Capitolo XXVI: Nelle Terre Selvagge
Capitolo XXVI: Nelle Terre Selvagge
Durante quell'inverno, Nerwen ed Arwen trascorsero molto tempo assieme; nella figlia di Elrond, la Istar non aveva soltanto ritrovato il sembiante dell'adorata nipote Lúthien, ma anche una persona molto dolce, ponderata e tuttavia solare, con la quale condivideva molte cose, sia serie, come una certa visione del mondo, dei rapporti con le persone, dei sentimenti, sia ludiche, come cavalcare, giocare a teliad o ad altri giochi da tavolo, leggere. Le due finirono per l'affezionarsi molto l'una all'altra.
Nerwen passò molte ore gradevoli anche con Galadriel; ma fu con Beriadir che condivise i giorni e le notti più piacevoli del suo soggiorno nel Bosco d'Oro.
Non parlò con nessuno della profonda afflizione del suo cuore causata dalla morte di Thorin, perché sapeva che un Elfo molto difficilmente sarebbe stato disposto a capire, o ad accettare, che un'immortale, oltretutto di rango elevato come il suo, potesse sentirsi tanto legata ad un mortale, per di più un Nano; non si confidò nemmeno con Galadriel che pure - a differenza della maggior parte degli Elfi - aveva molta simpatia per i Nani, dubitando che perfino lei potesse davvero comprendere i suoi sentimenti. Tuttavia, né al suo sguardo penetrante, che andava molto oltre il visibile, né a quello affettuoso di Arwen e di Beriadir poté nascondere il suo turbamento, e così raccontò solamente che aveva ricevuto notizia della morte di una persona a cui era molto affezionata. Tutti si dispiacquero per lei, ma fu in particolare Beriadir a starle vicino, riempiendola di premure, attenzioni e coccole, riuscendo così pian piano ad alleviare la sua pena. E per questo, ancor più che per gli squisiti ed appassionati amplessi che le offriva, gli sarebbe stata riconoscente per sempre.
Così trascorsero i mesi, ed infine giunse il momento della partenza. Il commiato da Lothlórien e da coloro ai quali lì si era affezionata stavolta fu più difficile per Nerwen perché, a differenza della prima volta, non aveva in programma di tornare, o almeno, non entro tempi brevi.
Celeborn e Galadriel insistettero per tenere un grande banchetto d'addio, molto più munifico di quello precedente, al quale furono invitati anche il capitano Haldir, la sua fidanzata Ireth, e naturalmente Beriadir, oltre a tutti i maggiorenti del regno. Ci fu una profusione di cibo e di bevande, e poi musica, poesie, giocolieri, acrobati e danze fino a sera.
Nerwen e Beriadir si ritirarono relativamente presto, ma non dormirono molto, quella notte.
Il giorno seguente, si alzarono a metà mattina; anche stavolta, Beriadir volle accompagnarla.
A differenza che per il Celebrant, non c'era un traghetto che attraversasse l'Anduin, ma Celeborn aveva dato ordine che se ne allestisse uno appositamente per Nerwen
Mentre Thalion e Thilgiloth, con Calad appollaiata sulla sella, venivano accompagnati a bordo del barcone, Beriadir afferrò le mani di Nerwen e se le portò alle labbra.
"Siamo stati bene, insieme", disse a bassa voce, guardandola negli occhi. Lei annuì:
"Sì, molto", confermò sorridendo.
Lui la prese tra le braccia e la baciò dolcemente, a lungo.
"Spero che un giorno tornerai a Lórien", disse a bassa voce, "Fino ad allora, possa la grazia dei Valar essere con te e proteggerti nel tuo lungo viaggio."
Nerwen fu molto toccata dalle sue parole, perché si rendeva conto che, d'ora in avanti, ne avrebbe avuto davvero bisogno: fino a quel momento, infatti, aveva avuto vita relativamente facile, essendosi mossa in un territorio ben noto - anche se non a lei personalmente, dato che nella Prima Era aveva visitato solamente il Beleriand - e tra personaggi amichevoli e quasi tutti a lei famigliari, da Círdan fino a Galadriel; mentre da lì in poi avrebbe viaggiato in terre poco o per nulla conosciute, ed avrebbe incontrato persone del tutto ignote. Oltretutto, finora il suo cammino era stato facilitato dall'esistenza di strade importanti, come la Grande Via Est, o dalla compagnia di una scorta, come da Gran Burrone fino a Lothlórien, oppure da mappe dettagliate, come fino a Fangorn; ma d'ora in avanti, le cose sarebbero radicalmente cambiate. Ciò significava che difficoltà, ostacoli e pericoli si sarebbero certamente presentati in misura ben maggiore, sia per numero che per grandezza.
