciò col dissellare Thilgiloth, ed allora il principe, sentendosi a disagio a limitarsi a guardare, si diede da fare per scaricare il bagaglio da Thalion.
Finito di sistemare la Corsiera ed il cavallo da soma, i due si recarono all'ingresso del palazzo; nuovamente, Aryon fu riconosciuto e vennero fatti passare senza formalità.
Attesero nell'atrio mentre una delle guardie andava a chiamare la Signora di Palazzo, l'equivalente di Lindir a Gran Burrone e di Nimgil a Caras Galadhon.
Una decina di minuti dopo, vennero raggiunti da due Elfe dalle tipiche chiome corvine degli Avari, molto somiglianti tra loro; una – chiaramente la più anziana e dall'aria solenne – era abbigliata con un abito color zafferano dal taglio semplice ma elegante, mentre l'altra era inguainata in un attillato vestito nero che metteva in risalto il suo fisico flessuoso; portava i lunghi capelli riccioluti raccolti sulla testa, mentre la profonda scollatura scopriva generose rotondità.
"Benvenuto, Lord Aryon", la più anziana salutò formalmente il principe, rivolgendogli un rispettoso inchino, per poi guardare la sconosciuta umana che lo accompagnava con curiosità priva – per una volta – della consueta diffidenza così tipica degli Avari.
"Grazie, Lady Kilven", le rispose Aryon, "Nerwen, ti presento Lady Kilven Barhevel, la Signora di Palazzo, e sua figlia Meledhiel. Signore, la mia accompagnatrice è Nerwen la Verde."
Ecco spiegata la somiglianza tra le due, pensò Nerwen, facendo un cenno di saluto ad entrambe; Kilven la ricambiò, ma non Meledhiel, che guardò la Maia dall'alto in basso con espressione astiosa. Durò un solo istante, poi il suo bellissimo volto, in cui brillavano due stupendi occhi color dell'ambra, si ricompose in sorriso rivolto al solo Aryon.
"Sono felice di rivederti", dichiarò con una voce lievemente roca indiscutibilmente adatta al suo aspetto seducente, "Era oltre un anno che non venivi a trovarci", aggiunse in un tono famigliare, quasi intimo, che indispose Nerwen.
Aryon non fece caso all'osservazione e si limitò ad annuire per confermarla, poi tornò a rivolgersi a Kilven:
"So di non essere atteso, perché la mia non è una visita ufficiale, ma sono ugualmente passato a vedere se il mio buon amico il re era disposto ad accordarci ospitalità."
"Puoi chiederglielo tu stesso, Lord Aryon", rispose la Signora di Palazzo, "Prego, seguitemi."
"Ci penso io, madre", si offrì Meledhiel, "Dopotutto, sono la tua assistente, e così tu puoi tornare a controllare i libri contabili."
"Grazie, Meledhiel", accettò Kilven con gratitudine, "Se volete scusarmi, ho questa noiosa ma necessaria incombenza da espletare, poi almeno non ci penserò più fino al prossimo mese", spiegò con una certa dose di spirito che piacque a Nerwen. Tanto era indisponente la figlia, quanto era invece gradevole la madre, considerò.
"Ma certo, Lady Kilven", disse Aryon, "Non c'è problema."
La Signora di Palazzo si congedò quindi da loro e si allontanò. Meledhiel tornò a sorridere al principe e, ignorando totalmente Nerwen, si girò per imboccare uno dei corridoi che si diramavano dall'atrio. Aryon si accigliò: era sorpreso dal comportamento di Meledhiel, che conosceva da molti anni, e con la quale aveva condiviso un'amicizia amorosa discontinua, ovvero valida soltanto durante le sue abituali visite ufficiali a Kopellin, a cui però avevano comunque posto termine qualche anno prima. Perplesso, con un cenno invitò Nerwen ad accompagnarlo ed assieme seguirono la bella Avar.
Vennero condotti da Séredor, che li ricevette nel suo studio, non diversamente da come aveva fatto Eliénna a Bârlyth.
"Mio caro amico!", il re accolse Aryon con un sorriso; più basso di lui, Séredor emanava però un'aura di tranquilla autorità del tutto adeguata alla sua carica, "Che bella sorpresa!"
"Grazie, Séredor", rispose il principe, apostrofandolo per nome data la loro lunga amicizia; il monarca guardò Nerwen, mostrando anche lui, come la sua Signora di Palazzo, solo interesse e non anche sospetto.
