Capitolo XXI: Passeggiando per Lothlorien
Capitolo XXI: Passeggiando per Lothlórien
Più tardi, Nerwen scese la lunga scala del palazzo arboreo e, come il giorno precedente, trovò Beriadir ad aspettarla.
Scorgendola, l'Elfo Silvano non poté fare a meno di notare come il taglio dell'abito verde acqua che indossava mettesse in risalto la sua bella figura; sotto lo sguardo ardente di quegli occhi blu, Nerwen sentì improvvisamente un gran caldo.
"Buongiorno", la salutò Beriadir, rivolgendole un lieve inchino; lei contraccambiò con un cenno della testa che sperò apparisse sufficientemente disinvolto.
L'Elfo le porse il braccio, che lei accettò, e così percorsero il viale principale di Caras Galadhon verso il lato opposto rispetto al cancello d'ingresso alla città arborea, fino a giungere ad una radura che terminava contro la cinta protettiva. Vialetti di ghiaia bianca si snodavano tra aiole colme di fiori dai mille colori, intercalate da bassi cespugli verdi; piccole fontane di marmo bianco, rosa, grigio e verde pallido, e panchine di legno chiaro decoravano i vialetti. Uccelli canori come tordi, fringuelli, merli, usignoli e cardellini intonavano i loro versi in un allegro concerto, ed alcuni pavoni dal magnifico piumaggio si aggiravano camminando sul prato accuratamente rasato.
"Splendido!", esclamò Nerwen in tutta sincerità, e Beriadir sorrise compiaciuto della sua ammirazione.
Passeggiarono lungo i vialetti nella luce del sole pomeridiano; si era ormai a metà maggio, ed in quella contrada meridionale faceva già piuttosto caldo, tanto che Nerwen fu contenta d'aver seguito il consiglio di Arwen quel mattino ed aver sostituito le maniche di tela del suo vestito con un paio di velo, simili a quelle dell'abito azzurro che la nipote le aveva prestato il giorno precedente.
Un movimento di qualcosa di bianco attrasse lo sguardo di Nerwen verso sinistra: accanto ad un cespuglio di rododendro lilla era adagiato un pavone albino. Ne rimase sbalordita: mai, in tutta la sua lunga vita, ne aveva visto uno, anche se sapeva della loro esistenza.
"Ma è bellissimo!", esclamò, avendo cura di non alzar troppo la voce per non spaventarlo. Beriadir sorrise alla sua manifesta meraviglia; prese fiato e fece il verso della pavona in calore; subito il pavone si alzò e dispiegò le penne della sua lunga coda candida, facendo la ruota e guardandosi ansiosamente in giro in cerca della femmina, senza ovviamente trovarla. Nerwen lo osservò, incantata, una mano davanti alla bocca semiaperta e gli occhi sgranati come quelli di una bambina. A Beriadir venne voglia di prenderla tra le braccia e ricoprirle il volto di baci, tanto faceva tenerezza la sua espressione in quel momento; ma si trattenne.
Deluso, il pavone dismise la ruota e se ne andò tutto impettito.
"Si è offeso", rise Nerwen.
"Pare proprio di sì", confermò Beriadir ridendo a sua volta, "Si sarà sentito preso in giro..."
Continuarono a passeggiare senza fretta, con Nerwen che osservava attentamente piante e fiori; li conosceva tutti, ovviamente, ma vedere le differenze tra le varietà che crescevano a Lothlórien, Gran Burrone, i Porti Grigi e Valinor era per lei continua fonte di interesse.
Passarono accanto ad una coppia che, seduta abbracciata su una panchina, si scambiava tenere effusioni. Nerwen lanciò loro una rapida occhiata, ed alla sua mente s'affacciò inevitabile il ricordo di Thorin; stranamente però ad esso si sovrappose quello del volto dell'Elfo visto nello Specchio di Galadriel. Perplessa, se ne chiese il motivo.
Poco più avanti c'era un arbusto di ibischi rosa; passandovi davanti, Beriadir andò a cogliere un fiore particolarmente grande e lo offrì a Nerwen.
"Grazie!", disse lei, accettandolo con un sorriso, e se lo infilò tra i capelli, fissandolo dietro ad una delle trecce che le ornavano le tempie.
