Capitolo XLIV: Lady Iruegh


Capitolo XLIV: Lady Iruegh

Trascorsero la notte lì; sdraiati sul loro giaciglio, Aryon strinse Nerwen in un abbraccio consolatorio, senza nulla chiedere, solo per farle sentire la sua solidarietà in quel momento di tristezza. Le baciò la fronte, dolcemente, e poiché Nerwen alzò il viso verso il suo, le baciò anche le labbra, più volte, delicatamente, con tenerezza. Lei ricambiò, un po' titubante dapprima, ma poi si strinse maggiormente a lui e schiuse la bocca. Era un chiaro invito, ma ciò nonostante, Aryon si mantenne pronto a ritirarsi al primo accenno di esitazione; le sfiorò gentilmente la lingua con la propria, in un bacio che voleva trasmetterle conforto, più che desiderio. Lentamente, le accarezzò il braccio, fino ad intrecciare le dita con le sue, e si portò le loro mani giunte al cuore.

Nerwen ricambiò il bacio, infinitamente grata della sua presenza e del suo sostegno; sentì di amarlo ancor di più per questo. D'impulso, sollevò una gamba e lo strinse contro di sé.

Sentendola sollecitarlo, Aryon la baciò con maggior enfasi, offrendosi a lei pur mantenendo il proposito di fermarsi in qualsiasi momento; ma Nerwen lo contraccambiò con uguale trasporto. Allora sciolse le dita da quelle di lei e le slacciò lentamente la camicia, dandole tempo per ritirarsi, se lo voleva; ma lei non lo fece. Così, infilò una mano nello scollo per accarezzarle il seno; Nerwen sospirò nella sua bocca e mosse il bacino contro il suo.

Notando i loro movimenti, Túdhin si allontanò con discrezione, raggiungendo i cavalli che dormivano discosti. Nei lunghi anni che aveva trascorso con Nerwen, le non frequenti volte che era accaduto aveva sempre fatto altrettanto, lasciandole un po' di intimità.

I due amanti si liberarono dei vestiti, sfiorandosi dolcemente a vicenda la pelle che via via veniva scoperta. Nerwen abbassò una mano tra i loro corpi, toccando Aryon intimamente e strappandogli un ansito; poi lui le afferrò le dita e le scostò da sé.

"No, amore...", le bisbigliò, "Stavolta è solo per te..."

Comprendendo il suo intento, il cuore le saltò un battito, mentre un groppo di commozione le serrava la gola: il suo principe Avar era semplicemente meraviglioso.

Aryon abbassò le labbra sul collo di Nerwen, mordicchiando la tenera pelle della gola nel punto dove percepiva il battito accelerato del suo cuore; poi discese sulle soffici rotondità del seno. Sentendolo prendere in bocca un apice e suggerlo delicatamente, l'Aini ebbe un fremito e gemette piano.

"Oh Aryon...", sospirò.

"Nerwen...", rispose lui, sfiorandole l'altro capezzolo con la punta delle dita e facendola rabbrividire ancora di piacere. Spostò la testa, cambiando seno, mentre lentamente faceva scendere la mano lungo il suo addome fremente fino a giungere sulla soglia della sua femminilità. Lei schiuse le cosce, permettendogli così di accarezzarla in modo eccitante quanto gentile; emise un altro lamento.

Incoraggiato, Aryon si abbassò ulteriormente lungo il suo bel corpo, baciandone ogni centimetro a mano a mano che scendeva fino alla sua meta; poi si sistemò tra le sue gambe e depose le labbra sull'accesso al suo giardino segreto. Nerwen sussultò e un piccolo grido le sfuggì dalla gola mentre sentiva Aryon lambirla sensualmente, profondamente, ma sempre conservando un'incredibile tenerezza. Gli occhi le si riempirono di lacrime commosse mentre il suo corpo tremava di piacere.

Aryon la gustò a lungo, dolcemente, godendo del suo sapore, che trovava più delizioso di qualsiasi leccornia al mondo. Il respiro di lei si fece sempre più erratico ed i suoi fremiti sempre più forti; a quel punto, si sollevò per adagiarsi su di lei e Nerwen lo circondò con le braccia e con le gambe, più che pronta. Nella fioca luce delle stelle, guardandola negli occhi, Aryon si spinse dentro di lei, che lo accolse con un lungo sospiro, schiudendo le labbra in un'espressione estatica.

"Ti amo", le sussurrò, "Con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutto me stesso..."

Le lacrime tornarono a riempire gli occhi della Maia; una debordò da un angolo, rigandole la tempia. Aryon gliel'asciugò con le labbra.

Poi cominciò a muoversi dentro di lei. Piano, amabilmente. Adagio, con una tenerezza infinita, la guidò lungo le eccitanti strade del piacere verso il traguardo comune, conducendola lentamente verso il culmine; quando le fece raggiungere la vetta, la sentì tremare irrefrenabilmente tutt'attorno a lui e la udì gridare il suo nome nel parossismo del compimento. Allora si arrese anche lui al climax, chiamando più volte il nome di lei.

Dopo, rimasero abbracciati a lungo, restii a separarsi, stringendosi in modo quasi spasmodico.

"Aryon...", sussurrò Nerwen con voce tremante di emozione, "Ti amo così tanto... Grazie per esserci... qui, con me."