Rispondendo alla tacita domanda dell'amico, Aryon fece le presentazioni:
"Nerwen, questo è Séredor, re degli Hwenti; Séredor, permettimi di presentarti Nerwen la Verde, appartenente all'Ordine degli Istari che, contrariamente a quanto credevamo, non sono una favola né una leggenda."
Séredor non si curò di nascondere il proprio stupore:
"Una Istar...? Confesso che stento a crederci."
Nerwen fece una riverenza.
"Eppure è vero, maestà", dichiarò nel tono tranquillo di chi sa quel che dice e non ha paura di dimostrarlo.
Meledhiel aveva sbarrato gli occhi per lo sbalordimento.
"Andiamo, Aryon, non vorrai prenderci in giro...?", bofonchiò, squadrando Nerwen ancora una volta con sguardo ostile. Stavolta il principe non lasciò correre: come aveva detto prima, non avrebbe permesso a nessuno di guardar male la sua compagna o, peggio ancora, di trattarla meno che cortesemente. A nessuno, ivi compresa una sua ex amica amorosa.
"Non sono mai stato più serio in vita mia, Meledhiel; Lady Nerwen è una Istar e va trattata in modo consono al suo rango", disse con freddezza.
"Quale rango può mai avere una donna della razza degli Uomini che si spaccia per un personaggio leggendario?", sbottò la Avar, troppo accecata dai propri pregiudizi per temere la luce pericolosa che si era accesa nello sguardo di Aryon.
Nerwen ne aveva avuto fino sopra i capelli della diffidenza e del latente disprezzo degli Avari verso gli Uomini.
"Vuoi mettermi alla prova, Lady Meledhiel?", chiese in tono tagliente, calcando sul titolo in maniera che suonasse quasi come un insulto.
"Vorrei proprio vedere di cosa sei capace...", cominciò l'altra sgarbatamente, ma venne stroncata da Aryon:
"Non te lo consiglio, Meledhiel: io ho visto cosa può fare, e ti assicuro che è molto preferibile essere suoi amici, piuttosto che suoi nemici."
Nerwen aveva incrociato le braccia sul petto, la fronte aggrottata in un'espressione fosca che non prometteva niente di buono.
"Basta così", intervenne Séredor d'autorità, fulminando Meledhiel con lo sguardo, "Lady Nerwen è un'ospite di Aryon, e tanto basta per trattarla rispettosamente."
Zittita dal suo re, l'Elfa strinse le labbra stizzita, ma non osò replicare.
"Darò ordine che preparino due stanze", disse invece, a denti stretti.
"Ne basterà una sola", affermò il principe, con ciò dichiarando pubblicamente che Nerwen e lui erano amanti.
Nerwen non aveva tolto gli occhi di dosso a Meledhiel; la vide irrigidirsi, poi lanciarle un'occhiata di fuoco. Capì che era gelosa di Aryon e sostenne il suo sguardo senza batter ciglio.
"Hai sentito, Meledhiel?", fece il re, decisamente irritato dal comportamento provocatorio dell'assistente, nonché figlia, della sua Signora di Palazzo.
L'Elfa si riscosse e fece un rigido inchino al suo sovrano.
"Vado a dare disposizioni in merito", dichiarò con evidente sforzo.
Quando se ne fu andata, Séredor allargò le braccia in segno di scusa:
"Mi spiace per la condotta di Lady Meledhiel", disse, "Normalmente è molto più affabile."
Nerwen l'avrebbe volentieri presa a sberle, se avesse potuto.
"Non fa nulla, maestà", dichiarò invece in tono apparentemente sereno, "Si vede che le sto antipatica."
Il re annuì, non del tutto convinto, poi si rivolse ad Aryon:
"Cosa porta la Prima Spada dell'Alta Sovrana nel regno degli Hwenti, amico mio?"
Il principe scosse la testa:
"Non sono più la Prima Spada, Sèredor: ho chiesto a mia sorella il permesso di lasciare l'incarico per potermi assumere un'altra missione."
Non disse altro: spettava a Nerwen decidere a chi svelare i suoi scopi.
Séredor era un uomo dotato di notevole acume mentale e comprese che l'altro stava volutamente rimanendo nel vago; tuttavia, anche se non era più la Prima Spada, Aryon rimaneva pur sempre il fratello dell'Alta Sovrana, ed inoltre erano amici da lungo tempo; pertanto non lo pressò per saperne di più. Guardò invece ancora una volta Nerwen, che lo incuriosiva molto.
"Ed intanto hai incontrato questa graziosa donna", commentò, "anzi, Istar, a quanto dici. Lady Nerwen, perdona se sono ancora scettico, ma per tutta la vita ho creduto che gli Stregoni fossero un mito, e adesso mi riesce davvero difficile credere che non sia così, ancorché me lo assicuri una persona attendibile come Aryon."
