Capitolo XX: Nel giardino di Galadriel

Capitolo XX: Nel giardino di Galadriel

La sera, dopo la cena - che ancora una volta Nerwen consumò in compagnia dei Signori dei Galadhrim e dei loro nipoti, come avrebbe fatto per tutti i pasti durante il suo soggiorno a Lothlórien - come in tutte le corti elfiche ci furono intrattenimenti: musica, poesia, danze. Galadriel volle che Nerwen sedesse accanto a lei, e così le due vecchie amiche si godettero lo spettacolo assieme.

Ad un certo punto della serata, Galadriel si sporse verso Nerwen e le disse a bassa voce:

"Elrond mi ha mandato parola della tua ricerca: domattina, dopo colazione, andremo nel mio giardino e ne parleremo assieme."

"Ottimo", rispose Nerwen, "Abbiamo anche molte altre cose da raccontarci, oltre che parlare della mia missione...", aggiunse sorridendo.

"Infatti", confermò l'altra contraccambiando il sorriso, "Due intere ere di avvenimenti..."

Il mattino dopo, consumata un'abbondante colazione com'era usanza dei Galadhrim, Nerwen seguì Galadriel nel suo giardino, che era situato nella sezione sudest della città arborea, a ridosso del terrapieno protettivo. Per raggiungerlo, attraversarono un'alta siepe e poi discesero una rampa di scale scavata nella roccia, di fianco alla quale gocciolava allegramente un rivolo d'acqua; al centro del piccolo spiazzo circolare che ospitava il giardino, un basso bacile d'argento lucido era incassato in un piedestallo di pietra bianca squisitamente intagliata a forma di albero frondoso. Addossata alla roccia ai piedi della scalinata c'era una piccola costruzione in foggia di casetta, della stessa pietra del piedestallo ed ugualmente decorata ad intaglio.

Galadriel si liberò delle scarpe - aveva sempre amato camminare a piedi nudi sull'erba - e sedette sul bordo di un basso e largo gradino di legno, assumendo una posa distesa ed informale come raramente le capitava; ma Nerwen la conosceva troppo bene perché lei fosse obbligata a mantenere, senza reale necessità, la sua dignità di Alta Elfa e di Signora dei Galadhrim; con la sua vecchia amica, si sentiva libera di essere semplicemente Galadriel.

Nerwen si sedette accanto a lei, altrettanto rilassata ed a proprio agio, ed imitò Galadriel togliendosi le scarpe.

"Venendo a Lórien", esordì, "sono passata da Rhosgobel: speravo di trovare Radagast, ma invece di lui, abbiamo trovato i lupi mannari: ci hanno attaccato, e non so come sarebbe andata a finire, se non fosse intervenuto un uomo-orso che abita da quelle parti, Beorn."

"Beorn il mutapelle? Credevo fosse una leggenda!"

"Lo credevano anche a Gran Burrone, ma non è così. La sua razza risale ai primi Uomini; sono sempre stati in pochi, ed assai riservati. Dopo la Prima Era se ne erano perse le tracce, per cui non mi meraviglio che si sia finiti col considerarli un mito. Beorn conosce bene Radagast e, sapendo della sua assenza, teneva d'occhio la sua casa; quando ci ha visti non ha ritenuto di doversi far avanti, ma quando i goer ci hanno assalito, durante la notte, ha chiamato a raccolta un buon numero di animali suoi amici ed è intervenuto, permettendoci di uscire quasi indenni dallo scontro."

Galadriel annuì, accettando le notizie con grande interesse.

"Come mai cercavi Radagast?", le chiese poi.

"Per la mia missione", rispose Nerwen, "Kementári mi ha incaricata di trovare gli Ent: è convinta che, nonostante il loro carattere schivo, possano giocare un ruolo importante nella battaglia contro il Male."