"Grazie, Beriadir", rispose, "Anch'io spero di poter tornare, un giorno... ma ciò non ci è dato sapere."
Gli accarezzò la gota, leggermente ispida per la barba rasata in fretta.
"Che le stelle brillino sul tuo cammino", gli mormorò con commozione. Beriadir girò il viso per baciarle la mano, poi la lasciò andare. Nerwen fece un passo indietro, si girò e salì a bordo, camminando in fretta per vincere la riluttanza. Se quando aveva lasciato Beriadir e Lothlórien la volta prima, quasi un anno prima, aveva avuto il cuore pesante, adesso lo era cento volte di più, perché al contrario che in precedenza, stavolta non sapeva se le sarebbe stato possibile tornare.
In piedi sul ponte del barcone, rimase a guardare la figura di Beriadir che rimpiccioliva a mano a mano che la riva si allontanava. Le sarebbe mancato. Non come Calion, perché non avevano trascorso assieme un periodo di tempo paragonabile; e neppure come Thorin, perché quello che aveva provato per il principe Nano sarebbe rimasto per sempre un sentimento unico ed irripetibile. Ma ciò non di meno, Beriadir le sarebbe mancato.
Fermo sulla sponda del fiume, Beriadir tenne gli occhi fissi su Nerwen, quasi a volersela imprimere nella mente in modo indelebile. Emise un lungo sospiro: avrebbe avuto nostalgia di lei per molto tempo. Sebbene non fossero destinati ad essere compagni per la vita, Nerwen gli era entrata nel cuore e ne avrebbe occupato un posto importante ancora a lungo, certamente fino al giorno in cui avrebbe infine incontrato la sua propria anima gemella.
Quando infine vide che il traghetto era arrivato sull'altra riva, Beriadir si voltò e risalì a cavallo; con un altro sospiro, scosse le briglie e tornò lentamente verso Caras Galadhon.
Raggiunta la sponda, il barcaiolo ormeggiò il barcone al tronco di un albero sufficientemente robusto allo scopo e fece scendere i cavalli; dopo averlo ringraziato, Nerwen salì in groppa a Thilgiloth e le diede di tallone, allontanandosi dal fiume. Si diresse verso est, in direzione del Bosco Atro.
Era la metà di aprile, ed il sole di mezzogiorno splendeva già piuttosto caldo a quella latitudine, così Nerwen aveva indossato il cappello.
Dopo la cacciata di Sauron, quelle terre - anche se situate appena una quarantina di chilometri a sud di Dol Guldur - erano relativamente sicure, per ora: Orchi e Mannari che infestavano la foresta erano fuggiti col loro padrone. Calad però vigilava ugualmente con particolare attenzione, e sia Nerwen che Thilgiloth rimasero costantemente all'erta.
La Istar contava di raggiungere il Bosco Atro in tre o quattro giorni e di costeggiarlo poi in direzione est-sud-est fino a raggiungerne l'estremità meridionale. Di qui avrebbe proseguito verso oriente, rimanendo a nord delle Terre Brune ed evitandone così la desolazione; poi avrebbe attraversato la grande pianura che separava il Bosco Atro dal mare interno di Rhûn: la sua prossima meta era il Dorwinion, un viaggio che avrebbe richiesto circa tre settimane.
Thalion, l'affidabile cavallo da soma che le aveva accompagnate a Fangorn, era carico di vettovaglie e bagagli, ma la sua forza e resistenza erano tali che ciò non costituiva un problema, per lui; stava sempre accodato a Thilgiloth, per la quale aveva una vera venerazione.
