Capitolo XXVII: Il Mare di Rhun
Capitolo XXVII: Il Mare di Rhûn
Nerwen si trattenne a Gobelamon due settimane, confortevolmente alloggiata a Il Palazzo delle Stelle. Il proprietario, un Uomo alto ed ossuto di nome Dronegan, dai folti capelli fulvi e dotato di una grande perspicacia, l'aveva presa in simpatia fin dal primo momento, quando aveva negoziato il prezzo del suo soggiorno alla locanda con una tale spietata determinazione da fargli esclamare che pareva una mercantessa di Vinàsgar, il che equivaleva - come aveva poi scoperto Nerwen - ad un gran complimento, visto che i mercanti di quella città avevano fama di essere i contrattatori più capaci di tutto il Dorwinion.
Tale simpatia le fu di grande aiuto quando chiese informazioni sul modo di raggiungere Eryn Rhûn: dati i rapporti molto tesi tra i due regni, c'erano talmente tante barriere burocratiche da superare, che era praticamente impossibile recarvisi se non per motivi commerciali strettamente controllati da ambo le parti: tuttavia, si poteva farlo per vie traverse, così come le merci di contrabbando che passavano da un luogo all'altro: principalmente vino, acqua di fuoco, granaglie dal Dorwinion, e gemme, stoffe pregiate e metalli dalla Foresta Orientale.
C'erano due modi per arrivare ad Eryn Rhûn: via terra, superando il Celduin e dirigendosi ad est; oppure via mare. Dronegan le sconsigliò il primo, essendo il territorio infestato dai banditi dell'una e dell'altra parte che attaccavano in forze le carovane commerciali che facevano la spola tra i due regni, motivo per cui erano sempre accompagnate da forti contingenti di mercenari armati fino ai denti. La via di mare era invece più tranquilla.
"Conosco un tipo", le disse Dronegan in confidenza, "un Elfo della Foresta Orientale di nome Corch, che fa la rotta tra Gaerlonn e Gobelamon per commerci più o meno... ehm... regolari. Diciamo che non sempre il manifesto di carico dichiara proprio tutto quello che ha nella stiva, ecco. A volte trasporta anche passeggeri. Non lo definirei esattamente raccomandabile, però dietro un adeguato compenso, ci si può fidare."
L'intera faccenda piaceva poco a Nerwen, ma non vedeva molta scelta: o unirsi ad una carovana e trovarsi nel bel mezzo di uno scontro armato coi banditi; oppure salire a bordo di una nave piena di contrabbandieri, che però non l'avrebbero coinvolta in una battaglia. Al massimo potevano tentare di rapinarla - non diversamente da com'era accaduto lungo la Grande Via Est con Jack ed i suoi compari - cogliendola di sorpresa, ma se fosse rimasta costantemente all'erta, sarebbe stata pronta ad affrontare eventuali brutti scherzi. Trattandosi del male minore, scelse quindi la via di mare.
Dronegan le organizzò un incontro con il capitano Corch in un'osteria al porto di Gobelamon, fuori città, sulla riva del Celduin, e si premurò di accompagnarla personalmente.
Corch era un Elfo alto ed aitante, con occhi grigio acciaio e ricci capelli bruni che, diversamente dagli Elfi occidentali, portava appena lunghi sul collo; un pizzetto ben curato - anche questo particolare insolito per un Elfo - gli ornava il mento ed il labbro superiore. Dall'aspetto, pareva di ascendenza noldorin; Nerwen avrebbe potuto anche definirlo attraente, se non fosse stato per la sua espressione beffarda.
Con Dronegan, si accomodò al tavolo a cui era seduto il contrabbandiere.
"Capitano Corch, ti presento Nerwen la Verde", disse il proprietario de Il Palazzo delle Stelle, "Lady Nerwen, questo è il capitano Corch."
Corch le rivolse un lieve inchino da seduto, dimostrando buone maniere, se non altro.
"Lieto d'incontrarti, Lady Nerwen", le disse con fredda cortesia, "Il tuo appellativo ti qualifica come appartenente all'Ordine degli Istari, o sbaglio?"
