Capitolo XXX: La regina dei Kindi


Capitolo XXX: La regina dei Kindi

Raggiunsero Bârlyth nel pomeriggio del quarto giorno di viaggio; la capitale dei Kindi era situata quasi nel centro esatto di Eryn Rhûn, la cui estensione era di oltre centocinquanta chilometri da est a ovest, e circa duecento da nord a sud.

La città, cinta da alte mura di legno e pietra, era costruita su tre ampie colline dai dolci pendii, completamente circondate dagli alberi, sebbene le immediate vicinanze fossero state disboscate per alcune centinaia di metri, in modo che un eventuale esercito nemico sarebbe stato allo scoperto e facile bersaglio delle difese cittadine; gli edifici erano integralmente di legno ed il palazzo reale, la costruzione più grande e situata più in alto di tutte, non faceva eccezione.

Giunti alle porte della città, Aryon congedò la scorta; Nerwen li salutò in avarin, avendo cominciato ad apprendere qualche rudimento di quell'idioma così simile al sindarin; la sua cortesia fu gradita, come capì dai loro sorrisi, ormai non più diffidenti. Non troppo, almeno: Nerwen non aveva mai avuto tante difficoltà ad assicurarsi la fiducia di qualcuno, ed Aryon sembrava la sua conquista più ardua.

"Andiamo", disse il principe nerovestito, facendo cenno a Nerwen di rimanergli a fianco; caracollando lentamente, superarono le porte ed entrarono in città, seguiti dappresso da Thalion, che non si discostava mai più di un paio di metri da Thilgiloth. Calad, su invito di Nerwen, venne a posarsi sul suo braccio rivestito del guanto da falconiere.

La strada era ampia e ben lastricata, e saliva alla cima della collina più alta seguendo un percorso tortuoso, studiato per impedire ad un eventuale invasore di trovare una via diretta fino alla residenza reale. Una volta arrivati alla grande spianata dove sorgeva il palazzo, due palafrenieri arrivarono di corsa a prendere in custodia le loro cavalcature.

Nerwen osservò ammirata la struttura della reggia; pur essendo integralmente di legno, era imponente, di stile semplice ma allo stesso tempo elegante, con gli alti tetti dipinti di un brillante verde acqua e le finestre incorniciate di bianco. Mai la Istar avrebbe pensato che si potesse realizzare un edificio tanto grandioso usando del semplice legno.

Affidò Thilgiloth e Thalion alle cure degli stallieri di palazzo; Calad si accomodò sulla sella della Corsiera e si fece condurre via con i quadrupedi.

Aryon guidò Nerwen verso l'ingresso; c'erano due guardie d'onore ai lati della porta, entrambe di sesso femminile, molto alte e dai lunghi capelli neri intrecciati in modo particolare; erano abbigliate di verde scuro con decorazioni rosse, e sugli elmi recavano l'emblema dei Kindi, che esibiva gli stessi colori.

Aryon parlò brevemente con una di loro, che annuì e corse via. Allo sguardo interrogativo di Nerwen, il principe spiegò:

"Ho mandato ad avvisare la regina che siamo arrivati; aspettiamo qui, non so se potrà parlarci subito oppure se è impegnata altrove."

Risultò che Eliénna li avrebbe ricevuti immediatamente nel suo studio privato. Salirono al piano superiore, con Aryon che faceva strada a Nerwen nei meandri del palazzo, che non era meno esteso dei suoi omologhi di pietra ai Porti Grigi o a Gran Burrone. Incontrarono diverse persone, che salutarono con deferenza la Prima Spada della Regina e guardarono con curiosità la sua accompagnatrice umana; il principe contraccambiò i saluti con un cenno rapido ma cortese. Nonostante fosse tendenzialmente burbero e scostante, era beneducato, pensò Nerwen, sentendosi inspiegabilmente soddisfatta della cosa.

La porta dello studio privato dell'Alta Sovrana delle Sei Tribù degli Avari era di robusto legno di quercia lucidato a specchio; il pannello superiore era intagliato con l'Albero Rosso dei Kindi, mentre quello inferiore presentava una scritta - probabilmente il motto della casa reale - in una calligrafia arcaica che Nerwen non riuscì a decifrare, sia per mancanza di tempo, sia per la sua ignoranza della lingua avarin.