"Gli Ent...", ripeté Galadriel pensierosamente, "Non so se Radagast ha loro notizie recenti: sono molti secoli che non se ne sente parlare. Si sono sempre tenuti defilati dagli altri esseri senzienti, anche più degli uomini-orso, ma durante la Prima Era non era poi tanto insolito incontrarne uno o un gruppo; e più o meno si sapeva dov'erano stanziati. Sono scampati alla devastazione del Beleriand perché l'avevano abbandonato molto prima della Guerra d'Ira. Durante la Seconda Era hanno certamente abitato le foreste dell'Eriador, di cui ora non rimangono che pochi resti sparsi...", Nerwen annuì, rammentando la Vecchia Foresta, "e anche il Boscoverde. Ricordo che Oropher, il padre di Thranduil, me ne parlava: erano in buoni rapporti, gli Elfi Silvani e gli Ent. Quando però Sauron si insediò a Dol Guldur, quasi duemila anni fa - anche se allora non sapevamo che fosse lui - e Oropher fu costretto a ritirarsi a settentrione, gli Ent scomparvero dal Boscoverde e nessuno ne udì più parlare. Forse però Oropher ha raccontato qualcosa di più di loro a suo figlio Thranduil: magari dovresti rendergli visita."

Nerwen scosse la testa:

"Può darsi più avanti, ma prima voglio verificare un indizio che ho trovato nella biblioteca di Elrond, che porta altrove", raccontò all'amica, "Ho trovato accenno ad un luogo chiamato Terraverde - che è la traduzione letterale in Lingua Corrente di Calenardhon - situato a meridione dei Monti Brumosi, certamente un altro modo di chiamare le Montagne Nebbiose."

S'interruppe, curiosa di vedere se Galadriel sarebbe giunta alla sua stessa conclusione.

"Sembrerebbe indicare Rohan", disse infatti la Dama dei Galadhrim pochi istanti dopo, "e questo mi fa pensare alla Foresta di Fangorn."

Nerwen rammentò d'averla vista indicata sulle mappe della Terra dei Cavalli.

"Perché dici così?", indagò, incuriosita.

"Perché i Rohirrim raccontano di alberi che camminano", rispose Galadriel, "di occhi che osservano, di voci che sussurrano in quella foresta. Temono quel luogo, chiamandolo Foresta Tenebrosa e parlandone solo a mezza voce. Un fiume che la attraversa viene chiamato Onodlò, o Entalluvio nella Lingua Corrente, e sta certamente ad indicare che, almeno un tempo, gli Ent dovevano abitarvi. Io però non ci sono mai stata, né alcun Galadhrim, perciò non so dirti altro di questa foresta. Gli Ent non sono malvagi, per cui non riesco a comprendere il motivo per cui essa ha la brutta nomea che le attribuiscono; ciò mi fa sorgere il dubbio che in realtà gli Ent non c'entrino, e che tale nomea sia da attribuirsi ad altre creature, esseri oscuri e maligni."

Nerwen annuì, pensierosa: essendo Galadriel a metterla in guardia, avrebbe fatto particolarmente attenzione, e non si sarebbe fatta cogliere di sorpresa come dalla Vecchia Donna Betulla sulle sponde di Sinuosalice.

"Dunque avete contatti coi Rohirrim?", chiese poi. Galadriel scosse il capo:

"Non più: ormai da molti anni ci considerano leggenda e stanno alla larga dal Bosco d'Oro, che chiamano Dwimordene, la Valle dei Fantasmi. Come siano giunti a questo non so, dato che nei giorni di Eorl il Giovane i Galadhrim li aiutarono, durante la loro grande cavalcata dal nord in soccorso di Gondor; ma questi sono giorni strani", fece una pausa, riflettendo se dire o meno alcune cose alla sua vecchia amica; ma si fidava completamente di lei, così si risolse a proseguire:

"Anche noi siamo inquieti: qualcosa si agita, a Dol Guldur. Da molto tempo Mithrandir sta facendo pressioni perché quel luogo malvagio venga attaccato, ma Saruman non vuol saperne: dice che non bisogna stuzzicare Sauron, di lasciarlo in pace finché se ne sta rinchiuso nella sua fortezza senza far danno; ma io prevedo che, presto o tardi, il Nemico farà la sua mossa e assalirà la bella Terra della Valle dell'Oro Cantante, Laurelindórinan, la nostra Lothlórien... Sarebbe bene che facessimo noi la prima mossa, perché sono d'accordo con Mithrandir nel dire che, in questo caso, la miglior difesa è l'attacco. Ma Saruman è potente, e persuasivo, e finora è riuscito a convincerci ad attendere."

"Spesso l'attesa si è rivelata una pessima scelta, in passato", concordò Nerwen, "Forse è il momento di cambiar tattica."

"Lo penso anch'io", concordò Galadriel, "perciò ho intenzione di convocare presto il Bianco Consiglio."

Nerwen corrugò la fronte: ecco qualcosa che non conosceva.

"Che cos'è il Bianco Consiglio?", s'informò.

"Perdona, dimenticavo che manchi da Ennor da molto tempo", disse Galadriel in tono di scusa, "È l'alto comando dei Popoli Liberi della Terra di Mezzo", spiegò poi, "composto dai più potenti tra gli Eldar - Elrond, Thranduil, Círdan, Celeborn ed io - e dagli Istari. Tecnicamente ne farebbero parte anche i due che non sono più tornati dall'oriente... ed ora anche tu", concluse, guardandola speranzosa, evidentemente già pensando di poter trovare in lei un'alleata.

"Temo che la mia missione mi porterà lontano, senza possibilità di comunicare", si dispiacque Nerwen, "ma se dovessi essere ancora qui, quando convocherai il Bianco Consiglio, allora verrò. Ad ogni modo, di cosa di occupa precisamente?"

"Il suo proposito è controllare e fermare il Male nella Terra di Mezzo", rispose la Dama dei Galadhrim, "e anche di cercare e, se possibile, distruggere l'Unico Anello, dato che in quell'oggetto malefico è infuso il potere di Sauron, il principale artefice del Male in Ennor."

"A capo del Bianco Consiglio c'è Saruman, dunque?", suppose Nerwen, rammentando quanto detto prima da Galadriel a proposito del potere e della capacità di persuasione dello Stregone Bianco.

"È così", confermò lei, "anche se io avrei voluto Mithrandir, ma lui non accettò."

"Tipico di lui", commentò Nerwen, "Non ha mai voluto essere formalmente a capo di niente, perché si ritiene un gregario, non una guida."

"Ma si sbaglia", affermò Galadriel, con decisione, "È saggio, e ponderato, e valoroso, e il bene di Arda gli preme più che il proprio bene personale. Che cosa chiedere di più ad un capo?"

"Dillo a lui", ritorse Nerwen con un sorriso storto; era d'accordo con Galadriel, ma conosceva bene il suo migliore amico di sempre: niente lo avrebbe persuaso a cambiare idea su se stesso.

"Hai ragione", rise Galadriel, "è proprio un gran testone!"

A quel punto si alzò ed andò alla casetta di pietra; aprì il portoncino di legno ed entrò brevemente, riemergendone con un vassoio d'argento sul quale reggeva due coppe ed una brocca dal lungo collo, pure d'argento. Sorrise a Nerwen:

"Tutto questo parlare mi ha seccato la gola, a te no?"

"A dire il vero, sì", ammise la Istar, contraccambiando il sorriso.

Galadriel posò il vassoio sul gradino su cui erano sedute ed andò a riempire la caraffa con l'acqua che zampillava giù da metà altezza della piccola parete di roccia, poi venne a versarla nelle coppe e tornò a sedersi. Bevvero, e Nerwen trovò l'acqua molto fresca e dissetante.

"Raccontami di Valinor", la esortò la Dama del Bosco, sporgendosi verso di lei, "Come sta mia figlia?"