"È così", confermò lei laconicamente: Gandalf si era fatto una fama controversa, nel Dorwinion, ed il suo nome era ricordato con rispetto da alcuni, e con diffidenza da altri, a seconda dalle circostanze dell'episodio che ricordavano. Tuttavia, lei non intendeva tener nascosta la sua identità ufficiale.
"Allora vedrò di non farti arrabbiare", commentò Corch con un sorriso irridente, "Non vorrei che mi lanciassi qualche fulmine, o mi trasformassi in un caprone."
Nerwen non era in grado di fare nessuna delle due cose, ma non ritenne necessario farglielo sapere: forse non ci credeva molto neppure lui, ma era meglio tenerlo nel dubbio.
"Come giustamente immagini", ribatté gelidamente, "succederebbe soltanto se, per l'appunto, mi si fa arrabbiare."
Dronegan aveva seguito con attenzione lo scambio, in cui si avvertiva la pungente antipatia reciproca dei due interlocutori; giacché ci sarebbe stata una percentuale per lui, se concludevano, decise d'intervenire prima che l'affare andasse a monte.
"Capitano Corch, Lady Nerwen sta cercando un passaggio per Gaerlonn", annunciò a bassa voce, "e io le ho detto che forse potevi fornirglielo tu."
L'Elfo contrabbandiere squadrò la Istar con aria perplessa.
"Che ci va a fare una bella donna come te in quel Paese dimenticato dai Valar?", domandò, rivelando in quel modo di non essere originario di Eryn Rhûn. Nerwen si chiese donde venisse, ma mise da parte la sua curiosità: dopotutto, non era significativo.
"Ho i miei motivi, che non sono tenuta a rivelarti", lo rimbeccò, seccata, "Siamo io e due cavalli. Sono disposta a pagarti una cifra ragionevole. Allora, ti interessa o no?"
Il suo tono era tanto graffiante che avrebbe sbriciolato una roccia, pensò Dronegan, impressionato.
Anche Corch parve colpito dalla sicurezza che si udiva nella voce della Istar.
"Dipende da cosa intendi per cifra ragionevole", disse sfrontatamente, nonostante tutto rifiutandosi di cedere.
In quella sopraggiunse la cameriera, una bella donna fulva il cui abito metteva in mostra tutte le sue curve prosperose.
"Cosa porto a lor signori?", si informò.
"Una pinta di birra", rispose Corch.
"Anche per me", disse Dronegan.
"Lo stesso per me", si accodò Nerwen.
La cameriera si allontanò con le loro ordinazioni, ancheggiando vistosamente, seguita dallo sguardo di molti uomini.
"Pensavo che tu fossi più il tipo da vino bianco", osservò Corch, sempre in modo derisorio.
"Dipende dalle circostanze", controbatté Nerwen, asciutta; Dronegan si preoccupò di nuovo del proprio interesse e fece per mettersi in mezzo, ma la Istar proseguì senza dargliene il tempo, "Dimmi il tuo prezzo, capitano."
"Cento monete d'oro, per te e i due cavalli", rispose prontamente lui.
"Non provare di prendermi in giro", lo avvisò lei, tagliente, "Per quella cifra potrei comprarmela, la tua bagnarola, altro che ottenere un passaggio. Venti monete d'oro."
"La mia Feingwend non è una bagnarola!", protestò Corch, "E non ci sono molte navi disposte a recarsi a Gaerlonn. Novanta."
"Non molte, certo; ma ce ne sono, e potrei rivolgermi a quelle. Venticinque."
"Ottanta..."
Nerwen la spuntò per quaranta monete d'oro. Alla fine della trattativa, Corch era rosso in faccia come se avesse bevuto un bicchiere di acqua di fuoco - il forte liquore distillato dal vino che producevano nel Dorwinion - tutto d'un fiato.
"Sei dura come una mercantessa di Vinàsgar", bofonchiò, di malumore.
"Me l'hanno già detto", disse Nerwen, impassibile, "Riceverai venti monete d'oro subito, le altre le lascerò in deposito al nostro buon amico Dronegan, che te le darà al tuo ritorno dopo che io sarò arrivata sana e salva a Gaerlonn."