Un valletto stazionava accanto alla porta; vedendoli arrivare, bussò brevemente, poi aprì l'uscio, annunciandoli in tono ufficiale:

"Aryon Morvacor, Prima Spada della Regina, e Nerwen la Verde."

Entrarono, ed il paggio si ritirò subito, chiudendo la porta alle loro spalle.

La stanza era luminosa, arredata con mobili raffinati ma funzionali, in legni pregiati come mogano e ciliegio, alcuni finemente intarsiati con prezioso legno di rosa.

Eliénna Dhillel era seduta ad una grande scrivania, posta sotto una delle finestre in modo da sfruttare tutta la luce proveniente dall'esterno; si era voltata all'annuncio del valletto, ed ora sedeva di tre quarti sulla poltroncina, il volto bellissimo incorniciato da lunghi capelli scuri dagli insoliti riflessi violacei. Un magnifico diadema d'oro con un rubino in fronte le cingeva il capo, abbinato ad un paio di orecchini e ad una collana di fattura egualmente notevole. Gli Avari erano considerati dagli altri Elfi un popolo rozzo ed arretrato, pensò Nerwen, ma da quel che aveva sinora visto, ciò non corrispondeva affatto alla realtà.

La Istar guardò apertamente la regina, ritenendo che uno sguardo franco fosse il modo migliore di presentarsi a persone endemicamente diffidenti come gli Avari.

Eliénna ricambiò lo guardo, studiandola attentamente; diversamente dal fratello, i suoi occhi erano bruni, ma anche in essi c'era una luce particolare, simile a quella che si scorgeva negli occhi di coloro che hanno visto il Reame Benedetto. Di nuovo, Nerwen si chiese come ciò fosse possibile.

L'espressione della sovrana era altera, ma non particolarmente ostile.

"Salute, straniera", le disse in tono neutro, parlando in Lingua Corrente, "Mi è stato riferito del tuo rocambolesco arrivo nel mio regno. Spero che non giudicherai troppo duramente l'accoglienza che ti ha riservato mio fratello, ma non amiamo molto i forestieri."

"Me ne sono accorta", replicò Nerwen, in tono uguale a quello di Eliénna, "È vostro diritto voler sapere chi cammina per le strade del vostro regno; io sono però soltanto di passaggio, e ti assicuro che le mie intenzioni non sono assolutamente ostili."

"Sta a te dimostrarlo", ribatté la regina, sollevando un sopracciglio. L'Aini esitò, scontenta, poi annuì lentamente ed ammise:

"Mi sembra equo."

Anche Eliénna fece un cenno d'assenso, apparentemente soddisfatta.

"Aryon dice che la tua storia è credibile, se non altro fino a un certo punto, e che finora ti sei comportata bene, motivo per cui tenderebbe a darti credito; poiché mi fido del giudizio di mio fratello, anch'io ti darò credito. Almeno finché non dovessi farmi pensare il contrario."

"Non ne vedo motivo", rispose la Maia, cominciando a sentire una punta di irritazione: credibile se non altro fino a un certo punto? Per la barba di Ulmo, questi Avari erano più sospettosi dei Nani!

Eliénna annuì di nuovo, poi continuò:

"Che cosa ti porta nel regno dei Kindi, Lady Nerwen?"

Perlomeno, usava il titolo di cortesia che le spettava, pensò la Istar, cercando di sopprimere la stizza. Era irritata perché, con questi ombrosi Elfi, il suo naturale fascino ainurin pareva non sortire molto effetto. Finora le aveva conquistato la simpatia di tutti coloro che aveva incontrato - quasi tutti, pensò, rammentando Corch e la sua cricca, nonché Dronegan, che l'aveva letteralmente venduta al capitano contrabbandiere; e Jack dell'Ultima Locanda.

"Maestà, sono sicura che tuo fratello ti ha già riferito tutto quel che gli ho detto", rispose, controllando attentamente il tono di voce che rischiava di far trapelare il suo malumore, cosa nient'affatto diplomatica in quel momento; alle sue parole, Aryon arricciò le labbra in un involontario sogghigno, subito prontamente represso, "Che lo crediate o meno, sono alla ricerca delle Entesse, le femmine degli Onodrim", concluse Nerwen.