Era ovvio che non intendeva soltanto fisicamente. Lui le baciò la tempia, la fronte, gli occhi, le labbra.

"Ci sarò sempre, mio fiore", le promise, "Sempre."

Era altrettanto ovvio che neppure lui intendeva soltanto in senso fisico. Lei gli circondò il collo con le braccia e seppellì il viso contro la sua spalla. Molte altre volte nel corso della sua esistenza aveva perso degli amici, ma mai come stavolta ne era stata tanto afflitta; neppure il pensiero che il ciclo della vita, un giorno, avrebbe riportato Calad in Eä riusciva a consolarla completamente: era l'effetto che la qualità della Terra di Mezzo faceva alla sua anima, rendendola più vulnerabile al dolore. Il tempo, fortunatamente, prima o poi avrebbe attenuato il suo dispiacere; e la presenza di Aryon era come un raggio di luce in una notte oscura.

Poco dopo il sorgere del sole ripresero la strada verso Tor Kathren e quello che speravano essere il valico per superare gli Orocarni. Túdhin assunse spontaneamente il ruolo di avanguardia, correndo una cinquantina di metri davanti ai tre cavalli. Non poteva certamente avere un'ampiezza di visione paragonabile a quella di Calad, ma era capace di sentire l'usta di qualsiasi cosa a grandi distanze e questo poteva rivelarsi davvero molto utile, in un territorio sconosciuto.

Nel pomeriggio di tre giorni dopo raggiunsero il Lavnen, che in quel punto aveva già compiuto l'ampia curva che, dalla sua fonte nelle Montagne Rosse, lo portava verso sud. Si accamparono sulla riva e catturarono alcuni pesci, che misero ad arrostire sul fuoco per cena; Túdhin si allontanò per cacciare qualche piccolo roditore.

"Come ti senti, cuor mio?", la interrogò Aryon, scrutandola ansiosamente; era consapevole che la morte di Calad l'aveva molto addolorata e che sarebbe occorso del tempo perché si riprendesse da quella perdita.

La Istar gli prese la mano e la baciò in un gesto così tenero che gli fece venire un groppo in gola.

"La tua presenza rende il mio cordoglio più sopportabile", gli mormorò, posando la guancia nel suo palmo, "Grazie..."

Di slancio, lui l'abbracciò.

"Non c'è nulla per cui ringraziare", le disse a bassa voce, "Siamo compagni per la vita, ci sosteniamo a vicenda..."

Lei gli circondò il collo con le braccia e seppellì il viso contro il suo petto, infinitamente grata a Eru Ilúvatar per averle infine concesso di incontrarlo.

Il mattino dopo si disposero a guadare il fiume; era piuttosto ampio, ma non sembrava profondo, tuttavia Aryon, ottimo nuotatore, si spogliò e si inoltrò cautamente in acqua per verificarne l'altezza. A metà percorso era immerso fino alle spalle e la corrente lo fece barcollare, ma per i cavalli – ovviamente più alti e pesanti, nonché poggianti su quattro zampe e non soltanto su due gambe – non sarebbe stato un grosso problema.

Diverso era il discorso per Túdhin: i lupi normalmente non attraversano i fiumi, sebbene sappiano nuotare, a meno di non essere in pericolo di vita; inoltre la corrente lo avrebbe trasportato molto a valle.

Il principe tornò a riva, dove Nerwen lo attendeva.

"Sarà abbastanza facile attraversare, per i cavalli", le disse, accettando con un cenno di ringraziamento la coperta che lei gli porgeva per asciugarsi, "ma la corrente è forte e per Túdhin sarà difficile attraversare a nuoto."

La Maia si girò verso il giovane lupo, che stava guatando l'acqua sospettosamente, e ne percepì il timore e la perplessità

"Penso di avere una soluzione diversa. Thilgiloth, che ne dici se diamo un passaggio al nostro vecchio amico?", domandò; la Corsiera lanciò un'occhiata al dubbioso Túdhin.

Ma certo, rispose, capendo al volo quale fosse l'idea di Nerwen.

Aryon passò lo sguardo dall'una all'altra.

"Thilgiloth non ha mai avuto paura di Túdhin", osservò lentamente, "diversamente da Allakos e Thalion... Non è una cavalla qualsiasi, vero?"

"È una mearh", gli rammentò Nerwen, ma lui scosse la testa:

"Non è una spiegazione sufficiente. Teme ben poche cose... come te, del resto."

Era inutile negare l'evidenza, pensò l'Aini: Aryon era molto perspicace, era perciò inevitabile che finisse col notare quella loro particolarità. Poteva attribuire la mancanza di timore di Nerwen ai suoi poteri di Istar, ma non aveva alcuna giustificazione per quella di Thilgiloth.

"Hai ragione", ammise quindi a bassa voce, "È... una di quelle cose di cui non posso parlarti."

Quella era la prima volta che si confrontavano apertamente su ciò contro cui l'aveva messo in guardia il giorno dopo che si erano trovati: il fatto che c'erano cose che non le era permesso dirgli.

Aryon annuì lentamente.

"Lo immaginavo", disse semplicemente, "e ho promesso di non insistere", si avvide della sua preoccupazione e per rassicurarla le rivolse il piccolo sorriso che gli era caratteristico, "Sono curioso, ovviamente, ma ti ho dato la mia parola e la manterrò. Ti dico solo che ho capito che Thilgiloth sta alla razza dei mearas tanto quanto tu a quella degli Uomini."