"Non è la prima volta che non vengo creduta", replicò placidamente la Maia, lanciando un'occhiata divertita al principe nerovestito. Aryon stirò le labbra nel suo caratteristico sorrisetto sardonico:
"C'è voluto del bello e del buono anche per convincere me, Séredor, te l'assicuro", gli raccontò, "ma alla fine mi sono arreso all'evidenza."
"D'accordo, allora", annuì il re, "mi fido della tua parola, amico mio. Avete fame?"
"In effetti, non abbiamo ancora cenato", rispose Aryon per tutti e due.
"Allora vi farò portare qualcosa da mangiare in camera", concluse Séredor, "Immagino che siate stanchi, perciò siete liberi di ritirarvi: rinfrescatevi, mangiate e riposatevi. Parleremo ancora domattina."
Nerwen si inchinò, mentre Aryon si limitò ad un cenno della testa: Séredor era il re degli Hwenti, ma lui gli era superiore per rango in quanto fratello di Eliénna, e non era tenuto a rendergli omaggio.
Un'ancella li attendeva fuori dello studio con l'ordine di condurli nella loro stanza, dove trovarono il loro bagaglio, portato dalle scuderie.
La camera era meno spaziosa di quella che Nerwen aveva avuto a Bârlyth, ma non meno accogliente, sebbene il mobilio fosse più austero. Nel piccolo bagno rivestito di piastrelle di maiolica li attendeva una vasca piena di acqua tiepida e profumata.
"Quando sarete pronti per la cena, suonate", li istruì l'ancella, indicando un piccolo gong accanto alla porta. Al cenno d'assenso dei due, si congedò e li lasciò soli.
"Non capisco il comportamento di Meledhiel", borbottò Aryon, sfibbiando la cinta con la spada e riponendola in un angolo.
"È gelosa di te", gli rivelò Nerwen in tono ovvio; possibile che non l'avesse capito?
Lui corrugò la fronte.
"Gelosa di me?", ripeté, "Siamo stati amici amorosi a intermittenza, ma ci siamo lasciati di comune accordo ormai parecchi anni fa: non ha motivo alcuno di essere gelosa."
La Istar sollevò un sopracciglio di fronte alla sua evidente cecità.
"Le hai mai presentato la tua amica amorosa del momento?", gli domandò.
Lui ci pensò un attimo.
"Veramente no", ammise lentamente, comprendendo il suo errore, "In tal caso, non ho avuto molto tatto, nel chiederle un'unica stanza per noi due; ma del resto, mi aveva indotto a credere che non nutrisse più alcun proposito verso di me."
"Evidentemente non era così", concluse Nerwen, "e forse non lo sapeva neppure lei, finché non si è confrontata con la situazione."
Aryon la guardò intensamente.
"Beh, tanto non ha la minima possibilità, contro di te"; affermò. L'Aini gli si avvicinò e gli cinse il collo con le braccia.
"Ma lei non lo sa ancora", osservò con falsa pacatezza, "Domani provvederò ad informarla a chiare lettere."
Il suo tono basso e minaccioso gli fece rizzare i capelli sulla nuca: pensò che non avrebbe voluto essere nei panni di Meledhiel per niente al mondo.
L'abbracciò e la strinse; gli occhi gli brillavano maliziosamente:
"Non sarai gelosa anche tu...?"
"Non avrebbe nessun senso", negò lei, ma i suoi occhi avevano un'espressione poco raccomandabile: era vero, non aveva senso essere gelosa, perché Aryon era il suo compagno per la vita e questo significava che l'avrebbe amata fino alla fine dei tempi; ma ciò non voleva dire che era disposta a tollerare l'ostilità di chicchessia. Solitamente, la rivelazione di essere compagni per la vita era sufficiente a porre fine ad ogni questione. Se in questo caso specifico non fosse invece bastato, era disposta ad usare una mazza ferrata per ficcarlo in testa a quella presuntuosa.
Si fecero il bagno e si cambiarono, indossando panni da casa, e poi riposero le loro poche cose; infine Aryon suonò il gong. Qualche minuto dopo giunsero alcuni servitori; due portarono asciugamani nuovi e si occuparono di svuotare e pulire la vasca, mentre altri due recarono grandi vassoi coperti, che posarono sul piccolo tavolo di fronte al letto. Di nuovo, i due ospiti vennero lasciati soli, con discrezione; si sedettero a mangiare pollo allo spiedo con verdure, formaggio fresco ed una crostata di pesche, mentre da bere era stato loro portata dell'acqua ed un sidro gradevolmente asprigno, molto dissetante.