"Prudente", osservò il contrabbandiere, sogghignando, "ma come farà Dronegan a essere sicuro che ti ci ho portata, e non ti ho invece buttata a mare?"
Nerwen lo squadrò come se fosse un escremento puzzolente.
"Non preoccuparti, ho i miei sistemi", affermò a bassa voce. Il sogghigno di Corch si spense di colpo.
"Mi sbagliavo", mugugnò, "sei più dura di una mercantessa di Vinàsgar."
Arrivò la cameriera con le birre, che lasciò sul loro tavolo; Corch ne prese una e la sollevò:
"Allora, brindiamo al nostro affare?"
"Certamente", accettò Nerwen, alzando a sua volta un boccale, ma senza toccarlo con quello del contrabbandiere, "Al nostro affare."
Dronegan li imitò e poi bevvero.
Nerwen si rendeva conto che la propria avversione per Corch era contraccambiata: non sarebbe stato un viaggio facile. Per fortuna si trattava soltanto di pochi giorni.
La sera di due giorni dopo, Nerwen si imbarcò a bordo della Feingwend, un veliero a tre alberi con la polena a forma di fanciulla abbigliata di bianco, che evidentemente aveva dato il nome alla nave.
I marinai avevano approntato un piccolo spazio recintato per i cavalli, a ridosso del cassero, in una zona abbastanza riparata della tolda; la sistemazione riscosse l'approvazione di Nerwen, sebbene sia Thilgiloth che Thalion non si dimostrassero entusiasti. Calad sarebbe stata con loro: Nerwen pensava che la cabina di una nave, sicuramente piccola e buia, l'avrebbe messa troppo a disagio, lei che era abituata allo spazio sconfinato del cielo.
Il capitano Corch venne personalmente ad accoglierla ed a supervisionare l'operazione di imbarco delle due cavalcature, nonché la loro sistemazione e quella di Nerwen. Il suo comportamento era caratterizzato da una gentilezza impeccabile; ma poiché il suo sorriso continuava ad essere beffardo, la Maia non modificò affatto idea su di lui.
Datevi il cambio per dormire, raccomandò a Thalion, Thilgiloth e Calad, e vigilate: non mi fido di questa gente.
Tutti e tre i kelvar le mandarono mentalmente segnali di assenso.
Nerwen si sistemò nella cabina assegnatale, uno spazio che riusciva a contenere a malapena una cuccetta, una sedia, un tavolino ed una cassapanca, ma per due notti ed un giorno sarebbe andata bene. Avrebbero infatti salpato l'ancora l'indomani all'alba, mentre l'arrivo era previsto nella mattinata del giorno seguente. Deposte le sue bisacce nella cassapanca, la chiuse col lucchetto e si nascose la chiave addosso, infilandola nel corsetto.
Corch l'aveva invitata a cenare con lui; antipatia o no, un rifiuto sarebbe stato un'inutile scortesia, e così Nerwen aveva accettato. Poco dopo, l'attendente del capitano, un ragazzone biondo e nerboruto - l'equipaggio era composto sia di Uomini del Dorwinion che di Elfi di provenienza indefinibile - bussò alla porta: era venuto a prenderla per scortarla.
Il tavolo era stato lussuosamente imbandito: tovaglia di mussola di cotone ricamata e tovaglioli abbinati, stoviglie di ceramica dipinta, bicchieri e posate d'argento lucidissimo, candelabri di bronzo con candele di profumata cera d'api. Nerwen pensò che Corch volesse far colpo su di lei, forse per sedurla, anche se non capiva come potesse progettare una cosa simile vista la chiara avversione che c'era tra loro; comunque si preparò mentalmente ad una serata di sgradevole tensione nell'attesa di una proposta che non desiderava ricevere.
Invece non accadde nulla del genere; il capitano contrabbandiere fu un anfitrione cortese, seppure in modo strettamente formale, e la intrattenne con chiacchiere futili ma brillanti, a volte mordaci, ma mai troppo impertinenti; si informò sulle eventuali esigenze particolari che lei o i suoi animali potevano avere, e non le lasciò mai il bicchiere vuoto. Se comunque stava provando a sbronzarla, avrebbe potuto svuotare la sua intera riserva di vino ed anche il carico senza riuscirci punto, dato che l'organismo ainu di Nerwen assorbiva completamente l'alcol rendendo impossibile l'ubriacatura.
