Capitolo XV: Arrivo a Gran Burrone

Capitolo XV: Arrivo a Gran Burrone

Una decina di giorni dopo, verso metà pomeriggio Nerwen giunse sulle sponde del Bruinen, o Rombirivo come veniva chiamato in Lingua Corrente. Il viaggio era stato solitario e tranquillo, non avendo incontrato viandanti né corso alcun altro pericolo, dopo il maldestro agguato di Jack e dei suoi compari.

Avvicinandosi al fiume, Nerwen ne percepì l'incantesimo difensivo, che costituiva una barriera invalicabile per coloro che non erano invitati a Gran Burrone, similmente alla Cintura di Melian che tanto tempo prima aveva protetto il Doriath con incantesimi di smarrimento e follia. Solo chi conosceva la magia elfica poteva creare un varco in quello sbarramento invisibile ed attraversare il guado, entrando così nel regno di Elrond.

Nerwen chiamò Calad, facendola posare sul proprio polso, e poi diresse Thilgiloth sulla riva del Bruinen. Protese la mente verso la barriera, simile ad una ragnatela d'energia eterea, impalpabile ma potentissima. Studiandola brevemente, Nerwen capì che la sua azione difensiva avrebbe sollevato le acque del fiume affinché travolgessero qualsiasi incauto che si fosse azzardato ad attraversarlo con intenzioni malevole. Ordì quindi un adeguato contro-incantesimo, che aprì delicatamente un passaggio sicuro e le consentì di avanzare indisturbata nelle basse acque del guado, fino a giungere alla pietrosa riva opposta.

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Seduto su un terrazzo soleggiato nel suo palazzo ad Imladris, Elrond sollevò di scatto la testa dal libro che stava leggendo: la sua mente aveva percepito la perturbazione causata dall'azione di qualcuno che stava manipolando la magia elfica per aprire un varco nella barriera sul Bruinen. Era decisamente un'azione senza intenzioni ostili, ma si chiese chi mai potesse essere: solitamente, chi si recava nel suo regno si faceva preannunciare da messaggi... tranne Mithrandir, pensò poi divertito, il quale arrivava sempre inaspettato, per quanto gradito. Tuttavia, a lui Elrond aveva dato la chiave mentale di cui erano dotati tutti gli abitanti di Gran Burrone, per cui non lo avrebbe percepito attraversare il Bruinen. Chiunque fosse, non era un nemico - altrimenti l'incantesimo protettivo sarebbe scattato in azione - ed era dotato di grandi poteri, almeno quanto Mithrandir.

Si alzò e batté le mani; subito comparve il Soprintendente di Palazzo.

"Lindir, preparati ad accogliere degli ospiti, ma non so quanti siano. Hanno attraversato il Guado or ora."

Lindir sbatté le palpebre, sorpreso: non era da tutti avere la capacità di passare il fiume senza previo permesso di Lord Elrond, per cui concluse - correttamente - che dovesse trattarsi di qualcuno di assai potente.

"Va bene, mio signore", disse, chinandosi prima di congedarsi. Si avviò con calma: se l'ospite o gli ospiti avevano appena oltrepassato il fiume, sarebbe occorsa almeno un'ora prima che attraversassero lo snello ponte che balzava oltre il profondo burrone che dava il nome al luogo, sul fondo del quale scorreva il giovane Bruinen, giungendo così ai piedi della lunga scalinata che portava all'ingresso principale del palazzo.

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Appena superata la barriera, Nerwen segnalò a Calad che era libera di tornare in volo, e la falchetta si lanciò, preferendo di gran lunga planare sulle correnti d'aria che ballonzolare sul polso della Istar a cavallo.

Thilgiloth si avviò verso il sentiero che si scorgeva alla fine della spiaggia ghiaiosa, che cominciava subito ad arrampicarsi sui fianchi dei primi contrafforti delle Montagne Nebbiose. Un po' più avanti cominciò a salire in modo più deciso, ma rimase un percorso ben tenuto ed agevole anche per i cavalli, per quanto piuttosto stretto.