Vedendo l'espressione del fratello, suo malgrado divertita, la Regina dei Kindi comprese che provava simpatia per la loro ospite, che ne fosse consapevole o meno. Beh, doveva ammettere che, per essere una donna della razza degli Uomini, era davvero molto bella, quasi quanto un'Elfa. Non c'era da sorprendersi se Aryon, solo da molto tempo, potesse sentirsene attratto.

"Non ho problemi a credere che tu stia effettivamente cercando le Entesse", rispose, "Piuttosto, dubito fortemente dell'esistenza degli Onodrim."

"Solo perché non ne hai mai visto uno, non significa che non esistano", ribatté prontamente Nerwen, "Non hai neppure mai visto un Istar, eppure eccone una davanti a te."

Eliénna strinse le labbra, esprimendo scetticismo.

"Sì, Aryon mi ha riferito dei tuoi poteri, o quelli che sembrano poteri, su animali e alberi; ma preferisco giudicare da me."

Gli occhi di Nerwen mandarono fulmini. In quel momento, avrebbe desiderato avere il potere di lanciarne uno ed incenerire qualcosa, tanto si sentiva frustrata, ma dovette limitarsi ad annuire rigidamente.

"Perché stai cercando queste Entesse?", domandò la regina. Quella domanda, più di ogni altra cosa, fece davvero capire a Nerwen che gli Istari, ritenuti una mera leggenda, non godevano di alcuna considerazione nel territorio degli Avari. Altrove, infatti, nessuno si sarebbe sognato di porre una domanda simile, questionando uno Stregone sulle sue intenzioni. D'ora innanzi, doveva rassegnarsi a guadagnarsi il rispetto di coloro che incontrava, perché non le sarebbe più stato servito su un piatto d'argento grazie alla sua condizione di Istar, e tantomeno di Maia, visto che non le era consentito rendere nota la propria vera natura.

"Nel mondo il Male sta tornando a crescere", rispose con cautela, non volendo svelare troppo, "ed è mia opinione che forse gli Onodrim potrebbero aiutare le forze del Bene in modo decisivo."

"Parli dell'Oscuro Nemico", disse Aryon, intervenendo per la prima volta nella conversazione. La sua non era una domanda, notò Nerwen.

"Esatto", confermò. Eliénna si alzò e mosse qualche passo, chiaramente impensierita.

"Volontariamente isolati come siamo, perfino noi abbiamo sentito voci inquietanti", affermò a bassa voce, "Strane cose si muovono, a sud-est dei territori delle Sei Tribù. Lupi Mannari, Orchi, Troll e... altro di non ancora identificato. Sembra che gli Esterling siano stati avvicinati da emissari della Terra Nera, però non sappiamo quali siano le loro intenzioni, perché non abbiamo alcun contatto con loro; ma la cosa non mi piace affatto."

"Né dovrebbe", osservò Nerwen, "Nulla di ciò che ha a che fare con Sauron è di buon auspicio."

Eliénna fece un segno di scongiuro, imitata da Aryon.

"Non citare apertamente quel nome!", la esortò la regina, "Per noi è sinonimo della peggior sventura."

"Anche per la mia gente, se per questo", fu concorde l'Aini, "ma non scomparirà né smetterà di minacciare il mondo, semplicemente evitando di nominarlo."

Eliénna aggrottò la fronte, sgradevolmente colpita dalla verità contenuta nelle parole della sua strana interlocutrice. Tuttavia, non sarebbe stata una buona governante se avesse ignorato le verità scomode.

"Hai ragione", ammise, "e noi non esiteremo a difenderci con ogni mezzo, se sarà necessario."

Tornò alla scrivania, ma non sedette, voltandosi invece a guardare Nerwen molto attentamente. C'era qualcosa di davvero insolito, in quella straniera, ma non riusciva a capire che cosa. Non pensava che costituisse un pericolo, tuttavia la prudenza le consigliava di non darle troppa fiducia; non tanto presto, almeno.

"Molto bene", concluse, "Sarai nostra ospite per un po' di tempo, Lady Nerwen, in modo che io possa farmi un'opinione di te. Se sarà favorevole - come mi induce a pensare il parere di mio fratello - ti darò un salvacondotto col quale potrai circolare liberamente per Eryn Rhûn e gli altri regni degli Avari; in caso contrario, sarai riaccompagnata a Gaerlonn e verrà provveduto per te un passaggio sicuro verso il Dorwinion o un'altra meta di tua scelta sul Mare di Rhûn. Frattanto, sei libera di girare per il palazzo, i giardini e la città, ma non di uscirne senza il mio permesso."