Durante la cena, dal suo comportamento e da certe affermazioni, Nerwen comprese che Corch era un tipo assai vanitoso; in effetti, il suo aspetto era molto curato, ben più di quanto ci si potesse aspettare da un volgare contrabbandiere. Probabilmente, la sala era piena di specchi più per il suo narcisismo che per accrescere la luce delle candele, pensò la Istar, scuotendo la testa tra sé e sé. In ogni caso, il fascino del capitano stava andando completamente sprecato, con lei.
Finita la cena, Corch era visibilmente brillo, ma sufficientemente stabile sulle gambe da accompagnarla fino alla porta della sala da pranzo e da congedarsi da lei con un inchino formale senza barcollare. A metà strada tra il divertito ed il sollevato, Nerwen gli augurò la buona notte e si recò nella propria cabina, sbarrandone bene la porta.
Quando si alzò, il mattino seguente di buon'ora, Nerwen salì in coperta e trovò che erano già lontani da Gobelamon e che stavano navigando in pieno estuario del Celduin.
"Buongiorno, signora", la salutò quella che il giorno prima le era stata presentata come la tenente Dolimavi, prima ufficiale di bordo, una dorwiniana imponente dai capelli biondi striati di grigio e l'aria dura, "Dormito bene?"
"Sì, grazie", rispose la Maia, sorpresa che le rivolgesse la parola in modo tanto cordiale, "Mi auguro anche tu."
"Al solito", disse l'altra, stringendosi nelle spalle
"Manca molto al mare?", chiese Nerwen.
"Un paio d'ore, a questa velocità", la informò Dolimavi, girandosi a guardare l'orizzonte a prua, "Non solo abbiamo la corrente favorevole, ma anche il vento in poppa: abbiamo dovuto ridurre la velatura, o andavamo troppo veloci, e qui c'è molto traffico, si rischia la collisione."
Infatti l'estuario, che andava rapidamente ingrandendosi, era pieno di imbarcazioni di ogni genere e stazza, dalla scialuppa a remi al peschereccio, dalla barca da diporto ad un solo albero al veliero a tre alberi come quello su cui si trovava Nerwen.
Come aveva detto la tenente, due ore dopo la Feingwend raggiunse il Mare di Rhûn, le cui acque erano molto salate, ben più di Belegaer, come Nerwen apprese da Vurgan, il nostromo e timoniere capo della nave.
La navigazione proseguì indisturbata, anche se il vento girò e cominciò a soffiare da babordo, ovvero da terra verso il mare aperto, costringendo il timoniere a continui aggiustamenti della rotta. Sull'orizzonte settentrionale si intravedeva la costa, come una linea scura: avrebbero navigato in vista della riva per tutto il tempo.
A pranzo Nerwen fu nuovamente ospite del capitano Corch, che anche stavolta si comportò da perfetto padrone di casa, quantunque ben lungi dall'essere cordiale. Fu servita una zuppa di verdure molto saporita, dove il cuoco aveva decisamente ecceduto con le spezie; dopo tre cucchiaiate, la Istar ne subodorò il motivo: era stata aggiunta una sostanza estranea, e le spezie erano un tentativo di mascherarne il gusto. Se non fosse stato per i suoi speciali sensi di Aini, affinati da millenni di pratica specifica dato il suo amore per il mondo vegetale ed animale, le sarebbe sfuggito, tanto il sapore era confuso e coperto dagli aromi delle spezie. Il suo organismo analizzò la composizione della sostanza estranea e la identificò: era nennin, una pianta dal cui frutto si ricavava un liquido lattiginoso dalle proprietà fortemente soporifere, letale se somministrato in eccesso.
Stavano tentando di drogarla, se non di ucciderla. Non potevano sapere che, in quanto Aini, né droghe né veleni avevano effetto su di lei, esattamente come l'alcol; il suo aspetto umano - Istar o non Istar - li aveva ovviamente tratti in inganno. Mal gliene sarebbe incolto...
Posò il cucchiaio e si portò una mano alla testa, simulando un improvviso malessere.