Per un attimo, la compostezza di Nerwen si incrinò mentre pensava che lui avesse capito tutto; ma poi comprese che non poteva essere così: Aryon aveva sì intuito che c'era molto di più, in lei e nella Corsiera, di quanto non apparisse; ma di che cosa precisamente si trattasse, non aveva modo di scoprirlo.

"Sei acuto, mio principe", gli disse con un lieve sorriso, "e ti amo anche per questo..."

Lui le prese una mano e la intrecciò con la propria.

"E io amo te, mia straordinaria Istar", le rispose sottovoce, guardandola con tenerezza. Lei ricambiò lo sguardo, sentendosi infinitamente grata. Poi si distolse: sarebbe volentieri rimasta a perdersi nei suoi occhi azzurri, ma dovevano procedere.

"Vieni qui, Túdhin", lo invitò, a voce e mentalmente; udendola, il predatore si girò e trotterellò fino da lei, accucciandosi e guardandola da sotto in su, in attesa, "Il modo più sicuro per te di attraversare il fiume è di salire con me in groppa a Thilgiloth", gli disse la Maia.

Il lupo girò lo sguardo sulla Corsiera; in passato, non era mai accaduto che avessero bisogno di attraversare un fiume a quel modo, quindi sarebbe stata la prima volta che le saliva in groppa. A lei, o a qualsiasi altra cavalcatura, se per questo.

Grazie, rispose, Basta che non mi lasci cadere, aggiunse, vagamente preoccupato.

Non accadrà, lo rassicurò la Istar, risalendo in arcione; Aryon raccolse il giovane lupo tra le braccia e lo sollevò fino a lei, che lo mise seduto davanti a sé sulla sella. Túdhin stette ben attento a tenere le unghie accuratamente ritirate per non graffiare l'Elfo, la donna o la cavalla.

Nerwen lo circondò con le braccia per offrirgli sostegno; sentendolo teso, gli mandò una sensazione rassicurante. Túdhin si girò e le leccò una mano.

Mi fido di te e di Thilgiloth, le disse, rilassandosi un poco. Nerwen gli accarezzò il fianco.

Non te ne pentirai, gli assicurò. Diede di tallone a Thilgiloth, che si diresse lentamente verso l'acqua, muovendosi con particolare attenzione perché la sua cavaliera l'aveva avvisata che il lupo era un po' preoccupato; Thalion le si accodò immediatamente, come di consueto, mentre Allakos, con Aryon in groppa, chiudeva il piccolo corteo.

Guadarono il fiume senza particolari difficoltà; raggiunta l'altra riva, Túdhin si tuffò a terra e si pose seduto davanti alla Corsiera.

Ringrazia Thilgiloth per me, pregò Nerwen, guardando solennemente la cavalla. La Istar sorrise: Túdhin era sempre stato molto cortese, più della media dei suoi simili.

"Túdhin ti ringrazia, amica mia", disse quindi. La Corsiera mosse le orecchie.

Non c'è di che, rispose, non l'ho quasi sentito, è stato bravo.

Frattanto Aryon si era affiancato a Nerwen.

"Tutto bene con Túdhin ?", volle sapere.

"Ottimamente", rispose lei, "È un lupo molto ben educato: ha ringraziato Thilgiloth per averlo portato sano e salvo oltre il fiume."

Il principe nerovestito annuì compiaciuto.

Ripresero la marcia; poche ore dopo, raggiunsero la propaggine occidentale di Tor Kathren; in quel punto, la linea alberata correva esattamente da nord a sud, tagliando loro la strada. Di lì, avrebbero proseguito costeggiando la Selva Ombrosa fino ad incontrare la Riviera Verde.

Proseguirono per sei giorni verso meridione; la foresta era alla loro sinistra, poi la linea arborea curvò improvvisamente verso est in una grande conca che seguiva il contorno di quella che, nei Tempi Remoti, era stata la sponda nord orientale del grande Mare Interno di Helcar.

Rinunciando a costeggiare la foresta, che li avrebbe portati direttamente verso est per poi tornare a scendere verso sud, Aryon e Nerwen tagliarono in linea retta in direzione est-sud-est attraverso la pianura erbosa; pochi giorni dopo ritrovarono gli alberi e ripresero a procedere a fianco di Tor Kathren. Infine, il terzo giorno di giugno, videro luccicare in lontananza le acque di un giovane fiume che fuoriusciva dalla foresta.

Nerwen tirò le redini di Thilgiloth e Aryon la imitò, fermandosi accanto a lei. L'Aini indicò davanti a loro:

"Laggiù, Aryon... laggiù era Cuiviénen."

Il principe guardò a lungo, attentamente, senza nascondere alla promessa sposa la propria profonda commozione.

"È certamente molto diverso da come lo dipingeva mia madre", commentò infine a bassa voce, "ma come pensavo, è molto emozionante, per me, trovarmi nel luogo che ha visto l'incontro dei miei genitori", chiuse gli occhi per un istante, "Meno di un anno fa non sapevo cos'avevano provato, trovandosi; ora invece lo so, grazie a te..."

