Capitolo XXIII: Esplorando Fangorn
Capitolo XXIII: Esplorando Fangorn
Due giorni dopo, Nerwen giunse in vista del limite settentrionale di Fangorn. Il tragitto da Lothlórien era stato tranquillo, su un terreno aperto appena ondulato da dolci declivi, con le Montagne Nebbiose sulla destra, mentre sulla sinistra l'Anduin si allontanava, in un'ampia curva, verso sud-est.
Nerwen costeggiò la foresta per due o tre chilometri prima di incrociare il Limterso, poi cercò il guado che aveva trovato indicato sulle mappe consultate a Gran Burrone e a Lórien, ubicato una dozzina di chilometri più a valle. Poiché era ormai sera, si accampò sulla riva, rimandando il superamento del fiume al mattino seguente. Non montò la tenda, così come non lo aveva fatto in precedenza: le giornate erano state soleggiate, ed in quella contrada meridionale la temperatura della seconda metà di maggio anche nelle ore notturne era già piacevole.
Il mattino dopo, superò il Limterso in groppa a Thilgiloth, con Thalion che la seguiva: dal carattere docile e volenteroso, il bravo cavallo da soma si accodava senza bisogno d'esser condotto per la briglia, seguendo gli ordini che Nerwen gli impartiva verbalmente o mentalmente. Calad naturalmente volava davanti a loro, tenendo l'occhio il territorio, ma non c'era anima viva: oltre il Limterso, il terreno tornava a salire gradualmente in una regione che veniva chiamata semplicemente le Lande; lì si era già nel regno di Rohan, o Riddermark come lo chiamavano i suoi abitanti, ma quei luoghi erano totalmente disabitati.
Nerwen risalì verso monte, tornando in direzione di Fangorn. Una volta che l'ebbe raggiunta, fece fermare Thilgiloth e smontò, avvicinandosi agli alberi. La varietà di piante era sorprendente: i più comuni parevano essere i tipi più longevi, come querce, abeti, castagni, tassi, ma c'erano anche olmi, faggi, aceri, tigli, e molti altri. Tutti avevano in comune un aspetto assai antico, con grossi fusti spesso nodosi e chiome piene di licheni; il sottobosco era molto fitto, con felci, ginepri, agrifogli, corbezzoli, prugnoli e funghi, alcuni dei quali commestibili - un'altra cosa, con le fragole, di cui Nerwen era ghiotta. Occasionali affioramenti rocciosi erano immancabilmente ricoperti di muschio, le cui tonalità cromatiche variavano dal verde intenso al marrone scuro.
La Istar protese i suoi sensi speciali e sondò il bosco; a differenza della Vecchia Foresta e del Bosco Atro, Fangorn era ricca di animali, come volpi, tassi, scoiattoli, talpe, lepri, ricci, e volatili come gufi, picchi, cuculi e civette. Nerwen avvertì anche la consapevolezza dei vegetali, vigile e diffidente, ma non pareva particolarmente ostile; non c'era traccia di Ent, almeno non nel raggio di percezione - che era di alcuni chilometri - della mente dell'Aini. Del resto non ci aveva affatto contato: la selva copriva oltre quattordicimila chilometri quadrati, ed anche se era effettivamente abitata dagli Onodrim, cosa ancora da accertare, sarebbe stato davvero troppo pretendere d'incontrarne uno al primo tentativo di ricerca.
Data la vastità del territorio da esplorare, era necessario farlo in maniera sistematica: Nerwen aveva deciso che avrebbe cominciato risalendo il Limterso fino alle falde delle Montagne Nebbiose, seguendole verso meridione per alcuni chilometri per poi tornare indietro in direzione est fino a ritrovare il margine della foresta, e così via, proseguendo a serpentina. Poiché il costante utilizzo dei suoi sensi di Aini comportava un certo sforzo, non poteva usarli per troppe ore al giorno, pertanto aveva calcolato che, per coprire l'intera estensione della foresta, le sarebbero occorse dalle sei alle otto settimane.
Rimontò in arcione.