Almeno, non l'avrebbero sbattuta in prigione, pensò Nerwen con cupo sarcasmo. Era contrariata dalla situazione, però poteva mettere a frutto il suo soggiorno - forzato, per quanto piacevole - a palazzo: di certo, i Kindi avevano mappe delle terre ad oriente di Eryn Rhûn, visto che il loro territorio si estendeva anche in quella direzione. Si obbligò pertanto a mettere da parte il suo disappunto, anche perché non era il caso di irritare la regina, col rischio di farsi gettare in qualche cella per un tempo indefinito, dove né olvarkelvar potevano venirle in soccorso.

"Sia come desideri, Maestà", disse con la migliore buona grazia che le fu possibile, "Dato che dovrò fermarmi qui, posso prendere visione delle vostre mappe? Mi interessa in particolare la regione tra qui e le Montagne Rosse."

Aryon ricordò la sua affermazione che forse le Entesse si trovavano oltre quella catena montuosa ed assentì tra sé. Eliénna invece pensò che quella richiesta confermava quanto Nerwen aveva detto, ovvero di essere soltanto di passaggio.

"Come mai ti interessa proprio quel territorio?", volle tuttavia sapere.

"Ho informazioni secondo cui le Entesse si trovano oltre le montagne."

"Non c'è valico conosciuto per oltrepassarle", la ammonì Eliénna.

"Lord Aryon me lo ha già detto, ma tutte le catene montuose hanno un valico, e non voglio credere che questa faccia eccezione, a costo di cercare per anni, o di dover giungere alla sua estremità più lontana per superarla."

"Vedo che sei molto determinata", osservò la regina, "Va bene, avrai libero accesso alla nostra biblioteca: Aryon, provvedi tu in tal senso."

Il principe annuì per confermare; allora Eliénna suonò una campanella d'argento posata sulla scrivania, e subito il valletto si affacciò alla porta. La sovrana gli diede delle istruzioni in lingua avarin che Nerwen in gran parte riuscì a comprendere: gli stava dicendo di farla condurre nella stanza per gli ospiti situata nella torre sudovest del palazzo e di portarvi il suo bagaglio.

"Grazie, Maestà", disse la Istar, precedendo la traduzione che la regina stava per farle. Eliénna inarcò le sopracciglia, sorpresa:

"Conosci la nostra lingua?"

"Sto cercando di impararla", rispose l'altra, "Parlo sindarin, che è assai simile."

"Capisco", disse la sovrana con un certo compiacimento, "Puoi ritirarti, ora. Stasera sei invitata a cenare con me e mio fratello."

Incerta se fosse un invito o un ordine, Nerwen annuì per indicare d'aver capito e fece una riverenza di congedo, prima di girarsi ed uscire, seguendo il paggio.

"Non credo che ci abbia detto tutto", disse la regina al fratello minore, "C'è qualcosa di assai strano, in lei."

Aryon annuì, concordando:

"Me ne sono accorto anch'io. Sembra della razza degli Uomini, ma allo stesso tempo sembra... qualcosa di più. Non capisco che cosa, però", concluse, scuotendo il capo. Eliénna cercò le parole adatte per descriverlo:

"Non so, è come se fosse presente e, allo stesso tempo, altrove..."

Si interruppe; un ricordo si era improvvisamente affacciato alla sua memoria.

"Mi rammenta nostro padre", disse, cogitabonda. Aryon la guardò sorpreso:

"In che modo?"

"Non ricordi?", fece lei, "Anche lui, ogni tanto, era come se fosse qui e assieme non qui."

"È vero!", confermò il principe, sconcertato, "Non avevo collegato le due cose... Com'è possibile che una donna degli Umani faccia lo stesso?", aggrottò la fronte, riflettendo, "Forse perché è davvero una Istar, come proclama?"

"Può darsi... Nostro padre però diceva che lo vedevamo così perché lui proveniva da oltre il Grande Mare, e semplicemente non può essere che Nerwen venga da là..."