"Vive nella tua vecchia casa a Lórien", le rivelò Nerwen. Galadriel annuì:

"Sì, le ho detto io di andare ad abitare là. La sua decisione di abbandonare la Terra di Mezzo dopo il rapimento mi ha addolorata, ma il soggiorno a Valinor, e specialmente nei Giardini di Lórien, era l'unica cura alle ferite della sua anima..."

Nerwen rammentò che Elrond aveva fatto la stessa osservazione: era stato assai amareggiato dalla scelta di Celebrían, ma nessuna cura, neppure l'amore del marito e quello dei figli, era stata sufficiente a lenire la sua pena, dopo le torture subite dagli Orchi. Recarsi a Lórien era il solo rimedio.

"Sta molto meglio ora", la Istar anticipò la successiva domanda della Dama del Bosco, "Io l'ho incontrata soltanto poche volte, ma il miglioramento tra una e l'altra volta era sempre molto evidente."

Un velo, del quale finora Nerwen non s'era resa conto, cadde dal bellissimo volto di Galadriel, che parve acquisire ulteriore luminosità: la pena per la figlia era profondamente sepolta nel suo cuore, ma non per questo la faceva soffrire meno.

"Grazie", disse, in un tono commosso che le era inusuale, "Mi è di grande conforto sapere che mia figlia sta meglio...", fece un lieve sospiro, prima di porre la domanda seguente, "E mio padre?"

"Lord Finarfin sta bene", le rispose Nerwen, "ma gli manchi", soggiunse piano. Quello era un argomento delicato: Finarfin si era opposto alla partenza dei figli al seguito di Fëanor per riconquistare i Silmaril rubati da Morgoth, ma loro non l'avevano voluto ascoltare ed avevano lasciato Aman nonostante il suo veto, ciò che aveva naturalmente creato astio tra loro ed il padre. Dopo la Guerra d'Ira ed il perdono dei Valar nei confronti di tutti coloro che erano partiti contro la loro volontà, Finarfin avrebbe tanto voluto rivedere la figlia - l'unica rimasta della sua discendenza, essendo tutti i figli maschi periti tragicamente nel Beleriand - ma lei e Celeborn se n'erano andati già da tempo oltre gli Ered Luin.

L'espressione di Galadriel si velò di mestizia.

"Anche lui manca a me", si confidò sottovoce, "Chissà, se un giorno deciderò di abbandonare la Terra di Mezzo..."

Lasciò la frase in sospeso: amava molto la sua terra d'adozione, dove oramai aveva vissuto gran parte della sua vita; e tanto più l'amava dato che il potere di Nenya - l'Anello d'Acqua - la rendeva ancor più bella, infusa di una qualità simile a Valinor, proprio come accadeva ad Imladris. Difficilmente l'avrebbe lasciata, fosse pure per tornare in patria.

"Ti riaccoglierà a braccia aperte", Nerwen completò la frase per lei. Galadriel le lanciò un'occhiata furtiva e, con sua sorpresa, la Maia vi vide brillare delle lacrime.

"Tu dici?", le chiese, speranzosa. L'altra annuì con decisione:

"Assolutamente sì", confermò. Conosceva il cuore di Finarfin il padre ancor meglio di quanto conoscesse il cuore di Finarfin l'Alto Re dei Noldor. Sapeva per certo che amava moltissimo tutti i suoi figli; apprendere che tre di loro - Finrod, Aegnor e Angrod - erano morti lo aveva immensamente addolorato, ed ancora si doleva del fatto che le ultime parole che si erano rivolti fossero state pronunciate in collera. Rivedere l'unica figlia rimastagli lo avrebbe reso più che felice, e ne avrebbe tratto grande consolazione.

