Capitolo XLVI: Oltre gli Orocarni
Capitolo XLVI: Oltre gli Orocarni
Occorsero quattro giorni per scendere dal passo, tanti quanti ne erano occorsi per salire; anche su questo versante c'era un sentiero, in condizioni più o meno uguali a quello dall'altra parte, per cui non ebbero difficoltà.
Ad alcune centinaia di metri di altezza, trovarono un punto panoramico e si fermarono a guardare: davanti a loro si stendevano territori che erano del tutto sconosciuti ai popoli che abitavano a occidente degli Orocarni. Il panorama era illuminato dal sole di fine giugno, con l'orizzonte leggermente caliginoso a causa dell'afa; si scorgeva una sterminata pianura erbosa, simile al mare d'erba di Rohan o dei regni degli Avari. Occasionalmente, un luccichio indicava la presenza di acqua e un'ombra più scura rivelava quella di gruppi di alberi e boschetti. Il terreno appariva praticamente piatto, con poche ondulazioni e nessuna altura degna di questo nome. Non si vedevano casolari isolati, tantomeno agglomerati di villaggi o città.
Quando arrivarono in fondo al valico, il sole era ormai tramontato alle loro spalle, dietro la catena montuosa; ci sarebbero state ancora almeno due ore di luce, ma preferirono ugualmente accamparsi.
Il mattino seguente, Nerwen ponderò la direzione da prendere.
"Non sono sicura di dove dirigerci", considerò, "È una cosa che mi rode da quando siamo partiti da Orrodal: dove andare, una volta superate le Montagne Rosse?", scosse la testa con un sospiro; aveva raccontato ad Aryon della visione avuta nello Specchio di Galadriel – non aveva motivo di nasconderglielo, dato che chiunque poteva guardare nello Specchio, se la Signora dei Galadhrim gliene dava licenza, e vedere qualcosa – ma essa era stata troppo rapida nello svolgimento per permetterle di scorgere con chiarezza la posizione geografica, "Ho un'idea abbastanza precisa di com'è fatta la terra delle Entesse, ma non del luogo in cui si trova, se non che confina con l'Oceano Orientale ed è percorso da molti fiumi e torrenti. Ci serve una mappa di questi territori, o qualcuno che li conosce e ci sappia indicare la strada..."
"Allora dobbiamo per prima cosa trovare un villaggio, o almeno una fattoria dove domandare notizie in merito", considerò Aryon, "A questo punto, una direzione vale l'altra."
"Già... allora andiamo dritti in direzione del sole che sorge e dell'Oceano Orientale", si risolse la Istar.
Procedettero verso est per alcuni giorni; nella mattinata del tre di luglio, mentre fiancheggiavano una collina rocciosa, incapparono in un torrente che fuoriusciva da una parete rocciosa, formando uno specchio d'acqua verde limpidissima, e decisero di fermarsi per un bagno, un gradito sollievo alla canicola estiva. Anche Túdhin si bagnò con loro.
Mentre rinfrescavano le loro cavalcature, Aryon notò nuvole scure, foriere di pioggia, provenire da oriente.
"Sembra che il tempo stia per cambiare", disse a Nerwen, indicando. Lei guardò e fu d'accordo.
"Meglio montare la tenda", suggerì. Portarono i cavalli al riparo degli alberi che circondavano la pozza d'acqua ed eressero la tenda che Zagal aveva loro fornito, piazzandola sotto le fitte fronde di un grosso frassino. Vi stiparono le loro coperte e il vestiario, avvolsero tutto il resto nei teli impermeabili che la generosa mercantessa Nana aveva loro procurato e poi, dato l'orario, pranzarono con un po' di carne affumicata e di lembas.
Avevano appena finito, che si levò un vento freddo e dal cielo cominciarono a cadere grosse gocce. I due fidanzati si rifugiarono nella tenda, mentre Túdhin andava a raggiungere Thilgiloth, Thalion e Allakos, che lo accolsero tra loro.
Guardando il cielo, ormai coperto da un orizzonte all'altro, Aryon considerò:
"Mi sa che continuerà a piovere almeno fino a sera."
Nerwen, seduta sul giaciglio, si era liberata degli stivali; udendo l'osservazione del promesso sposo, le sue labbra si incurvarono in un piccolo sorriso:
"Ho un'idea su come potremmo trascorrere il tempo..."
"Sono curioso di scoprire cos'hai in mente", mormorò. Nerwen si sdraiò a mezzo; con uno scintillio malizioso negli occhi, batté sulla coperta accanto a sé:
"Se vieni qui te lo faccio vedere..."
Aryon non se lo fece certo ripetere; si affrettò a fissare i lacci dell'apertura della tenda, si stese accanto alla promessa sposa e la prese tra le braccia.
"Mi ricordo il giorno in cui ti ho raggiunta, dopo che avevi lasciato Bârlyth", le disse a bassa voce, "Ne rammento ogni istante... ogni bacio, ogni parola, ogni gesto... Lo sai che oggi è esattamente un anno?"
Nerwen socchiuse le labbra, sorpresa.
"Non me ne ero resa conto", ammise, commossa che lo avesse invece fatto lui; gli cinse il collo con le braccia, "Anch'io ricordo ogni momento, di quel giorno", dichiarò, "ma soprattutto ricordo l'emozione di sentirti dire per la prima volta che mi ami..."
Chiuse gli occhi, sopraffatta; Aryon la strinse a sé.
"Ti amo, Nerwen", le disse, prima di abbassare il capo e baciarla profondamente. Lei ricambiò il suo bacio con lo stesso fervore; il principe le accarezzò la schiena, lentamente, fino ad afferrarla per i fianchi e stringersela addosso con fermezza. Contro l'addome, la Istar sentì chiaramente la prova inconfutabile del suo desiderio per lei. Un fremito percorse la sua femminilità più riposta.
"Anch'io ti amo, Aryon", mormorò quando lui le lasciò momentaneamente le labbra, "Solo Eru sa quanto ti amo..."
Abbassò le mani sui glutei sodi dell'Avar e lo strinse a sua volta contro di sé, strofinandosi lentamente su di lui; ad Aryon mancò il fiato.