"Forza, amici miei: diamoci da fare", esortò i suoi tre accompagnatori. Thilgiloth si mise in movimento, avanzando al passo, mentre Calad scendeva in planata ed andava a posarsi sulla groppa carica di bagagli di Thalion; il mite cavallo da soma si era inizialmente dimostrato intimorito dalla falchetta, ma Nerwen lo aveva tranquillizzato ed ora pertanto non diede segni di nervosismo, limitandosi a muovere pigramente la lunga coda bionda.
Questa foresta non mi inquieta come quella dove abbiamo incontrato i lupi mannari, osservò Calad. Nerwen annuì:
"È vero: non c'è malvagità, in essa, almeno non nel raggio di quanto io possa percepire."
L'aspetto è un po' minaccioso, si fece sentire la Corsiera, ma non la sostanza.
"Esattamente, vecchia mia", confermò Nerwen, mentre si addentravano tra le prime file d'alberi, "Niente a che fare col Bosco Atro, e neanche con la Vecchia Foresta."
Proseguirono per tutto il giorno, seguendo il corso del Limterso, che andò restringendosi mano a mano che si avvicinava al proprio punto d'origine; fecero svariate pause per far riposare i sensi particolari di Nerwen, coprendo più o meno la metà della distanza che avrebbero fatto senza il loro utilizzo. La sera si accamparono sulla riva del fiume; dopo aver governato i cavalli, Nerwen montò la tenda per trascorrere la notte al riparo dall'umidità del bosco, poi pescò un paio di esemplari di pesce persico, che arrostì sul fuoco.
Mentre stava per andare a dormire, una volpe si avvicinò, timida ma curiosa; Nerwen ne vide gli occhi luccicare sul limitare del cerchio di luce del fuoco, che l'allarmava alquanto, ma pure l'affascinava.
Non aver paura, la Istar le trasmise, rassicurante. La volpe si rilassò un poco, ma non del tutto. Allora Nerwen le gettò i resti del pesce; la piccola predatrice li prese e si ritirò, scomparendo nell'oscurità, ma dal rumore e dalla soddisfazione che la Maia percepì, stava mangiando di gusto. Sorridendo, Nerwen si ritirò nella tenda e si avvolse nella coperta, addormentandosi nel giro di pochi minuti.
Il mattino seguente, Nerwen si preparò del tè nero e fece colazione con un pezzetto di lembas, poi smontò il campo e riprese l'esplorazione. Poco dopo mezzogiorno raggiunse le pendici delle Montagne Nebbiose, dove sostò brevemente per il pranzo con pane raffermo e formaggio stagionato, cui aggiunse alcune albicocche disidratate. Proseguì verso meridione per alcuni chilometri, seguendo il fianco della catena montuosa, e poi tornò a voltare verso levante. Non c'era alcun rischio che perdesse l'orientamento: non soltanto poteva verificare dove si trovasse il nord semplicemente osservando dove il muschio cresceva più rigoglioso, ma poteva anche mandare Calad a volare al di sopra delle chiome degli alberi ad osservare la posizione del sole.
Procedettero in quel modo per quattro settimane, avanti e indietro tra il limite orientale della foresta e le falde degli Hithaeglir; lasciato il fiume, procedevano più lentamente di quanto Nerwen avrebbe sperato, perché le profondità di Fangorn erano assai fitte ed il passaggio non era agevole. Occasionalmente incontravano animali selvatici, in particolare scoiattoli, gufi e tassi, che li osservavano da distanza di sicurezza, incuriositi ma non impauriti. Nerwen continuava a scandagliare la foresta alla ricerca della particolare coscienza degli Ent, che era molto più complessa di quella degli alberi: erano due Ere che non la percepiva, ma non avrebbe potuto sbagliarsi nel riconoscerla.
Alla fine della quarta settimana, mentre stava avanzando in direzione dei monti, Nerwen avvertì una consapevolezza vegetale particolarmente vigile, localizzata pochi chilometri più avanti e sulla sua destra. Era troppo lontana perché potesse riconoscerne la natura, se fosse cioè un normale albero più cosciente dell'ordinario, oppure proprio un Ent. Avvertendo la sua eccitazione, Thilgiloth aumentò il passo senza che l'Aini avesse bisogno di sollecitarla, seguita da Thalion con Calad in groppa; deviando leggermente dalla linea retta che stavano percorrendo, si diressero verso la fonte della consapevolezza percepita da Nerwen.