"Ti senti poco bene, Lady Nerwen?", domandò Corch.
"Temo di sì", mormorò lei, "Forse qualche spezia mi ha fatto male..."
Corch si alzò subito e le venne vicino, ostentando sollecitudine:
"Vuoi sdraiarti sul divano?"
"No, no, penso che basterà una boccata d'aria...", rifiutò la Maia, alzandosi a fatica. Corch le porse il braccio per aiutarla, ma lei declinò e, fingendosi malferma sulle gambe, uscì dalla saletta; percorse il breve corridoio del cassero sostenendosi alla parete ed andò fuori sulla tolda, dove si appoggiò subito alla murata simulando d'essere sul punto di svenire. Vide Thilgiloth e Thalion, chiusi nel loro recinto improvvisato dall'altra parte della coperta, mentre Calad se ne stava appollaiata sulla balaustra del castello di prua. Li contattò mentalmente:
State all'erta...
Non riuscì a terminare il pensiero che Calad l'interruppe con un grido d'allarme. Nerwen si voltò di scatto, ma era troppo tardi: Dolimavi, con la spada sguainata, le fu addosso in un istante; aveva mirato alle reni, ma il movimento della sua vittima designata le rovinò i piani. Riuscì tuttavia ad affondarle la lama nel fianco.
Il dolore esplose nel cervello di Nerwen, oscurandole la vista e togliendole il fiato. In tutta la sua plurimillenaria vita, era la prima volta che veniva ferita. Certo le era successo di tagliarsi usando un coltello, o di graffiarsi o di cadere da cavallo; ma la sua natura di Aini l'aveva sempre protetta dal dolore, e le sue ferite guarivano istantaneamente.
Ora però era diverso, perché era stata diminuita.
Vacillò, cercando invano di arginare la sofferenza lancinante che provava. Dolimavi tornò a sollevare la spada, pronta a colpire nuovamente; e stavolta sarebbe andata a segno.
Nel momento in cui aveva visto aggredire la sua amica a due gambe, Calad si era alzata in volo strillando adirata; si sollevò in aria per prendere distanza sufficiente a lanciarsi in picchiata sulla prima ufficiale. All'ultimo rallentò leggermente, gettandosi con gli artigli protesi verso la faccia della donna. Dolimavi dovette distogliersi dall'attacco alla Istar ed agitò la spada per cercare di difendersi; Calad fu costretta ad interrompere l'assalto per evitare di venir colpita; ma intanto Thilgiloth, impennandosi e nitrendo furiosamente, si era slanciata verso Dolimavi, abbattendo la fragile barriera costituita dalle corde del recinto improvvisato. Thalion la seguì prontamente, altrettanto infuriato.
La sola arma fisica che Nerwen aveva era il suo coltello da caccia, che però era custodito nella cassapanca in cabina; inoltre, pur essendo un magnifico pugnale di fattura noldorin - fabbricato a Tirion in Valinor - sarebbe stato comunque del tutto inadeguato a difendersi da una spada. Per non parlare del fatto che, in quelle condizioni, non sarebbe stata in grado di brandire un cucchiaio, figurarsi un'arma. L'unica cosa che le rimaneva era la sua prodigiosa destrezza, tipica di Ainur e di Elfi; il dolore atroce della ferita offuscava le sue capacità, ma non aveva altre possibilità.
Con uno sforzo che le fece quasi perdere i sensi, balzò sulla murata e cercò di correre verso il castello di prua; ma le ginocchia le cedettero di schianto e cadde fuori bordo.
Con la coda dell'occhio, Calad la vide precipitare e lanciò disperatamente il suo richiamo, prima di slanciarsi verso il punto della caduta.
Dolimavi, stretta in un angolo, mulinava disperatamente la sua spada, tenendo a malapena a bada Thalion e Thilgiloth che la stavano attaccando rabbiosamente. In suo soccorso intervennero sette od otto membri dell'equipaggio, compreso Vurgan il nostromo, che lanciarono delle corde prendendo i cavalli al laccio.
Frattanto Corch era comparso sulla tolda con la spada sguainata.