A metà mattina del terzo giorno dacché aveva lasciato Lothlórien, dall'alto della sua posizione Calad avvistò all'orizzonte la linea scura del Bosco Atro, che raggiunsero verso sera. Si accamparono a notevole distanza dagli alberi - dopotutto, non si poteva mai sapere, pensò cupamente Nerwen, ricordando la brutta avventura con i lupi mannari a Rhosgobel, quasi un anno prima; ma la notte trascorse tranquilla, ed il mattino dopo ripresero la strada, con le squallide Terre Brune lontano sulla loro destra; l'oscura foresta incombeva alla loro sinistra, ma ben presto se la lasciarono alle spalle, mentre si inoltravano nelle vaste praterie delle Terre Selvagge, o Rhovanion. Qui, il paesaggio era prevalentemente piatto ed assai noioso, punteggiato soltanto qua e là di qualche altura di poco conto, di piccoli agglomerati d'alberi a malapena degni del nome di bosco, e di rivi larghi appena pochi passi, fortunatamente però abbastanza frequenti affinché la mancanza d'acqua non costituisse mai un problema. Non c'erano strade o piste, essendo che il Dorwinion commerciava prevalentemente per via fiume, risalendo il Celduin per centinaia di chilometri in direzione nord-ovest fino a Pontelagolungo, e di lì il fiume Selva per raggiungere il Reame Boscoso di Thranduil il quale, Nerwen aveva appreso da Celeborn, amava molto l'ottimo vino di quella contrada; un affluente di sinistra del Celduin, il Carnen, portava invece fino al regno nanico dei Colli Ferrosi, più a est rispetto a Pontelagolungo.
Per molti giorni, Nerwen ed i suoi compagni kelvar avanzarono nelle lande vuote del Rhovanion senza incontrare nessun essere vivente all'infuori di animali come lepri, roditori, galli cedroni, fagiani, talpe, formichieri, lucertole, e una gran quantità di insetti, dalle api alle farfalle, dalle formiche alle libellule. Rane e rospi si udivano lungo i piccoli ruscelli che incrociavano, ed ogni tanto si coglievano in lontananza i secchi latrati di volpi e coyote. L'erba era rigogliosa, costituendo ottimo foraggio per i cavalli, e l'abbondanza di roditori e grossi insetti non fece patire la fame alla falchetta.
Finalmente, nel primo pomeriggio del sesto giorno di maggio, dopo quasi tre settimane di un viaggio senza momenti degni di particolare nota, Nerwen raggiunse lo Harnenduin. In quel punto, il fiume era quasi a metà strada tra la sorgente a sudest e lo sbocco sul Celduin a nordovest, ed era già molto ampio; appariva placido, ma Nerwen sapeva per esperienza che, più spesso che no, una superficie quieta cela forti correnti, e quindi attraversarlo sarebbe stata una faccenda seria, da non sottovalutare, perché poteva rivelarsi alquanto ardua.
Nerwen era una buona nuotatrice, ed ovviamente non poteva annegare; anche Thilgiloth, per gli stessi motivi, sarebbe stata in grado di cavarsela, e per Calad ovviamente il problema non si poneva, dato che poteva agevolmente sorvolare il fiume. Ma il povero Thalion era intimorito dalla larghezza del corso d'acqua, per non parlare del fatto che non c'era modo di trasportare i bagagli. Nerwen aveva un'accetta con cui tagliare la legna per il fuoco da campo, ma era troppo piccola per tagliare dei tronchi sufficientemente grossi da poter costruire una zattera - ammesso e non concesso che ne fosse stata capace, cosa di cui dubitava: nel corso della sua lunghissima esistenza aveva imparato a fare parecchie cose, ma non imbarcazioni, neanche semplici come una chiatta.
Non rimaneva che una soluzione: cercare un guado, o un traghetto. Nerwen scrutò da una parte all'altra; era più probabile trovare un guado verso monte, ma magari più a valle c'era un villaggio con un traghetto.
Calad, amica mia, cercheresti segni di un attraversamento?, domandò alla falchetta, che era venuta ad appollaiarsi sulla soma di Thalion. Ricevute adeguate istruzioni, Calad si sollevò in volo e si avviò verso monte; sarebbe rimasta assente diverse ore, poi dopo esser tornata a riferire, se non avesse trovato niente sarebbe ripartita verso valle, dopo un adeguato tempo di riposo, ovviamente. Considerato questo, Nerwen smontò ed allestì il campo, montando la tenda ed accendendo il fuoco. Si preparò la cena con una carpa pescata nel fiume, che mise ad arrostire su una pietra piatta arroventata, insaporendola con timo ed aglio orsino raccolti nelle vicinanze. Lasciati liberi, Thilgiloth e Thalion si misero tranquillamente a brucare.