"Mi fai impazzire...", le bisbigliò, rauco, prima di prenderle la bocca in un altro bacio rovente di passione, ma anche carico di tutto il sentimento che provava per lei.
Il gigantesco cipresso dai rami bassi sotto cui si erano rifugiati i cavalli e il lupo era abbastanza fitto da proteggerli parzialmente sia dall'acqua che dall'aria fredda; lì sotto si strinsero, cercando calore e conforto nella reciproca presenza. Verso sera smise di piovere, ma il vento continuò a soffiare.
I due innamorati, completamente assorti l'uno nell'altra, rimasero rintanati nella tenda finché non furono colti dal sonno e si addormentarono, abbracciati in un groviglio di coperte; misero il naso fuori soltanto dopo il sorgere del sole, trovando il mondo lavato e fresco.
La legna che avrebbero potuto raccogliere era troppo bagnata perché potessero accendere un fuoco, così si accontentarono di far colazione con frutta disidratata e lembas, bevendo semplice acqua invece del consueto tè al bergamotto. Poi smontarono la tenda, risalirono in groppa alle rispettive cavalcature e ripresero il viaggio.
Proseguirono per altri due giorni senza incontrare nessun tipo di abitato; poi, al mattino del terzo giorno dacché avevano lasciato il piccolo specchio d'acqua doveva avevano celebrato il loro primo anniversario d'amore, si imbatterono in una pista ben battuta, chiaramente una strada molto usata.
"Una strada significa gente", osservò Aryon, scrutando l'orizzonte in una direzione e nell'altra coi suoi acuti occhi elfici, "e quindi una città, o almeno un grosso villaggio: la strada non sarebbe così grande e ben tenuta, se si trattasse soltanto di poche case."
"La domanda è: da che parte andiamo?", considerò Nerwen. Le venne da pensare quanto Calad, in quel caso, sarebbe stata utile, come lo era stata quando erano giunte allo Harnenduin, il fiume che segnava il confine col Dorwinion, per scoprire un guado o un traghetto. Pensare alla sua amica pennuta la intristì: erano passati meno di due mesi e la pena causatale da quella perdita l'avrebbe tormentata ancora a lungo.
"Dato che abbiamo deciso di andare verso oriente, direi di là", rispose Aryon, indicando la direzione in cui la strada proseguiva verso nordest.
"Buona idea", approvò la Istar, segnalando a Thilgiloth di muoversi. La Corsiera si avviò, come di consueto affiancata da Allakos e seguita da Thalion.
Verso sera, giunsero in vista di un borgo di discrete dimensioni, costruito sulle rive di un fiume non troppo grande e circondato da una cinta di mura di sasso dall'aria robusta. Le porte, di massiccio legno di quercia rafforzato da fasce di ferro, erano spalancate, presidiate da un picchetto di quattro guardie in maglia di ferro. Erano Uomini alti e robusti, biondi, con lunghi baffi spioventi ornati di trecce; indossavano brache ampie a righe bianche e blu, strette alla caviglia da una striscia di pelle sopra stivaletti dall'aria robusta. Al fianco portavano pesanti spade ed impugnavano lance dalla lama molto lunga.
Aryon tirò le redini di Allakos per osservare la cittadina, valutandone le difese ed esaminando la postura dei soldati.
"È un luogo abbastanza pacifico", disse a Nerwen; al suo sguardo interrogativo spiegò, "Le mura sono ben fatte ma non particolarmente impressionanti, e le guardie non hanno un atteggiamento eccessivamente ostile."
La Istar annuì, indicando d'aver capito.
"Speriamo allora che i cittadini siano sufficientemente amichevoli da offrirci assistenza per proseguire la nostra ricerca in maniera più mirata", si augurò, poi si rivolse a Túdhin, "Amico mio, è meglio se anche stavolta ti travesti da cane."
Lo farò, le assicurò il predatore.
Si rimisero in moto; appena la piccola comitiva si appressò all'ingresso, le due guardie più esterne abbassarono le lance sbarrando loro la strada ed obbligandoli a fermarsi. Aryon assunse istantaneamente la sua aria accigliata, ricordando a Nerwen il giorno in cui si erano incontrati, sulle sponde del Mare di Rhûn.
"Dichiarate i vostri nomi e il motivo della vostra presenza", comandò uno dei soldati in un ovestron dall'accento esotico, simile ma non uguale a quello usato da Iruegh.
"Nerwen e Aryon", annunciò la Maia con voce chiara, "Stiamo cercando di raggiungere il mare."
"Sono ancora parecchi giorni di viaggio", osservò il militare, in tono abbastanza cortese, "Parli in modo strano... da dove venite?"
"Dal Dorwinion, oltre le Montagne Rosse", rispose Nerwen, ricorrendo alla stessa risposta data a Iruegh. Il soldato ebbe un moto di sorpresa:
"Davvero? Non ho mai udito di nessuno che abbia valicato quei monti...", poi sogguardò Aryon con aria perplessa e incuriosita ad un tempo, "Tu non sei della razza degli Uomini..."
"Sono un Mezz'elfo", dichiarò seccamente il principe, adattandosi subito alla storiella di Nerwen.
Il militare esitò un momento, ponderando l'informazione, poi annuì.
"Dovete notificare la vostra presenza alla sergente", disse, indicando la guardiola accanto all'ingresso, "dopodiché potrete entrare in città."
"Va bene, grazie", rispose Nerwen, con la stessa misurata affabilità del soldato. Smontò da cavallo, imitata da Aryon, e si recò alla guardiola che, dato il caldo, aveva la porta spalancata. Nell'unica stanza all'interno, una donna accaldata, abbigliata con la stessa divisa delle guardie, si sventolava con un fascio di fogli, che posò non appena li vide entrare.
"Buongiorno e benvenuti a Yòrvakars, signori", li salutò in tono tranquillo.
"Buongiorno a te, sergente", rispose Nerwen, "Siamo venuti a notificare la nostra presenza, come ci ha indicato il capo picchetto."
"Molto bene", la donna castana annuì ed aprì un registro, intingendo la penna nel calamaio, "I vostri nomi?"
