Capitolo XLIII: Un amico dal passato



Capitolo XLIII: Un amico dal passato

Era notte fonda. La luna, ormai all'ultimo quarto, era quasi tramontata. In quella tenebra appena rischiarata dagli ultimi raggi lunari, alcune figure si muovevano furtivamente. Erano una dozzina, Uomini non molto alti, ma assai robusti, soldati rivestiti di armature segmentate di cuoio e metallo; nove di loro erano armati di corte alabarde dalle lame uncinate, gli altri tre di potenti archi a quattro curvature; le teste erano coperte da elmi dotati di corna simili ad antenne d'insetto.

Durante il loro giro di pattuglia, al crepuscolo avevano scorto un filo di fumo elevarsi sull'orizzonte orientale; poiché si trattava di una zona notoriamente spopolata di cui la loro gente s'era impadronita da poco, si erano avvicinati per appurarne l'origine. Lasciate le loro cavalcature a distanza di sicurezza, avevano proseguito appiedati; nonostante il pesante armamento, si muovevano silenziosamente, in un ordine preciso, avvicinandosi al piccolo accampamento ben attenti a tenersi sottovento, in modo che i cavalli non fiutassero il loro odore e dessero l'allarme.

Gli intrusi giunsero a pochi passi dalle figure dormienti quando Allakos colse un movimento con la coda dell'occhio e si girò a guardare; vedendo degli sconosciuti, lanciò un nitrito allarmato che svegliò subito gli altri due cavalli, che si misero a strepitare. Calad, in groppa a Thalion, emise uno stridio acuto e senza indugio si alzò in volo.

Al primo nitrito, Aryon si destò di soprassalto; vide immediatamente le minacciose figure ed afferrò la spada, che giaceva accanto a lui, sguainandola con un grido infuriato che strappò dal sonno anche Nerwen. L'Aini si guardò confusamente attorno e riconobbe il pericolo; abbrancò il suo lungo pugnale noldorin, che nottetempo conservava sotto il cuscino, e allo stesso tempo gettò indietro la coperta. Con un balzo fu in piedi, schiena contro schiena con Aryon, brandendo l'arma contro gli ignoti avversari.

Gli aggressori non persero tempo e si gettarono loro addosso. Aryon venne attaccato da tre opponenti muniti di alabarde e mulinò furiosamente la spada, deflettendo le loro lame. Nerwen invece fece ricorso alla sua strabiliante velocità: si abbassò schivando il fendente del suo avversario e passò sotto la sua guardia mentre aveva le braccia sollevate, piantando il pugnale nell'ascella scoperta. Il nemico urlò e cadde, ma subito ne giunse un altro. Nerwen si girò ad affrontarlo ed in quel momento sopraggiunse Thilgiloth, che gli diede una terribile spallata e lo scagliò via; Thalion, sempre pronto a seguire la Corsiera, completò l'opera calpestando il malcapitato e mettendolo fuori combattimento.

Vedendo i suoi compagni assalire gli sconosciuti, anche Allakos si buttò nella mischia, travolgendo un aggressore.

Gli attaccanti si ritirarono leggermente, confusi da quella furibonda resistenza.

"Esterling!", gridò Aryon, "Che cosa fate qui?! Non è vostro territorio!"

"Ti sbagli", lo contraddisse uno di loro, forse il comandante, "Ci siamo impossessati di queste terre disabitate anni fa. Nessuno straniero è ammesso entro i nostri confini: arrendetevi o verrete uccisi."

"Questo è da vedere!", ruggì Aryon, "Fatevi sotto!"

Gli Esterling non si impressionarono punto: erano in dodici, mentre i loro avversari soltanto in due. Li avrebbero sgominati in pochi istanti.

Quattro si gettarono contro il principe Avar, mentre altri quattro guardavano loro le spalle, tenendo a bada quei cavalli così stranamente aggressivi. Nerwen, dotata di un'arma troppo corta per attaccare di forza, si tenne dietro ad Aryon.