Si girò a guardarla con uno sguardo così carico d'amore da farle sentire le farfalle nello stomaco. Nerwen allungò una mano e gliela posò sul braccio.

"Grazie a te, adesso lo so anch'io", mormorò. Lui le coprì la mano con la propria e l'accarezzò; i suoi occhi sorridevano, anche se la bocca era seria.

Raggiunsero la Riviera Verde laddove usciva alla foresta; il paesaggio era assai suggestivo e, poiché era ormai tardo pomeriggio, decisero di accamparsi lì, rinunciando ad addentrarsi subito nella Selva Ombrosa. Scaricarono la soma di Thalion, tolsero i finimenti ad Allakos e Thilgiloth e lasciarono le cavalcature libere di pascolare.

Raccolsero della legna per accendere un fuoco e poter cucinare, motivo per cui Aryon prese arco e frecce e andò a caccia di selvaggina. Túdhin lo seguì, alla ricerca di una preda per sfamarsi.

Più tardi, quando sorse l'astro notturno, Nerwen lo guardò pensierosa.

"Sai cosa sono quelle macchie scure sulla luna?", domandò ad Aryon. Il principe sollevò lo sguardo a sua volta.

"A dire il vero, no", ammise.

"Quando i Valar crearono il cocchio del Sole e quello della Luna, Anar e Isil in quenya, ne affidarono la conduzione a due Maiar, rispettivamente Arien e Tilion. Tilion è innamorato di Arien, che però non lo ricambia; egli tenta in continuazione di avvicinarsi a lei – motivo per cui a volte vediamo la luna in cielo anche di giorno, quando sta transitando il carro di Arien – ma lei gli sfugge sempre. Una volta però le arrivò molto vicino, troppo, tanto da bruciarsi... ed ecco il perché di quelle macchie."

"Povero Tilion", mormorò Aryon, staccando gli occhi dalla luna per guardare la sua Istar, "Mi sento più che mai fortunato, perché io, a differenza di lui, ho trovato la mia compagna per la vita e lei mi ricambia..."

L'abbracciò; Nerwen gli posò la testa sulla spalla e bisbigliò di rimando:

"Anch'io mi sento molto fortunata..."

Si fermarono alcuni giorni, cacciando e pescando per rimpinguare le loro scorte alimentari prima di affrontare la traversata di Tor Kathren e raggiungere gli Orocarni e quello che speravano essere un valico che li portasse oltre le montagne. Infine si rimisero in marcia, cominciando a risalire la Riviera Verde lungo la sua sponda sinistra.

Occorsero loro quasi due settimane per arrivare ai piedi delle Montagne Rosse, che si ersero quasi improvvisamente davanti a loro il tredicesimo giorno dacché si erano addentrati nella Selva Ombrosa. Il fiume era andato costantemente restringendosi ed ora, ridotto a un torrente dal letto piuttosto ampio, si riversava fuori da una stretta vallata.

In quei giorni, Nerwen ed Aryon non avevano scorto anima viva, ad esclusione della ricca fauna che abitava la foresta; così fu con enorme sorpresa che videro una mulattiera dall'aria trascurata, ma ancora ben transitabile, che affiancava la Riviera Verde dal lato opposto, cominciando – o forse piuttosto terminando – all'entrata della valle.

"Il diario di viaggio non parlava di un sentiero", osservò Aryon, meravigliato.

"Infatti", confermò Nerwen, "ma è stato redatto più di cinquecento anni fa e le cose da allora possono ben esser cambiate. Forse qualcuno è venuto ad abitare nella valle e ha costruito la strada per potersi muovere più agevolmente."

"Buon per noi; purché non si tratti di personaggi ostili, ovviamente."

"Staremo all'erta", concluse l'Aini.

Con Túdhin sempre in avanscoperta, attraversarono facilmente il fiumiciattolo ed imboccarono il sentiero, che proseguiva proprio accanto al fiume, il cui letto rimaneva piuttosto ampio, ad indicare che, nel periodo del disgelo, la portata d'acqua poteva aumentare in modo considerevole.

Le pareti della valle erano ripide, coperte di una vegetazione dalle radici forti, in prevalenza conifere, che offrivano abbondanza di legna. Quando calò la sera, si accamparono in mezzo alla mulattiera ed accesero un fuoco per cucinare. Erano saliti di qualche centinaio di metri soltanto, ma prevedevano che la strada si sarebbe fatta più erta man mano che avanzavano.

Non si sbagliavano; tuttavia, la mulattiera rimaneva sempre abbastanza larga perché i cavalli potessero transitare agevolmente appaiati e, laddove era particolarmente ardua, erano stati intagliati gradini bassi e profondi che consentirono loro di procedere rimanendo in arcione. Erano scheggiati e crepati, indice di incuria o di abbandono, ma ancora facilmente percorribili.

"Se mai incontreremo chi ha costruito questa strada", commentò Nerwen la seconda sera, "lo ringrazierò infinitamente: anche se non è tenuta benissimo, ci sta risparmiando molta fatica e sicuramente anche molto tempo."

Via via che salivano, la sera e la notte faceva sempre più freddo, mentre la Riviera Verde andava restringendosi sempre più, riducendosi ad un ruscello, finché durante la mattinata del quarto giorno dall'inizio dell'ascesa, scomparve in un anfratto roccioso: evidentemente, ne avevano raggiunto la sorgente.