La Istar ripeté le informazioni fornite al capo picchetto, ovvero i loro nomi e la provenienza dichiarata. La sergente scrisse accuratamente le informazioni, poi li interrogò:
"Quali affari vi portano a Yòrvakars?"
"Siamo solo di passaggio. Siamo diretti al mare", rispose Nerwen, ripetendosi ancora una volta.
"Allora vi fermerete poco, penso?", indagò la donna.
"Prevediamo una o due notti", confermò l'Aini, "A questo proposito, puoi consigliarci qualche locanda?"
L'altra considerò l'aspetto dei due viandanti, distinto nonostante la polvere e il sudore.
"Una di buon livello è sicuramente la Lungofiume Yorva", rispose.
"Grazie... come ci arriviamo?"
"Imboccate la strada principale, sempre dritti fino alla piazza con la fontana", rispose la sergente, chiudendo il registro, "poi chiedete a uno dei ragazzini che stazionano sempre lì: con una piccola mancia potete assoldarne uno per farvi da guida."
"Grazie", ripeté Nerwen, "Arrivederci."
Aryon la seguì mentre usciva; aveva preferito tacere, studiando il posto e la soldatessa, e riservandosi di comunicarle le sue conclusioni più tardi. Non gli parve comunque di dover aggiungere altro all'impressione che aveva avuto avvicinandosi al borgo che ora sapevano chiamarsi Yòrvakars.
Rimontarono a cavallo e si diressero lungo la strada principale, come indicato loro dalla sergente, con Thalion sempre in coda a Thilgiloth e Túdhin che le trotterellava accanto; una volta arrivati alla piazza descritta, nel cui centro sorgeva una fontana quadrata con una dozzina di bocchette per l'acqua, scorsero alcuni ragazzini che bighellonavano nelle vicinanze.
"Ehi tu", Aryon ne apostrofò uno, "sai dirci dove si trova la locanda Lungofiume Yorva?"
"Certo!", rispose vivacemente il ragazzo, dalla disordinata zazzera bionda, "Vi ci posso portare... per un adeguato compenso."
Aryon gli lanciò una moneta di rame.
"Il doppio quando arriviamo", promise. Il ragazzetto guardò la moneta e sogghignò contento, poi gli fece cenno di seguirlo.
Una decina di minuti più tardi, dopo una serie di svolte, raggiunsero il fiume; qui proseguirono ancora, finché giunsero davanti ad una costruzione di discrete dimensioni, ben tenuta e con un'insegna dai colori vivaci.
"Eccoci arrivati", annunciò il ragazzino, indicando l'insegna.
"Molto bene", approvò Aryon, pescando nel portamonete e lanciandogli non due, ma tre monete di rame. Il biondino le acchiappò al volo e gli sorrise a trentadue denti.
"Grazie signore, che i Valar ti benedicano, te e la signora!", esclamò, prima di dileguarsi in un vicolo laterale.
"Che simpatico monello", commentò Nerwen con un sorriso divertito, guardandolo sparire oltre l'angolo della locanda.
Entrarono nel cortile, dove venne loro incontro un giovanotto dalla chioma rosso fiamma.
"Salve", li salutò, "Volete prendere alloggio? Abbiamo stanze libere."
"Sì, grazie", rispose Nerwen, smontando, "Trattali bene, sono cavalli di pregio", gli raccomandò; prendendo esempio da Aryon, gli porse una moneta d'argento, "Altrettanto se quando andremo via saremo contenti del trattamento."
Il giovanotto guardò la moneta e sorrise contento:
"Amo i cavalli e li tratto sempre bene, ma così farò ancora meglio", le assicurò, "Entrate pure, vi farò portare dentro i bagagli."
Nerwen ed Aryon seguirono il suo suggerimento ed entrarono nella locanda, tallonati da Túdhin che continuava a fingersi un cane; dei campanelli appesi sopra lo stipite tintinnarono quando aprirono e poi chiusero la porta. Nell'atrio c'era un bancone di legno scuro, consunto dall'uso ma accuratamente lucidato, dietro al quale era seduta una donna anziana dai capelli insolitamente grigi davanti e corvini dietro, raccolti in una crocchia, e vivaci occhi grigi, che si alzò quando li vide comparire.
"Buongiorno, signora, signore", disse gentilmente, "In cosa posso servirvi?"
Nerwen pensò che sembrava una persona molto dolce .
"Vorremmo una stanza per una notte o due", rispose.
"Certo", rispose la donna sorridendole, "Vi chiamo mio marito."
Uscì da dietro il bancone e andò ad affacciarsi ad una porta interna, dove chiamò ad alta voce:
"Roden! Vieni, ci sono due clienti!"
Poco dopo sopraggiunse un uomo dalla chioma interamente canuta e baffi grigi ben curati, che guardò con curiosità i nuovi arrivati, soffermandosi brevemente sulle orecchie appuntite di Aryon.
"Benvenuti al Lungofiume Yorva", disse, "È assai raro vedere un Elfo da queste parti", soggiunse con un sorriso cordiale simile a quello della moglie.
"Sono un Mezz'elfo, per la verità", specificò il principe, attenendosi alla versione fornita al loro ingresso in città, "Io sono Aryon", si presentò poi, "e lei è la mia promessa sposa Nerwen."
"Mi chiamo Roden", contraccambiò l'uomo, porgendogli la mano, "e lei è mia moglie Morvenna."
Aryon afferrò il polso dell'altro nel saluto in uso presso tutte le genti di Ennor, ma che chiaramente colse invece di sorpresa Roden. Contraccambiò tuttavia prontamente la stretta, adattandosi al per lui insolito gesto.
"Venite da molto lontano", commentò, incuriosito ma senza apparire invadente, "Spero che vi troverete bene, qui a Yòrvakars", si rivolse poi alla moglie, "Cara, la stanza in fondo all'ala nord è libera?"
"Sì, gli ospiti se ne sono andati stamattina e l'ho già sistemata", rispose Morvenna, "Li accompagni tu?"
"Ma certo... Portate in camera anche il vostro cane?", s'informò poi Roden, accennando a Túdhin che, fedele al suo ruolo di finto cane, si era accucciato accanto a Nerwen.