Mano a mano che si avvicinavano, Nerwen divenne sempre più perplessa: lo schema mentale era quello di un Ent, ma in qualche modo... ridotto, come menomato. Forse era ammalato? Ferito? Ridotto in stato di semi incoscienza?
Giunta ad un centinaio di metri di distanza, la Istar tirò leggermente le redini di Thilgiloth per farla rallentare, ed ordinò invece a Thalion di fermarsi. Continuò ad avanzare lentamente, tutti i propri sensi di Aini all'erta, ma non trovò segno di volontà malevole.
E poi lo vide: un grande, maestoso faggio dall'immenso intreccio di radici che affondavano nel terreno; la corteccia chiara e compatta e le foglie di un verde vivace lo proclamavano perfettamente sano, eppure da esso emanava un senso di spossatezza. No, si corresse Nerwen, analizzando meglio la sensazione: di rinuncia.
Fermò Thilgiloth e smontò per avvicinarsi più agevolmente all'imponente pianta.
Salve, antico faggio, lo salutò. Dall'albero provenne un senso di blando stupore.
Chi sei tu, che riesco a capire?, domandò flebilmente.
Un'amica, si presento Nerwen con semplicità, cercando di irradiare una sensazione rassicurante, Stai male?
Il faggio parve riflettere.
Male?, ripeté, come meravigliandosi, No... Sono solo tanto stanco. Mi riposo.
Vedo, rispose Nerwen, perplessa: non riusciva a comprendere il motivo della rassegnazione del faggio, ma perché sei stanco?
Ho lavorato troppo, in passato, rispose lui con disinteresse, Adesso lascio la fatica agli altri.
Quest'affermazione fece trillare un campanello nella mente di Nerwen. Era ormai certa che si trattasse di un Ent, tuttavia allo stesso tempo non lo era, non completamente.
Gli altri chi?, lo interrogò: potevano essere altri della sua specie, magari più vivaci, più dinamici; Ent effettivi, insomma.
I miei simili, quelli che ancora camminano e parlano, rispose il faggio, quelli che non sono ancora così stanchi come me...
Era la perfetta descrizione degli Onodrim, pensò la Maia, eccitata.
Dove li posso trovare?, domandò.
Qui in giro, rispose l'albero, ma la sua voce si stava facendo fievole, Ora devo dormire...
Aspetta!, lo pregò lei, Non puoi essere più preciso su dove trovarli?
Lui le trasmise l'immagine di un soleggiato terrazzo roccioso, situato abbastanza in alto da superare le chiome degli alberi, a pochi chilometri all'interno della foresta; la vista spaziava sulla grande pianura verdeggiante di Rohan, simile ad un mare d'erba, e da ciò Nerwen comprese che il terrazzo naturale era rivolto ad oriente. Poco lontano sulla destra c'era un fiume, più grande del Limterso: doveva essere l'Entalluvio, che scorreva nella parte più meridionale di Fangorn.
Grazie, trasmise Nerwen, con gratitudine, Riposa, ora.
Il faggio non rispose, già immerso nel suo sonno verde.
Nerwen tornò a salire in sella e diresse Thilgiloth da Thalion e Calad.
"Ho ricevuto un'indicazione piuttosto precisa", rivelò loro la Istar, "Torniamo indietro, fuori dalla foresta, poi dirigeremo a meridione."
Raggiunsero il limitare del bosco a metà del mattino seguente; dove svoltarono alla loro destra per seguirne il margine in direzione sud-ovest; il terreno delle Lande saliva e scendeva, ma fortunatamente mai in modo troppo impervio per i cavalli.
Proseguirono per il resto della giornata, con solo una sosta per un frugale pranzo; ed infine eccolo davanti a loro, il luccichio dell'acqua di un fiume ancor giovane, ma che presto, addentrandosi nella pianura e raccogliendo molti affluenti, sarebbe divenuto grande e lento, fino a dividersi in un vasto delta paludoso prima di riversarsi nell'Anduin.