Il principe si stava battendo come un leone. La sua lama trovò un varco e ferì ad un braccio uno degli Esterling, che si ritirò, ma venne subito sostituito da uno dei suoi commilitoni. La punta di un'alabarda colse Aryon ad una gamba, strappandogli un'esclamazione di dolore; ma la ferita non lo fermò ed anzi lo fece lottare ancor più ferocemente.

Irritato più che preoccupato dalla sua ostinata resistenza, il comandante fece un cenno imperioso ad un soldato che non aveva ancora ingaggiato combattimento; costui comprese l'ordine silenzioso: da una tasca tirò fuori una frombola, la caricò con un sasso e lanciò in direzione dello spadaccino nerovestito.

Aryon vide il movimento e si scansò appena in tempo per evitare la pietra, diretta alla sua testa; il proiettile proseguì il suo micidiale volo verso Nerwen, appena dietro Aryon, e la colpì alla tempia. La Istar crollò di schianto, priva di sensi.

Aryon lanciò un urlo; saltò sopra il corpo della fidanzata, facendole scudo, ma adesso era circondato da sette Esterling.

Calad vide cadere la sua amica a due gambe e lanciò un grido infuriato. Finora si era tenuta lontana dalla mischia, intimorita dagli archi, ma vedendo Nerwen stramazzare, ruppe gli indugi e si gettò in picchiata contro colui che l'aveva colpita. Il soldato era coperto da elmo e armatura, ma Calad mirò dritto agli occhi, che erano ovviamente scoperti.

Nello stesso momento, i guerrieri che avevano circondato Aryon lo attaccarono e il principe Avar cominciò a roteare la spada come un turbine.

Il guerriero attaccato da Calad sollevò la propria alabarda per difendersi, ma la falchetta la schivò agilmente e protese gli artigli, pronta a strappargli un occhio; l'uomo riuscì a girare la testa a sufficienza da schivare e gli artigli batterono innocui sul metallo dell'elmo. Frustrata, Calad stridette e si risollevò in volo.

Sette avversari contemporaneamente erano troppi anche per Aryon, nonostante tutta la sua perizia e agilità eldarin: pur ferendone alcuni, uno anche in modo grave, venne letteralmente schiacciato dal numero e sopraffatto.

Quello che sembrava il comandante incoccò una freccia, prese accuratamente la mira e tirò; il dardo trapassò Calad da parte a parte.

La falchetta precipitò senza un grido.

Vedendola cadere, Thilgiloth s'impennò e lanciò un nitrito disperato. Gli Esterling, ormai liberi della minaccia costituita dall'Umana e dall'Elfo, rivolsero la loro attenzione a lei e agli altri cavalli, tentando si radunarli con l'ovvia intenzione di catturarli Vedendosi minacciata assieme ai suoi amici quadrupedi, Thilgiloth si precipitò verso Thalion e, superandolo, gli diede un colpo col muso, inducendolo così a seguirla. Vedendo gli altri due, anche Allakos si diede alla fuga. Gli arcieri tesero i loro archi, ma il comandante fece loro segno di lasciar stare: gli spiaceva perdere tre cavalcature, di cui due così belle, ma gli Esterling amavano e rispettavano i cavalli e non c'era scopo alcuno ad ucciderli.

Indicò i due prigionieri.

"Legateli", ordinò.

Nerwen riemerse dal buio nulla in cui era precipitata dopo un'accecante esplosione di luce e dolore che l'aveva colta completamente impreparata. La testa le pulsava ed aveva la nausea. Si mosse e così facendo s'accorse d'essere sdraiata a terra su un fianco con le mani legate dietro la schiena.

"Finalmente ti sei svegliata", commentò una voce ironica e dura, in un ovestron appena passabile. Lentamente, per non peggiorare il senso di nausea, Nerwen sollevò lo sguardo: di fronte a lei era piantato a gambe larghe un Uomo piuttosto tozzo, completamente rivestito di armatura. Il sole era sorto da poco e, essendo privo d'elmo, l'Aini poté vederlo in faccia: la carnagione olivastra, i lunghi capelli corvini legati in una treccia, la fissava con occhi stretti a fessura, duri quanto la sua voce.