"Sì, se per voi non è un problema", rispose la Istar.
"No, assolutamente", le assicurò il locandiere, "ma se sporca, vi prego di pulire voi, vi darò il necessario."
"Ma certo", annuì Nerwen. Anche Roden era simpatico, decise; lui e Morvenna erano davvero una bellissima coppia.
In quel momento entrò un giovane garzone con le loro bisacce in spalla.
"Intanto vi ho portato queste, signori", disse timidamente, "poi penserò al resto."
"Dai pure qua, ragazzo", lo invitò Aryon, allungando le mani e prendendogli le borse dalle spalle, "queste le porto io, tu occupati del bagaglio restante."
Il ragazzo, colpito dagli occhi luminosi del principe, arrossì vistosamente e se la batté. Roden sorrise:
"Quello è Orval, nostro nipote", svelò loro con malcelato orgoglio, "Sveglio, anche se un po' timido."
Vedendoli pronti, Roden li condusse su per una scala al piano superiore e poi lungo un corridoio sul quale si aprivano diverse stanze, come indicavano le porte che oltrepassarono; la camera in cui li portò era l'ultima in fondo, sull'angolo della locanda, affacciata sul lungofiume. Non era molto grande, ma piuttosto ben arredata con un letto a baldacchino, tavolini da notte e due cassepanche; in un angolo c'era un tavolino con un catino e una brocca di metallo smaltato e uno specchio.
Mentre Aryon deponeva le bisacce su una cassapanca, Roden li informò:
"L'orario per la cena è dalle sei alle undici, per il pranzo da mezzogiorno alla tre del pomeriggio, e la colazione dalle sei del mattino alle dieci. Se desiderate fare un bagno, non avete che da chiedere", concluse.
"Grazie", disse Nerwen, "Un bagno è sempre il benvenuto, magari non troppo caldo, data la temperatura."
"Allora ve lo faccio preparare", concluse il locandiere, "Vi manderò a chiamare quando sarà pronto."
Si congedò con un sorriso cordiale; Aryon e Nerwen sistemarono il loro scarno bagaglio, preparando i loro abiti da casa, e poi si sdraiarono a riposare un poco. Mezz'ora più tardi giunse un'inserviente ad avvisarli che il bagno era pronto; seguirono la giovane donna al pianoterra, dove vennero condotti in una stanza dal pavimento di pietra in cui li attendevano due vasche di rame colme d'acqua tiepida. La ragazza li informò che, se volevano, poteva occuparsi dei loro vestiti sporchi, bastava che li lasciassero lì una volta che avessero finito. Nerwen la ringraziò: l'ultima volta che avevano lavato gli abiti da viaggio era stato prima di cominciare la salita fino a Castelvalico.
Dopo il bagno, indossarono i vestiti puliti e, poiché era oramai ora di cena, si recarono nella stanza comune, dove mangiarono trote salmonate, pescate nello Yorva, lessate e condite con burro alle erbe, con contorno di verdure fresche miste come lattuga, pomodori, ravanelli, carote e cetrioli, insaporiti con rucola e basilico, accompagnando il tutto a del sidro secco. Facendo i complimenti per il cibo alla cameriera che li aveva serviti, appresero che il cuoco era il figlio dei locandieri e che lei ne era la moglie.
Infine, Aryon e Nerwen si ritirarono per la notte, godendo nuovamente della comodità di un letto. In più di un senso.
"Dove possiamo trovare delle mappe di questi territori?", domandò Aryon a Morvenna il giorno seguente.
"Non avrei idea... non sono una che abbia mai avuto il pallino dei viaggi", rispose l'anziana donna sorridendo, ma con un certo rammarico per non poter essere loro utile, "Potete però chiedere in biblioteca, sicuramente sapranno indirizzarvi."
Diede loro le indicazioni per raggiungere la biblioteca, un edificio piuttosto grande non molto lontano dalla locanda; qui, il bibliotecario indicò loro un libraio e cartografo, la cui bottega si trovava nelle vicinanze dell'ingresso in città da cui erano giunti.
Lasciarono Túdhin con le loro cavalcature e si diressero dal libraio, che si rivelò di un certo aiuto, possedendo alcune cartine delle terre circostanti lo Yòrvarem, ovvero il regno in cui si trovavano, che si sviluppava lungo lo Yorva dagli Orocarni all'Oceano Orientale, dove il fiume sboccava; ma nessuna cartina in suo possesso si spingeva molto in direzione nord e sud, e niente su di esse corrispondeva al ricordo che Nerwen aveva del territorio delle Entesse intravisto nello Specchio di Galadriel, ciò che la deluse alquanto.
"Dove possiamo trovare altre mappe, più vaste di queste?", domandò al cartografo.
"Sicuramente a Pallàndim, la capitale del regno", rispose l'uomo, ammiccando con gli occhi miopi, "Il nostro sovrano è un grande erudito e il suo sapere è stato trascritto in molti libri che riempiono una biblioteca grande dieci volte quella di Yòrvakars, quindi di certo lì troverete molte più informazioni sui territori circostanti lo Yòrvarem."
Aryon individuò la città nominata dal cartografo sulla mappa che aveva loro fornito; era situata alla foce del fiume, laddove si riversava in un lungo e stretto golfo che si sviluppava in direzione nord-nord-est verso l'oceano.
"Quanto ci vuole per raggiungere Pallàndim?", s'informò.
"Per via di terra, dieci giorni a cavallo; per via di fiume, la metà", rispose l'uomo, "Ci sono sempre delle navi che vanno e vengono tra Yòrvakars e Pallàndim, se volete potete trovare un passaggio al porto", concluse. Diede loro le indicazioni necessarie per arrivarci e i due presero congedo; essendo ormai mezzogiorno passato, ci fermarono a mangiare in un taverna lungo la strada, dove l'aspetto di Aryon suscitò diverse occhiate incuriosite; erano circa le due del pomeriggio, sotto una considerevole canicola, quando giunsero al porto e chiesero di un battello che potesse portarli alla capitale.
"Siete soltanto voi due?", s'informò il comandante di porto a cui s'erano rivolti per informazioni.
"Noi due, tre cavalli e un cane", rispose Aryon.