"Il mondo sta cambiando", mormorò Galadriel in tono cupo, "Posso sentirlo nell'acqua, posso sentirlo nella terra, posso odorarlo nell'aria... Forse veramente, un giorno non più molto lontano, sarà così cambiato che vorrò tornare in Aman... Ma non ora", concluse, spazzando via la mestizia che l'aveva colta al pensiero del padre lontano, "Raccontami di te e di Melian!", la sollecitò. Nerwen comprese che l'altra non desiderava parlare oltre di Finarfin; per il momento, le bastava sapere che stava bene. Parlarne ancora l'avrebbe soltanto addolorata.

"Dopo la morte di Thingol, è venuta a vivere con me nei miei giardini", le raccontò, "Ogni tanto si reca a Lórien, quando la pena diventa insopportabile... Col tempo, accade sempre meno di frequente, ma temo che non smetterà mai completamente."

"In tutto questo tempo, Melian non ha trovato un po' di consolazione in qualche amico?", domandò Galadriel, non per spettegolare, ma con sincera partecipazione.

"Un paio di volte", confermò Nerwen, "ma sempre storie di breve durata."

Galadriel annuì: perdere il proprio compagno per la vita comportava sempre quel tipo di reazione, ed infatti tra i Primogeniti era assai raro che ci si risposasse, una volta rimasti vedovi.

"Celeborn ed io abbiamo avuto le nostre divergenze, in passato", svelò all'Istar, "Abbiamo perfino abitato separatamente, per qualche tempo; ma non riesco ad immaginare di vivere senza di lui. Non oso pensare cosa abbia sofferto Melian", scosse il capo e sospirò, "E di te, che cosa mi racconti?"

Nerwen si strinse nelle spalle:

"Dall'ultima volta che ci siamo viste, nelle aule di Menegroth, la mia vita è stata sempre la stessa di prima; l'unico cambiamento significativo, è che Melian è venuta a vivere con me. Come lei, anch'io ho avuto qualche amico amoroso, ma devo ancora incontrare il mio compagno per la vita - se mai esiste. Poi un giorno Kementári mi ha chiamata a Valimar per parlarmi degli Onodrim.; e quindi eccomi qui in Ennor, dopo così tanto tempo, alla loro ricerca... Come vedi, la mia vita non è stata molto movimentata, fino a pochi mesi fa!", rise, "Scommetto invece che la tua è stata molto più interessante..."

Ed aveva ragione: Galadriel le raccontò di come, dopo aver lasciato il Beleriand durante la Prima Era, lei e Celeborn si fossero stabiliti nel Lindon, dove governarono un piccolo gruppo di Elfi come vassalli di Gil-galad, che era l'Alto Re dei Noldor nella Terra di Mezzo. Poi viaggiarono verso est e si stabilirono nel territorio di Eregion, o Agrifogliere, appena a est di Moria, il grande regno nanico nelle Montagne Nebbiose, col quale aveva stretti legami commerciali, dimostrando come Elfi e Nani potessero ben vivere vicini e rispettarsi a vicenda; ma forse per loro fu più facile perché i Noldor condividevano coi Nani la passione per la creazione di oggetti in metallo, dalle armi ai gioielli; e Celebrimbor, nipote del grande Fëanor, fu l'artefice delle famose, magiche porte del Cancello Occidentale di Moria. In quello stesso torno di tempo, Galadriel e Celeborn entrarono in contatto con Lórinand, il regno nandorin di Amdír, sul lato opposto delle Montagne Nebbiose, e decisero di trasferirvisi. Fu lì che nacque la loro unica figlia, Celebrían. E poiché nel tempo si erano dimostrati grandi saggi, quando Amdír morì nella Battaglia di Dagorlad, alla fine della Seconda Era, e Amroth suo figlio lasciò la Terra di Mezzo, gli Elfi Silvani chiesero loro di guidarli, divenendo i loro Signori.

"...e quando cominciai a piantare i mellyrn e vidi che prosperavano qui come da nessun'altra parte di Ennor, decisi di ribattezzare il luogo col nome di Lothlórien, in ricordo della mia dimora in Aman", concluse Galadriel.