Un guerriero la sollevò rudemente e la mise seduta.

"Chi sei?", la interrogò l'Uomo di fronte a lei in tono perentorio, "Che cosa fate, tu e il tuo compagno, nel nostro territorio?"

"Non sapevamo d'aver sconfinato", rispose Nerwen a fatica; aveva la bocca impastata. Doveva al più presto usare il proprio potere taumaturgico su se stessa, pensò nebulosamente.

"Voglio sapere il tuo nome e quello dell'Elfo!", tuonò l'Esterling.

"Lasciala stare!", gli intimò Aryon, seduto a poca distanza, anche lui con le mani legate dietro la schiena; un calcio nel fianco da parte di uno dei soldati lo zittì brutalmente. Il principe si piegò di lato con una smorfia di dolore, ma non emise un suono.

Nerwen aveva sussultato nel veder colpire il suo promesso sposo e si morse un labbro per non gridare.

"Allora?", la incitò l'Uomo; dall'atteggiamento imperioso, Nerwen dedusse che fosse il comandante.

"Mi chiamo Nerwen", rispose, "e vengo dal Dorwinion. Lui è Aeglin, dei Kindi della Foresta Orientale."

Preferì non rivelare il vero nome di Aryon, che probabilmente era conosciuto agli Esterling data la sua importante posizione di Prima Spada dell'Alta Sovrana

Il comandante annuì compiaciuto:

"Vedo che hai saggiamente deciso di collaborare... Allora, che cosa ci fate qui?"

Nerwen pensò ad un motivo plausibile che giustificasse la loro presenza in quella regione, ma che non rivelasse il loro reale scopo.

"Stiamo... scappando", rispose lentamente, mentre un'idea prendeva forma nella sua mente.

"Ma davvero? E da cosa mai state scappando?"

Nerwen lanciò un'occhiata ad Aryon e lo vide che la stava guardando con attenzione. Sicuramente le avrebbe retto il gioco.

"Come saprai, generale, noi dorwiniani sono in pessimi rapporti con gli Elfi della Foresta Orientale..."

"Non sono un generale", la interruppe lui, in tono vagamente compiaciuto, "puoi chiamarmi capitano Tang. E sì, lo so che il Dorwinion e Eryn Rhûn sono in pessimi rapporti da decenni."

Nerwen aveva appositamente esagerato il grado del comandante esterling, per fingere un grado di intimidazione che era ben lungi dal provare.

"Bene, capitano", corresse l'apostrofe, "Ciò nonostante, io e Aeglin ci siamo innamorati. Ad aggravare la nostra situazione, c'è il fatto che lui era il favorito della regina dei Kindi. Lei è gelosissima, se ci avesse scoperti ci avrebbe uccisi. Allora siamo fuggiti."

Tang squadrò prima lei, poi Aryon.

"E perché non siete andati invece a Gondor, o a Rohan?", domandò, diffidente, dimostrando una buona conoscenza della geografia.

Nerwen pensò freneticamente.

"Sono ben conosciuta, in quelle contrade", rispose, "Commercio in vino e per questo motivo mi reco spesso a Minas Tirith e a Edoras", scosse la testa, "No, Eliénna sarebbe venuta a sapere della nostra presenza là e avrebbe mandato i suoi sicari a farci fuori. L'unico posto dove possiamo andare è in un luogo disabitato. Avevamo pensato alla Selva Ombrosa."

Quella meta spiegava la direzione che stavano seguendo, ma senza svelare la loro destinazione finale.

Tang considerò attentamente la storia raccontata dalla prigioniera.

"Una fuga d'amore, eh?", bofonchiò, per niente convinto, "Non me la bevo. Siete spie degli Avari, ecco cosa siete."

Non di nuovo, pensò Nerwen indispettita. Avrebbe roteato gli occhi per l'esasperazione, se non avesse temuto di peggiorare la nausea.