Quando ebbero finito, suonarono nuovamente e due cameriere vennero a sparecchiare; prima di congedarsi, chiesero se avessero bisogno di qualcosa, ed alla risposta negativa ricordarono loro di chiamare, qualora avessero cambiato idea.
Rimasti infine definitivamente soli, Aryon guardò profondamente negli occhi Nerwen.
"È da ore che ho una voglia pazza di baciarti", dichiarò, prendendola tra le braccia. Lei sollevò il volto verso il suo, facendo un sorrisetto allusivo.
"E allora che cos'aspetti?", lo provocò.
Naturalmente non si limitarono ai soli baci.
Il mattino seguente, un paggio venne ad invitarli a far colazione in giardino con re Séredor e sua moglie, Lythelen.
"Lieta di rivederti, Aryon", lo salutò la regina affabilmente. Il principe le fece un galante baciamano.
"Il piacere è mio, Lythelen", le assicurò, "Posso presentarti Nerwen la Verde? Nerwen, questa è la regina Lythelen..."
Nerwen le fece la riverenza, mentre la regina le rivolgeva un cortese, per quanto riservato, cenno di saluto.
"Mio marito mi ha parlato di te, Lady Nerwen", le disse, "Davvero sei una Istar?"
La sua domanda era stata posta con curiosità appena venata di dubbio, e la Maia non ritenne di sentirsi irritata.
"È così, maestà", le rispose, "Gli Stregoni non sono una semplice leggenda."
Si accomodarono ad un tavolino riccamente imbandito, dove venne loro subito servito il tè al bergamotto tanto amato dagli Avari.
"È difficile sbarazzarsi di una convinzione comune che dura da secoli", osservò Lythelen sforzandosi di alleggerire i toni con un lieve sorriso, "ma Aryon afferma che è vero, perciò voglio crederci. Salvo dimostrazione del contrario, ovviamente", aggiunse, come per prudenza. Nerwen sorrise di rimando, senza rispondere; dopotutto, la presenza del fratello dell'Alta Sovrana le garantiva credibilità sufficiente per non vedersi intralciare: se lo sarebbe fatto bastare. In fondo, poco le importava che fossero davvero persuasi o meno della sua identità dichiarata, fintantoché lo era Aryon.
Vide Séredor servirsi di una ciotola di ertan e lo imitò: quella pietanza le piaceva davvero, specie se mescolata col miele.
"Che cosa vi porta a Kopellin, dunque?", indagò il re, incerto se rivolgersi all'uno o all'altra.
"Ve lo dirò", rispose Nerwen, che non aveva mai ritenuto di dover tenere nascosto lo scopo del suo viaggio, "ma sappiate che un'altra leggenda vi si svelerà invece realtà."
"Santi Valar, così ci incuriosisci moltissimo!", dichiarò Lythelen con vivacità, "Va bene, dicci..."
"Sto cercando le femmine degli Onodrim, le Entesse", spiegò la Istar. I suoi interlocutori rimasero interdetti per un istante, poi contemporaneamente scoccarono un'occhiata ad Aryon, che sostenne fermamente in loro sguardi, così confermando l'asserzione di Nerwen.
Séredor fece un respiro profondo. La sua fiducia nel giudizio del suo vecchio amico era molto radicata, ma già gli era risultato difficile credere che la sua protetta fosse una Istar, e adesso se ne usciva con... questo.
"Gli Onodrim esistono veramente, dunque?", chiese sommessamente.
Nerwen non poteva dirgli d'averne incontrato uno poco più di un anno prima senza tradire la richiesta di Barbalbero di non svelare la sua esistenza, così doveva limitarsi a sperare che la fiducia del re in Aryon fosse tanto grande da indurlo a crederle sulla parola.
"Sì, maestà, esistono davvero", confermò in tono altrettanto sommesso, "Sono seguace di Yavanna Kementári, che li ha creati all'inizio dei tempi: è per questo che lo so."
"Per quanto mi risulta, non se ne è mai stato visto uno, nelle terre delle Sei Tribù", dichiarò Lythelen lentamente. Nerwen girò lo sguardo su di lei:
"Infatti siamo soltanto di passaggio: in realtà, siamo diretti oltre gli Orocarni."
"Non esiste valico conosciuto per superarli", affermò Séredor.
"Così mi è stato detto", annuì l'Aini, "ma tutte le catene montuose hanno valichi. Tuttavia, se non ne dovessimo trovare, significa che li aggireremo."