Non era quello il solo motivo, come ben sapeva Nerwen.

"Che questo sia l'unico posto in tutta la Terra di Mezzo dove crescono i mellyrn non è un caso", disse a bassa voce, "Lothlórien è benedetta e salvaguardata dal potere di Nenya."

Galadriel la scrutò con i suoi penetranti occhi azzurri, poi lentamente annuì.

"Immaginavo che tu lo sapessi", affermò, e sollevò la mano col dorso rivolto verso di lei: sul dito medio comparve un magnifico anello di mithril, il favoloso metallo argenteo, più forte dell'acciaio ma molto più leggero, che si trovava unicamente nelle miniere di Moria; su di esso era incastonato un diamante purissimo che, intercettando un raggio di sole, mandò un lampo sfolgorante: dei Tre, l'Anello d'Acqua era certamente il più bello.

"Il suo potere è la protezione, la preservazione e l'occultamento dal Male", spiegò la Dama dei Galadhrim, "Sì, ha ragione: è grazie ad esso che Lothlórien è divenuta così simile alla Lórien di Valinor", concluse, mente Nenya scompariva dalla vista.

Rimasero in confortevole silenzio per qualche minuto, poi Galadriel tornò ad alzarsi, prese la caraffa ed andò a riempirla nuovamente. Poi si recò al piedestallo con il bacile d'argento e lo colmò fino all'orlo; quindi posò la brocca a terra, soffiò sopra l'acqua facendola increspare, e quando fu di nuovo immobile, fece cenno a Nerwen di avvicinarsi.

La Maia le si affiancò; l'espressione seria della sua amica, che guardava dentro il bacile, la indusse a fare altrettanto; ma non vide nulla d'insolito: l'acqua era limpidissima e la sua superficie era perfettamente calma.

"Questo", mormorò la Dama di Lothlórien a bassa voce, "è lo Specchio di Galadriel. In esso, occhi che sanno vedere possono penetrare le brume del Tempo: vi si possono scorgere cose che furono, cose che sono, e cose che forse saranno, un giorno. Tu che sei dotata della Seconda Vista, saresti capace di vedere molto lontano, e potresti trovare questo strumento molto utile per la tua ricerca", sollevò lo sguardo per scrutare la Istar, "Desideri guardare, Nerwen?"

Nerwen sapeva bene come la conoscenza del futuro potesse essere inaffidabile, perché il futuro è in continuo movimento, mutando ad ogni scelta che si compie - o che non si compie; e Galadriel aveva infatti detto cose che forse saranno. Inoltre, la conoscenza del futuro è un'arma a doppio taglio, fin troppo spesso, per evitare un futuro sgradito, si attuano azioni che finiscono col provocare proprio ciò che si voleva evitare.

"Lo Specchio mi mostrerà ciò che desidero, oppure ciò che vorrà lui?", domandò.

"Posso comandare allo Specchio di mostrarti ciò che più desideri", rispose Galadriel, "Ma se lasciato libero, lo Specchio mostra anche cose non richieste, e spesso sono proprio queste le più utili; tuttavia, in tal caso non posso dirti io che cosa vedrai, ed a volte neppure il più saggio comprende le immagini che osserva."

Nerwen ponderò ancora un momento l'offerta di Galadriel; poi prese la sua decisione:

"Guarderò."

"Bene", annuì la Signora dei Galadhrim, "Guarda attentamente nel bacile. Non toccare l'acqua."

Si allontanò di un paio di passi, non per riservatezza - non avrebbe comunque potuto vedere quello che lo Specchio mostrava ad un'altra persona - ma per permettere a Nerwen di concentrarsi meglio.

L'Aini fece come le aveva detto Galadriel ed osservò intensamente dentro il catino d'argento, pensando agli Ent. L'acqua parve tremolare, divenne opaca, si scurì per qualche secondo, e poi tornò trasparente; ma ora il bacile era diventato una finestra attraverso cui Nerwen poté guardare e scorgere avvenimenti e persone, remote nello Spazio o nel Tempo, o in entrambi.