"Non siamo spie", interloquì Aryon, "Nerwen ha detto la verità, siamo in fuga da Eliénna per salvarci la pelle..."

"Sta zitto", lo mise bruscamente a tacere Tang, "Non so se ammazzarvi sul posto e farla finita, o se verificare la vostra storia. Se davvero eri l'amante dell'Alta Sovrana e le avete fatto torto fuggendo assieme, potrebbe essere interessata a riavervi, dietro adeguata ricompensa. Un modo facile per fare un bel gruzzolo, per me e per i miei uomini...", aggiunse tra sé e sé. Girò loro le spalle e si allontanò, facendo un cenno al suo vice – che altri non era se non il soldato che aveva colpito Aryon con un calcio – perché lo raggiungesse: si sarebbe consultato con lui per decidere la sorte immediata dei prigionieri.

Nerwen si guardò attorno, alla ricerca dei suoi amici kelvar.

"Dove sono Thilgiloth e gli altri?", domandò sottovoce ad Aryon.

"Non lo so", rispose lui in un bisbiglio, "Non li ho più visti. Penso che, vedendoci sconfitti, siano scappati prima che prendessero anche loro."

La Istar annuì e chiuse gli occhi. Stava troppo male per estendere i suoi sensi speciali alla ricerca dei cavalli e della falchetta, così si concentrò sulla taumaturgia e si auto-guarì, lasciando però la ferita sulla tempia per non insospettire gli Esterling. Quando riaprì gli occhi, la sua mente era tornata limpida, ma avrebbe finto di essere ancora intontita. Guardò Aryon più attentamente e vide il sangue sulla sua gamba.

"Sei ferito!", esclamò, preoccupata.

"Non è niente di grave", la rassicurò il principe.

"Potrebbe fare infezione", si angustiò lei; purtroppo non poteva fare niente per lui senza il contatto fisico e ciò significava che per il momento doveva accantonare la questione.

"Ora cerco i nostri amici", disse quindi, a bassa voce. Aryon assentì ad indicare d'aver capito. Lei chiuse gli occhi e sondò i dintorni. Percepì la mente di Thilgiloth – con la quale aveva un legame privilegiato data la loro lunga famigliarità – a distanza di sicurezza dal manipolo di Esterling.

Thilgiloth! Come state, tu e gli altri?

Io sto bene, e così Thalion e Allakos... Tu e Aryon?, rispose la Corsiera.

Siamo un po' malridotti, ma niente di grave, per fortuna, la rassicurò Nerwen, Gli Esterling però ci hanno catturati, s'interruppe, accorgendosi che Thilgiloth non aveva parlato della loro amica pennuta, né lei la percepiva, Dov'è Calad?

Thilgiloth esitò, ma sapeva di non poter nascondere nulla, alla mente dell'altra.

Mi spiace, amica mia...

La Corsiera le inviò l'immagine della falchetta colpita dalla freccia lanciata da Tang. Nerwen ne fu così sconvolta che, per un istante, non credette a quel che vedeva; sondò disperatamente i dintorni con la mente, ma non trovò traccia di Calad. Cercò di dirsi che poteva semplicemente essere fuori della sua portata, ma l'inutilità di quel pensiero la colpì come una mazzata. Si piegò su se stessa per l'ambascia: la sua fedele, coraggiosa, generosa amica alata era morta, uccisa da quel maledetto Esterling! Singhiozzi convulsi cominciarono a scuoterla, squassandole il petto con dolorose stilettate.

"Nerwen!", la chiamò Aryon, allarmato, "Che cosa c'è? Nerwen!"

Lacrime brucianti rigarono le guance dell'Aini mentre lottava per non perdere completamente il controllo.

"Calad...", ansimò, "...morta, uccisa... Tang..."

Il principe si sentì come colpito da un manrovescio: era trascorso quasi un anno da quando aveva incontrato per la prima volta Nerwen, in compagnia proprio di Calad, ed in quel torno di tempo era giunto ad affezionarsi alla rapace ben al di là della sua utilità come sentinella.