Tacque per qualche momento, cercando una possibile spiegazione; non trovandone, accantonò per il momento la cosa e proseguì:

"Questi poteri di cui questa pretesa Istar si vanta, Aryon... sono davvero reali?"

"Ritengo di sì", confermò il principe.

"Sicuro che non possano essere semplici trucchi, o illusioni?", insistette Eliénna. Lui scosse la testa con decisione:

"Se si fosse trattato soltanto dei suoi animali - la falchetta e i cavalli - avrei detto anch'io che erano volgari trucchi da baraccone; ma non vedo come potrebbe riuscire a far muovere i rami degli alberi a suo piacimento. E poi l'ho vista coi miei occhi provocare macchie sul viso e far cadere i capelli di un Elfo col suo solo tocco."

"Questa non me l'avevi raccontata", disse lei in tono in blando rimprovero, ma anche sorpresa, "Perché mai ha agito così?"

"L'ha derubata e ha tentato di farla uccidere", spiegò Aryon, "Quando è andata a riprendersi le sue cose, lui ha detto una parola di troppo e Nerwen si è vendicata a quel modo."

"Vuoi dire che se costui non avesse fatto un'osservazione che non le è garbata, non gli avrebbe fatto nulla?", si meravigliò Eliénna. Aryon si strinse nelle spalle:

"Non posso dirlo per certo, ovviamente, ma ho l'impressione di no."

"Interessante... Ciò ci dice molto sul suo carattere: è dura, ma non violenta né crudele. E questo depone certamente in suo favore. Tuttavia, vedremo come si comporterà nei prossimi giorni, prima di decidere che cosa fare di lei. Pensaci tu."

Aryon annuì:

"D'accordo, sorella. La terrò d'occhio per te."

Il valletto della regina affidò Nerwen ad un'ancella, passandole le istruzioni fornitegli da Eliénna. La Istar seguì la cameriera lungo svariati corridoi, svoltando qua e là un numero sufficiente di volte da perdere l'orientamento, fino a raggiungere la torre all'angolo sud-occidentale del palazzo, dove salirono due piani. La stanza riservata a Nerwen aveva le pareti in parte leggermente inclinate verso l'interno, trattandosi in realtà del tetto della torre; c'erano molte finestre, ma nessun terrazzo. L'arredamento era meno lussuoso che nello studio privato della regina, però i mobili erano di buon legno di noce o di robusto rovere. C'era un letto a baldacchino con cortine di velluto blu scuro ricamato d'argento, una scrivania, un cassettone, una cassapanca e un divanetto con un tavolino; nella stanza accanto c'era una vasca di bronzo ed un tavolino con un catino, una brocca ed uno specchio.

"Tra poco vi porteranno il vostro bagaglio", le disse la cameriera, che si era presentata con il nome di Parànel, "Intanto vi porterò degli asciugamani e delle saponette. Desiderate un bagno, prima di cena?"

Si era espressa in avarin, ma Nerwen aveva appreso ormai abbastanza di quell'idioma per capire il senso, se non tutte le parole, di quanto le aveva detto.

"Sì, grazie", accettò, sforzandosi di dare l'accento corretto alle due semplici parole. L'altra si congedò con un inchino, senza fare una piega, il che le fece ben sperare di non aver fatto una figura troppo brutta.

Dopo essersi rinfrescata con un bagno tiepido, Nerwen indossò il suo abito verde acqua - l'unico che si portava appresso viaggiando - e sostituì gli stivali con le scarpe; poi prese il guanto da falconiere e scese in cerca dei suoi amici kelvar. Domandando indicazioni nel suo avarin ancora incerto, raggiunse le scuderie del palazzo, dove trovò Thilgiloth e Thalion dissellati, strigliati ed intenti a mangiare un ottimo misto di fieno, avena ed orzo. Erano assai soddisfatti del trattamento ricevuto.

Dov'è Calad?, chiese, non vedendo la rapace.

È volata via, penso in cerca di cibo, le rispose la Corsiera, Tu sei contenta dell'accoglienza che ti hanno riservato?

Ne ho avute di migliori, le rivelò, ma poteva andar peggio, soggiunse, ripensandoci, per cui non mi lamento.