Proseguendo, invece del braccio Beriadir le porse la mano, invitandola ad un contatto più confidenziale; Nerwen esitò per un istante: avrebbe potuto facilmente ignorare la mano e prendergli il braccio per continuare come prima, ma l'attrazione che sentiva per lui era innegabile, e non ammetterlo sarebbe stato del tutto futile. Posò la propria mano in quella di lui.
Beriadir le rivolse uno di quei suoi sorrisi incredibilmente luminosi che avrebbero rischiarato la notte più buia, ed ancora una volta Nerwen si sentì tremolare le ginocchia; ma l'Elfo non fece altro che continuare a condurla a spasso, mano nella mano, senza tentare ulteriori avvicinamenti.
Dopo aver fatto il giro di tutto il parco, andarono a sedersi su una panchina a godersi il sole, che ormai aveva iniziato la sua parabola discendente. Nerwen chiuse gli occhi ed ascoltò il luogo. C'era una grande serenità, come una bolla di pace che comprendeva tutto il territorio del Bosco d'Oro; tuttavia, i suoi bordi erano tutt'altro che tranquilli.
"C'è una grande serenità, nella tua terra", disse a Beriadir, "ma percepisco una vigilanza attenta e costante tutt'attorno."
"È proprio così", confermò l'Elfo, facendosi serio, "Pattugliamo costantemente i nostri confini, specialmente quelli rivolti verso le Montagne Nebbiose, da cui a volte giungono incursioni degli Orchi che le infestano; ma ultimamente abbiamo aumentato la sorveglianza lungo l'Anduin, verso Dol Guldur: il Signore e la Dama sono impensieriti dall'Ombra che è tornata a crescere là. Non le permetteremo di sopraffarci. Moriremmo tutti, piuttosto che soccomberle", concluse trucemente.
"Non sarà necessario, mi auguro", disse Nerwen, posandogli una mano sul braccio per rasserenarlo, "Il Potere Oscuro non è più forte, solo più spaventoso, ed è per questo che a volte a coloro che sono più deboli sembra invincibile. Ma qui siete sostenuti dal Potere della Luce, di cui i vostri Signori sono i primi campioni, e voi tutti li sorreggete: finché sarete saldi, il Nemico non potrà sconfiggervi."
"Le tue parole mi danno conforto", dichiarò Beriadir, prendendole la mano e baciandola in segno di ringraziamento, "Sembri conoscere bene il Nemico", aggiunse in tono interrogativo.
Nerwen ripensò a Mairon, il potente e bellissimo discepolo di Aulë che, dopo esser stato irretito da Melkor Morgoth, si era trasformato in Sauron.
"Meglio di quanto vorrei", ammise, scuotendo il capo, "ma non parliamone oltre, amico mio, non in una così bella giornata e in un così bel posto! Piuttosto... non sono abituata al pranzo leggero che usate qui, e ora ho un certo languorino: dove potremmo trovare qualcosa da mangiare?"
Beriadir si alzò, sempre tenendola per mano.
"Un mio amico salumiere fa un prosciutto strepitoso", le disse sorridendo, "Ne ho comprato uno giusto stamattina al mercato. Vieni, casa mia non è lontana: possiamo accomodarci in giardino e mangiare pane e prosciutto. Ho anche del salame saporito, e dell'ottimo vino del Dorwinion."
Si recarono quindi all'abitazione di Beriadir dove, ai piedi del mallorn, si trovavano alcune sedie ed un tavolino. L'Elfo salì a prendere dalla dispensa quanto annunciato e tornò con un vassoio colmo, che posò sul tavolino. I due fecero quindi merenda con pane, salame e prosciutto, innaffiandoli con un bicchiere di frizzante vino rosso.
Nel tardo pomeriggio, Beriadir riaccompagnò Nerwen a palazzo. Come la sera prima, si congedò da lei con un baciamano.
"Posso sperare di rivederti domani?", le chiese. Nerwen non aveva progetti particolari, per il giorno seguente; ma doveva cominciare a pensare alla sua prossima tappa, Fangorn. Non poteva continuare a farsi corteggiare da Beriadir senza avvisarlo.
"Sono stata molto bene, ieri e oggi, con te", gli disse sinceramente, "ma non mi fermerò qui a lungo: tra pochi giorni dovrò ripartire."
Beriadir non nascose la propria delusione.
"Capisco", mormorò, facendo per allontanarsi, ma poi tornò a girarsi, "Nerwen, ormai avrai capito che mi piaci molto, e finché non lascerai Lórien, vorrei che tu mi concedessi di approfittare di ogni attimo che vorrai trascorrere in mia compagnia. Giorno... e notte."