"Allora l'unica nave abbastanza grande è la Perla di Fiume", considerò l'uomo.
"Possiamo andare a parlare col capitano?"
"Ma certo, la nave è attraccata al molo numero tre", indicò loro il comandante.
Si recarono dunque al molo, che percorsero fino in fondo dov'era ormeggiato il battello.
"Salve", Aryon salutò il marinaio di guardia, "è possibile parlare col capitano? Cerchiamo un passaggio fino a Pallàndim."
"Aspettate, prego", rispose l'altro, facendo cenno ad un mozzo di avvicinarsi per dirgli di andare a chiamare il capitano.
"Hai notato come sono tutti molto cortesi, in questo posto?", domandò Nerwen, piacevolmente colpita.
"Sì, finora questi Uomini mi piacciono", ammise il principe, "Speriamo che la sostanza sia uguale all'apparenza", aggiunse con una smorfia, mentre in lui riemergeva la diffidenza verso gli estranei connaturata negli Avari.
Nerwen non percepiva malevolenza in quelle persone; ma era già stata tratta in inganno, pensò, rammentando con fastidio Dronegan, il proprietario della locanda a Gobelamon che l'aveva praticamente venduta a Corch. Meglio esser prudenti, nonostante tutto...
Sopraggiunse un Uomo alto e fulvo brizzolato dagli occhi di un luminoso color nocciola e la corta barba.
"Buongiorno", li salutò, "Mi dicono che state cercando un passaggio per Pallàndim..."
"Esatto", confermò Aryon. L'altro fece loro segno di salire a bordo.
"Benvenuti sulla Perla di Fiume", disse, "io sono il capitano Ràdiros, lieto d'incontrarvi."
"Il piacere è nostro", rispose Nerwen.
"Bene, che cosa vi serve? Due cabine?"
"Una soltanto va bene", disse Aryon, "ma abbiamo tre cavalli e un cane."
"Capisco... si può fare, la stiva è abbastanza grande da poter allestire un angolo per i cavalli, e il cane può stare in cabina con voi. C'è solo una cosa: dobbiamo effettuare delle riparazioni, per cui non partiremo prima di otto o nove giorni."
"Non abbiamo particolare fretta", gli assicurò Nerwen.
"Molto bene, allora possiamo concordare un prezzo..."
Si accordarono su una cifra ragionevole; Ràdiros chiese loro dove alloggiassero, in modo da poterli avvisare quando avrebbe saputo di preciso la data di partenza, perché salissero a bordo la sera prima. Alla fine si salutarono cordialmente; Nerwen ed Aryon tornarono al Lungofiume Yorva assai soddisfatti: era stata una giornata proficua.
Passarono i giorni, che trascorsero esplorando Yòrvakars e i dintorni; i locandieri, Morvenna e Roden, per qualche motivo li avevano presi così in simpatia che li trattavano più come parenti che come ospiti, dimostrandosi più premurosi di quanto ci si poteva ragionevolmente aspettare da loro.
"Il tuo Aryon è davvero molto innamorato di te", osservò un giorno Morvenna, mentre il marito e il principe erano impegnati in una partita di freccette; Aryon sbagliava spesso apposta, per non frustrare Roden, la cui abilità – pur notevole in un Uomo – non poteva reggere il confronto con quella di un Elfo.
"Lo so", sorrise Nerwen, guardando l'oggetto del suo amore, "e io di lui."
"Raccontami come vi siete conosciuti e innamorati", la esortò l'anziana donna, lavorando abilmente con l'uncinetto ad un bellissimo centrino di cotone candido, "Io adoro le storie d'amore..."
L'Aini si rese conto che le avrebbe fatto piacere raccontarlo, dato che non ne aveva mai avuto l'occasione, a parte che con Yavanna.
"Il nostro primo incontro è stato in realtà uno scontro...", cominciò, sorridendo divertita al ricordo; proseguì narrandole l'evolversi del loro rapporto – ovviamente senza entrare in particolari troppo intimi – adattando un poco la storia per omettere la propria identità di Istar, che si ritrovava riluttante a svelare, ora che avevano superato gli Orocarni e si trovavano in territori di cui non sapevano nulla, e il fatto che Aryon fosse il fratello di una potente sovrana, dichiarandolo semplicemente capitano della guardia reale, il che, seppur in modo riduttivo, era comunque rappresentativo della sua carica di Prima Spada. Morvenna seguì attentamente la narrazione, ponendo qualche domanda qua e là ma senza mai diventare indiscreta; si emozionò in particolare quando Nerwen le raccontò di quando Aryon l'aveva raggiunta ed avevano chiarito, e poi quando le parlò del fidanzamento, fatto con la formula elfica.
"Ma allora tra due giorni sarà l'anniversario!", esclamò, entusiasta, "Pensate di sposarvi presto, quindi?"
"Ci piacerebbe", confermò Nerwen, rammentando l'esortazione di Yavanna di non aspettare neanche un minuto più del necessario, "La tradizione elfica – ma anche quella dorwiniana – vorrebbe che condividessimo il momento delle nozze con amici e parenti, ma siamo molto lontani dalla nostra patria...", concluse con un certo rammarico.
Morvenna le posò una mano sul braccio, con simpatia.
"Forse non avete parenti, qui", disse a bassa voce, "ma, se volete, avete certamente due amici. Non possiamo certo prendere il posto dei vostri cari, ma se non volete aspettare, saremo ben felici di farne le veci."
Era ovvio che si stava riferendo a lei e suo marito. Nerwen la guardò, commossa: aveva sentito fin da subito una grande affinità verso questa donna, quasi che fosse una vecchia amica incontrata nuovamente dopo una lunga separazione. Si chiese se non fosse proprio così, se non avesse già incontrato l'anima di Morvenna durante la Prima Era del mondo, ma le sembrava impossibile – data la rarità con cui poteva accadere – di aver potuto ritrovare ben due antichi amici nel giro di così poco tempo, quindi forse si trattava semplicemente di affinità caratteriale.
"Ti ringrazio per la tua offerta, Morvenna", le disse con gratitudine, "Ne parlerò con Aryon."