Il sole sfiorava l'orizzonte occidentale quando Calad tornò; la sua lunga ricognizione era stata infruttuosa, perché non aveva visto alcun luogo adatto all'attraversamento del fiume.
"Riposati, adesso", la esortò Nerwen, "Domattina volerai verso valle. Se non troverai nulla neppure lì, risaliremo il fiume fino a quando diventerà stretto come un torrente e potremo guadarlo, anche se dovessimo impiegarci giorni."
Il giorno dopo, Calad ripartì di buon'ora; tornò poco dopo pranzo, mentre Nerwen si stava concedendo una fumatina - la sua scorta di erba-pipa era ormai agli sgoccioli - seduta all'ombra di un pioppo. Dirigendo i suoi pensieri sulla rapace, l'Aini percepì subito la sua contentezza e comprese che aveva trovato quello che cercavano prima ancora che glielo comunicasse:
Ho avvistato un agglomerato di abitazioni dei Due Gambe, le disse, trasmettendole l'immagine di un villaggio di casette di pietra e legno, Ci sono delle barche.
Infatti c'erano alcuni moli lungo la riva, due abbastanza grandi da ospitare una dozzina di imbarcazioni ormeggiate ciascuno, l'altro più piccolo, con una chiatta; sulla riva opposta c'era il suo omologo, vuoto.
Era difficile per Calad quantificare la distanza, ma presumendo che avesse trovato il piccolo borgo a metà del tempo in cui era stata via, l'avesse osservato per qualche minuto e fosse tornata indietro subito, Nerwen dedusse che poteva trattarsi di un'ottantina di chilometri. Se fosse partita subito, l'avrebbe raggiunto la sera del giorno seguente.
Levò dunque il campo, caricò Thalion e salì in sella a Thilgiloth, avviandosi lungo la sponda del fiume. C'erano molti tratti alberati, ed a volte le piante giungevano fin dentro l'acqua, costringendo la Istar ad allontanarsi di qualche centinaio di metri dalla riva, ma per la maggior parte poté avanzare tenendo a vista l'acqua sulla propria destra.
Nel tardo pomeriggio del giorno successivo - leggermente in anticipo rispetto a quanto si era aspettata - raggiunsero il punto dello Harnenduin dove, sulla sponda opposta, sorgeva il villaggio visto da Calad. Qui il fiume era ancora più largo, e nell'avvicinarsi al molo del traghetto, Nerwen si chiese come avrebbe fatto a farsi scorgere dall'altra parte. Fortunatamente, il problema non si pose: all'inizio del pontile c'era una piccola edicola chiusa su tutti i lati tranne quello davanti, e dentro vi era appeso un corno con l'imboccatura di ottone; sopra di esso c'era scritta la parola suonare, in Lingua Corrente e in Sindarin.
"Semplice ed efficiente", commentò Nerwen, smontando per avvicinarsi all'edicola; prese il corno e vi soffiò con decisione, ricavandone una nota bassa ma sonora. Tenne d'occhio il pontile dirimpetto, e poco dopo vide un Uomo robusto percorrerlo a grandi passi; si guardarono attraverso l'acqua, poi l'Uomo fece un ampio cenno con le braccia come a dirle che l'aveva udita e vista. Lo osservò salire a bordo del traghetto, e subito dopo arrivò un secondo Uomo. Assieme, mollarono gli ormeggi e si misero a tirare sulla corda tesa attraverso il fiume, cominciando la traversata.
Nerwen andò a riporre il corno al suo posto, poi prese Thilgiloth e Thalion per le briglie e li condusse sul pontile, in attesa dell'arrivo della chiatta.
Ci volle una buona mezz'ora, ma infine l'imbarcazione dal fondo piatto attraccò. Il primo Uomo rimase a bordo, mentre il secondo, più alto ma meno robusto dell'altro, col cranio completamente rasato, scese e le andò incontro.
"Salve, straniera", le disse con un accento marcato che suonò piuttosto strano all'orecchio della Maia, "Sei solo tu con due cavalli?"
"Esatto, mastro traghettatore", rispose educatamente, "Quanto vuoi per portarci sull'altra riva?"
L'Uomo sogguardò i cavalli, come a valutarne l'aspetto ed il valore.