"Dov'è quella smorfiosa?!", sbraitò. Dolimavi, ricomponendosi in fretta, indicò fuori bordo. Il capitano contrabbandiere corse alla fiancata della nave e guardò in basso, ma non scorse nulla.
"L'ho ferita seriamente", gli disse la sua prima ufficiale, "È saltata sulla murata e poi è caduta in acqua. Sarà ormai annegata."
Corch si ritrasse dal parapetto.
"Meglio così, ce ne siamo liberati", considerò freddamente, poi guardò Thilgiloth e Thalion che, nonostante i lacci, continuavano ad agitarsi, "Ricaveremo un bel gruzzolo dalla vendita dei cavalli. Rimetteteli nel recinto e legateli bene. E sicuramente nel bagaglio di quella donna troveremo cose di valore. Che stupida presuntuosa... spacciarsi per una Istar, quando non s'è mai sentito di Stregoni donne!", sghignazzò brevemente, "Dronegan si è guadagnato i suoi venti pezzi d'oro."
Anche Dolimavi sogghignò:
"Quell'avido locandiere di lusso ci è molto utile", osservò, "Con questa, è il sesto passeggero che ci segnala."
"Già", fece Corch, annuendo, "Mi chiedo che fine abbia fatto il falco...", aggiunse poi, guardandosi attorno; scorse Calad che incrociava sul mare, ormai lontana a poppa, "Starà cercando la sua padrona", concluse, facendo spallucce, "Peggio per lui, non la troverà, o al massimo troverà il suo cadavere, se dovesse riemergere. Andiamo a vedere cosa recuperiamo nella sua cabina..."
Nerwen colpì violentemente la superficie dell'acqua ed affondò. Sentì un bruciore intenso dov'era stata ferita, causato dall'acqua salmastra; stremata, continuò ad affondare, mentre attorno a lei tutto diventava freddo e buio. Non poteva morire, né per la ferita né per annegamento, ma ciò nondimeno, impreparata di fronte a quell'esperienza ignota e terribile, era atterrita. Per lunghi istanti, rimase inerte, incapace di reagire col corpo o con la mente, mentre lentamente si inabissava sempre di più. Le orecchie cominciarono a dolerle per la pressione.
Passò a fianco di una grossa cernia, che con un poderoso colpo di coda si voltò a guardarla, troppo sbalordita per essere spaventata. Nerwen incontrò quegli enormi occhi tondi e sporgenti, e la vista di un altro essere vivente la rianimò. Si mosse debolmente per contrastare il movimento discendente e si concentrò sul proprio potere taumaturgico; sentì le labbra della ferita accostarsi e saldarsi con quella che le parve una lentezza esasperante, ma che in realtà non richiese che pochi secondi. Le sarebbe rimasta una cicatrice, che avrebbe deturpato la sua pelle altrimenti perfetta, ma non se ne preoccupò; con suo sollievo, il dolore si attenuò grandemente, facendole così ritrovare un po' di forza. Scalciò, dandosi slancio per risalire in superficie, verso la luce ed il calore del sole.
Calad esplorava freneticamente le basse onde, cercando di penetrare con lo sguardo la superficie dell'acqua per scorgere Nerwen, ma non riusciva a vederla. Angosciata, lanciò il suo richiamo, più e più volte. Trascorsero lunghi minuti, quando finalmente la vide riaffiorare. Con un grido di gioia, la falchetta si precipitò dalla sua amica.
Percependo la sua agitazione, Nerwen sollevò lo sguardo e la scorse che svolazzava agitata a pochi metri di distanza.
Temevo che non ti avrei più rivista!, esclamò Calad.
Non posso morire, le ricordò l'Aini, ma grazie di avermi cercata. Dov'è la nave?
La rapace voltò la testa in direzione della Feingwend che, con le vele tutte spiegate, era ormai molto lontana.
Che ne sarà di Thilgiloth e di Thalion?, domandò, preoccupata.
Ora li contatto, prima che siano troppo lontani...
Nerwen si concentrò, lanciando i suoi pensieri verso la nave; trovò subito la mente di Thilgiloth, in preda ad una grande agitazione.