Nel primo pomeriggio oltrepassarono due colonne tronche di pietra dall'aria antica, che si ergevano ai lati del sentiero; poi Túdhin, come sempre all'avanguardia, superò un ultimo rilievo del terreno e si fermò di botto. Notandolo, Nerwen lo contattò mentalmente e attraverso i suoi occhi scorse un'imponente costruzione che ostruiva completamente il passaggio. Per lo stupore tirò le redini di Thilgiloth più bruscamente del solito, tanto che la Corsiera emise uno sbruffo di protesta.

Aryon si fermò a sua volta.

"Una cosa decisamente inaspettata", rispose la Istar, girandosi verso di lui, "C'è una specie di forte che sbarra il passo... mai vista una cosa simile."

Scesero da cavallo e si appressarono con cautela alla cima, tenendosi bassi, per guardare oltre; l'edificio, della stessa pietra rossastra che aveva dato il nome alla cordigliera, sembrava una via di mezzo tra una roccaforte militare ed un castello residenziale: massiccio, possente, dalle finestrature piccole e profonde, ma ingentilito da lunghi gonfaloni che garrivano al vento e da un sorprendente giardino pensile al di sopra dei camminamenti delle mura merlate. Sui vessilli era visibile il disegno di un monte coronato di nubi, rosso in campo bianco.

"Chi può aver costruito qui una fortezza?", chiese Aryon.

"Forse qualcuno interessato a non far passare nessuno di qua", ipotizzò Nerwen, "ma in quale delle due direzioni?"

Osservarono a lungo quel baluardo dall'aria imprendibile e il terreno intorno, giungendo alla conclusione che non era possibile aggirarlo in alcun modo: in quel punto, la strada terminava, il terreno di fronte era completamente spoglio – esponendo alla vista del fortilizio chiunque arrivasse – mentre le pareti ai lati erano quasi verticali e di nuda roccia liscia e senza appigli. L'unico modo per passare era entrare da un lato del castello ed uscire dall'altro; ammesso che i suoi abitanti fossero disposti a lasciarli fare, naturalmente.

Quel che più li inquietava era l'inspiegabilità di quello sbarramento: se si fosse trattato di un passaggio molto frequentato, avrebbero potuto pensare a un pedaggio forzato, qualcuno che volesse arricchirsi chiedendo una tassa di transito ai viandanti; ma poiché il valico era praticamente sconosciuto, non capivano lo scopo di quella roccaforte.

Alla fine decisero di tentare la sorte: non c'era niente altro da fare, se volevano sperare di passare dall'altra parte. L'alternativa era tornare indietro e provare ad aggirare gli Orocarni a meridione, senza sapere minimamente quanto lontana fosse la fine della cordigliera. Settimane, forse mesi di viaggio in territorio totalmente sconosciuto: non era una prospettiva allettante.

Impensierita che la vista di un lupo, per quanto addomesticato, potesse mettere in allarme gli abitanti del castello, Nerwen chiamò Túdhin a sé.

"Tieniti vicino a me, amico mio, e simula il più possibile il comportamento di un cane", lo istruì: dopotutto, c'erano razze di cani molto simili ai loro cugini lupi, "così come usavi fare in passato, te lo ricordi?"

Certamente, Figlia del Tramonto, rispose il predatore con una punta di divertimento. Fingerò d'essere timido e starò lontano da tutti. Posso intervenire, se ti vedo in pericolo?

Nerwen esitò: alcuni atteggiamenti potevano essere interpretati come una minaccia anche se in realtà non lo erano; era pur vero che Túdhin, durante gli anni che avevano trascorso insieme nel Beleriand, aveva imparato molto sul comportamento sociale dei due zampe, ma un equivoco era pur sempre possibile.

"Solo se te lo dico io", decise quindi, per non correre rischi.

Rimontarono in arcione e si avviarono lentamente, tenendo le mani bene in vista per far comprendere di non essere una minaccia; Túdhin si mise a trotterellare accanto a Thilgiloth, in tutto e per tutto simile a un docile cane.

Come si aspettavano, ad un certo punto udirono una voce perentoria ordinare loro un secco alt in un ovestron dallo strano accento, ma ben comprensibile; si fermarono ed attesero.

La pesante grata di ferro davanti all'ingresso si sollevò, mentre contemporaneamente il retrostante portone di legno si apriva. Ne uscì un drappello di fanti ben armati, preceduti da un cavaliere in armatura splendente, dai lunghi capelli biondi, che portava un vessillo bianco e rosso. I soldati marciavano in sincronia, con una perfezione dovuta sicuramente ad un attento addestramento.

Mentre il cavaliere si avvicinava, si accorsero che era una donna; i suoi occhi azzurri erano amichevoli, anche se il portamento era rigido.

"Salve, stranieri", disse loro in Lingua Corrente con una sorprendente voce da contralto, "Io sono Iruegh, la castellana e guardiana del passo. Voi chi siete, e cosa volete?"

"Io sono Nerwen, e questo è Aryon. Stiamo cercando di superare le Montagne Rosse e ti chiediamo quindi il premesso di passare."

"Che vogliate passare mi sembra ovvio", osservò Iruegh con una vena canzonatoria, ma non indisponente, nel tono di voce, "Vorrei conoscere il motivo per cui volete superare le Montagne Rosse, prima di decidere se farvi passare o meno."