A Nerwen mancò il fiato: non era consuetudine, a Valinor, offrirsi come amico amoroso dopo così poco tempo; ma forse gli Eldar della Terra di Mezzo erano influenzati dalla sua qualità intrinseca esattamente come lo era lei, e quindi avevano assunto parzialmente i suoi ritmi, assai più rapidi di quelli delle Terre Imperiture.
"Non devi rispondermi subito", si affrettò ad aggiungere Beriadir, conscio d'aver bruscamente accelerato il corso del loro rapporto; ma era stato costretto a farlo dalle circostanze, "Pensaci, stanotte."
Nerwen annuì:
"Va bene", rispose, "Ci penserò."
Salì le scale che portavano al palazzo arboreo con la testa che le girava leggermente. In realtà, non aveva bisogno di pensarci molto: la compagnia diurna di Beriadir le era assai gradita e l'avrebbe volentieri goduta ancora, durante la sua permanenza. In quanto a quella notturna, al momento non voleva prenderla in considerazione.
Il giorno seguente, dopo colazione, Nerwen chiese a Celeborn dove potesse consultare delle mappe dettagliate della regione tra Lothlórien e la foresta di Fangorn, ed il Signore dei Galadhrim fu tanto gentile da accompagnarla personalmente in biblioteca e cercarle quanto aveva chiesto. Assieme constatarono che la distanza tra i due boschi era di poco superiore ai cento chilometri, percorribile a cavallo in un paio di giorni; il territorio che Nerwen avrebbe attraversato era pianeggiante, punteggiato di leggeri rilievi, facilmente percorribile. Era una regione disabitata, una terra di nessuno, situata tra i fiumi Celebrant e Limterso, che segnavano rispettivamente il confine meridionale di Lothlórien e quello settentrionale di Rohan. Nerwen si sarebbe diretta verso sud-sud-ovest e sarebbe giunta direttamente al limite settentrionale di Fangorn.
"Sarò lieto di fornirti tutto ciò di cui hai bisogno", concluse Celeborn, "ed anche una scorta, se lo desideri."
"Ti ringrazio, Lord Celeborn, ma non c'è necessità di una scorta: so cavarmela da sola."
"Non ne dubito", annuì l'altro, conscio che era vero, "Come desideri, dunque."
Trascorsero il resto della mattinata a pianificare il viaggio di Nerwen, scegliendo il percorso migliore, valutando quanti e quali viveri dovesse portarsi appresso, e se era il caso di fornirle un animale da soma.
"Quando partirai?", s'informò infine Celeborn.
"Tra una settimana", decise Nerwen.
"E dove andrai, dopo Fangorn?"
"Dipende da cosa troverò - ammesso e non concesso che io trovi qualcosa, s'intende", considerò la Maia, "Se troverò gli Ent, mi fermerò là per tutto il tempo necessario a convincerli dell'importanza del loro intervento nella battaglia contro Sauron; solo allora potrò considerare espletata la missione affidatami da Kementári. Tuttavia, ho motivo di credere che non li troverò, perché in una visione li ho visti in una terra lontanissima, oltre altissime montagne rosse che non ho trovato su nessuna mappa, finora, e che penso siano situate molto lontano ad oriente. Probabilmente quindi tornerò qui e poi mi recherò da Thranduil, come mi ha suggerito Lady Galadriel: visto che, al tempo di suo padre Oropher, gli Ent vivevano nel Boscoverde, forse mi saprà dir qualcosa di loro."
Celeborn fu d'accordo:
"Sì, in effetti Thranduil potrebbe avere loro notizie..."
Finito il colloquio con Celeborn, Nerwen scese nelle scuderie con Calad, a trovare Thilgiloth.
"Tra una settimana ripartiremo", annunciò loro, "La prossima tappa è la foresta di Fangorn, a un paio di giorni di viaggio da qui."
Un'altra foresta?, brontolò Calad, per niente entusiasta.
"E forse dovremo fermarci a lungo", rincarò la dose Nerwen, divertita ma anche spiaciuta per la sua amica pennuta, "se, come spero, ci troveremo gli Ent; ma a quel punto sarai libera di tornare a casa, perché la mia missione sarà adempiuta."