"Non sappiamo neppure dove terminano", l'ammonì il re.
"Forse lo sanno i vostri fratelli Kinn-lai", replicò Newen, riferendosi alla tribù avarin che abitava nelle Montagne Rosse, "e se non loro, i Nani coi quali commerciano."
"I Pugniferro e i Piediroccia?", fece Lythelen, in tono dubbioso, "I contatti con loro avvengono soltanto tre o quattro volte durante la bella stagione, per lo scambio di una varietà ristretta di merci; per il resto, non vogliono aver niente a che fare con noi né, se per questo, noi con loro. Non conosciamo neanche l'ubicazione precisa delle loro città."
Nerwen sospirò mentalmente: la nota inimicizia tra Nani ed Elfi era evidentemente inasprita dalla tipica avversione dei secondi verso gli stranieri, che comunque faceva il paio con l'isolazionismo caratteristico dei primi.
"Essendo seguace di Kementári, la sposa del loro creatore Aulë", considerò, "e parlando la loro lingua, ho qualche speranza di rendermi gradita ai loro occhi."
"Inoltre non appartieni alla razza elfica", rifletté Séredor, "cosa che ti avvantaggia sicuramente."
"Conosci la loro lingua?", le domandò invece Lythelen, guardandola con nuova stima; anche Aryon le lanciò un'occhiata, sorpreso ed ammirato, apprendendo di questa sua capacità ci cui finora non aveva saputo, "Sei piena di doti inaspettate, Lady Nerwen..."
"Grazie del complimento", sorrise l'Aini, "Sire, posso chiederti un favore?", si rivolse poi al sovrano.
"Certo, se è in mio potere accontentarti, lo farò", le assicurò lui.
"Vorrei consultare tutte le mappe delle Montagne Rosse che avete, è possibile?"
"Nei nostri archivi ce ne sono alcune, ma non sono accurate come quelle che potrai trovare presso i Kinn-lai", l'avvertì il re.
"Non importa, intanto potrò cominciare a farmi un'idea."
"Molto bene, allora do subito ordine che le mettano a tua disposizione."
"Grazie, maestà..."
Finito di mangiare, Séredor fece accompagnare Nerwen agli archivi di palazzo, dove la Maia trovò un funzionario che l'attendeva e le consegnò una mezza dozzina di mappe da studiare con suo comodo.
Aryon rimase in giardino con il re degli Hwenti; anche Lythelen si era ritirata, volendo lasciare i due amici a parlare da soli.
"Perdonami, amico mio", esordì Séredor, "non voglio in alcun modo mancare di rispetto alla tua Nerwen, ma sono sorpreso che tu abbia scelto come amica amorosa una donna della razza degli Uomini, e che per lei tu abbia addirittura rinunciato alla tua carica di Prima Spada della regina Eliénna."
"Non è stata una scelta, in realtà", rispose Aryon, che si era aspettato quella domanda dal suo vecchio amico, "Non è semplicemente un'amica amorosa: è la mia compagna per la vita."
Séredor non nascose la propria meraviglia:
"Dici sul serio? Ma... le passate unioni tra Elfi e Uomini sono più leggenda che altro: possibile che proprio tu, il figlio di un Maia, sia destinato ad una mortale?"
Il suo tono dubbioso irritò leggermente il principe, che non era disposto a tollerare la benché minima denigrazione nei confronti della donna che amava; corrugò la fronte e rispose in tono piuttosto asciutto:
"Forse è mortale, e forse no. Te l'ho detto, è una Istar, e gli Istari hanno fama di non invecchiare: questo significa che potrebbero non essere mortali. Lei stessa me lo ha confermato."
Il re degli Hwenti si rese conto d'averlo offeso e sollevò una mano in un gesto di scusa:
"Mi spiace, non volevo contrariarti. È solo che mi è difficile credere a ciò che dici. In passato, ci sono state soltanto due unioni tra Uomini ed Elfi, e mai con un Avar..."
"Questo perché siamo rimasti isolati dai nostri fratelli che vivono più a occidente della Terra di Mezzo", gli fece notare il principe, con maggior pacatezza di prima, "Inoltre, ti ricordo che una di queste unioni coinvolgeva la figlia di una Maia, esattamente come Nerwen e me, per cui non c'è nulla di così inaudito nella mia situazione."
Séredor rifletté sulle parole di Aryon, poi annuì lentamente.
"Hai ragione", ammise, "non ci avevo pensato. Inoltre non posso negare che Lady Nerwen mi piace, come persona: sembra forte, determinata, ma anche dolce e gentile. Ho ragione?", indagò, sviando il discorso.