Sto bene!, le comunicò con forza, ma dovette ripeterlo altre due volte prima che la Corsiera, fuor di sé dall'ira e dalla preoccupazione, la sentisse, Tu e Thalion?
Stiamo bene, ma dove sei??, Thilgiloth era davvero scossa.
Lontano, in acqua, le rispose la Maia, C'è anche Calad con me, me la caverò, cercò di tranquillizzarla. Percepì lo sforzo della cavalla di calmarsi: dopotutto, conosceva le risorse e le capacità della sua amica a due gambe.
Tu e Thalion state calmi, lasciate credere che vi siete rassegnati, la istruì quindi, Io verrò a prendervi a Gaerlonn.
Va bene, le rispose Thilgiloth, sempre più lontana, Abbi cura di te.
E tu di te e di Thalion.
Il contatto s'interruppe per la distanza ormai eccessiva. Sopra la testa di Nerwen, la falchetta continuava a svolazzare qua e là, chiaramente in attesa di notizie dei suoi due amici quadrupedi.
Thilgiloth e Thalion stanno bene, la rassicurò allora la Istar, Corch non se ne fa nulla di due cavalli e vorrà venderli: li ritroveremo a Gaerlonn, sta tranquilla:. Però intanto noi dobbiamo arrivare a terra...
Si guardò attorno, ma la linea costiera era troppo lontana perché potesse scorgerla dalla superficie del mare. Su sua richiesta, Calad si sollevò di una decina di metri e, attraverso i suoi occhi, Nerwen riuscì a vedere la riva che, considerata la sua posizione sul pelo dell'acqua, poteva essere distante un paio di chilometri. Lei era un'ottima nuotatrice, ma era ancora profondamente debilitata dal dolore devastante che aveva provato venendo ferita. Raggiungere la costa sarebbe stato molto difficile, ed eventuali correnti contrarie, nel suo stato attuale, avrebbero rappresentato un ostacolo invalicabile; ma non poteva certo rimanere lì.
Si mise in movimento, lentamente per risparmiare le forze; al contempo, lanciò un appello alla ricerca di qualche creatura marina disposta ad aiutarla.
Per lunghi minuti, non ottenne risposta; poi percepì la mente intelligente di un cetaceo, una delfina che scorrazzava allegramente ad alcuni chilometri di distanza.
Chi sei?, chiese incuriosita.
Sono un'amica in difficoltà, rispose Nerwen, fermandosi per meglio comunicare, Devo raggiungere la riva, ma sono molto stanca: puoi aiutarmi?
Spinta dalla naturale curiosità della sua specie, ed avvertendo la natura benevola della sua misteriosa interlocutrice, la delfina non esitò ad accettare e si avviò a tutta velocità verso di lei.
Una quindicina di minuti dopo, Calad scorse una pinna dorsale grigio chiaro che emergeva dall'acqua ed avvisò Nerwen, che mandò un sospiro, sollevata e grata.
La delfina le nuotò attorno, scrutandola piena di interesse.
Sei una due-gambe!, constatò, stupita, Ne ho visti ancora, ma mai nessuno mi ha parlato! Com'è possibile?
È un talento condiviso da pochi della mia specie, rispose Nerwen, per questo non ne hai mai incontrato nessuno, finora.
Capisco, la delfina accettò soddisfatta la sua spiegazione senza chiedersi altro, Vieni, aggrappati a me.
La Istar fece come le aveva detto, afferrandosi alla pinna dorsale. La delfina si mise in moto in direzione della costa.
Che ci fai tanto lontano dalla riva?, domandò.
Ero su una nave, spiegò Nerwen, mandandole l'immagine della Feingwend perché sicuramente la delfina non avrebbe capito che cosa fosse una nave, Volevano farmi del male, e io cercando di fuggire sono caduta in acqua.
Due-gambe cattivi!, si indignò la delfina, Ma ora sei al sicuro, non temere.
Nerwen, esausta, le mandò una sensazione di gratitudine.
La delfina continuò a nuotare, mentre la costa si avvicinava. Ad un certo punto, vedendo che davanti a loro c'era una scogliera, bassa ma difficilmente accessibile, la cetacea deviò verso destra e seguitò a nuotare parallelamente al litorale, fino a superare le rocce e ad arrivare di fronte ad una piccola insenatura dotata di spiaggia. Più in là si vedevano gli alberi di una foresta: Eryn Rhûn.