Qualcosa di indefinito indusse Nerwen a non dichiarare apertamente il proprio scopo, per una volta:

"Siamo esploratori del Dorwinion; abbiamo trovato un antico testo che parlava di questo valico, che però il redattore non è riuscito a superare, e quindi siamo venuti qui seguendo le sue indicazioni per essere i primi del nostro popolo a poter vantarsi d'aver oltrepassato gli Orocarni."

Iruegh passò lo sguardo dall'una all'altro; notando le orecchie leggermente appuntite di Aryon, inarcò le sopracciglia sottili e ben disegnate:

"Il vostro popolo? Ma vedo che tu sei della razza degli Uomini, mentre lui appartiene a quella degli Elfi..."

"In realtà sono un Mezz'elfo", spiegò Aryon con simulata tranquillità, appoggiando la versione di Nerwen, "Sono cresciuto col popolo di mia madre, una donna del Dorwinion."

La spiegazione parve soddisfare la castellana:

"Molto bene. È un raro piacere per me avere visitatori, per cui spero che vorrete fermarvi a cena e per la notte, prima di procedere con il vostro viaggio. Vi offro la mia ospitalità."

L'invito era stato posto con molta cortesia e, nonostante la leggera diffidenza che aveva provato quando era stata interrogata sul motivo della loro presenza lì, Nerwen non trovò motivo di rifiutare; inoltre, dopo tante settimane di viaggio sarebbe stato decisamente piacevole riposarsi in un vero letto, magari dopo un bagno caldo e una cena sostanziosa.

Scambiò un'occhiata con Aryon, che le rivolse un cenno d'assenso.

"Va bene, Lady Iruegh", rispose quindi, "saremo lieti di accettare il tuo invito."

La bionda castellana le sorrise, poi voltò il cavallo e tornò indietro. I fanti si separarono in due ali, sempre muovendosi con ammirevole sincronia, ed attesero che anche gli stranieri passassero. Nerwen si tenne pronta ad un'eventuale reazione intimorita per la presenza di Túdhin, ma il lupo interpretò magistralmente il ruolo del cane; si tenne affiancato a Thilgiloth con atteggiamento fiero ma docile e nessuno fece una piega.

Raggiunsero il portone, che oltrepassarono immediatamente dopo la loro anfitriona; subito si presentarono dei servitori, che li aiutarono a scendere da cavallo. Iruegh diede direttive affinché le loro cavalcature venissero adeguatamente seguite.

"Prendete quel che vi serve per la notte dai vostri bagagli e lasciate il resto alla cura dei miei servitori", li invitò la castellana. Nerwen ed Aryon presero degli abiti di ricambio, che una premurosa cameriera si fece consegnare per poi precederli all'interno del corpo principale della fortezza, cui loro accedettero seguendo Iruegh. Nerwen fece segno a Túdhin affinché li accompagnasse, sempre mantenendo il suo ruolo di cane; il lupo aveva fortunatamente imparato a farlo assai bene all'epoca del suo primo incontro con l'Aini e quindi, pur in una nuova incarnazione, non ebbe difficoltà a ritrovare quanto appreso a quel tempo.

Un'altra cameriera li accompagnò poi in un appartamento con due camere da letto ed un salottino in mezzo a separarle; ogni camera aveva la sua saletta da bagno privata, fornita di una vasca di rame smaltato.

"Porteremo subito l'acqua per il bagno", li assicurò la seconda cameriera, congedandosi.

Trovarono che avevano sistemato le cose di Nerwen in una stanza e di Aryon nell'altra, ovviamente ignorando che i due erano una coppia, ma prima che potessero riunire la loro roba in un'unica camera, giunsero due servitori che portavano secchi d'acqua calda fumante e che cominciarono a riempire le due vasche.

Nerwen ed Aryon fecero dunque il bagno, ciascuno assistito da un servitore, una donna per lei e un uomo per lui. Alla fine furono lasciati soli; erano entrambi molto rilassati, così si stesero sul letto di una delle camere e si riposarono, cominciando a riprendersi dalla stanchezza di tanti giorni di viaggio.

Rimasero un po' in silenzio, poi Nerwen osservò:

"Mi piacerebbe dare un'occhiata fuori da una finestra che dà sull'altro lato del castello, per vedere se siamo effettivamente in cima ad un valico."

Le finestre del loro appartamento volgevano tutte nella direzione da cui erano venuti, ovvero verso occidente; il sole calante infatti proiettava i suoi raggi direttamente attraverso i vetri, parzialmente oscurati da pesanti tendaggi di velluto rosso scuro. Il rosso e il bianco – i due colori dei vessilli sulle mura – si ripetevano un po' ovunque nel castello, anche nelle divise dei soldati che avevano visto, essendo evidentemente i colori della casata di Iruegh, qualunque essa fosse.

La Maia si alzò, intenzionata a rivestirsi per cercare una finestra rivolta a oriente, quando sentì bussare alla porta dell'appartamento. Túdhin, che si era sdraiato in un angolo della camera, balzò in piedi e ringhiò piano, teso. Nerwen gli fece un cenno ammonitore, ricordandogli che doveva sembrare innocuo, ed il lupo smise subito; ma quando lei si recò di là per invitare ad entrare, la seguì. I visitatori si rivelarono i camerieri che avevano assistito lei e Aryon col bagno; il lupo si tranquillizzò, pur non perdendo d'occhio i movimenti dei due.