Giunti nei pressi del punto in cui il fiume fuoriusciva dalla foresta, Nerwen lanciò Calad alla ricerca della sporgenza rocciosa che il faggio sonnacchioso le aveva fatto vedere. La falchetta si sollevò in cerchi sempre più ampi fino a raggiungere una notevole altezza, poi si diresse verso l'interno del bosco, sorvolandone gli alberi a distanza, ma i suoi acutissimi occhi di rapace scorgevano nitidamente ogni cosa. Non ci volle molto perché individuasse il labbro di roccia, una quindicina di chilometri addentro nella foresta; vi volteggiò sopra più volte, abbassandosi leggermente per rilevare maggiori particolari; sulla sinistra del piccolo ripiano glabro intravide una scalinata dai gradini altissimi che scendeva ripida verso il suolo.
Tornata da Nerwen, si appollaiò sul guanto da falconiere e le trasmise le immagini che aveva visto.
Secondo me, quella specie di scala dista pochissimo dalla riva del fiume, congetturò.
Nerwen controllò la posizione del sole: era già quasi sera, così decise di rimandare al giorno dopo la ricerca del terrazzo roccioso, quando avrebbe avuto a disposizione molte più ore di luce: rintracciarlo poteva apparire facile e veloce, da lì, ma in realtà non sapeva cos'avrebbe trovato, inoltrandosi tra gli alberi. In quel punto erano particolarmente grandi e contorti, e le ombre del bosco erano più fitte che altrove. La Maia proiettò la sua mente verso l'interno, tra gli alberi; percepì un senso di maggior vigilanza che in precedenza, ma nessun tipo di animosità o astio, solo sospetto e circospezione. Decisamente, la fama sinistra di Fangorn era immeritata, almeno in parte.
Non volendo irritare le entità arboree, quali che fossero, Nerwen preferì montare il suo piccolo campo ad una certa distanza dal margine della foresta; dopo mangiato, si sdraiò un poco a guardar le stelle: Menelvagor, lo Spadaccino dei Cieli, campeggiava nella volta celeste, con Helluin fiammeggiante di fuoco azzurro ai suoi piedi, mentre più oltre Valacirca, la Falce dei Valar, lanciava il suo eterno monito all'Oscuro Nemico ed ai suoi servitori. L'Aini ripensò al tempo in cui soltanto le stelle illuminavano Arda, quando il mondo era giovane, e lei e Yavanna lo percorrevano risvegliando olvar e kelvar, mentre gli esseri a due gambe - Elfi, Uomini, Nani e Hobbit - erano ancora di là da venire. Era stata un'epoca entusiasmante, colma di attività fervente per tutti gli Ainur che avevano chiesto ed ottenuto da Eru Ilúvatar il permesso di realizzare la loro visione, Eä, il Mondo Che È; eppure era stata anche un'epoca solitaria, che Valar e Maiar avevano trascorso in ansiosa attesa della comparsa dei Figli di Ilúvatar, Primogeniti e Secondogeniti, e degli altri esseri senzienti. No, non rimpiangeva quel tempo: le Ere seguenti erano state assai più interessanti ed emozionanti, anche se avevano portato dolore per tutti, perfino per gli Ainur, che avevano dovuto assistere alla devastazione di Arda ad opera di Melkor ed alle sofferenze dei suoi abitanti... Fortunatamente, la qualità del Reame Benedetto era in grado di lenire tale dolore, altrimenti con ogni probabilità non sarebbero riusciti a reggerlo; Nerwen, che aveva avuto un assaggio della pena che gli abitanti della Terra di Mezzo dovevano patire, si chiedeva come fossero capaci di sopportarlo. Gli Elfi avevano la possibilità di lasciare la Riva di Qua per recarsi oltremare ed alleviarla, ma gli altri no. Tutt'ad un tratto, Nerwen si rese conto che queste razze - Nani, Uomini, Hobbit - erano davvero degne di ammirazione, nonostante tutti i difetti che potevano avere alcuni loro esponenti. Non che gli Elfi ne fossero esenti: anche tra loro era possibile trovare invidia, gelosia, cupidigia, violenza, arroganza. In passato, Nerwen ne aveva conosciuto alcuni, e se finora in quest'Era non ne aveva ancora incontrati, era soltanto un caso, certamente destinato a non durare.