Poiché Nerwen aveva proiettato nelle loro menti la strada che dovevano percorrere, Thilgiloth osservò contenta:
"Vedo che ci aspettano grandi pianure... ci sarà un bel po' da sgranchirsi le zampe!"
"Esatto, amica mia; e per te, Calad, tutto lo spazio che vorrai per volare, prima di raggiungere la foresta."
Vuol dire che ne approfitterò il più possibile, fece la rapace, rassegnata.
Al termine del pasto di mezzogiorno, Arwen si rivolse a Nerwen:
"Zia, più tardi ti andrebbe di fare una cavalcata con me?"
"Ma certo!", accettò subito la Istar: le avrebbe fatto piacere approfondire la conoscenza di quella sua lontana nipote, così somigliante all'altra; ed inoltre, a Thilgiloth non sarebbe certo spiaciuto sgranchirsi le zampe.
"Allora ci troviamo tra un'ora, che ne dici?", considerò l'Elfa.
"Va bene", disse Nerwen, pensando che così poteva dare un'altra occhiata alle mappe, per vedere meglio la zona del Reame Boscoso, nel caso avesse dovuto recarvisi, "Mi troverai in biblioteca."
Puntualmente, Arwen passò a prenderla e le due si recarono assieme alle scuderie, dove gli stallieri avevano già provveduto a sellare la Corsiera e la giumenta di Arwen, Mortinnad. Fianco a fianco, le due destriere facevano uno spettacolare contrasto: l'una di un bianco splendente e l'altra di un nero altrettanto splendente.
Non era permesso andare a cavallo all'interno di Caras Galadhon, tranne che ai corrieri che dovevano portare messaggi urgenti da o per i Signori di Lothlórien, così Nerwen ed Arwen condussero le rispettive cavalcature alla briglia fino ai cancelli della città, dove montarono in arcione e si avviarono lungo la strada che circondava il terrapieno protettivo. Giunte a nordest della cinta, imboccarono un ampio sentiero che proseguiva dritto in quella direzione, dove poterono mettersi al trotto fianco a fianco e così conversare gradevolmente.
Un'ora più tardi giunsero in vista di una collina sulla cima della quale sorgevano due cerchi d'alberi; quelli esterni erano frassini dalla corteccia bianca, mentre quelli interni erano mellyrn. Il declivio erboso era coperto di dorati elanor e di pallidi niphredil. Nerwen riconobbe il luogo all'istante: era la stessa collina dove aveva visto Arwen ed Aragorn.
"Questo è Cerin Amroth, un tempo dimora dell'ultimo re di Lórinand, da cui ha preso il nome", spiegò Arwen alla zia, "Dicono che quando il vento soffia tra i rami degli alberi sulla cima, si possa udire il suono del mare lontano e degli uccelli marini. Lassù c'è ancora il flet dove viveva Amroth", concluse, indicando il mallorn più imponente, dove si poteva vedere la piattaforma abitativa tipica dei Galadhrim.
Smontarono e lasciarono le cavalle libere di pascolare a piacimento, mentre loro salivano verso la sommità. Nerwen si sentiva sulle spine, e comprese di dover svelare ad Arwen, almeno parzialmente, che cosa l'attendeva in un futuro non troppo lontano.
"Ricordi che mi hai detto quanto ti sarebbe piaciuto incontrare l'amore?", cominciò; subito interessata, Arwen assentì, "Ebbene, stamattina ho guardato nello Specchio di Galadriel e ho visto una scena che ti riguardava", Nerwen esitò un istante, incerta di come esporre la sua visione, "Sappi che sarai esaudita: incontrerai il tuo compagno per la vita, e non credo ci vorranno ancora molti anni..."
"Ma è meraviglioso!", la interruppe Arwen, troppo eccitata per accorgersi dell'involontario sgarbo. Nerwen sollevò una mano in segno d'ammonimento:
"Potrebbe non essere facile", l'avvertì, "ma poiché siete destinati assieme, non dovete permettere a niente e a nessuno di dividervi. Abbiate fede nel vostro amore; abbiate fede in voi due."