Dapprima le parve d'avvicinarsi a volo d'aquila ad una foresta dall'aspetto molto vetusto, nebbiosa e piena di muschio, dai cui enormi alberi nodosi pendevano lunghe barbe di licheni. Un giovane fiume usciva dalla profonda ombra della selva, scorrendo rapido su una vasta pianura erbosa percorsa da grandi mandrie di cavalli. La foresta era percorsa da cose gigantesche e gli alberi parevano ondeggiare, agitandosi come i flutti del Grande Mare.

Nerwen intuì che stava guardando Fangorn, la Foresta Tenebrosa come la chiamavano i Rohirrim, e capì perché avesse la brutta nomea che le attribuivano: la sua sola vista era angosciante, ancor più che il Bosco Atro.

Eppure Nerwen non ne fu del tutto convinta: qualcosa di indefinibile le fece comprendere che quello era soltanto l'aspetto, e che la sostanza in realtà non era maligna; certamente ostile, anche pericolosa, forse, ma non maligna. A differenza che nel Bosco Atro, dubitò che a Fangorn si aggirassero creature asservite al Nemico.

Poi la visione mutò. Si girò nella direzione del sole che sorge e, ad una velocità vertiginosa, sotto di lei scorsero sterminate lande scarsamente abitate, a volte desolate; poi una terra ben coltivata e popolosa; un ampio mare interno; una foresta immensa; ancora pianure deserte; alte montagne rosse dalle cime incappucciate di nevi eterne; ed oltre a queste, una terra fiorita e curata come un giardino, punteggiata di boschetti e percorsa da molti fiumi e torrenti, e confinante con il mare; non era Belegaer, bensì un altro oceano. Avvicinandosi, Nerwen s'accorse che molti alberi si muovevano, con movenze rigide eppure aggraziate, camminando in lungo ed in largo per quello splendido territorio. Ent!, pensò subito l'Istar; ma dove mai si trovasse quella fertile regione, era impossibile dirlo: non l'aveva vista su nessuna delle innumerevoli mappe che aveva consultato ai Porti Grigi e a Gran Burrone.

La visione sbiadì e l'acqua divenne grigia come bruma; poi tornò a schiarirsi. Stavolta le presentò un'immagine di Lothlórien: sdraiate sotto gli alberi di un alto colle incoronato di mellyrn e ricoperto di fiori di elanor e niphredil, c'erano due figure nude, strettamente abbracciate, mentre si baciavano con fervore. Stavano chiaramente facendo l'amore, ma la visione si avvicinò loro senza alcun pudore; Nerwen fece per distogliere gli occhi - non le era mai piaciuto spiare le persone nella loro intimità - quando riconobbe la parte femminile della coppia di amanti: era Arwen, scarmigliata e con il volto arrossato dalla passione. La parte maschile era un Uomo bruno, alto e bello, e con un sussulto di sorpresa Nerwen riconobbe Estel, o meglio Aragorn, così come lo aveva visto nella seconda parte sua visione a Gran Burrone, non più giovanissimo ma nel fiore della virilità. Un luccichio verde attrasse lo sguardo di Nerwen sulla mano di Arwen, posata sull'ampia schiena muscolosa del suo amante: erano le pietre di un anello dalla foggia insolita.

Nerwen fu certa, di una certezza così assoluta da sbalordirla, che non stava guardando due amici amorosi, ma due compagni per la vita.

Arwen desiderava un amore come quello della sua trisavola Lúthien, ed era esattamente quello che il destino pareva averle riservato.

La visione sbiadì e l'acqua tornò limpida, senza più mostrare nulla.

Piuttosto stordita, Nerwen si trasse indietro e barcollò; prontamente, Galadriel la sostenne e l'accompagnò a sedersi, poi le porse la coppa d'argento con dell'acqua affinché bevesse. Ristorata, la Maia scosse la testa come a schiarirsi le idee confuse.