Aryon gli rivolse il suo caratteristico sorrisetto sarcastico:
"Dolce e gentile? Sì, lo è... tranne quando la si fa arrabbiare. L'ho vista coi miei occhi castigare duramente un Elfo che aveva tentato di farla assassinare; ma avrebbe potuto ucciderlo, e non l'ha fatto. Come ha detto mia sorella, questo la dice lunga sul suo carattere."
L'espressione di Séredor lasciò trasparire ammirazione.
"La dice lunga davvero", concordò, annuendo, "Beh, confesso che ero preoccupato per te, ma ora non lo sono più: da come ne parli, penso che tu abbia trovato una compagna degna di te..."
I due amici si intrattennero parlando per più di un'ora e mezzo, poi Séredor congedò Aryon, dovendo occuparsi delle proprie incombenze. Il principe allora pensò di recarsi alle scuderie per vedere come se la passavano le loro cavalcature. Mentre usciva da palazzo, gli parve di intravedere qualcuno che lo stava seguendo, ma voltandosi non vide nessuno.
Una volta giunto nelle scuderie, passò a controllare gli stalli di tutti e quattro i destrieri, che trovò ben alloggiati, puliti e nutriti adeguatamente.
Si stava chiudendo la porta dello stallo di Thilgiloth alle spalle, quando udì la voce roca di Meledhiel apostrofarlo:
"Mio caro Aryon, stavo cercando proprio te..."
Si voltò di scatto.
"Davvero?", domandò, piuttosto freddamente: non aveva dimenticato quanto lei fosse stata scortese nei confronti di Nerwen, il giorno precedente.
"Sì... volevo parlarti", dichiarò la bella Elfa in tono zuccheroso, "ma non qui dove chiunque può vederci. Vieni", lo invitò poi, tornando indietro verso l'ingresso alle scuderie. C'era uno stallo vuoto, dove si infilò.
Aryon esitò, poi la seguì: forse voleva scusarsi per il comportamento che aveva avuto, e magari chiarirne il motivo. Almeno, avrebbe saputo se Nerwen aveva avuto ragione, nell'affermare che era gelosa di lui.
Nello stallo, Meledhiel si era voltata e lo attendeva. Al principe sembrò che il suo abito fosse più scollato del solito, ma forse era soltanto un'impressione.
"Non volevo essere sgarbata con la tua amica", esordì lei, "Ero solo sorpresa che tu ti accompagnassi con una della razza degli Uomini, ecco tutto."
"Non mi sembra un buon motivo", la rimbeccò il principe, ancora insofferente del fatto che lei si fosse permessa di trattare Nerwen con tanta villania.
Meledhiel strinse le belle labbra per un momento, sorpresa dalla sua freddezza: Aryon non era mai stato scostante, con lei. Anzi, tutt'altro... Cambiò approccio:
"Però non capisco cos'abbia più di me... È il fatto che dica di essere una Istar, a renderla interessante ai tuoi occhi?"
Lui fece un gesto infastidito che la indusse ad interrompersi subito.
"Non lo dice, bensì lo è, che tu ci creda o no. E comunque non è certo soltanto quello, che mi piace di lei", affermò. Non capiva dove Meledhiel volesse andare a parare e pensò di piantarla in asso senza tanti complimenti.
"Immagino di no", si affrettò a dire lei, mutando nuovamente tattica, "Anch'io ti piacevo, un tempo...", aggiunse, raddrizzando la schiena per sollevare il busto, "Ci siamo divertiti molto, insieme, ricordi?"
Il movimento attrasse involontariamente lo sguardo di Aryon sulle prorompenti rotondità del suo seno, generosamente rivelate dalla scollatura.
"Sì, certo che ricordo", ammise, perplesso.
Lei si avvicinò, scuotendo la testa per far ondeggiare i lunghi boccoli neri e guardandolo da sotto in su con espressione accattivante.
"Aryon, io sono sempre disponibile per te...", mormorò.
Per la criniera di Nahar, pensò il principe, Nerwen aveva avuto ragione: Meledhiel nutriva ancora delle mire su di lui. Doveva dirle come stavano veramente le cose, tra lui e la Istar, ciò l'avrebbe certamente indotta a desistere dal suo chiaro proposito di sedurlo; cercò le parole adatte per non ferire il suo orgoglio più del necessario, ma non ce n'erano, così scelse la via diretta:
"Mi spiace, Meledhiel, ma Nerwen è la mia compagna per la vita", dichiarò a bassa voce.