"Proprio come Beren e Lúthien", considerò Arwen, emozionata, il cui amore era stato fortemente osteggiato da Thingol. Nerwen si morse un labbro, chiedendosi se Elrond avrebbe accettato che un Uomo, per quanto d'altissimo lignaggio e suo parente, e per cui nutriva grande affetto, si unisse alla sua unica figlia. Un mortale ed un'immortale... Avrebbero trascorso insieme tutti gli anni della vita di lui, che sarebbe stata assai lunga essendo egli della stirpe dei Númenóreani; ma avrebbe avuto pur sempre un termine. Lui sarebbe invecchiato e morto, mentre lei sarebbe rimasta sempre immutata, giovane e bellissima, ed infine disperata per averlo perduto per sempre. A meno che non scegliesse la vita mortale: essendo figlia di entrambe le stirpi per parte di padre, le sarebbe stata offerta quella possibilità, alla fine... In tal caso, avrebbe potuto condividere con lui il Dono di Ilúvatar agli Uomini, ed andare laddove né Ainur né Eldar potevano andare, così come aveva fatto Lúthien.
Non le avrebbe svelato di più, anche perché c'era pur sempre la possibilità che il futuro che aveva visto non si realizzasse: al momento era solo una potenzialità, per quanto forte, e qualcosa poteva mandarla a monte. Tuttavia, se ciò fosse accaduto, sia Arwen che Aragorn sarebbero stati incompleti ed avrebbero provato un inspiegabile senso di manchevolezza, come se la loro vita fosse incompiuta. Al momento Arwen era - in termini elfici - ancora troppo giovane per provarla, ed Aragorn era un bambino inconsapevole; ma Nerwen conosceva bene quella sensazione d manchevolezza, e non desiderava che altri cui era affezionata, come quei due, fossero condannati a provarla. Perciò decise che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere affinché quel destino si realizzasse, per quanto potesse essere dolce e amaro ad un tempo.
"Proprio come Beren e Lúthien", confermò, "ma ricorda che nulla è stabilito in modo definitivo, nel futuro. Le maree delle eventualità sono in continuo movimento, ed io ho visto solo uno dei possibili futuri che si aprono davanti a te, anche se ritengo che sia assai probabile. La vostra storia potrebbe essere irta di difficoltà, ma se crederete ai vostri cuori, se crederete a voi, potrete superare tutte le difficoltà."
Arwen appariva turbata, ora.
"Tu mi aiuterai, zia?", le chiese.
"Io sarò al tuo fianco", la rassicurò Nerwen, "Moralmente, almeno; perché ho un incarico da svolgere che mi porterà presto via da Lórien, e non so se o quando potremo rivederci. Farò però in modo che tu non sia completamente sola, nella tua battaglia."
Arwen annuì, un poco rassicurata.
Passeggiarono lungo i pendii di Cerin Amroth, ed Arwen ritrovò ben presto il buonumore - il suo inesauribile ottimismo l'aiutò parecchio, in ciò. Si sedettero sotto un albero e chiacchierarono ancora, con Arwen che chiedeva sempre maggiori particolari dei Tempi Remoti, di Melian e Thingol e di Beren e Lúthien, ma anche del padre così come Nerwen lo aveva conosciuto, un giovane Elfo dal carattere posato ma allo stesso tempo un valente guerriero.
Infine rientrarono a Caras Galadhon; una volta a palazzo, Nerwen si scusò con Arwen ed andò a chiedere udienza presso Galadriel, che la ricevette subito nel suo salotto personale. Era ormai sera, e dal terrazzo della saletta - Nerwen aveva notato che praticamente tutte le stanze della reggia arborea erano dotate di un balcone - si godeva una vista spettacolare sul sole che tramontava.
"Cosa posso fare per te, amica mia?", le chiese gentilmente la Dama dei Galadhrim.
"Devo farti una richiesta", le rispose Nerwen, sedendosi sulla poltroncina che l'altra le indicava, "Ha a che fare con una cosa del futuro che ho visto nello Specchio."
Con un cenno, Galadriel la invitò a proseguire.
"Tra non molti anni, Arwen incontrerà il suo compagno per la vita", esordì la Istar, e la Signora del Bosco sorrise, "Qualcuno potrebbe ritenerlo inadatto a lei, ma non siamo noi a decidere chi è la persona più adatta a diventare il nostro compagno. Ne ho già parlato ad Arwen, e l'ho esortata a non dar retta a chi vorrà dissuaderli dallo stare insieme. Io ti chiedo di non ostacolarli, se non di aiutarli."