Si riscosse dai suoi pensieri: se continuava così, rischiava di passare una notte insonne. Molto meglio darci un taglio e andare a dormire.
Il mattino seguente, come suo solito Nerwen si alzò di buon'ora, fece una rapida colazione e smontò il campo; ricaricò i bagagli sul paziente Thalion, sopra i quali andò a posarsi anche Calad, poi salì in groppa a Thilgiloth e partì alla ricerca della scalinata che conduceva al terrazzo mostratole dal faggio. Seguendo la riva dell'Entalluvio, si addentrò nella foresta di Fangorn; ora, alla luce del mattino, la selva sembrava meno oscura.
Non ci volle molto tempo - poco più di un'ora e mezzo - prima che gli occhi acuti di Calad scorgessero la gradinata, a poche centinaia di metri dalla sponda del fiume: aveva avuto perfettamente ragione a supporre che non fosse lontana dll'Entalluvio. Prontamente Nerwen vi si diresse; esaminando i gradini, molto alti e profondi, concluse subito che non era pensabile che i cavalli potessero ascenderli.
"Thilgiloth e Thalion, dovrete rimanere qui mentre salgo lassù", disse loro; subito da Thalion si levò un senso d'apprensione: era evidente che non gli piaceva l'idea che lei si allontanasse, così gli diede alcune pacche sul collo muscoloso per rassicurarlo. Poi la Istar cominciò la salita, o per meglio dire, la scalata: la gradinata era tanto ripida e gli scalini tanto alti, che dovette usare mani e piedi. Calad, avvantaggiata dalle ali, la precedette in volo.
Raggiunto il piccolo ripiano, Nerwen guardò il panorama e riconobbe tal quale quello che il faggio le aveva fatto vedere: era indubbiamente nel posto giusto. Il sole si era arrampicato in cielo ed ora illuminava il terrazzo naturale, scaldandolo. L'Aini sorrise: la carezza dei raggi di Anar la metteva sempre di ottimo umore. Allargò le braccia, sollevando il viso verso il cielo, e mosse qualche passo di danza; contagiata dal suo improvviso buonumore, Calad le svolazzò intorno lanciando gioiosamente il suo verso kek-kek-kek, mentre Nerwen percorreva il terrazzo ballando ad una musica interiore.
Infine il momento di euforia passò e Nerwen riabbassò le braccia; estese i suoi sensi, cercando di captare la presenza degli Ent, ma non trovò nulla. Sondò ancora, sforzandosi maggiormente e concentrandosi di più, ma non percepì altro che le consuete forme di vita della foresta: scoiattoli, tassi, volpi, civette e via discorrendo.
Delusa, Nerwen si sedette su un masso affiorante, piantò i gomiti sulle ginocchia e posò il mento sul palmo delle mani. Il luogo era giusto, ma forse non lo era il tempo. Il vecchio faggio poteva essersi riferito a cento o a mille anni prima, ed ora forse gli Ent non c'erano più. Dopotutto, circolavano voci sulla presenza di alberi deambulanti, ma da quant'era che non se ne vedeva uno? Svariati secoli, indubbiamente, stando ai resoconti dei Nandor che un tempo abitavano l'estremità meridionale del Boscoverde, prima che diventasse il Bosco Atro. Eppure... una sensazione in fondo alla mente, una specie di solletico, diceva a Nerwen che doveva insistere.
Era in viaggio da quasi cinque settimane senza soste. Decise che era il momento di fare una pausa e di fermarsi qualche giorno. Poteva accamparsi lì: il bosco ed il fiume le avrebbero fornito vettovaglie fresche, risparmiando le scorte portate da Lothlórien. Lei si sarebbe mantenuta vigile: se un Ent fosse passato nelle vicinanze, lo avrebbe percepito.