Lo fece quella sera stessa mentre si coricavano. Il principe non nascose d'esser colpito:
"Che care persone", commentò, "Ammetto che non mi aspettavo di trovarmi tanto bene, con degli estranei e per di più Umani... ma come hai detto tu qualche mese fa a Zagal, non dovrebbero mai esserci estranei, solo amici che non si sono ancora incontrati", la guardò con uno dei suoi piccoli sorrisi, "Siamo molto fortunati ad aver incontrato questi amici proprio al momento giusto... inoltre, Yavanna in persona ci ha consigliato di non aspettare, quindi... sì, sposiamoci subito!"
Nerwen sorrise di contentezza; gli annodò le braccia attorno al collo e lo baciò con trasporto.
Morvenna fu così felice che accettassero la sua offerta che quasi si mise a piangere di commozione; anche Roden fu molto contento della novità.
Il rito nuziale in uso a Yòrvakars era diverso da quello elfico, ma i due anziani coniugi si prestarono di buon grado a seguire la tradizione degli sposi, che li istruirono quindi sulle frasi da pronunciare e i gesti da compiere.
L'usanza locale – del resto condivisa da tutti i popoli della Terra di Mezzo e seguita anche a Valinor – prevedeva che gli sposi si vestissero in modo particolarmente ricercato, così quel giorno stesso Morvenna portò Nerwen e Aryon da una sarta di sua conoscenza. Non c'era il tempo per fare abiti su misura, ma poterono scegliere tra quelli già pronti. Nerwen s'innamorò istantaneamente di un vestito di vellutino viola ricamato con fili d'oro e decorato con due stole di velo di seta; il prezzo non era eccessivo – considerando che lo avrebbe indossato un solo giorno perché non intendeva portarselo appresso, appesantendo inutilmente il bagaglio – e così lo prese. Fece fare una sola modifica, ossia staccare le maniche, che nel caldo clima estivo erano inutili.
Aryon invece prese una casacca del suo abituale colore nero, ma ingentilita da ricami d'argento e perline.
Infine gli sposi si procurarono gli anelli – due semplici fascette d'oro che avrebbero sostituito quelle d'argento – presso un gioielliere raccomandato loro dai locandieri.
Quella sera stessa, Nerwen contattò Yavanna, come le aveva promesso. Sdraiata sul letto e vegliata da Aryon, la Istar si recò a trovare la propria Maestra; bussò alla porta che rappresentava il loro canale di comunicazione e pochi istanti dopo l'uscio si aprì, stavolta sul salottino dove la Regina della Terra le aveva affidato la missione di cercare gli Onodrim, più di tre anni prima.
Benvenuta, amica mia cara, l'accolse Yavanna, sorridendole e porgendole le mani, che Nerwen strinse con affetto, Vieni, accomodati.
Si sedettero sulle stesse poltrone dove avevano parlato della ricerca degli Ent.
Come stai?, s'informò la Valië, La ricerca, il tuo principe?
Sto bene, rispose Nerwen, Siamo riusciti a superare gli Orocarni e ora ci troviamo in una cittadina fluviale di nome Yòrvakars, tra persone molto amichevoli, la Maia s'interruppe un istante, riordinando le idee, A proposito di amici... purtroppo ne ho perduto una...
Narrò alla sua Maestra della morte di Calad e del dolore che ciò le aveva causato; e le parlò di Túdhin, il suo antico amico dalla Prima Era ritrovato subito dopo la perdita della falchetta, quasi come una compensazione.
Mi spiace per le pene che devi affrontare durante lo svolgimento del compito che ti ho affidato, si rammaricò Yavanna,Non è il primo lutto che subisci, né sarà l'ultimo, temo...
Nerwen ripensò a Thorin, la cui anima, in quel momento, probabilmente si trovava nella parte riservata ai Nani delle Aule di Mandos, assieme a quelle dei nipoti Fili e Kili, in attesa di reincarnarsi.
Purtroppo è inevitabile, sospirò, Fa parte della natura della Terra di Mezzo. Lo sapevo, quando sono partita; però la differenza tra saperlo e sperimentarlo è molto amara... Fortunatamente, ho trovato Aryon, il mio compagno per la vita: con lui accanto, l'amarezza è più sopportabile.
La Valië si sporse verso di lei e le accarezzò gentilmente la mano.
Sono sempre più felice che tu abbia il tuo compagno al tuo fianco... Se ho fatto bene i conti, tra poco scade l'anno di fidanzamento, dico bene?, le domandò, nell'intento di rallegrarla. Ebbe successo, perché Nerwen istantaneamente sorrise:
Esatto. Siamo tanto fortunati da aver incontrato una coppia di persone più che amichevoli, addirittura affettuose, al punto da offrirsi come madrina e padrino di matrimonio nonostante ci si conosca pochissimo; così abbiamo deciso di sposarci, seguendo il tuo consiglio di non aspettare oltre il minimo necessario. Terremo la cerimonia dopodomani, a mezzogiorno.
Che splendida notizia!, esclamò Yavanna con entusiasmo, Come ti ho promesso, sarò con voi in spirito, durante la celebrazione. Mandami i tuoi pensieri poco prima di iniziare e io arriverò...
Grazie, Kementári, disse Nerwen, la formalità della risposta stemperata dall'abbraccio affettuoso che si scambiarono.
Prima di congedarsi, la Istar porse a Yavanna i ringraziamenti di Aryon riguardo alle notizie che gli aveva fornito, tramite lei, su suo padre Galadhost; poi si salutarono con un altro abbraccio.
Nerwen vide svanire la sorridente Regina della Terra e la sua biblioteca in una candida bruma; aprì gli occhi e si ritrovò a Yòrvakars, con Aryon al suo fianco.
"Bentornata, cuor mio", la salutò il principe, che l'aveva vegliata con ansia appena minore della prima volta; gli faceva impressione, quel suo non esserci, anche se si sforzava di non darlo a vedere, "Com'è andata?"
"Molto bene", rispose lei, accettando il bicchiere di succo di mela che lui le stava porgendo e bevendone un lungo sorso, "Yavanna ha confermato che sarà con noi, durante la cerimonia."