Poco più di un'ora dopo, Nerwen giunse allo snello ponte che collegava i due lati del burrone, oltre il quale si scorgeva il magnifico palazzo di Lord Elrond.

Al tempo in cui l'aveva conosciuto, alla fine della Prima Era, Elrond era assai giovane e non era ancora divenuto un re tra gli Eldar; né a quel tempo Imladris esisteva ancora. La Maia si fermò un attimo a contemplare il bellissimo palazzo di pietra chiara e marmo intagliato, simile ad un merletto, e gli altri leggiadri edifici costruiti su un ripiano nel fianco della montagna, da cui molte fonti scaturivano per gettarsi in sottili cascate nel Bruinen, che scorreva rumorosamente nel suo letto pietroso sul fondo del baratro. L'aria era fresca e pura, e l'energia di quel territorio ricordava fortemente quella delle Terre Imperiture, sebbene in sottofondo si percepisse comunque la qualità mortale intrinseca della Terra di Mezzo.

Poi Nerwen scorse, dall'altro lato del ponte, una figura bruna, alta e snella, che pareva attenderla. Allora richiamò Calad, affinché potesse essere subito adeguatamente presentata, e diede di tallone a Thilgiloth, che si avviò.

In sella alla Corsiera e con la falchetta calë sul polso, Nerwen la Verde giunse così ad Imladris, che gli Uomini chiamano Gran Burrone.

Con la sua doppia vista elfica, che vedeva il visibile ed anche l'invisibile, Lindir comprese subito di trovarsi davanti a qualcosa di ben maggiore di una semplice minuta donna umana come appariva, e quindi, anche se non sapeva ancora chi fosse, non appena lei ebbe attraversato il ponte le si inchinò rispettosamente.

"Benvenuta a Imladris, l'Ultima Casa Accogliente, regno di Lord Elrond", le disse solennemente in lingua sindarin, certo di venir compreso, "Io sono Lindir."

"Io sono Nerwen la Verde", si presentò quest'ultima, con la stessa gravità dell'Elfo, "e ti ringrazio per il tuo benvenuto."

Scese agilmente dall'arcione, mentre un altro Elfo si avvicinava per prendere le briglie di Thilgiloth, evidentemente il palafreniere di palazzo.

"Si chiama Thilgiloth", lo informò Nerwen, affidandogliele, "Qualche volta è un po' ombrosa, ma basta trattarla con gentilezza. Ama molto correre, ed il suo foraggio preferito è l'avena."

Lo stalliere annuì con un sorriso, indicando d'aver capito, e prese in consegna la Corsiera, che lo seguì con la massima tranquillità: sentiva di essere completamente al sicuro, in quel luogo e con quelle persone, che anche a lei ricordavano la sua terra oltre il Grande Mare.

Poi Nerwen tornò a rivolgersi a Lindir, indicando con la testa la falchetta:

"E questa è Calad. Posso lasciarla libera di volare e cacciare?"

"Certamente, i falchi sono nobili animali e qui a Imladris sono molto amati."

Automaticamente, Nerwen tradusse per Calad, che per tutta risposta fece una riverenza con la testa ed aprì le ali, prendendo il volo.

"Calad ringrazia dell'ospitalità", rivelò l'Aini a Lindir.

"Parlate con gli animali, dunque, come Aiwendil", considerò l'Elfo, che ormai aveva compreso di trovarsi di fronte ad una Istar. Nerwen confermò con un cenno, ritenendo superfluo svelargli che in realtà parlava anche con le piante.

"Gli Istari sono sempre ospiti graditi, a Imladris", proseguì Lindir, "Prego, seguitemi: Lord Elrond vi sta aspettando."

Poco dopo, Nerwen veniva introdotta in un salotto dove, in piedi presso le porte-finestre che si affacciavano su un terrazzo, l'attendeva un Elfo molto alto, dai lunghi capelli bruni. Sentendola arrivare, si voltò, e Nerwen constatò che si trattava di Elrond.