"Quindici monete d'argento", rispose baldanzoso. Nerwen sollevò le sopracciglia, sbalordita: a Valinor non si usava il denaro, ma lo aveva utilizzato ogni volta che era venuta al di qua del Grande Mare e, anche se il valore attuale era diverso dalla Prima Era, in breve aveva imparato quale fosse, e la cifra che le aveva appena chiesto il traghettatore era a dir poco esorbitante. Poi le sovvenne una cosa che aveva letto riguardo alla cultura del Dorwinion, ma a cui non aveva dato peso: gli abitanti erano abituati a contrattare ferocemente per qualsiasi cosa. Chi offriva la merce o il servizio chiedeva una cifra esageratamente alta, e chi voleva acquistare doveva fare l'opposto.
Non poteva far altro che stare al gioco.
"Tu stai scherzando", ribatté vivacemente, "Ti do tre monete."
Tre erano davvero una cifra ridicolmente bassa. L'Uomo diede mostra di scandalizzarsi, con un'enfasi esagerata.
"No, è assolutamente troppo poco!", esclamò, "Diciamo tredici."
"Non se ne parla. Cinque."
"Ma io devo sfamare moglie e quattro figli, come faccio...? Undici monete."
"Non mi faccio commuovere dai tuoi piagnistei... Sei monete."
"Dieci..."
Lei gli porse la mano:
"Facciamo otto e non parliamone più."
L'Uomo le prese la mano e gliela strinse con un sorriso che andava da un orecchio all'altro:
"Affare fatto."
Nerwen ed i cavalli salirono a bordo, con Calad appollaiata sulla soma di Thalion com'era ormai diventata sua consuetudine, tranne le volte che si accomodava sulla sella di Thilgiloth in mancanza della sua cavaliera. Anche l'altro Uomo accolse Nerwen con un gran sorriso: aveva seguito attentamente lo scambio e l'aveva apprezzato.
"Dove hai imparato a contrattare così bene?", le domandò mentre mollava gli ormeggi.
"Da chi è stato qui prima di me", rispose lei sogghignando.
Attraversarono lo Harnenduin e raggiunsero l'altra sponda mentre il sole si avvicinava all'orizzonte occidentale.
I due traghettatori aiutarono Nerwen a scendere, poi condussero con garbo i due cavalli lungo il molo fino alla terraferma.
"Puoi consigliarmi una buona locanda per la notte?", domandò l'Aini all'Uomo col capo rasato.
"Ce n'è una soltanto, qui a Rhomarian", rispose lui, indicando lungo la strada, "Vedi quella costruzione bianca con le imposte rosse, in fondo alla via? È quella. La Chiave d'Argento, si chiama. La proprietaria è mia sorella Viduravi."
"Grazie, mastro traghettatore", disse Nerwen, porgendogli le otto monete d'argento stabilite, a cui ne aggiunse quattro di rame; al suo sguardo confuso, spiegò, "Per l'ottimo servizio."
"Oh, grazie, signora!", esclamò l'Uomo, sorpreso, e lei considerò divertita come da straniera fosse passata di colpo a signora, "Dì a Viduravi da parte mia di riservarti la stanza migliore. Il mio nome è Ulfgan."
"Molto bene, Ulfgan, farò come dici", affermò l'Istar, montando in groppa a Thilghiloth, "Buona serata a te e al tuo socio", soggiunse, facendo un cenno di saluto anche all'altro traghettatore, che la ricambiò.
Pochi minuti dopo, Nerwen smontò davanti all'ingresso de La Chiave d'Argento. Come suo solito, non legò Thilghiloth, che non ne aveva bisogno, né Thalion, che faceva tutto quello che faceva la Corsiera.
State in campana, raccomandò a Thilgiloth e a Calad, Siamo tra sconosciuti: possono essere onesti, come anche no. Se qualcuno si avvicina troppo, chiamatemi subito.
La Corsiera e la falchetta le trasmisero il loro assenso, così la Maia entrò.
Come tutte le locande, la prima stanza era un atrio con un bancone, dietro il quale, in piedi su una sedia, c'era una bambina dai lunghi ricci biondi, di circa otto anni. Come la vide, le sorrise e saltò giù dalla sedia, correndo via.
"Mamma, mamma, c'è una bellissima signora!"