"Lady Iruegh vi invita a cena", annunciò la donna, "Siamo qui per aiutarvi a vestirvi."

"Non è necessario...", cominciò Nerwen: solitamente, se proprio ne avevano bisogno, lei e Aryon si aiutavano vicendevolmente.

"Vi prego, signora, è il nostro lavoro", intervenne l'uomo. La Istar comprese che, rifiutando, poteva offenderli o, peggio, metterli nei guai con la loro padrona.

"D'accordo", accettò allora, ritirandosi verso la sua stanza; la donna si mosse nella sua direzione, mentre l'uomo fece per recarsi nell'altra camera, "No, prego, venite tutti e due qui", li invitò allora. Entrambi assunsero per un attimo un'espressione sorpresa, ma si ripresero subito: era evidente che non si erano aspettati che i due ospiti stessero insieme.

Dopo che si furono vestiti – Nerwen col suo abituale vestito verde, che aveva fatto rifare a Kopellin dopo che il precedente era stato rovinato da Meledhiel, e Aryon con i suoi panni da casa, immancabilmente neri – vennero accompagnati nella sala da pranzo. Túdhin andò con loro, rimanendo appiccicato ai talloni di Nerwen, come da istruzioni ricevute.

Iruegh, abbigliata con un elegante abito curtense di seta rosso scuro, li attendeva accanto al tavolo padronale. I tavoli minori erano già tutti occupati dai suoi famigli e collaboratori più stretti, una trentina in tutto, i quali rivolsero cenni di saluto ai nuovi arrivati.

"Benvenuti al mio desco", li accolse la castellana quando si furono avvicinati, "Prego, accomodatevi", continuò, andando a sedersi sul seggio centrale – dallo schienale più alto degli altri, decorato con un motivo floreale – e accennando alle due sedie alla destra, "Nerwen, siedi qui accanto a me, chiacchieriamo un po'..."

Túdhin si accucciò dietro lo scranno della padrona e cercò di rendersi invisibile.

Sopraggiunsero una mezza dozzina personaggi, uomini e donne ben vestiti, che porsero i loro omaggi a Iruegh e guardarono incuriositi i nuovi arrivati.

"Nerwen, Aryon, vi presento i miei collaboratori", disse la padrona di casa, snocciolando una serie di nomi e indicando varie cariche, dal Conestabile al Sovrintendente di Palazzo, dalla Direttrice degli Approvvigionamenti alla Principale del Guardaroba, ed altri titoli che i due ospiti dimenticarono subito. Tutti rivolsero loro cenni educati, se non propriamente amichevoli, e presero posto.

"Dimmi, Nerwen, davvero state affrontando questo viaggio per la sola gloria?", indagò la castellana, mentre un servitore le versava da bere. L'Aini pensò che quell'unica ragione non era molto plausibile.

"Non soltanto per la gloria", rispose quindi, "Il nostro re è sempre alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali: prendere contatto con regioni che possono essere interessate alle nostre mercanzie significa ricchezza e fama sia per lui che per chi gli procura nuovi affari", guardò attentamente Iruegh, "Se le tue terre sono un passaggio obbligato, potresti trarre un profitto anche tu, imponendo un ragionevole dazio sul traffico delle merci..."

La castellana parve riflettere per un breve momento, poi annuì:

"In effetti, potrebbe essere interessante, sebbene io abbia sufficienti ricchezze per far vivere bene me stessa e anche tutta la mia gente..."

Arrivarono altri servitori con grandi piatti colmi di vivande: brasato di capriolo e stufato di pecora, serviti con patate novelle arrosto, zucchine all'aglio e prezzemolo, melanzane alla griglia, il tutto accompagnato da un robusto vino rosso e da acqua. Tutto era assai gustoso e sia Aryon che Nerwen apprezzarono molto il cibo e il vino.

"Non mi aspettavo di trovare un castello, quassù", disse Nerwen ad un certo punto, cercando di scoprire in modo sottile il motivo per cui quella fortezza era stata costruita lì ed in quel modo così peculiare, a completo sbarramento del passo.

"Castelvalico fu costruito dai miei antenati circa quattrocento anni or sono", le raccontò Iruegh, "per sfuggire ad una pestilenza che aveva colpito le terre dove abitavano. Da allora non siamo più scesi. Qualche rara volta – forse due o tre per generazione – giunge qualcuno dal versante est, in cerca come voi di un passaggio tra le montagne. Non sempre superano il valico: a volte si fermano qui, a volte tornano indietro. Di quelli che hanno proseguito non è tornato nessuno. I territori dell'ovest sono così pericolosi? A guardare voi due, non si direbbe..."

Nerwen notò che non aveva spiegato il motivo per cui la costruzione chiudeva completamente il passo, ma ponendo una domanda troppo diretta temeva di indisporre la padrona di casa, per cui preferì non indagare oltre.

"Non tutti i popoli che abitano la Terra di Mezzo sono pacifici come il nostro", rispose Aryon, che aveva seguito attentamente il racconto di Iruegh, "Gli Esterling, ad esempio, sono gente feroce. Venendo qui, abbiamo avuto una brutta avventura con loro: ci hanno catturato, credendoci delle spie. Fortunatamente siamo riusciti a fuggire."