"È un grande onore", commentò Aryon a bassa voce, "ma sarà meglio tacerlo ai nostri amici, o rischiano di svenire... soprattutto Morvenna, che è già molto emozionata di suo", concluse con un sorrisetto tra il divertito ed il commosso. Di fronte alla sincera disponibilità di quell'anziana coppia di Umani, la sua connaturata diffidenza avarin era andata in frantumi.
"Hai ragione", confermò Nerwen, addentando una fetta di crostata alla marmellata di fragole preparati in precedenza, "Non potevamo davvero trovare due persone più adatte di lei e Roden, per farci da padrino e madrina di matrimonio, così lontano da casa..."
Il quattordici luglio, ovvero un anno e un giorno dopo la data del fidanzamento, Aryon e Nerwen si presentarono davanti agli emozionati Roden e Morvenna nel giardino dietro alla locanda, dove era stato allestito un piccolo padiglione per ripararli dal sole canicolare. Per quel giorno, i due locandieri avevano affidato la conduzione al figlio e alla nuora, che si sarebbero occupati degli altri ospiti lasciandoli quindi liberi di espletare il piacevole compito che si erano assunti.
"Non sono certa di ricordare tutto", sussurrò Morvenna al marito, agitatissima.
"Non preoccuparti", la tranquillizzò lui, "Aryon mi ha detto che, se ci dimentichiamo qualcosa, ci suggeriranno loro. Tanto, ci siamo solo noi."
Lei lo guardò con amore.
"E meno male...", ridacchiò, un po' rasserenata, "Al matrimonio di nostro figlio non ero così agitata, ma del resto, non eravamo noi a dover condurre la cerimonia..."
Nerwen e Aryon avevano concordato di evitare di citare gli Eldar, durante le frasi formali della cerimonia, avendo l'impressione che fossero fuori luogo, trovandosi tra gli Uomini; così, avevano cambiato leggermente la formula, ma il risultato era, di fatto, identico.
All'ora concordata, poco prima di mezzogiorno, uscirono in giardino e, mano nella mano, incedettero verso la coppia anziana che li attendeva sotto al padiglione, in modo non diverso da come avevano fatto Sèredor e Lythelen a Kopellin, quando si erano fidanzati. Quel giorno, Nerwen era stata molto emozionata, ma non era nulla in confronto ad ora. Lo sguardo ammirato, addirittura adorante che Aryon le aveva rivolto quando gli si era presentata con l'abito da sposa – si erano cambiati in stanze separate – le aveva tramutato le ginocchia in gelatina, e adesso riusciva a stento a camminare senza barcollare.
Quanto al principe, aveva il cuore che gli batteva in petto a gran colpi come un tamburo e le mani che tremavano. Era un anno che attendeva quel giorno – il giorno in cui avrebbe fatto di Nerwen sua moglie – e adesso che finalmente era arrivato, si scopriva impreparato alla forza dell'emozione che lo pervadeva.
Giunsero davanti a Roden e Morvenna e si fermarono; sciolsero le loro mani e si scambiarono un breve, intenso sguardo, prima di iniziare a parlare insieme con voci tremolanti di commozione:
"Secondo l'antica tradizione del nostro popolo, chiediamo a voi, nostri cari e nostra gioia, di essere testimoni del rinnovo della nostra promessa, cui oggi diamo compimento unendo le nostre vite."
Morvenna li guardò, pensando che erano bellissimi, e la sua agitazione si dissolse. Lei e Roden presero le mani degli sposi e le congiunsero, poi la donna cominciò a parlare, lentamente e con attenzione perché non voleva assolutamente sbagliare o dimenticare qualcosa:
"Varda Signora delle Stelle del Cielo e le Valiër tutte veglino su di te, Nerwen; ti proteggano e ti donino lunghi giorni sereni accanto al tuo amato sposo. E possa Yavanna, Signora della Terra, portare i Suoi doni di abbondanza e prosperità nella vostra casa."
Non aveva idea che quest'ultima parte della benedizione era di particolare significato, per la sposa; né tantomeno che Yavanna era in realtà presente, seppure soltanto in forma di spirito, e che li stava guardando da oltre il Grande Mare.
Roden si rivolse allo sposo:
"Manwë Signore delle Correnti del Cielo e i Valar tutti veglino su di te, Aryon; ti proteggano e ti donino lunghi giorni sereni accanto alla tua amata sposa. E possa Oromë vegliare sempre sui vostri sentieri e proteggere il vostro cammino."
Anche per Aryon, l'invocazione a Oromë Aldaron era di particolare significato, essendo costui il Vala prediletto degli Avari.
Roden scambiò uno sguardo con la moglie per partire all'unisono con la frase seguente:
"Sia che Eru Padre di ogni cosa, che è sempre al di sopra di tutte le Potenze, benedica la vostra unione e la fortifichi sino alla fine dei giorni."
Nerwen ed Aryon girarono il viso per guardarsi negli occhi e proferirono assieme:
"Possa la grazia dei Valar scendere su di noi e, assieme alla benedizione del Padre di ogni cosa, accompagnarci per sempre durante tutta la nostra nuova vita."
Sentendo la voce vacillare, Nerwen prese un profondo respiro per cercare di calmarsi abbastanza da riuscire a proseguire; si tolse l'anello d'argento e disse:
"Ecco il pegno della tua fedeltà e segno del nostro legame. Al compimento della tua promessa, a te lo rendo."
Porse l'anello ad Aryon; lui glielo prese dalle mani e lo ripose in una tasca, da cui trasse l'anello d'oro.
"Il mio cuore è legato al tuo cuore per sempre", le disse, tenendo la voce bassa per impedire che traballasse, "Porta dunque questo anello e con esso prendi me come tuo sposo e compagno sino alla fine del mondo", concluse, presentandole il nuovo pegno del loro legame. Mentre le infilava l'anello all'indice della mano destra, lei sorrise, emozionata oltre ogni dire.
"Con gioia lo accetto", dichiarò in un soffio, "con gioia lo porterò al dito. Allo stesso modo porterò il tuo cuore nel mio cuore, sino alla fine del mondo."