Questo è un buon punto, disse la delfina, ma c'è una corrente contraria molto forte, e per molto spazio in entrambe le direzioni. Ti porto più vicino, oltre la corrente.
Avanzarono, ed in effetti Nerwen percepì l'acqua che le trascinava indietro con forza: se non fosse stato per la delfina, non sarebbe mai riuscita a raggiungere la riva, neanche nel pieno delle sue energie.
Ad una trentina di metri di distanza dalla spiaggia, la cetacea si arrestò.
Qui va bene, vero?, chiese. In effetti, non si percepiva più la corrente.
Va benissimo, approvò Nerwen, Grazie infinite del tuo aiuto, mia cara amica. Sono in debito con te.
Nessun debito, la contraddisse la delfina, sono stata felice d'incontrare qualcuno con cui posso capirmi così bene. Mi piacerebbe giocare un po' insieme a te, ma sento che non è il momento.
Spero ci sia occasione un'altra volta, si augurò Nerwen, che in passato aveva giocato coi delfini, lungo le coste di Valinor, e lo aveva sempre trovato magnifico.
Così si congedarono; Nerwen si diresse nuotando lentamente verso la riva, mentre la delfina si girò e tornò al largo.
Quando toccò coi piedi, Nerwen smise di nuotare e camminò fin sulla spiaggia, dove si lasciò cadere seduta sulla sabbia, sfinita: non era stato facile rimanere aggrappata tutto quel tempo alla generosa cetacea. Inoltre, la ferita, per quanto rimarginata, pulsava ancora in modo fastidioso.
Calad atterrò planando accanto a lei.
Stai bene?, le domandò, piegando la testa di lato per guardarla con un occhio.
"Sono ancora molto arrabbiata, ma sto bene", le rispose Nerwen ad alta voce, togliendosi uno stivale per scuoterne fuori l'acqua, "Ho bisogno di bere, e poi di asciugarmi... Qui c'è tutta la legna che mi serve per accendere un fuoco, ma occorre trovare dell'acqua dolce."
Ci penso io, disse Calad, alzandosi in volo. A Nerwen non rimase che aspettare, approfittandone per riposarsi: era prioritario trovare acqua dolce, mentre accendere un fuoco non era impellente, dato che faceva sufficientemente caldo; non aveva pietra focaia e acciarino - rimasti col suo bagaglio sulla Feingwend - ma sapeva come accendere un fuoco anche senza quegli strumenti.
Poco dopo, la falchetta tornò e le comunicò d'aver trovato un rivo che usciva dalla foresta per gettarsi in mare, ad un paio di chilometri da lì. Nerwen si rimise gli stivali, si alzò e si incamminò, ancora incerta sulle gambe.
L'angolo dell'autrice:
Sinceramente non mi aspettavo quest'avventura di mare! M'è venuta praticamente da sola. Va bene, ho capito: non soltanto certi personaggi fanno quel che vogliono loro invece di quel che avevo deciso io, adesso ci si mettono pure gli eventi... LOL E meno male che ho letto molte avventure marinaresche (nella fattispecie, i romanzi di Patrick O'Brian), cosicché spero d'aver reso abbastanza credibili le scene sulla nave...
Per la prima volta in tutta la sua esistenza, Nerwen si è trovata a confronto con il ferimento ed il dolore: come Aini, finora ne è sempre stata esente, ma come Maia diminuita - così come l'aveva avvisata Yavanna - si è infine trovata di fronte a questa esperienza; anche se non può venir uccisa, la sofferenza fisica l'ha trovata del tutto impreparata, almeno quanto la sofferenza emotiva provata per Thorin...
Nota sulla pronuncia: la -ch di Corch suona come il tedesco "ch", come in "Schumacher".
Grazie di cuore a chi mi lascia qualche commento, sempre graditissimo, se non altro per sapere se sto facendo bene o meno; ma grazie anche a chi legge solamente: mi emoziona molto sapere che la mia storia viene seguita così assiduamente.
Lady Angel
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top