"Mi spiace, amor mio", sussurrò, cercando di confortare la sua promessa sposa, "Mi spiace immensamente...", lanciò uno sguardo pieno d'odio a Tang, "Gliela farò pagare, te lo giuro! Lo spellerò vivo!"

Il capitano degli Esterling non aveva fatto caso ai movimenti di Nerwen né alle parole che lei e l'Elfo si erano scambiati sottovoce, ancora intento a valutare col suo vice la strategia da adottare nei confronti dei prigionieri. I due continuarono a confabulare ancora per un pezzo.

Frattanto Nerwen aveva esaurito le lacrime; una fredda furia si fece strada dentro di lei, soppiantando il dolore. Aryon aveva parlato di spellare vivo Tang, ma finché era legato non poteva fare niente. Lei però sì.

Tornò ad estendere i suoi sensi speciali, alla ricerca di alleati che potessero aiutarli. Sondò in cerchio, allargando via via la portata della percezione. Tornò a sentire Thilgiloth, Thalion e Allakos, li rassicurò brevemente, poi proseguì, avanti, avanti, sempre più lontano...

Tang tornò indietro e la trovò che sembrava esanime a terra. Storse le bocca, indispettito, quindi si rivolse ad Aryon.

"La tua amichetta non sembra molto resistente", commentò in tono sprezzante, "Ha pochi graffi, ma non riesce a riprendersi...", si avvicinò al principe, "Abbiamo deciso che vi terremo in vita, per il momento. Il tempo di verificare la vostra storiella. Nell'improbabile caso che sia vera e siate davvero ricercati da quella sgualdrina della tua regina, le chiederemo una lauta ricompensa per riconsegnarvi a lei."

Nel sentir insultare la sorella, Aryon strinse la mascella per non rispondere per le rime a quell'arrogante capitano Esterling.

"Non sei molto loquace, eh?", lo motteggiò Tang, "Meglio così, non saremo costretti a imbavagliarti... Caricateli sui cavalli e muoviamoci!", ordinò poi, rivolto ai suoi uomini. Due di loro afferrarono Aryon sotto le ascelle e lo buttarono di traverso su una delle loro cavalcature, poi fecero lo stesso con Nerwen, che continuava a sembrare priva di sensi.

Invece, la mente della Istar era ben sveglia, ma impegnata altrove, alla frenetica ricerca di chi potesse aiutarli. La colonna di Esterling si avviò, dirigendosi verso sud-ovest.

Trascorse quasi un'ora, prima che Nerwen finalmente percepisse qualcosa.

A circa trenta chilometri di distanza, verso occidente, un branco di lupi insolitamente numeroso stava sonnecchiando tra i cespugli. Il grosso maschio che li guidava rizzò le orecchie e sollevò il capo, perplesso.

Ti odo!, disse nella lingua dei lupi, Ma dove sei?

Sono lontana, giunse la risposta, flebile ma limpida, Ho bisogno d'aiuto. Sono la Figlia del Tramonto, forse mi conosci.

Il capobranco aveva sentito parlare di lei da un altro branco di lupi, incontrato durante l'estate precedente.

Sì, ti conosco, confermò, Come possiamo aiutarti?

Nerwen benedisse mille volte Yavanna, grazie alla quale i kelvar appena contattati si dichiaravano disposti a soccorrere lei e Aryon.

Espose rapidamente la loro situazione; il lupo accettò senz'altro di prestarle soccorso, in nome di Kementári, e si mise a radunare il branco, composto da una ventina di elementi adulti e qualche giovane. Consapevole che i lupi non potevano attaccare un manipolo di soldati armati fino ai denti senza subire gravi danni, Nerwen consigliò al capobranco di attendere la notte: aveva udito gli Esterling dire che sarebbero occorsi due giorni per arrivare alla città verso cui erano diretti, ci sarebbe quindi stato tempo a sufficienza per i lupi di raggiungerli e di assalirli nottetempo.