Congedatasi dai due quadrupedi, Nerwen uscì dalle stalle e scrutò il cielo, in cerca di Calad. Non era preoccupata: la falchetta era ben capace di badare a se stessa, inoltre non pensava che corresse pericoli, a Bârlyth o nei suoi immediati dintorni; ma voleva comunicarle dove poteva trovarla.

Dalla cima della collina, guardando oltre i tetti delle case, la vista spaziava su un mare verde scuro in ogni direzione; il cielo era punteggiato di soffici nuvole bianche.

Poiché il tempo passava e Calad non si faceva vedere, Nerwen prese a camminare, tornando verso la reggia. Superò l'ingresso e proseguì, passeggiando lentamente sui vialetti di ghiaia grigio chiaro che si intersecavano nel giardino della residenza reale, punteggiato di alberi, cespugli ed aiuole piene di fiori colorati. C'erano delle panchine di legno, ma nessuna fontana.

Una mezz'ora più tardi, Nerwen udì in lontananza il caratteristico verso di Calad, che poco dopo comparve dietro un tetto del palazzo e le si avvicinò planando. La Istar si affrettò ad indossare il guanto ed alzò il braccio, e la falchetta venne a posarsi sul suo polso.

Fatto buona caccia?, si informò l'Aini.

Sì, grazie, rispose Calad, irradiando un senso di appagamento, Tu hai trovato cibo e riparo?

Mi hanno offerto l'uno e l'altro, confermò Nerwen, Non so ancora quanto ci fermeremo. Intanto ti faccio vedere dove sto.

Tornò indietro, oltrepassando l'angolo della reggia in direzione dell'ingresso, dove si poteva vedere la torre che ospitava la sua stanza, di cui indicò le finestre a Calad.

Non c'è terrazzo, ma dato che fa caldo, lascerò sempre una finestra socchiusa, così potrai andare e venire a tua discrezione, le disse. La falchetta aprì leggermente le ali, indicando d'aver compreso.

Il sole si era notevolmente abbassato sull'orizzonte e la luce stava diventando dorata mentre il pomeriggio si faceva tardo. Tra poco sarebbe stata ora di cena, così Nerwen rientrò, portando Calad con sé; prevedendo che sarebbero venuti a chiamarla in camera, tornò a salire, e difatti di lì a non molto Parànel bussò alla sua porta per condurla nella saletta da pranzo privata della regina.

Poco dopo, Nerwen veniva introdotta nella stanza dove Eliénna Dhillel soleva mangiare nelle occasioni informali, in compagnia della famiglia ed eventualmente di pochi, selezionati ospiti.

Aryon era già arrivato, come al solito abbigliato interamente di nero, ma non portava la spada, ed aveva indossato comode scarpe da casa in luogo degli stivali. Con lui c'erano due Elfi, un maschio ed una femmina; entrambi assomigliavano parecchio ad Eliénna. Si voltarono a guardarla con interesse e solo una vaga ombra di diffidenza, cosa che le fece pensare che fossero molto giovani.

Vedendola entrare, Aryon la invitò ad avanzare.

"Lady Nerwen, ti presento i miei nipoti, figli di mia sorella la regina", le disse, "Questo è Lorgil Torandyr, l'erede al trono; e lei è Myranna Fàrodes. Nipoti, questa è Nerwen la Verde."

Ecco spiegata la somiglianza con Eliénna, pensò la Istar.

"Molto lieta di incontrarvi, Altezze", disse formalmente, con un inchino; ancora una volta, cercò di parlare avarin. Aryon lo notò e ne fu compiaciuto; un fugace sorriso gli comparve sul volto solitamente severo.

"Piacere nostro, Lady Nerwen", dichiarò Lorgil, rispondendo alla riverenza con un cenno del capo; portava i capelli neri lunghi sul collo, com'era consuetudine presso gli Avari, ed i suoi occhi bruni erano identici a quelli della madre.

Anche Myranna contraccambiò il suo saluto, gli occhi azzurri - assai simili a quelli dello zio, ma di una tonalità più scura - che la scrutavano incuriositi.

Nerwen aveva notato che tutti gli Avar, o almeno quelli di un certo rango, usavano un secondo nome, che era sempre un attributo: non riusciva ancora a tradurli tutti, ma Morvacor stava certamente per Spadaccino Nero e Dhillel per Stella Lucente; Fàrodes doveva significare Giovane Cacciatrice, mentre Torandyr le era più oscuro, forse Vagabondo della Foresta o qualcosa del genere.