Il re elfico la scrutò per qualche istante prima di riconoscerla, offuscata rispetto a quando l'aveva incontrata, alla fine della Prima Era, e con un aspetto umano; poi il suo viso si rischiarò in un ampio sorriso:

"Nerwen Laiheri!", esclamò, facendo tre passi verso di lei prima farle una riverenza. Lindir rimase di stucco: mai aveva visto il suo signore inchinarsi di fronte a qualcun altro.

A rigore, per il suo rango quell'omaggio le era dovuto, anche da parte di un grande re come Elrond; ma Nerwen non era più una Maia completa, ed al massimo poteva porsi alla pari con lui, non già come maggiore di lui. E dopotutto, Elrond era suo parente, essendo figlio di Elwing, figlia di Dior, figlio dell'unica nipote di Nerwen, Lúthien.

"Niente inchini, amico mio", disse pertanto, "Ora sono semplicemente Nerwen la Verde, membro dell'Ordine degli Istari."

"Capisco...", fece Elrond, raddrizzandosi, "Gradisci una bevanda fresca?", le chiese poi, da anfitrione premuroso. Le annuì, grata, "Lindir, facci portare del succo di mela. E fa riservare a Lady Nerwen la nostra migliore stanza per i visitatori: è un'ospite di grande riguardo."

"Sarà fatto, mio signore", disse Lindir, inchinandosi e prendendo congedo per andare a distribuire gli ordini opportuni.

Rimasti soli, Elrond la invitò a sedersi.

"Quale incredibile e gradevole sorpresa vederti, Lady Nerwen", le disse, accomodandosi a sua volta, "È passato molto tempo, dall'ultima volta che ci siamo visti, perfino per il nostro modo di percepire il trascorrere degli anni."

"Hai ragione: quasi seimilaquattrocento anni, secondo il computo della Terra di Mezzo. Tu e tuo fratello Elros eravate appena due ragazzi, a quel tempo..."

I due gemelli avevano scelto destini molto diversi: figli di Elwing e di Eärendil, erano per metà Elfi e per metà Uomini da parte di entrambi i genitori, ed alla fine della Prima Era i Valar avevano decretato che dovessero scegliere tra l'una e l'altra razza. Elrond, che prediligeva gli Elfi, aveva optato per i Primogeniti, mentre il gemello Elros aveva preferito gli Uomini, ed aveva dato inizio alla stirpe degli Alti Re di Númenor.

Elrond annuì, confermando.

"Non pensavo che i Valar avrebbero mandato altri Istari nella Terra di Mezzo", considerò in tono chiaramente interrogativo. Nerwen allora gli parlò della missione affidatale da Yavanna Kementári.

"Sono qui nella speranza che tu abbia notizie degli Ent, o se sai dove potrebbero trovarsi," concluse.

Elrond scosse lentamente il capo:

"Purtroppo non so dirti nulla di loro", rispose con rammarico, "ma forse nella mia biblioteca puoi trovare notizie, almeno per quanto riguarda la loro ultima ubicazione. Naturalmente sarai mia ospite per tutto il tempo che ti servirà per fare le tue ricerche; ormai l'autunno è alle porte, e viaggiare in inverno non è mai agevole, soprattutto dovendo valicare le montagne: se sarà necessario, puoi rimanere qui per tutto l'inverno."

"Ti ringrazio molto, Lord Elrond", gli disse Nerwen, "accetto volentieri la tua offerta."

Sorseggiarono il succo di mele che un'inserviente aveva portato.

"Sono assai curiosa di incontrare tua figlia, Arwen Undómiel", disse Nerwen, "Mithrandir mi ha detto che assomiglia molto a mia nipote Lúthien."

"Quanto a questo, non saprei, non avendo avuto l'onore di conoscere la mia antenata", disse Elrond, "Purtroppo però in questo periodo mia figlia non si trova qui: è andata a trascorrere qualche tempo con i parenti di sua madre, a Lothlórien."