"Più la vista è acuta, più l'effetto dello Specchio è forte", affermò Galadriel, "Ci vuole un po', per abituarsi. Anche Mithrandir, la prima volta, ha avuto la tua stessa reazione", fece una pausa, "Hai visto ciò che desideravi vedere?"

"Sì", rispose Nerwen, "Per prima cosa ho visto Fangorn; ma non c'erano Ent, o almeno non ne ho visti; li ho visti invece in una terra sconosciuta, lontanissima verso oriente, oltre le Terre Selvagge e oltre un grande mare interno, una foresta immensa ed una catena montuosa altissima. Dove sia questo luogo, però, non ho idea, perché non c'è su nessuna delle mappe che ho studiato, a Valinor o qui nella Terra di Mezzo...",

S'interruppe, indecisa se rivelare a Galadriel anche la terza visione dello Specchio; decise di no: dopotutto, non la riguardava, almeno non direttamente.

"Non tutte le Terre Selvagge sono state cartografate", osservò Galadriel, "Sappiamo ben poco di cosa ci sia oltre il Carnen che scorre dai Colli Ferrosi verso il Mare di Rhûn, che è probabilmente il mare interno che hai visto; sulle sue sponde nord-occidentali sorge il Dorwinion, praticamente l'ultima terra conosciuta; oltre questo mare c'è una grande selva, che è stata denominata Eryn Rhûn, ma non ne sappiamo nulla, né l'effettiva estensione, né chi eventualmente la abita."

"Nell'ipotesi che io non trovi gli Ent a Fangorn, almeno ho un indizio sulla direzione da prendere per trovare quelli che ho visto nello Specchio", considerò Nerwen.

"Mi auguro che tu non debba andare tanto lontano", auspicò la Dama dei Galadhrim.

La Seconda Vista della Maia scelse quel preciso istante per manifestarsi: vide di spalle un Elfo molto alto dai capelli corvini lunghi sul collo, abbigliato in insoliti abiti attillati di pelle nera. Quando si voltò, mise in mostra un lungo naso affilato sopra una bocca dalla linea orgogliosa, ed un paio d'occhi di un azzurro chiaro e luminoso che le ricordarono quelli di Thorin. Stava parlando, e la sua espressione era preoccupata. All'orizzonte dietro di lui, oltre una vasta distesa boscosa, torreggiavano i picchi innevati delle montagne rosse che aveva visto nello Specchio.

Fu solo un istante, poi la visione si dissolse come nebbia al sole.

Chiunque fosse quell'Elfo, era importante per il suo futuro, forse fondamentale; altrimenti la Seconda Vista non gliel'avrebbe mostrato.

"Mi sa invece che dovrò proprio farlo", mormorò.

Nota dell'autrice:

"Il mondo sta cambiando..." è una frase che Tolkien fa dire a Barbalbero (Il Ritorno del Re, Capitolo VI Molte separazioni); ma ho voluto rendere omaggio ad un momento assai suggestivo della versione cinematografica, dove nel prologo la si ode pronunciare dalla voce di Galadriel.

Non potevo non far comparire il celebre Specchio, e non farlo usare a Nerwen: è certamente uno dei manufatti più intriganti e misteriosi creati dall'immaginazione di Tolkien. Inoltre, un modo assai utile per trovare indizi sugli sfuggenti Ent :-)

Un immenso grazie a chi continua a seguire questa mia fan fiction, che si sta dilatando oltre le mie aspettative: continuano a venirmi in mente fatti ed episodi e personaggi e particolari da aggiungere... non so proprio dove andrò a finire, di questo passo! LOL Spero che non vi stancherete e proseguirete indefessamente la lettura; e se ogni tanto mi lasciate due righe di commento, mi renderete molto felice, così saprò se sto facendo bene o no...

Lady Angel

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