Eliénna entrò in quel momento da un'altra porta, che probabilmente dava sulle sue stanze private. Nerwen le rivolse un inchino, più profondo che quello riservato ai due principini. Non era molto avvezza a fare riverenze così in continuazione - anche perché accadeva più spesso che fossero rivolte a lei, e non che fosse lei a rivolgerle ad altri - ma non voleva correre il rischio di attirarsi avversione per una mancanza di riguardo.

La regina accolse l'omaggio con un cenno.

"Bene, vedo che ci siamo tutti", disse, parlando in ovestron, "Sediamoci, oggi a pranzo non ho mangiato quasi nulla e adesso sono molto affamata..."

"Vedo che è una cena di famiglia", disse Nerwen nella stessa lingua, sentendosi un'intrusa, "Non vorrei che la mia presenza disturbasse..."

"Se così fosse, non ti avrei invitata", Eliénna dismise la tua osservazione sventolando la mano con noncuranza. Il suo invito non era stato frutto di semplice cortesia: in realtà sperava che una situazione rilassata come un pasto in ambiente famigliare avrebbe fatto abbassare le difese alla sua ospite recalcitrante, così da poterla meglio studiare e, come annunciato, cominciare a farsi di lei un'opinione propria.

Mentre tutti si accomodavano, la regina suonò un campanello d'argento; un attimo dopo, sulla soglia comparve un valletto.

"Pronti a servire la cena, Maestà", le annunciò.

"Allora cominciamo", ordinò Eliénna.

Entrò un cameriere, portando una grande zuppiera da cui si levava un delizioso aroma, che servì loro una minestra cremosa di zucchine e patate con pezzetti di pane abbrustolito, a cui fece seguito del pollo allo spiedo con fagiolini e patate novelle, oltre a lattuga e ravanelli in insalata; il tutto fu accompagnato da acqua e da fresco vino bianco, secco e frizzante, proveniente - così Nerwen fu informata da Aryon - dalle loro vigne ad oriente di Eryn Rhûn. Non era affatto male, anche se non era all'altezza di quello del Dorwinion, pensò l'Aini, ma evitò di dirlo ad alta voce per non irritare i suoi suscettibili anfitrioni. Conquistarne la fiducia poteva passare anche attraverso piccolezze simili...

Durante il pasto, Eliénna si informò delle attività dei figli. Nerwen venne così a sapere che entrambi stavano studiando con dei precettori; Lorgil eccelleva soprattutto in matematica, logica ed eloquenza, mentre Myranna prediligeva storia, letteratura e scienze erboristiche, cosa quest'ultima che la rese particolarmente gradita agli occhi della Istar.

"Vuoi diventare una guaritrice, Lady Myranna?", le chiese. Alla giovane Avar si illuminarono gli occhi per l'entusiasmo:

"Sì, è la mia aspirazione, anche se mamma non è molto d'accordo..."

Nerwen si girò a guardare interrogativamente la regina, che sorrise con indulgenza e malcelato orgoglio materno:

"Trovo soltanto che non sia adatto ad una principessa reale", puntualizzò. La Maia si morse un labbro per non dire quel che pensava: ovvero che un genitore non dovrebbe mai impedire ad un figlio di tentare di realizzare i propri desideri, anche se li considerava inadeguati. Lei però non aveva alcun titolo per parlare: non era una loro parente stretta, né era madre lei stessa, per saperlo. Tuttavia, era giunta da sola a quella conclusione, vedendo alcuni cattivi esempi che avevano provocato disagio ed infelicità, non ultimo suo cognato Thingol, che aveva in tutti i modi cercato di ostacolare il sogno d'amore della figlia.

"Probabilmente hai ragione, Maestà", disse, incapace di tacere completamente, ma cercando di esprimersi in modo diplomatico, "Inoltre, Lady Myranna è ancora molto giovane e c'è quindi tempo perché decida quello che vuol davvero fare della sua vita. Tuttavia, perseguire i propri sogni dona speranza a tutti gli individui, ed è certamente meglio aver tentato e fallito, o scoprire che, dopotutto, non fa per noi, piuttosto che non averci mai provato e chiedersi per tutta la vita come sarebbe stato..."