"Un compagno inadatto, dici?", fece Galadriel, corrugando la fronte, "Per quanto mi riguarda, la cosa più importante è che sia una brava persona, e che la ami come merita. Anche se si innamorasse di un Elfo che fa il falegname, o il cacciatore, non sarei contraria."
"E se non si trattasse di un Elfo?", domandò Nerwen a bassa voce. Sorpresa, Galadriel si appoggiò contro lo schienale.
"Non ci ho mai pensato", rispose lentamente, "Tra i suoi antenati per parte di padre ci sono ben due unioni tra Primogeniti e Secondogeniti; non sarebbe dunque una cosa inaudita. Tuttavia, prevedo che un simile amore sarebbe osteggiato, da alcuni. Elrond certamente non ne sarebbe entusiasta, per quanto egli stesso discenda da tali unioni; o forse proprio per questo."
"I due avranno bisogno di qualcuno che li appoggi", continuò Nerwen, "Lo farei io, perché non è giusto separare due persone destinate a stare insieme, ma temo che non sarò presente. Per questo chiedo a te di farlo in vece mia... O almeno, di non ostacolarli."
Galadriel ponderò a lungo le parole dell'amica.
"Mi chiedi molto", osservò infine, "Dopotutto, Arwen Undómiel è la Elda nubile di rango più elevato nella Terra di Mezzo. Un po' come a suo tempo lo era la sua trisavola Lúthien. E pur tuttavia concordo con te: due persone destinate assieme non devono venir ostacolate, o saranno entrambe infelici per tutta la vita: io certo non desidero l'infelicità della figlia della mia unica figlia", tacque ancora un momento, "Va bene, Nerwen: non sarò loro ostile. Non ti prometto però che sarò loro favorevole: tutto dipende da chi si rivelerà essere il suo compagno per la vita."
"Mi basta così", dichiarò Nerwen, sollevata, "Un'altra cosa: prevedo che dovranno stare lontani per lunghi periodi, per cui ti chiedo di insegnar loro come trovarsi in Olorendor."
"La Terra del Sogno? È molto tempo che non uso quella tecnica, ma non l'ho dimenticata. E potrebbe essere loro di grande conforto, se è vero che dovranno star separati a lungo", le lanciò una lunga occhiata indagatrice, "Qualcosa mi dice che già conosci e stimi colui che diventerà il compagno di Arwen... ho ragione? Altrimenti non mi spiego il motivo per cui ti dai tanto da fare per favorirli."
Nerwen sorrise: era impossibile tener celato qualcosa allo sguardo acuto di Galadriel.
"È così", confermò, "e ritengo che anche tu giungerai a stimarlo, col tempo. Lo attende un grande destino: me lo dice il cuore, anche se la testa continua a dirmi che il futuro non è mai certo finché non si è trasformato in presente."
"Nel corso del tempo", considerò pensierosamente Galadriel, "ho constatato come il cuore sbagli assai più raramente della testa..."
Subito dopo cena, invece di recarsi come di consueto al Salone del Fuoco, Nerwen si recò da Beriadir: voleva comunicargli che tra una settimana sarebbe andata via. Avrebbero potuto trascorrere del tempo assieme, se lui lo desiderava.
Essendosi informata sulle usanze galadhrim inerenti al presentarsi in casa altrui, stavolta Nerwen salì la scala che portava al flet e, qualche gradino prima di emergere dal foro centrale, chiamò a voce alta:
"Beriadir, sei in casa? Sono Nerwen."
Beriadir rispose subito:
"Avanti, avanti...!", le andò incontro mentre saliva gli ultimi scalini, "Che piacere vederti!", dichiarò sorridendo di contentezza, "Non ci speravo ormai più, oggi."
"Ho fatto piani per il mio viaggio", spiegò la Istar, "e poi ho trascorso buona parte del pomeriggio con mia nipote Arwen."
L'Elfo la fece accomodare al proprio tavolo, dove c'erano ancora i resti della sua cena.
"Posso offrirti del vino? Un infuso?", le chiese.
"Un infuso, grazie", accettò lei, vedendo che il bricco era già sul fuoco. Beriadir prese dalla dispensa una scatola di latta, misurò due pizzichi e li pose nella teiera, poi vi versò l'acqua bollente. Si sprigionò un profumo molto aromatico.
"Una miscela di mia invenzione", spiegò il padrone di casa, "tè nero con scorze d'arancia, cannella, zenzero e vaniglia."
"Dev'essere delizioso come il suo profumo", dichiarò Nerwen.