Un attimo dopo sopraggiunse una donna sulla trentina, bionda come la bimba. Scorgendo Nerwen, fece un ampio sorriso:
"Benvenuta a Rhomarian e a La Chiave d'Argento, signora", la salutò cordialmente.
"Grazie... Viduravi, suppongo?", al cenno di conferma dell'altra proseguì, "Mi manda tuo fratello Ulfgan. Mi ha detto di dirti di riservarmi la stanza migliore."
"Sul serio? Non lo dice tanto facilmente, devi averlo colpito molto favorevolmente, signora...?"
"Nerwen la Verde", si presentò la Istar. Non era sicura che quella qualifica la facesse riconoscere per un membro dell'Ordine degli Stregoni, molto rispettato ovunque nella Terra di Mezzo, ma scoprì subito che la fama degli Istari era giunta anche nel Dorwinion, perché Viduravi la guardò meravigliata.
"Molti anni fa passò di qua uno Stregone. Non ricordo più il suo nome - è stato ai tempi di mia nonna - ma mi pare si facesse chiamare il Grigio. C'è un collegamento...?"
Nerwen si chiese dove mai Gandalfnon fosse stato, nella Terra di Mezzo; ma pensava che il Dorwinion fosse il luogo più ad oriente dove si fosse spinto, dato che aveva dichiarato che non si recava mai all'est.
"Sì, è Gandalf il Grigio, un mio collega ed amico", rispose.
"Mia nonna mi raccontava sempre che era rimasto molto soddisfatto della sua birra, e che per questo le aveva fatto un incantesimo per cui sarebbe stata ottima per dieci generazioni della famiglia. Ancora oggi, la birra che produciamo qui a La Chiave d'Oro è la migliore nel raggio di cento chilometri..."
Nerwen rise:
"Birra e erba-pipa, le sue passioni!"
"Erba-pipa?", ripeté Viduravi, senza capire.
"Galenas", spiegò l'Aini, usando la parola sindarin corrispondente; la donna si illuminò:
"Ah sì, anche quella! Ne coltiviamo, ma non qui vicino, bensì nella parte nordoccidentale del Paese... Ma sto divagando. Vuoi una stanza, signora Nerwen?"
"Sì, e due stalli per le mie cavalcature."
"Molto bene. Manderò Grendel ad occuparsene, e ti farò portare il bagaglio in camera."
"È possibile fare un bagno?", s'informò la Istar.
"Certamente. Ti manderò a chiamare appena sarà pronto."
Un paio d'ore dopo, rinfrescata da un bagno tiepido in una modesta ma ampia vasca di legno, Nerwen si recò nella sala comune, dove mangiò un ottimo arrosto di pollo con verdure ed una fetta di torta di carote, una novità per lei, che non aveva mai pensato che un ortaggio potesse prestarsi a preparare un dolce.
"Quanto dista da qui Gobelamon?", la Maia chiese a Viduravi, prima di ritirarsi per la notte.
"A cavallo, quattro giorni, più o meno", rispose la locandiera.
"Ci sei mai stata?", domandò Nerwen, nell'intento di saperne di più.
"Una volta, da ragazza", le raccontò, "Mio fratello ed io, coi nostri genitori, siamo andati alla Fiera Biennale, la più grossa fiera di tutto il Dorwinion, che dura un'intera settimana. È lì che ho conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito, Pekka", sorrise, "Un giovanotto alto e bello, con lunghi capelli biondi e incredibili occhi verdi", le strizzò un occhio ed accennò all'uomo dietro al bancone: chiaramente, era molto innamorata del marito che, in effetti, era un gran bell'esemplare di Uomo, ammise Nerwen tra sé.
"E com'è? La città, voglio dire."
"Immensa", rispose Viduravi, con un tono che esprimeva ancora, dopo tutto quel tempo, la propria meraviglia, "Sorge sopra una collina in riva al Celduin, situata proprio dove comincia ad allargarsi per poi gettarsi in mare, ed è completamente cinta da mura gigantesche. Ci trovi di tutto, ogni tipo di mercanzia, proveniente dagli Elfi del Reame Boscoso, dagli Uomini di Pontelagolungo, dai Nani dei Colli Ferrosi, da Gondor, da Rohan, e una volta anche dagli Elfi della Foresta Orientale, ma è dai tempi di mia nonna che non siamo più in buoni rapporti con loro, e da allora non si vedono più, nel Dorwinion."