Nerwen ricordò che Gandalf le aveva raccontato che Elrond aveva sposato Celebrían, figlia di Celeborn e di Galadriel; ma oltre quattrocento anni prima, la regina d'Imladris era stata rapita dagli Orchi e da loro torturata ed avvelenata. I suoi figli gemelli Elrohir ed Elladan riuscirono a trovarla ed a trarla in salvo, riportandola a Gran Burrone, dove Elrond la risanò perfettamente nel corpo; tuttavia, Celebrían non guarì mai nello spirito e perse ogni amore ed interesse per la Terra di Mezzo, tanto che l'anno seguente, salutati il marito ed i figli, si recò ai Porti Grigi e di lì a Valinor.

"Capisco", annuì Nerwen, alquanto delusa: era stata davvero curiosa di vedere l'immagine vivente della figlia di sua sorella Melian, "Magari la incontrerò là, dato che ho intenzione di recarmi anche a Lórien ad incontrare la Custode di Nenya."

Elrond la scrutò con i suoi occhi scuri e penetranti.

"Tu conosci l'identità dei Custodi?", domandò, abbastanza inutilmente. Nerwen si limitò ad annuire; allora il re di Gran Burrone sporse la mano destra e fece comparire l'Anello d'Aria, un magnifico zaffiro incastonato su una semplice banda d'oro, non dissimile da Narya, se non per il colore della gemma.

"Ecco Vilya", disse Elrond, con visibile orgoglio ed emozione, "Ben pochi sanno che viene custodito da me qui a Imladris."

Vilya era il più potente dei tre Anelli degli Elfi creati da Celebrimbor; il suo potere consisteva nel preservare la bellezza del mondo e nel conservare uno stato di pace e di serenità analogo a quello delle Terre Imperiture. Per questo motivo Elrond aveva potuto rendere Imladris così simile a Valinor.

"Magnifico", dichiarò l'Istar, colpita: era davvero un gioiello di rara bellezza, perfino per i canoni di Valinor.

L'anello svanì, tornando invisibile.

Posando la coppa ormai vuota, l'Istar sentì improvvisamente tutta la stanchezza accumulata nei giorni precedenti; si stiracchiò:

"Dodici giorni di cavallo e dieci notti all'addiaccio hanno lasciato il segno su di me", dichiarò, "Se non ti spiace, vorrei ritirarmi."

"Certamente", annuì Elrond, battendo le mani. Subito Lindir comparve sulla soglia.

"Fai accompagnare Lady Nerwen nel suo alloggio", lo istruì, "ed assegnale una cameriera personale che l'aiuti per qualsiasi cosa abbia bisogno: un bagno, abiti, cibo, bevande e quant'altro", tornò a rivolgersi alla sua ospite, "Se sei troppo stanca, non sentirti obbligata a venire a cena; e domattina potrai consumare la colazione in camera a qualsiasi ora tu ti svegli; ma spero di vederti al mio desco domani a mezzogiorno."

"Ne sarò lieta", dichiarò Nerwen. In quella giunse una giovane Elfa dai capelli castano dorati, minuta quasi quanto Nerwen, che rivolse un inchino ad entrambi.

"Sono Gilriel", si presentò alla Maia, "Lindir mi ha assegnata al vostro servizio, Lady Nerwen."

"Lieta di conoscerti, Gilriel", disse Nerwen, alzandosi, "Col tuo permesso, Lord Elrond..."

Il re di Gran Burrone si alzò a sua volta:

"La mia casa è la tua casa", dichiarò, proferendo la tradizionale frase dell'anfitrione all'ospite più che gradito, "Riposati, e per qualsiasi cosa, rivolgiti a Gilriel."

*************

L'alloggio che Elrond le aveva fatto riservare era ampio e luminoso, composto di camera da letto e bagno, ed era dotato di un ampio terrazzo affacciato sullo strapiombo in fondo al quale scorreva il Bruinen; la vista era mozzafiato.

"Gradite un bagno, Lady Nerwen?", s'informò la cameriera. L'Aini assentì, grata: non c'era niente di meglio che immergersi in acqua profumata per rilassare i muscoli affaticati per le lunghe giornate a cavallo.