La bella Elfa rimase spiazzata, ma durò un solo momento: in tutta la sua vita, nessuno sul quale avesse messo gli occhi le aveva resistito. Neanche lui, visto che per un lungo periodo, ogni volta che era venuto a Kopellin, aveva trascorso le notti nel suo letto. No, si disse, non era possibile, non era assolutamente possibile che un'Umana potesse essere la sua compagna per la vita! Aryon aveva preso un abbaglio. No, ancor peggio: era vittima di un sortilegio. Altro che Istar, quella Nerwen era una strega e lo aveva ammaliato con le sue arti magiche. Non c'era altra spiegazione.
Ma lei avrebbe spezzato l'incantesimo, oh sì che lo avrebbe fatto, seduta stante!
"Capisco... Che peccato non poter più stare insieme...", mormorò, assumendo un'aria dispiaciuta; finse di esitare, poi fece il suo sorriso più seducente e cominciò a slacciarsi il corpetto, "Che ne dici se ci divertiamo un'ultima volta, salutandoci amichevolmente...?"
Automaticamente, lo sguardo di Aryon si abbassò su quelle curve che ben conosceva e che ancora una volta gli stavano per venir mostrate; si scoprì lusingato, ma del tutto disinteressato.
"Meledhiel, non è il caso...", cercò di fermarla usando un tono deciso.
"Non dirmi che non ti piace quello che vedi...", lo provocò lei, "Avanti, toccami..."
Cogliendolo completamente alla sprovvista, gli afferrò repentinamente una mano e se la premette sul seno ormai seminudo; interdetto, Aryon rimase a bocca aperta, paralizzato.
Tra studiare le mappe e chiedere chiarimenti ed approfondimenti, a Nerwen occorsero un paio d'ore prima di considerarsi soddisfatta. Ringraziato il funzionario, che si era rivelato una vera miniera di informazioni, lasciò gli archivi e tornò in camera, cercando Aryon, ma non lo trovò; allora uscì ed andò a vedere come stavano i suoi amici kelvar:
Entrata nelle scuderie, passando accanto ad uno stallo vuoto udì la voce roca di Meledhiel:
"Che ne dici se ci divertiamo un'ultima volta, salutandoci amichevolmente...?"
La voce profonda che le rispose raggelò Nerwen a metà di un passo.
"Meledhiel, non il caso..."
"Non dirmi che non ti piace quello che vedi... Avanti, toccami..."
L'Aini si sentì montare il sangue alla testa e spalancò violentemente la porta dello stallo: trovò Aryon e Meledhiel l'uno di fronte all'altra, con lei che teneva una mano di lui stretta contro il seno opulento.
Entrambi si voltarono di scatto all'ingresso di Nerwen. Scorgendoli, la Istar si bloccò; lentamente, incrociò le braccia sul petto, mentre la sua espressione si faceva glaciale. Non proferì parola, limitandosi a fissare Meledhiel con uno sguardo che, se fosse stato un pugnale, l'avrebbe trafitta e tagliata in mille pezzettini.
La statuaria Avar divenne pallida come un cencio. Con un'esclamazione soffocata, si ritrasse da Aryon e si precipitò fuori, sfiorando Nerwen mentre le passava accanto correndo. Malignamente, la Maia sporse una gamba e le fece lo sgambetto; Meledhiel lanciò uno strillo e finì lunga e distesa sulla paglia che ricopriva il pavimento. Sotto lo sguardo implacabile di Nerwen, l'Elfa si tirò su barcollando, il volto rosso come un peperone; lanciò un ultimo sguardo colmo di odio alla sua rivale, poi scappò con la coda tra le gambe, i capelli ed il vestito pieni di pagliuzze, la propria dignità in frantumi.
Nerwen capì d'essersi fatta una nemica mortale, ma al momento decise di ignorarla. Si voltò verso Aryon, guardandolo negli occhi; nel suo sguardo lesse imbarazzo, ma non timore.
"Vuoi spiegarmi?", lo esortò a bassa voce, in tono neutro. Non lo stava accusando di nulla: da quel che aveva udito e visto, le sembrava piuttosto chiaro che fosse stata Meledhiel a prendere l'iniziativa, tentando di sedurre il principe con un comportamento sfacciato e ben poco confacente alla sua carica di vice Signora di Palazzo; ma voleva sentirglielo dire.
Aryon sospirò:
"Avevi ragione tu: Meledhiel nutriva ancora interesse per me", cominciò, "Ero venuto a controllare i cavalli; evidentemente lei mi stava tenendo d'occhio, perché me la sono vista spuntare davanti all'improvviso. Con la scusa di parlarmi lontano da occhi indiscreti, mi ha trascinato qui e ha cercato di tentarmi ricordando i nostri trascorsi; le ho detto chiaramente che sei la mia compagna per la vita, ma lei mi ha afferrato la mano e se l'è ficcata nella scollatura... e poi sei arrivata tu."