Aryon si sentì mancare il fiato e per un lungo momento non fu capace di parlare; infine riuscì a riprendersi, si tolse l'anello d'argento e lo porse alla sua sposa:
"Ecco il pegno della tua fedeltà e segno del nostro legame. Al compimento della tua promessa, a te lo rendo."
Così come aveva fatto prima lui, Nerwen prese il simbolo della loro promessa e lo mise in una tasca nascosta nelle ricche pieghe del suo abito, da cui prese l'anello d'oro. Deglutì prima di riuscire a proseguire.
"Il mio cuore è legato al tuo cuore per sempre", gli disse, "Porta dunque questo anello e con esso prendi me come tua sposa e compagna sino alla fine del mondo."
Le sue mani tremavano mentre gli infilava l'anello all'indice; il volto di Aryon si aprì ad uno dei suoi rari sorrisi pieni mentre il cuore gli balzava in gola.
"Con gioia lo accetto, con gioia lo porterò al dito", mormorò, non riuscendo a parlare a voce più alta, "Allo stesso modo porterò il tuo cuore nel mio cuore, sino alla fine del mondo."
Gli sposi si guardarono, smarrendosi l'uno negli occhi dell'altra. Morvenna sorrise di nuovo, commossa; anche lei e suo marito si scambiarono uno sguardo, colmo di un affetto che aveva resistito a oltre quattro decenni, il che, in termini umani, sono un tempo ragguardevole.
Attesero che Nerwen e Aryon riemergessero dal loro incanto, tornando a girarsi verso di loro; allora Roden si rivolse alla sposa:
"Ora questo mio figlio dell'anima viene a te. Accoglilo ed amalo, e siate per sempre felici e uniti come uno."
"Con tutto il mio amore lo accolgo", rispose lei con un sorriso abbagliante, "e nella gioia saremo come uno per sempre."
Morvenna fece altrettanto con Aryon:
"Ora questa mia figlia dell'anima viene a te. Accoglila ed amala, e siate per sempre felici e uniti come uno."
Aryon guardò la donna, gli occhi azzurri così intensamente luminosi da essere quasi accecanti:
"Con tutto il mio amore la accolgo, e nella gioia saremo come uno per sempre."
Tornò poi a girarsi verso Nerwen, la prese tra le braccia e la baciò sulle labbra, in modo più casto di quello che solitamente usavano, ma non meno amorevole.
Non rimaneva che la frase di chiusura, che pronunciarono assieme:
"Per la Grazia dei Valar, per il volere del Padre, sia benedetta per sempre la nostra unione. Con gioia siate testimoni accanto a noi di quanto oggi avviene."
Aryon e Nerwen si sciolsero dal loro amplesso per abbracciare rispettivamente il padrino e la madrina, in maniera meno formale di quanto avevano fatto al fidanzamento con Séredor e Lythelen perché gli Umani usavano farlo più affettuosamente.
Yavanna Kementári, la Regina della Terra, osservò tutta la cerimonia con commozione; guardando la sua amata seguace mentre scambiava gli anelli nuziali con il suo compagno per la vita, questo principe degli Avari così alto e bello e tenebroso, fu felice per lei.
Quando la celebrazione si concluse, prima di lasciarli mandò loro tutte le benedizioni che era in suo potere elargire, augurando a entrambi salute, prosperità fisica e spirituale, e ogni felicità possibile.
"È il momento di festeggiare!", esclamò Roden, sorridendo, "Abbiamo fatto preparare un vero banchetto, anche se siamo solo noi quattro."
"Anche al fidanzamento eravamo soltanto in quattro", confidò loro Nerwen, "sicché ritengo che sia solo giusto che sia così anche per il nostro matrimonio."
"Faremo una gran festa quando torneremo in patria", disse Aryon, pensando che sua sorella Eliénna avrebbe voluto celebrare quella ricorrenza in maniera degna. Nerwen annuì sorridendo.
Si sedettero dunque al tavolo che era stato preparato per loro; qualche minuto dopo, sopraggiunse un cameriere, che cominciò a servire la prima portata, una zuppa fredda a base di peperoni, pomodori, cetrioli e cipolla macinati, resa cremosa da pane raffermo ammorbidito nell'acqua e accompagnato da crostini di pane e uova sode spezzettate, molto saporita e fresca, una specialità dello Yòrvarem che gli sposi apprezzarono molto. Seguì poi un delicato arrosto freddo di vitello in gelatina con contorno di melanzane e zucchine grigliate e patate lesse. Su tutto, del vino bianco frizzante ben freddo che venne servito in abbondanza, rendendo la coppia anziana molto allegra, mentre fece meno effetto su Aryon e per nulla su Nerwen. Per terminare, giunse una vera torta nuziale, a base di crema di zabaione e frutta, accompagnata da un vino bianco dolce.
Alla fine, Roden e Morvenna esortarono gli sposi a ritirarsi; secondo la legge locale, infatti, il matrimonio sarebbe stato valido a tutti gli effetti soltanto dopo l'atto d'amore coniugale. Non aveva importanza se fosse già stato consumato, semplicemente doveva essere ripetuto dopo la cerimonia.
Aryon e Nerwen non ebbero certo bisogno di molta opera di convincimento.
Angolo dell'autrice:
La cerimonia elfica di matrimonio, così come quella di fidanzamento, è frutto delle ricerche del mio buon amico presidente del gruppo Eldalië, Gianluca Comastri, con il quale qualche anno fa ebbi l'onore di celebrare un matrimonio elfico durante un'edizione della Hobbiton, la festa della Società Tolkieniana Italiana.
Curiosità... gastronomica: la zuppa fredda altro non è che il celebre e delizioso gazpacho andaluso la cui ricetta è stata insegnata a mia madre da un'amica di Malaga.
Ora che sono nei territori situati tra gli Orocarni e l'Oceano Orientale, Nerwen e Aryon devono trovare notizie che li indirizzino in un luogo specifico o rischiano di passare anni nel tentativo di rintracciare le femmine scomparse degli Onodrim...
Mille mila ringraziamenti a tutti coloro che continuano a seguire questa lunghissima avventura nella Terra di Mezzo! Lasciatemi qualche commento, volete? Così mi renderete felice XD
Lady Angel
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