Esaurito il compito di trovare aiuto, Nerwen tornò completamente nel suo corpo e finse di riprendersi soltanto allora dallo svenimento. Scoprì che il sole era quasi allo zenit e gli Esterling stavano per fermarsi per il pasto di mezzogiorno.

Accorgendosi che era rinvenuta, il soldato che la stava trasportando con sé diede una voce al capitano Tang, che arrivò al trotto.

"Bene bene, vedo che ti sei svegliata, Nerwen", le disse beffardamente, "Ti senti meglio?"

Lei non rispose, limitandosi a lanciargli un'occhiata di fuoco. Se ne avesse avuto il potere, lo avrebbe incenerito sul posto.

La colonna si fermò e lei venne scaricata come un sacco di farina accanto ad Aryon.

"Stai bene?", le domandò preoccupato il principe, che come gli altri l'aveva ritenuta svenuta per tutto quel tempo. Lei annuì:

"Ho trovato degli alleati", gli mormorò sottovoce, attenta a non farsi udire dagli Esterling, "Lupi", specificò.

Aryon stette attento a non modificare la propria espressione facciale.

"Bene", sussurrò di rimando, "Quando?"

"Stanotte."

Il principe annuì impercettibilmente.

Il tenente, che frattanto avevano appreso chiamarsi Chun, si avvicinò accigliato.

"Cosa state confabulando, voi due?", li interrogò in tono sospettoso.

"Volevo solo assicurarmi delle condizioni della mia fidanzata", ringhiò Aryon, "Perché, lo trovi così strano?!"

Chun lo guardò torvo, poi tornò ad allontanarsi.

I guerrieri Esterling si diedero da fare a preparare un pasto veloce, ignorando momentaneamente i prigionieri. Poi uno di loro venne a portare loro da mangiare, una ciotola con dentro pane e formaggio e una borraccia d'acqua. Li posò accanto a loro, li slegò e si allontanò di qualche passo, togliendosi l'arco dalle spalle e incoccando una freccia.

"Provate soltanto a far movimenti sospetti e vi infilzo", disse bruscamente, agitando l'arma.

Aryon lo fulminò con lo sguardo, ma decise di ignorarlo: dopotutto, stava soltanto eseguendo degli ordini. Si massaggiò i polsi e prese la borraccia, porgendola a Nerwen. Lei la accettò, grata, e bevve a piccoli sorsi che alleviarono la secchezza della gola, poi la ripassò al principe, che fece come lei. Si divisero il pane ed il formaggio, mangiando lentamente, non tanto perché avessero fame – tesi com'erano, non ne avevano affatto – ma per conservarsi in forze. Infine svuotarono la borraccia.

Quando ebbero finito, la loro guardia tornò a legarli, poi portò via borraccia e ciotola. Poco dopo, i soldati cominciarono a muoversi per rimettersi in marcia. Stavolta Tang ordinò che i prigionieri venissero caricati entrambi su una delle loro cavalcature di scorta, Nerwen davanti con le mani legate al pomolo della sella, Aryon dietro di lei con le mani legate attorno alla sua vita; uno dei guerrieri avrebbe condotto il cavallo per la briglia.

Ripartirono, tornando a seguire la direzione intrapresa. La pianura non mostrava segni di cambiamento, rimanendo noiosamente piatta tranne poche, irrilevanti ondulazioni.

Andarono avanti tutto il pomeriggio ad andatura moderata; quando il sole toccò l'orizzonte, incendiando il cielo occidentale in uno spettacolare tramonto, la colonna si fermò per accamparsi per la notte. Accesero alcuni fuochi di bivacco, cucinando del cibo caldo che offrirono anche ai prigionieri, nuovamente slegandoli solo il tempo strettamente necessario perché potessero mangiare e bere e tornando poi a legarli mani e piedi. Diedero loro anche delle coperte per farne un giaciglio per la notte. Tutto sommato, pensò Aryon controvoglia, non li stavano trattando poi tanto male; ma l'odio per loro, che avevano provocato tanto dolore alla sua amata uccidendo Calad, non diminuì punto.