Nerwen annuì lentamente. Non aveva motivo di pensare che lui stesse mentendo: non solo, da quello che aveva prima sentito e poi visto, era lampante che fosse andata esattamente come le aveva riferito ma, soprattutto, riponeva fiducia assoluta in Aryon, che aveva abbandonato l'incarico più prestigioso di tutte le Sei Tribù per stare con lei e seguirla ed assisterla nella sua missione, sebbene stentasse ancora a credere nella veridicità dell'esistenza delle Entesse. Nonostante tutto ciò, però, il tarlo della gelosia non la risparmiò: dopotutto, essere compagni per la vita non significava non cadere mai in tentazione. Così, mentre le sue spalle si afflosciavano, gli chiese:
"E se non fossi arrivata...?"
Più che sospettoso, il suo tono era afflitto; il principe sentì un tuffo al cuore ed istintivamente avanzò verso di lei: non sopportava di vederla turbata. Voleva prenderla tra le braccia per rassicurarla, ma temeva che lei lo respingesse.
"L'avrei mandata a farsi un bagno freddo", rispose con decisione, "Molto freddo", aggiunse a denti stretti.
Nerwen rimase a fissarlo negli occhi – quegli splendidi occhi dal colore del cielo ed in cui splendeva la luce di Valinor – e non vi trovò traccia di inganno.
Aryon le prese le mani e, continuando a guardarla, se le portò alle labbra, deponendo piccoli baci su ciascun dito, con una tenerezza tale da farla sciogliere.
"Potresti raccontarmi che il sole splende di notte e io ti crederei", borbottò l'Aini.
"La cosa è reciproca", dichiarò lui in tutta serietà, poi le fece quel suo sorrisetto a cui lei non sapeva resistere e le accarezzò il polpastrello dell'anulare sinistro con le labbra: aveva scoperto la sera prima che era un punto particolarmente sensibile, ed infatti Nerwen rabbrividì.
"Oh, brutto mascalzone...!", farfugliò. In realtà era un bellissimo mascalzone, pensò, mentre lui continuava a guardarla negli occhi e le baciava il palmo delle mani, poi l'interno dei polsi, per infine passarsi le sue braccia attorno al collo, chinare la testa e prenderle le labbra.
La baciò lentamente, profondamente, mettendo in quel bacio tutto il sentimento che provava per lei; l'amava incondizionatamente, incrollabilmente, e nessuna Meledhiel al mondo poteva suscitare in lui il minimo interesse.
Infine si ritrasse; Nerwen riaprì gli occhi e lo guardò, gli occhi leggermente annebbiati. Le pareva di sentire il cuore traboccare, sommerso dall'amore che provava per lui. Il suo sguardo perduto lo commosse; ammutolito, tornò a baciarla fervidamente, e lei lo contraccambiò con altrettanto ardore.
Quando si separarono, lui bisbigliò:
"Ora sono io ad aver bisogno di un bagno gelato..."
Le labbra di Nerwen si curvarono in un sorrisetto assai simile a quello tipico di Aryon: contro il ventre, aveva chiaramente percepito il suo desiderio per lei.
"Allora è meglio che la smettiamo subito", mormorò, "perché siamo in due, ad averne bisogno..."
L'angolo dell'autrice:
"Il triangolo no, non l'avevo considerato..." (cit. Renato Zero) L'Elfa sexy che insidia Aryon non l'avevo proprio prevista! Ecco un'altra personaggia che salta fuori da sé e mi obbliga a descrivere una situazione del tutto inattesa XD Comunque ora sappiamo per certo – a suon di fatti e non soltanto di parole – che non ce n'è per nessuna, a mettersi tra Nerwen ed il suo Aryon...
L'immagine di Séredor è di Emmil, trovata sul fantastico sito di DeviantArt.
Ci tengo, ancora una volta, ad esprimere i miei sentiti ringraziamenti ai tanti "seguaci" di questa mia fan fiction, che sta venendo molto più lunga di quanto immaginassi... mi trovo più o meno nella situazione del Professore quando iniziò Il Signore degli Anelli, che doveva essere semplicemente il proseguimento de Lo Hobbit e che divenne invece la lunga, meravigliosa opera che conosciamo; ciò senza voler assolutamente osare paragonarmi a lui, beninteso.
Lady Angel
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