Trascorsero quattro giorni di tranquillità assoluta; gli unici rumori erano l'occasionale stormire delle fronde più alte degli imponenti alberi ed i versi degli animali che popolavano la foresta.
A metà mattina del quarto giorno, Nerwen era sul terrazzo ad osservare il mare erboso delle pianure di Rohan. Era ormai tempo che riprendesse la ricerca: sarebbe quindi ripartita il giorno successivo, seguendo il corso dell'Entalluvio fino alle falde delle Montagne Nebbiose - così come aveva fatto con il Limterso settimane prima - e di lì sarebbe tornata indietro, muovendosi a serpentina per esplorare la parte di foresta che aveva saltato dopo l'incontro col vecchio faggio. Se la sua ricerca non avesse dato frutti, sarebbe tornata all'Entalluvio, lo avrebbe varcato ed avrebbe esplorato la piccola porzione di foresta che si estendeva al di là: anche se a quel punto le speranze sarebbero state quasi nulle, non poteva lasciare niente d'intentato. Una volta accertato che non v'era traccia di Onodrim a Fangorn, sarebbe tornata a Lothlórien, e lì avrebbe deciso se tornare a settentrione per parlare con Thranduil, oppure recarsi immediatamente a est, alla ricerca di quelle sconosciute montagne rosse oltre le quali, nello Specchio di Galadriel, aveva visto gli Ent.
Fece per alzarsi e discendere la ripida scalinata, quando d'un tratto la foresta fu percorsa da un'onda sonora così bassa da essere quasi inaudibile; la roccia stessa su cui Nerwen era seduta vibrò, ma non era la sensazione allarmante di un terremoto. Dal basso, la Istar sentì i nitriti concitati di Thilgiloth e Thalion, ma non esprimevano paura, quanto piuttosto sorpresa. Calad, che si era allontanata per cacciare, tornò rapidamente indietro.
Che cos'è stato?, domandò; anche lei suonava sconcertata, più che spaventata.
"Non ne ho idea", ammise Nerwen; era turbata, perché non aveva mai sperimentato niente di simile in tutta la sua lunga esistenza.
Poi in lontananza si udì come lo squillo di un corno dal timbro molto basso, che fece nuovamente vibrare la foresta, ma in modo diverso da prima. Dall'alto del terrazzo roccioso, verso monte del fiume, Nerwen e Calad videro le chiome degli alberi muoversi come per effetto di potenti raffiche di vento, ma non c'era nemmeno un refolo d'aria nel tranquillo pomeriggio estivo. Si udirono schianti e schiocchi, come se un gigante stesse passando tra gli alberi spostando aste e rami. Per un attimo, Nerwen pensò ad un troll di montagna disceso dalle pendici degli Hithaeglir, ma subito classificò l'ipotesi come improbabile: in quel punto, i monti distavano almeno un centinaio di chilometri, ed i troll montani tendevano a rimanere nelle vicinanze delle loro tane per timore d'esser sorpresi dalla luce del sole, che li avrebbe trasformati all'istante in pietra.
Risuonò ancora il corno, molto più vicino, come un hoom, hoom, huum. A quel punto Nerwen sentì il cuore farle un balzo in petto ed un grido di trionfo le eruppe dalla gola: quello era un Ent!
Angolo dell'autrice:
A quanto pare, finalmente Nerwen sta per incontrare un Ent! Vedremo di chi si tratta, ma non credo che vi sarà difficile indovinarlo XD
Curiosità... astronomiche: Menelvagor (chiamato anche Menelmacar e Telumehtar) è Orione, mentre Helluin è la stella Sirio; Valacirca è l'Orsa Maggiore.
Oh santi Valar, che emozione vedere il numeratore delle letture salire in continuazione...! Un grazie particolarmente caloroso a coloro che si prendono il tempo di scrivermi i loro apprezzamenti, ma anche le loro osservazioni e critiche: i primi mi incoraggiano a proseguire, le seconde e le terze sono utilissime per migliorarmi e spesso anche per darmi nuove idee.
Lady Angel
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