"Dunque dimmi", la esortò Beriadir, "Quali sono i tuoi piani, se puoi dirmelo?"
"Partirò tra una settimana", rispose lei, che non vedeva motivo di nascondergli alcunché, "alla volta di Fangorn."
"Fangorn!", trasecolò l'Elfo, preoccupato, "Non è un luogo molto raccomandabile, almeno secondo quanto si dice."
"Ho motivo di credere che la sua reputazione sia più fumo che arrosto", ribatté Nerwen, "al contrario del Bosco Atro."
"Capisco", fece Beriadir, poco convinto, "ma non mi piace lo stesso. Ti prego, promettimi che sarai molto prudente."
"Lo sarò, non temere."
"Mi auguro che potremo trascorrere questi giorni assieme", continuò Beriadir con aria speranzosa.
"Ne sarei lieta", dichiarò Nerwen, "ma non posso prometterti nulla", aggiunse con garbo, ma decisa ad esser chiara. Beriadir le prese una mano e vi depose un lieve bacio.
"Né te lo chiedo", affermò, "Mi basta stare con te."
Il cuore di Nerwen fece un sobbalzo: oltre che avvenente ed assai prestante, questo Elfo Silvano era pure dolcissimo. Non era affatto sicura di voler resistere all'incanto di quegli occhi blu mare e di quel sorriso abbagliante... Non per molto ancora, almeno.
"Grazie", disse, con gratitudine.
"Allora ci vediamo domani", concluse Beriadir, senza nascondere la propria contentezza.
Chiacchierarono ancora per un poco, poi Nerwen si congedò per tornare a palazzo. Durante il tragitto, non poté fare a meno di ripensare al momento in cui Beriadir le aveva detto che le bastava stare con lei e all'emozione che quella dichiarazione aveva suscitato nel suo cuore. L'attrazione che provava per lui era sempre più forte, e sentiva che il momento in cui sarebbe maturata ormai non era più molto lontano.
Tornata a palazzo, Nerwen incrociò Elrohir ed Elladan.
"Buonasera, zia", la salutò Elladan, "Abbiamo visto che stasera hai disertato il Salone del Fuoco... Stai bene?"
Aveva un'aria vagamente preoccupata, come il gemello; ciò fece comprendere a Nerwen che stavano ricordando che, a Gran Burrone, una sera si era dichiarata indisposta, quando aveva contattato Yavanna per la prima volta.
"Sono stata a trovare un amico", spiegò loro. Elrohir sollevò le sopracciglia e sorrise:
"Beriadir?"
La Istar squadrò il nipote da sotto in su con finto cipiglio:
"Esatto... e allora?"
"E allora, siamo molto lieti per te", dichiarò Elrohir, "Eri troppo triste a Gran Burrone."
A quel punto Nerwen spalancò le braccia e cinse affettuosamente entrambi i gemelli.
"Grazie, nipotini", disse loro, "Siete molto cari."
Loro ricambiarono l'abbraccio.
"Anche tu ci sei molto cara, zia", le assicurò Elladan. Nerwen si commosse: la scomparsa dell'unica, adorata nipote aveva lasciato un grande vuoto nel suo cuore, che ora però era stato riempito nuovamente da ben tre suoi discendenti; ed una di essi le era così assomigliante da convincerla che, dopotutto, Lúthien Tinúviel non era andata perduta al mondo.
Nota dell'autrice:
Mi sono sempre chiesta come mai Arwen, la prima volta che ha incontrato Aragorn che l'ha presa per Lúthien, si sia presentata dicendogli che, sebbene lei non fosse la sua trisavola, forse il suo destino non sarebbe stato dissimile: come faceva a saperlo? Mistero risolto: glielo aveva svelato Nerwen! XD
Olorendor è una mia invenzione; poiché mi piace molto il modo in cui Peter Jackson nei film riesce ad inserire Arwen nei pensieri e nei sogni di Aragorn, e viceversa, mi è venuta l'idea che potessero in qualche modo comunicare e trovarsi, nel corso dei lunghi anni in cui non sono stati assieme; ed ecco che mi è sorta l'idea di questa dimensione del sogno.
Grazie a chi mi sta seguendo in questa incredibile "avventura grafica"; e un grazie particolarmente sentito a chi mi dedica qualche minuto a recensire: il parere dei lettori è di enorme importanza, per me!
Lady Angel
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