Nerwen rizzò le orecchie:
"Che cos'è successo?", indagò. Viduravi si strinse nelle spalle:
"E chi lo sa? A noi del volgo, i potentati raccontano ben poco. Si vocifera di qualche offesa arrecata dalla loro regina al nostro re di allora, o a suo figlio, ma di che tipo di offesa si sia trattato, non saprei dire. A quanto ne so, gli Elfi la raccontano diversamente, e parlano di un torto subito dalla loro regina ad opera del nostro re o di suo figlio, non è chiaro neppure a loro... Fatto sta che da almeno cinquant'anni i rapporti tra i nostri popoli sono molto tesi, e se qualcuno di noi si avventura nella Foresta Orientale, rischia di venir preso per una spia e di essere cacciato in prigione, o peggio ancora, di venir ammazzato su due piedi."
L'Aini strinse le labbra: non avrebbe mai capito perché non si poteva risolvere civilmente una questione di Stato così come una personale. A meno di non aver a che fare coi servitori di Sauron, ovviamente, ma qui si trattava di Elfi e Uomini.
La situazione rendeva il suo viaggio sicuramente più pericoloso.
Il mattino seguente, Nerwen contrattò ferocemente con Pekka che, come il cognato traghettatore, cominciò chiedendo un prezzo ridicolmente alto, per sentirsi rispondere con una controfferta ridicolmente bassa; e come il giorno prima, la trattativa finì con la soddisfazione di entrambe le parti. Ci si perdeva un po' di tempo, pensò Nerwen divertita, uscendo da La Chiave d'Argento, ma lo trovava spassosissimo. Inoltre, accettando e seguendo quella loro peculiare tradizione, si guadagnava la stima degli abitanti del Dorwinion, cosa che si traduceva in un trattamento più confidenziale invece che da straniera.
Lasciando il villaggio, la Maia imboccò la strada che, seguendo le indicazioni che Pekka le aveva offerto assai volentieri, l'avrebbe portata alla prossima tappa, la cittadina di Glavudd, situata a quasi una giornata di cavallo da Rhomarian in direzione nord-est; lì avrebbe incrociato una delle strade principali del Dorwinion, che l'avrebbe condotta fino a Gobelamon.
Per quattro giorni, Nerwen caracollò in tutta tranquillità in un paesaggio prevalentemente pianeggiante e ben coltivato, soprattutto a granaglie come frumento e orzo, viti, ulivi ed agrumi.
A metà pomeriggio del quarto giorno, la Maia superò la cresta di una catena di alture e scorse il Celduin, o Fiume Flutti, che dal Lago Lungo si snodava per quasi novecento chilometri per andare a gettarsi nel Mare di Rhûn, da quel punto visibile come un lontano luccichio sull'orizzonte orientale.
Come le aveva raccontato Viduravi, la città sorgeva su un poggio solitario ad un centinaio di metri dalla riva del fiume che segnava il confine settentrionale del Dorwinion; in quel punto, il Celduin cominciava ad allargarsi ad estuario, preparandosi all'incontro col mare interno.
Osservando la città, capitale del Dorwinion, Nerwen non poté fare a meno di pensare che era molto meno impressionante di quanto le avessero fatto credere le parole di Viduravi; ma poi pensò che lei aveva un termine di paragone inarrivabile, che era Valimar, la città dei Valar, che in quanto a grandezza ed imponenza non poteva aver confronti, nella Terra di Mezzo.
La Istar giunse alle porte di Gobelamon, trovandole spalancate e incustodite, anche se nello spessore delle mura - invero massicce - era stata ricavata una guardiola, presidiata da una sentinella dall'aria annoiata che la osservò distrattamente mentre varcava la soglia. Quando però Nerwen si fermò e gli fece un cenno di saluto, si alzò ed uscì.
"Salve, e benvenuta a Gobelamon", le disse affabilmente, "Posso esserti utile, signora?"
"Sì, grazie", rispose lei, "Sto cercando una buona locanda, puoi darmi un consiglio?"
Il soldato rifletté un momento, cercando di capire dall'aspetto della sua interlocutrice che tipo di alloggio le poteva suggerire: doveva essere una persona altolocata, decise, data la finezza dei suoi lineamenti e la splendida cavalla che montava, nonché il fatto di essere accompagnata da un animale da soma e da un falco. Era sola, e forse in incognito, suppose.