Gli occhi di tutti i presenti si appuntarono su di lei, chi con espressione grata, chi sorpresa, chi pensierosa. Lentamente, Eliénna annuì:

"Hai ragione, Lady Nerwen: hai detto una cosa molto saggia. Non me lo aspettavo, da una donna tanto giovane; ma del resto, se sei davvero una Istar come proclami, il tuo aspetto potrebbe essere ingannevole, e potresti avere la stessa veneranda età che dimostrano i tuoi leggendari colleghi."

"Già", fece Nerwen, evitando di dare una riposta diretta; si sentiva inspiegabilmente più divertita che urtata dai dubbi espressi dalla regina. Forse era perché, ora che l'aveva vista nel ruolo di madre e non di sovrana, la trovava più piacevole.

Myranna la guardò con occhi sgranati:

"Vuoi dire che hai qualche centinaio d'anni?"

L'Aini sorrise: in quella stanza, lei era la più vecchia di tutti, essendo nata prima di Arda stessa, altro che qualche centinaio d'anni; non voleva mentire, avallando la supposizione della principessina, ma non le era neppure consentito dire la verità, rivelando la sua reale natura. Così, rimase in silenzio.

Aryon la scrutava intensamente, cercando di non darlo a vedere per non sembrare maleducato. Possibile che quella giovane e bella donna avesse un'età plurisecolare, come si vociferava avessero gli Stregoni?

"Se è così, li porti decisamente molto bene...", bofonchiò. A quell'uscita, Nerwen non poté fare a meno di allargare il suo sorriso:

"Grazie, Lord Aryon."

Non era una conferma. Non proprio, almeno. Ad ogni modo, dubitava fortemente che le avrebbero creduto, e riteneva assai più probabile che la prendessero semplicemente come un'ulteriore copertura per la sua affermazione - di cui ancora dubitavano - di essere una Istar.

La cena proseguì con altri tipi di conversazione, più o meno leggeri; Nerwen era certissima che, se non ci fosse stata lei, fratello e sorella avrebbero parlato anche di cose inerenti al governo del regno - sicurezza, commercio, agricoltura, giustizia - ma poiché lei era un'estranea, evitarono accuratamente di accennare a simili argomenti. Sospirò mentalmente: riuscire a fare in modo che si fidassero di lei pareva una strada irta di difficoltà. Non ci era abituata, perché il suo connaturato fascino maiarin le aveva sempre reso le cose facili. Beh, voleva dire che era venuta l'ora di fare un'esperienza diversa, si disse con ironico umorismo. Era tanto tempo che non le capitava: sarebbe stato interessante. Frustrante, anche; ma indubbiamente interessante.

L'angolo dell'autrice:


E così Nerwen si trova di fronte a persone che non subiscono la sua malia naturale, mettendo in dubbio le sue motivazioni e persino la sua identità dichiarata di Istar. Certo una seccatura, ma rappresenta anche lo stimolo della novità.

Non dovete comunque pensare che Nerwen sia un'eccezione: Tolkien ci ha parlato dell'irresistibile fascino di Melian, ed ancor più di quello - forse addirittura più straordinario - di Lúthien sua figlia, al quale non hanno saputo resistere né il terribile Morgoth, né l'inflessibile Mandos... Offuscata o no, Nerwen ha finora vissuto di rendita - a parte poche eccezioni - ma gli Avari stanno mettendo a dura prova la sua capacità di incantare l'interlocutore :-D

Una reggia di legno esiste realmente: è il palazzo dello zar Alessio I di Russia (1645-1676), padre del celebre Pietro il Grande, la cui fedele ricostruzione si trova a Mosca nel museo-riserva nazionale Kolòmenskoje.

Ebbene, che dire senza cadere in costante ripetizione? Sono così felice di vedere il numeratore delle visite scattare rapidissimo ogni volta che posto un capitolo, che cammino a dieci centimetri da terra XD Grazie infinite a tutti coloro che seguono questa storia, in cui sto davvero mettendo tutta la mia passione per il fantastico mondo creato da Tolkien, che mi ha coinvolta - anzi praticamente travolta - fin dalla prima lettura de "Il Signore degli Anelli", ormai molti anni or sono.


Lady Angel



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