Mentre aspettava che la vasca venisse riempita, Nerwen si affacciò alla balaustra di marmo bianco del terrazzo; lontano, scorse una sagoma nota svolazzare in cielo. La chiamò, e poco dopo, Calad si posava sul parapetto; emanava una sensazione di grande soddisfazione.

Si sta bene, qui, la informò. L'Istar annuì:

"Hai ragione, Calad, si sta proprio bene: mi ricorda casa mia. E ne sono lieta, perché dovremo fermarci qui per un po' di tempo: devo fare delle ricerche, e per quando avrò finito con ogni probabilità la stagione sarà troppo avanzata per valicare le montagne e proseguire il viaggio. È quindi probabile che sverneremo qui."

Non ho nulla in contrario, affermò la falchetta.

"Ora torna pure a volare: qui sei assolutamente al sicuro", le sorrise Nerwen. Calad sbatté le ali in segno di saluto e s'involò.

Frattanto il bagno era stato approntato, così la stanca Istar si mise a mollo con un sospiro di soddisfazione; dopo, scoprì che Gilriel era un'ottima massaggiatrice, e si lasciò quindi frizionare con lozioni adatte ad alleviare la stanchezza e la rigidità dovuta al viaggio.

Come aveva suggerito Elrond, anfitrione assai attento al benessere dei suoi ospiti, cenò in camera, e poi andò a vedere Thilgiloth, non tanto perché dubitasse del trattamento che le era stato riservato, quanto piuttosto per comunicare anche a lei che prevedeva di trascorrere ad Imladris i mesi invernali.

La Corsiera non se ne dispiacque, ritenendo che si sarebbe trovata molto bene in quel posto così simile a Valinor, e Nerwen allora si congedò per andare a coricarsi.

**********

Quella notte sognò Thorin. Erano alla fonte incantata, e si baciavano dolcemente; al bacio seguirono carezze, poi altri baci, più appassionati. Come quella prima volta, fecero l'amore sotto il faggio, e Nerwen si sentì felice, felice come non le sembrava d'esser mai stata in vita sua.

Si svegliò con la sensazione dei baci di Thorin in bocca e delle sue mani sulla pelle, solo per accorgersi che la realtà era ben diversa. Ancora una volta, lacrime amare le solcarono le guance. Se quel dolore sordo che sentiva in fondo al cuore faceva parte del suo attuale stato di Istar - di Maia diminuita - lei non lo voleva. Maledisse il momento in cui aveva accettato quella missione; ma subito si pentì di quel pensiero, dettato dallo sconforto: lei era Nerwen la Verde, incaricata dalla Regina della Terra di trovare gli Ent, che potevano giocare un ruolo fondamentale nella battaglia contro Sauron, ed era fiera di ciò. Purtroppo aveva scoperto che c'era un prezzo da pagare, che le stava sembrando troppo salato; ma il tempo avrebbe lenito il suo dolore, soprattutto se poteva rimanere qualche tempo in una terra benedetta dal potere elfico com'era Imladris. Elrond non avrebbe mai saputo quanto, in realtà, lei gli era grata per la sua offerta di ospitalità.

A pranzo, come promesso, Nerwen si presentò al desco di Lord Elrond, che la invitò a sedere alla propria destra e la presentò ai convitati col suo nome da Istar, ciò che suscitò una certa impressione. Tra gli altri, le venne presentata Lady Míriel, la Prima Consigliera di Elrond, un'Elfa dai capelli rosso rame e dagli occhi color zaffiro, dotata di un'aria di quieta fermezza che piacque molto a Nerwen. Doveva essere un personaggio formidabile; del resto, Elrond non l'avrebbe nominata Prima Consigliera se così non fosse stato.

Di fronte a lei erano seduti due gemelli identici, molto somiglianti ad Elrond: erano Elladan ed Elrohir, i figli del re.

"È un onore conoscerti, Lady Nerwen", dichiarò Elladan - o era Elrohir? I due erano davvero indistinguibili, per lei; così come, molti anni prima, lo erano stati Elrond ed Elros.

"Grazie; e per me è un piacere essere ospite a Imladris", rispose Nerwen sorridendo.