La notte era ormai vecchia e la luna era quasi tramontata. Nerwen era ben sveglia, la mente aperta a percepire l'avvicinarsi furtivo del branco di lupi. Era in costante contatto con il capobranco e lo stava guidando in modo che né lui, né gli altri membri del suo gruppo fossero scorti dalle due sentinelle poste a guardia dell'accampamento.

Sbarazzatevi prima dei soldati in piedi, li istruì la Istar, mandando loro l'immagine mentale delle sentinelle, poi attaccate gli altri. Uno di voi venga da me per aiutarmi a liberarmi.

Sarà fatto, Figlia del Tramonto, le trasmise il capobranco.

Risparmiate questo, terminò Nerwen, mandando l'immagine di Tang, Costui è mio.

Sentì l'assenso del capobranco.

"Stanno per arrivare", bisbigliò ad Aryon; lui non ebbe bisogno di chiederle di chi stava parlando.

"Sono pronto", bisbigliò di rimando.

"Ne arriverà uno a liberarci", lo avvisò lei, pensando che se non l'avesse fatto, lui avrebbe potuto allarmarsi: un lupo che si avvicina in genere non è mai una cosa da prendere con tranquillità. Aryon annuì, indicando d'aver capito.

Giunsero in modo così silenzioso e rapido che i due soldati di guardia non li videro neppure e vennero sopraffatti in pochi istanti, azzannati alla gola, senza aver il tempo di reagire. Poi i lupi si riversarono nell'accampamento ed assalirono i guerrieri dormienti. La notte si riempì delle urla di dolore, paura e orrore degli Uomini e dei nitriti terrorizzati dei loro cavalli.

Un giovane lupo dal pelame chiaro corse agilmente verso Nerwen. Come le giunse davanti, si bloccò e la fissò intensamente con i suoi occhi gialli; la Istar lo contraccambiò, mentre veniva pervasa da uno strano senso di famigliarità. Eppure, non poteva in alcun modo aver mai incontrato prima questo lupo...

Lui parve riscuotersi e le rivolse la parola:

Mi hanno incaricato di aiutarti, Figlia del Tramonto, le trasmise. Nerwen trasalì e si riscosse a sua volta; era ancora perplessa, ma non c'era tempo, adesso, per approfondire: ci avrebbe pensato dopo. Si rizzò a sedere e gli porse i polsi:

Riesci a rosicchiare queste corde?

Il lupo si avvicinò e cominciò a rodere la legatura che bloccava le mani della Maia. Occorsero soltanto due minuti, ma le sembrarono un lasso di tempo intollerabilmente lungo; poi finalmente gli affilati denti del predatore ebbero la meglio sulla canapa della corda, che cedette, e Nerwen fu libera. Si girò verso Aryon per slegarlo, poi entrambi si diedero da fare per sciogliere i legacci delle caviglie.

Frattanto il giovane lupo era rimasto a far loro da guardia, senza che nessuno glielo avesse chiesto. Fu una fortuna, perché uno dei soldati, finora fortunosamente sfuggito all'assalto del branco, vide che i prigionieri si stavano liberando e con un urlo si avventò contro di loro, mulinando alta la sua alabarda; Nerwen ed Aryon, ancora impediti dalle legature, non avrebbero potuto sfuggirgli, ma il lupo gli si avventò contro, passando sotto l'arma che stava roteando sopra la testa. Gli saltò addosso, rovesciandolo a terra per effetto del peso e dello slancio, e gli affondò i denti nella gola. L'urlo del guerriero si spense in un orribile gorgoglio.

Aryon e Nerwen si erano momentaneamente interrotti al risuonare del primo grido ed avevano assistito alla carica del lupo, risolta nella morte del soldato.

Grazie, gli trasmise Nerwen, indicibilmente grata: lei sarebbe sopravvissuta, se l'aggressore l'avesse colpita, ma Aryon avrebbe potuto rimaner ucciso.