"Il Palazzo delle Stelle", rispose, scegliendo la migliore di tutta la città, dove si recavano soltanto i mercanti più ricchi e i nobili in visita alla Regina del Dorwinion, quando non trovavano posto a palazzo, e poi le diede le indicazioni per arrivarci.
Meno di un'ora più tardi, Nerwen si stava rinfrescando nella stanza che le era stata assegnata, una camera ben arredata. Il grande letto a baldacchino aveva un'aria molto comoda, il salottino aveva le poltrone ben imbottite rivestite di raso a strisce lucide e opache, sul balcone c'erano un tavolino ed divanetto di vimini pieno di cuscini, il bagno era rivestito di piastrelle di maiolica decorata e la vasca era di rame smaltato. Thilgiloth e Thalion erano stati accomodati in una stalla ben tenuta e trattati con ogni riguardo, mentre per Calad le avevano procurato un robusto trespolo. Il posto era decisamente lussuoso, se paragonato alle normali locande che aveva finora trovato, dalla Contea in poi, anche se era ben lontano dallo sfarzo di un palazzo reale elfico. Nerwen poteva dirsi più che soddisfatta; guardandosi attorno, d'impulso decise di fermarsi qualche giorno a riposare, prima di trovare il modo di raggiungere Eryn Rhûn, o Foresta Orientale come la chiamavano qui.
Nei giorni seguenti, facendo tesoro del consiglio di Viduravi, Nerwen esplorò Gobelamon aggirandosi per le sue strade soltanto di giorno, e tenendo ben stretto il tascapane dove custodiva il borsellino con i soldi.
Assaggiò il vino più delizioso che avesse mai bevuto, scoprendo che, pur essendo lo stesso che veniva esportato, se consumato in loco era migliore; ed in un negozio trovò erba-pipa, naturalmente di qualità diversa di quella del Decumano Sud della Contea, ma non meno gradevole. Ne fece una bella scorta, prevedendo che difficilmente ne avrebbe trovata altra lungo la strada.
Quella sera, si piazzò sul terrazzo della sua camera al Palazzo delle Stelle, che volgeva ad occidente, e si godette una bella pipata ammirando il tramonto. Si divertì ad esercitarsi nelle forme di fumo, attività in cui, dopo quasi due anni di esercizi, era diventata piuttosto brava, sebbene non fosse ancora neppure lontanamente all'altezza di Gandalf. Osservando la sua ultima creazione - un mallorn fiorito - si ripromise che, al loro prossimo incontro, lo avrebbe sfidato a chi realizzava la figura più spettacolare: si sarebbero divertiti come matti, ne era certa.
Sospirò: le spiaceva ancora d'aver mancato l'incontro con Mithrandir, a Lothlórien, l'autunno precedente. Ora sarebbero dovuti trascorrere molti anni, prima che lo rivedesse... ma entrambi avevano un compito importante da svolgere.
Quanto davvero importanti fossero tali compiti, però, nessuno dei due aveva idea: ciò si sarebbe rivelato soltanto molto più in là.
L'angolo dell'autrice:
L'usanza di contrattare ferocemente sul prezzo è ispirata alla mia esperienza personale in Egitto; inizialmente ne ero infastidita, ma quando ho capito che si tratta di un semplice fatto culturale e mi sono quindi adeguata, ho cominciato a divertirmi. Proprio come Nerwen, ho ricevuto i complimenti dei nativi, ed il loro atteggiamento nei miei confronti era più rilassato e famigliare, il che ha contribuito a rendere la mia vacanza più piacevole: è bello non sentirsi stranieri in terra straniera. :-)
E ho notato veramente che il vino prodotto e consumato localmente è migliore dello stesso vino bevuto lontano dal luogo di produzione: provare per credere! ;-)
Con il Dorwinion, terminano le terre conosciute; Nerwen sta quindi per addentrarsi in zone del tutto ignote. Il registro delle sue avventure sta cambiando, e ce ne accorgeremo già nel prossimo capitolo...
Non dimentico i ringraziamenti, consueti ma mai scontati, a coloro che leggono e - mi auguro - traggono diletto dalle vicende da me descritte, e a coloro che si prendono cinque minuti per farmi conoscere il loro parere.
Lady Angel
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