"Da quanto ci dice nostro padre", disse Elrohir - o era Elladan? La loro incredibile somiglianza la confondeva, e l'avrebbe fatto ancora per qualche tempo, finché non avrebbe imparato le minuscole differenze tra i due gemelli - "sei la nostra pro-pro-pro-prozia."

Nerwen contò i pro ed annuì:

"È esatto, essendo io la zia della vostra trisavola Lúthien. Dicono che vostra sorella Arwen le assomigli molto, e mi sarebbe piaciuto constatarlo di persona, ma vostro padre mi ha detto che si trova a Lórien..."

"Sì, è così", confermò uno dei due sorridendo, "Progettiamo di andarci anche noi, la prossima primavera."

"Davvero? Il regno di Celeborn e Galadriel è nel mio itinerario di viaggio, magari potremmo fare la strada insieme."

"Ma certo! Sarà un piacere..."

Conversarono simpaticamente per il resto del pranzo; Elrond fu più silenzioso dei figli, e più di una volta Nerwen lo sorprese ad osservarla con discrezione. Il motivo le fu chiaro più tardi, quando il re elfico la invitò a passeggiare con lui nei giardini del palazzo.

"Scorgo una grande tristezza in fondo al tuo cuore, Nerwen", le disse, tralasciando il titolo onorifico per sottolineare il fatto che le si stava rivolgendo da amico. Nerwen si sorprese: non avrebbe creduto che qualcuno al di fuori di Aman potesse vedere così profondamente dentro di lei. Del resto però la doppia vista elfica di Elrond era acuita dal suo Anello.

"È così, amico mio", confermò, ritenendo inutile negare, "Qui in Ennor ho conosciuto una persona che mi ha molto colpita, ma ho dovuto lasciarla, probabilmente per sempre, e ciò mi rattrista molto."

Evitò di rivelare che si trattava di un Nano: sapeva che il re di Gran Burrone non nutriva esattamente grande simpatia per quella razza, sebbene fosse ben lontano dall'essere loro ostile come altri Eldar.

"Un mortale può farci questo effetto, sì", annuì Elrond, pensieroso, "Ci affezioniamo a loro, ma sappiamo fin dal principio che non potremo stare insieme a lungo, e questo ci immalinconisce. Non dovremmo mai provare attaccamento per un mortale, tuttavia al cuore non si può comandare chi amare e chi no. Perfino tua nipote Lúthien non poté farlo, e s'innamorò di Beren; così come Idril s'innamorò di Tuor..."

E l'elfo ignoto s'innamorò della donna umana, soggiunse Nerwen tra sé, ripensando al canto della sorgente; ma poiché quello era stato un amore in sordina e non aveva generato imprese epiche né, di conseguenza, canzoni o poemi, era rimasto sconosciuto. Tranne che a lei e a Thorin...

Elrond tacque un momento, facendosi pensieroso: i personaggi che aveva citato erano tutti suoi antenati, e pertanto le loro storie lo riguardavano da vicino. Poi lanciò un'occhiata di striscio alla sua ospite:

"Spero che il soggiorno nel mio regno possa alleviare la tua pena", concluse.

"Grazie, Elrond", mormorò Nerwen, "Sono sicura di sì: la tua terra è assai simile al Regno Beato, e lì non esiste pena che non possa essere alleviata, se non cancellata."

In quella, sopraggiunse di corsa un ragazzino bruno di circa nove anni, gridando:

"Zio Elrond, zio Elrond!"

Il viso di Elrond si aprì ad un sorriso, quieto ma da cui si irradiava tutto l'affetto che provava per questo bambino vivace e bellissimo. Nerwen lo osservò: portava i capelli lunghi sulle spalle, ed i suoi occhi grigi brillavano di intelligenza e di curiosità. Lo si sarebbe senz'altro potuto prendere per un Noldo, se non fosse stato che le sue orecchie rotonde lo dichiaravano un membro della razza degli Uomini. Che cosa mai ci faceva un ragazzino umano a Gran Burrone? E come mai si rivolgeva al re con l'appellativo di zio?