"Meno male!", commentò la donna bionda, "Sarei lieta di ospitarvi qualche giorno, così potrete riposarvi prima di continuare il vostro viaggio... i visitatori sono così rari, qui, che mi farebbe davvero molto piacere se vi fermaste", concluse, guardando fissamente Nerwen.

"La tua ospitalità è davvero generosa, Lady Iruegh", disse la Maia, sentendosi improvvisamente sulle spine, "e ti ringraziamo molto per la tua offerta, ma pensavamo di proseguire domani stesso."

"Che peccato", mormorò la castellana, percorrendo la figura di Nerwen con apprezzamento. Di colpo, la Istar comprese di trovarsi di fronte ad un'amante di donne; non era la prima volta che le accadeva, ma poiché non aveva mai provato interesse in quel senso per un membro del proprio sesso, aveva sempre rifiutato le profferte d'amore di questo tipo. Ora poi che aveva incontrato il suo compagno per la vita, non se ne parlava nemmeno.

Fortunatamente Iruegh non insistette e tornò a mangiare e bere conversando amabilmente coi suoi ospiti. Ogni tanto Nerwen allungava un osso a Túdhin, che il lupo si sforzò di rosicchiare fingendo un entusiasmo che – preferendo di gran lunga la carne cruda – era ben lontano dal provare. La Istar lo lodò silenziosamente per questo e lui si sentì fiero di sé.

Finita la portata principale, i servitori vennero a portar via gli avanzi, poi tornarono con dei dolci, deliziose frittelle ripiene di crema o marmellata accompagnate da frizzante vino bianco dolce. Per finire, un infuso caldo di erbe digestive.

Terminata la cena, Aryon e Nerwen presero congedo; l'Aini avrebbe voluto andare a controllare le loro cavalcature, ma le sembrò una richiesta scortese, perché pareva mettere in dubbio la competenza e buona fede di chi si era occupato di loro, nonché della padrona di casa. Perciò si limitò a contattare Thilgiloth con la mente e, ricevendone rassicurazione, si tranquillizzò.

Tornarono nell'appartamento che era stato loro assegnato, dove Túdhin scelse un angolo del salottino per dormire, mentre Aryon e Nerwen si recavano in camera.

"Mi sento a disagio: temo che Iruegh abbia delle mire su di me", dichiarò la Maia. Il principe inarcò un sopracciglio, sorpreso: non si era accorto delle preferenze della castellana.

"Non posso darle torto", dichiarò, osservando la sua promessa sposa con sguardo amoroso, per poi assumere un'espressione minacciosa, "ma dovrebbe passare sul mio cadavere, prima di averti."

"E poi dovrebbe fare i conti con me", rise Nerwen, "Non sono mai stata attratta in quel modo dal genere femminile di nessuna razza!"

Aryon fece il suo sorrisetto sghembo, poi tornò serio.

"Qualcosa non quadra nel racconto di Iruegh... da quel che dice, non c'è praticamente alcun contatto con le terre più in basso, ma allora come fanno a vivere quassù senza coltivare niente? Capisco la carne e la verdura, che possono venire da pascoli di quota e da un orto, ma ho visto abbondanza di pane, che significa grano, tuttavia siamo troppo in alto perché possa venir coltivato qui, e credo che valga lo stesso per la vite, quindi per il vino..."

Nerwen si trovò d'accordo con le sue osservazioni:

"In effetti, Iruegh mi mette sempre più a disagio, e non per il suo interesse per me. Tutto il castello, a dire il vero, mi mette a disagio: come dici tu, la sua storia non quadra. Sarà meglio andarsene domattina al più presto."

Quando si furono coricati, Nerwen si accoccolò tra le braccia di Aryon.

"Mio principe, ieri era il Giorno di Mezza Estate...", gli suggerì. Lui sorrise con quel suo sorrisetto che lei amava tanto.

"Sì, è vero... esattamente un anno fa abbiamo capito di essere compagni per la vita", la baciò lievemente sulle labbra, "Direi che si tratta di una ricorrenza da celebrare... e questo comodo letto è il posto più adatto..."

La baciò nuovamente, stavolta con maggior ardore; la sentì rispondere con uguale slancio.

"Quanto sono stato stupido, quella notte...", le mormorò contro le labbra, rammentando sempre con disagio la propria prima, assurda reazione alla rivelazione del loro legame.

Nerwen gli accarezzò lentamente il petto.

"Lascia perdere, è acqua passata... pensa invece a far l'amore con me...", gli alitò all'orecchio.

Aryon la prese in parola; si amarono, a lungo ed appassionatamente, prima di addormentarsi l'una tra le braccia dell'altro, sazi d'amore.


Angolo dell'autrice.

Il castello dell'immagine è Castel Beseno, in Trentino.

Davvero, che senso ha questo castello che sbarra un valico così poco frequentato? Un piccolo mistero che rende Nerwen e Aryon assai perplessi...

A costo d'esser noiosa, non mi stanco di ringraziare i lettori che fedelmente mi seguono, sia che lascino un commento, sia che rimangano in silenzio – ma guardate che non mordo LOL – perché la maggior soddisfazione per chi scrive è proprio venir letto.

Lady Angel


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top