Il bambino la notò e si fermò, confuso; poi si riprese e le fece un educato inchino:

"Buongiorno, signora."

Il sorriso di Elrond si accentuò, facendo trasparire un orgoglio decisamente paterno.

"Lady Nerwen, ti presento il mio pupillo Estel, figlio di una coppia di cari amici", disse, "Estel, questa è Nerwen la Verde, una mia vecchia conoscenza, ed amica di Mithrandir."

Il bambino si mostrò colpito:

"Credevo che non ci fossero donne nell'Ordine degli Istari...", fece, in tono chiaramente interrogativo.

"Sono l'unica, infatti", rispose Nerwen, divertita, "e lo sono diventata la poco."

Estel annuì, facendo mostra d'aver capito. Poi si rivolse ad Elrond e sfilò dalla cintura una spada di legno, che gli mostrò.

"Guarda, zio Elrond, Lord Glorfindel mi ha dato questa", disse tutto fiero, "D'ora in poi potrò usarla al posto del bastone corto."

Elrond guardò l'arma di legno ed annuì:

"Bene! Se Glorfindel ti ha dato questa nuova arma, significa che è soddisfatto di te e che hai superato la prima fase dell'addestramento alla spada. Bravo, figliolo."

Gli accarezzò i capelli, ed il bambino gli sorrise con l'affetto di un figlio per il padre.

"Glorfindel è qui?", domandò Nerwen, meravigliata: aveva conosciuto il biondo Vanya a Valimar, dove aveva dimorato prima di far ritorno nella Terra di Mezzo, durante la Prima Era. Non lo vedeva da allora, sebbene avesse sentito parlare molto delle sue imprese, tra le quali l'uccisione di un Balrog.

"Sì, vive qui a Imladris", confermò Elrond, "è il comandante del mio esercito, ed anche l'istruttore di scherma di Estel; ha addestrato i miei figli, e tutti i miei armigeri: non esiste spadaccino migliore di lui, né guerriero più possente e coraggioso, nella Terra di Mezzo."

Nerwen annuì, concordando.

"Vado a far vedere la spada a Elrohir e a Elladan!", annunciò Estel di punto in bianco, facendo per correr via. Poi si ricordò le buone maniere e rivolse una riverenza ad entrambi:

"A più tardi, zio, mia signora..."

Elrond lo congedò con un gesto, sorridendo, ed Estel, agitando la spada per aria, si lanciò di corsa lungo il vialetto, in direzione del palazzo.

La Seconda Vista di Nerwen si attivò all'improvviso. Vide quello stesso bambino, ma in età adulta, un giovane di vent'anni, abbigliato di bianco, altissimo e già dotato del possente fisico di un guerriero, il volto bello e radioso. Poi l'immagine mutò e lo vide più anziano ergersi di fronte a lei, con l'aria severa di chi ha visto molte cose. Brandiva una spada scintillante, e dietro di lui sventolava uno stendardo nero ricamato con un albero bianco, sette stelle ed una corona alata. Tutt'attorno infuriava una terribile battaglia.

"Nerwen... Nerwen! Stai bene?"

La voce inquieta di Elrond la riscosse. Non si era resa conto d'aver barcollato, e che il re elfico si era affrettato a farla sedere su una panchina di marmo lì vicino.

"Sì, sì... sto bene", lo rassicurò, piuttosto debolmente, "Ho appena avuto una visione. Va tutto bene, davvero!", aggiunse, con maggior enfasi, vedendo che lo sguardo di Elrond era ancora preoccupato, "È solo che la Seconda Vista raramente mi si palesa con tanta forza com'è accaduto ora."

"Che cos'hai visto, se posso chiedertelo?", indagò il re d'Imladris, turbato.

"Te lo dirò, ma prima spiegami: chi è, esattamente, Estel?"

Sorpreso dalla domanda, Elrond si appoggiò contro lo schienale e la scrutò meditabondo.

"Come ho detto, è figlio di cari amici", rispose infine, "ma non solo: è anche l'ultimo discendente diretto di mio fratello Elros."

Ecco spiegato il motivo per cui lo chiamava zio, pensò Nerwen.

"Un Númenoreano, dunque", mormorò, "Estel non è il suo vero nome, dico bene?"

"Dici bene", confermò Elrond, "Lui è Aragorn, figlio di Arathorn II, Capitano dei Dúnedain, e di Gilraen la Bella. Suo padre è morto sette anni fa per mano degli Orchi, e sua madre è venuta ad abitare qui a Gran Burrone affinché il bambino potesse crescere al sicuro. Ora è andata a trovare la sua gente, e tornerà l'estate prossima", guardò nella direzione in cui era scomparso il bambino - suo nipote attraverso molte e molte generazioni di Uomini - e concluse, "È l'ultimo della propria stirpe, e la loro più grande speranza, motivo per cui è stato chiamato Estel [alta speranza in lingua elfica, N.d.A.]."

"Ora capisco molte cose...", Nerwen annuì lentamente, "La sua apparenza elfica - lo avrei preso per un Noldo come te, non fosse stato per la forma delle orecchie - la sua presenza qui, il fatto che ti chiami zio...", raccolse le idee, "L'ho visto adulto", proseguì quindi, "Dapprima giovane, forse ventenne, vestito di bianco e raggiante di felicità; e poi più vecchio, con la spada in mano, durante una furiosa battaglia, e dietro di lui sventolava lo stendardo con l'Albero Bianco di Númenor."

Elrond rifletté sulle parole della Istar.

"Della prima visione non saprei dirti, se non che con sua madre abbiamo deciso di svelargli la sua vera ascendenza al compimento della maggiore età; potrebbe essere per questo che l'hai visto così felice. Quel giorno, riceverà i simboli della sua eredità: Narsil, la Spada che fu Rotta, con la quale Isildur tagliò l'Unico Anello dalla mano del Nemico; l'Anello di Barahir, padre di Beren; e la Stella di Elendil; quanto allo Scettro di Annúminas, glielo consegnerò soltanto qualora venisse restaurato il Grande Regno, Arnor e Gondor nuovamente unite, ma questo è assai improbabile."

Uno strano formicolio alla base della nuca fece rabbrividire Nerwen. A volte, al posto della Seconda Vista, compariva quella sensazione, a dirle che ciò che stava vedendo o udendo forse non era la verità.

"Non esserne sicuro, Elrond", disse pertanto, "Qual bambino è destinato a grandi cose..."

Angolo dell'autrice:

Mi sto rendendo conto che, ovunque io mi rechi nella Terra di Mezzo - i Porti Grigi, la Contea, la casa di Tom Bombadil e Baccador, Brea, Gran Burrone - mi emoziono sempre tantissimo. Giungere all'Ultima Casa Accogliente, com'è anche chiamata Imladris, non è stato diverso; sebbene, lo devo confessare, non trovo poi un granché simpatico Elrond, anche se ho molto rispetto per la sua saggezza, e comprendo perfettamente come, da buon padre, esiga soltanto il meglio per sua figlia Arwen, motivo per cui pretenderà moltissimo da Aragorn prima di acconsentire al loro matrimonio - anche se ho il sospetto che, se non l'avesse fatto, i due avrebbero ugualmente finito per stare insieme, così come Beren e Lúthien in barba a Thingol... So che Tolkien amava molto questo personaggio, per cui, per riguardo verso di lui, ho cercato di trattarlo equamente e di non lasciar trasparire la mia antipatia. Spero d'esserci riuscita.

I figli gemelli di Elrond, Elladan ed Elrohir; sono nominati molto poco nel libro, e sono praticamente assenti nei film, quindi non so proprio dire il motivo per cui me li sono immaginati così: simpatici e vivaci e scherzosi. Forse per bilanciare la mia avversione per il loro padre? :-D

Incontrare Aragorn - Estel - da piccolo mi ha commossa: dopotutto, è il mio personaggio maschile preferito de Il Signore degli Anelli!

Grazie a tutti coloro che continuano a leggere, in special modo a chi, dopo, lascia un commento, piccolo o grande che sia: vi AMO!

Lady Angel

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