Finalmente riuscirono a liberarsi ed Aryon andò a raccattare l'alabarda del soldato ucciso dal lupo che li aveva difesi; Nerwen invece recuperò un arco ed una faretra, incoccando una freccia: non era un granché, come tiratrice, ma a distanza ravvicinata poteva far danni anche lei.

I soldati Esterling, pur sorpresi nel sonno, avevano reagito con prontezza e si stavano battendo furiosamente contro i lupi che li attaccavano; oltre alle due sentinelle, altri tre erano stati abbattuti, uccisi o feriti in modo sufficientemente grave da non poter più combattere. Costoro non erano stati sbranati dai predatori, i quali non avevano alcuna ragione di finirli, una volta messi fuori combattimento: i lupi, contrariamente alla loro fama sinistra, uccidono solo per mangiare, e in quel periodo dell'anno, dove le prede naturali abbondavano, non avevano motivo di uccidere e divorare gli esseri a due gambe, che oltretutto erano i loro nemici più pericolosi.

Nerwen tirò una freccia contro un Esterling che stava per abbattere la propria alabarda su una lupa già ferita, centrandolo ad un fianco e mettendolo così fuori combattimento.

Aryon invece si avventò contro Tang e lo ingaggiò in un duello furibondo; l'alabarda non era un'arma con cui avesse molta familiarità, ma la mancanza di dimestichezza veniva compensata dalla sua superiore esperienza di combattimento – migliaia di anni contro i forse due decenni del capitano Esterling – nonché dalla sua agilità di Elfo. Ben presto mise a mal partito il suo avversario, lo disarmò e gli puntò l'alabarda alla gola.

"È un'altra cosa, uno contro uno, vero?!", gli ringhiò. Tang lo guardò con odio.

Nerwen si accorse della scena e temette che Aryon lo volesse finire.

"Fermo!", gli gridò, amplificando la voce col suo potere per esser certa di venir udita. Tang era suo: voleva essere lei a vendicare la morte di Calad.

Il principe non si mosse, continuando a minacciare Tang mentre Nerwen si avvicinava di corsa.

"Dì ai tuoi uomini di arrendersi e i lupi li risparmieranno", la Istar gettò al capitano; lui le lanciò un'occhiata scettica, "Fallo!", lo pressò lei, bruscamente, "o dico loro di sbranarli tutti."

"Tu sei pazza!", affermò Tang, incredulo.

"Ti conviene darle retta, Esterling... o sarà peggio per te e per i tuoi uomini", gli consigliò ferocemente Aryon, a denti stretti.

Tang esitò ancora un istante, poi, vedendo la spietata determinazione nelle espressioni di entrambi, si decise a urlare un ordine ai suoi. Appena lo fece, Nerwen lanciò ai lupi l'ordine di sospendere l'attacco, usando sia la voce che la mente.

Tra lo stupore assoluto dei cinque Esterling ancora in grado di combattere, i lupi si fermarono, pur continuando a ringhiare contro di loro senza perderli di vista un istante.

"Gettate a terra le armi!", sbraitò Aryon, "Subito!"

Gli Esterling guardarono il loro capitano, in ginocchio davanti al principe elfico con l'alabarda puntata alla gola; non avendo scelta, obbedirono.

"Legalo, Nerwen", disse Aryon, accennando a Tang. Lei eseguì, recuperando le corde dalla bisaccia dello stesso capitano. Poi Aryon fece avvicinare uno ad uno gli altri soldati, sempre tenendo sotto minaccia Tang come incentivo all'obbedienza, e Nerwen li legò tutti, mani e piedi. La presenza minacciosa dei lupi fu un ulteriore motivo perché nessuno di loro si ribellasse.

"Grazie, amici", disse la Istar, rivolta al branco, "Senza il vostro aiuto non avremmo potuto liberarci. Chi di voi è ferito?"

Si fecero avanti sei animali, tra cui la femmina che lei aveva salvato colpendo il soldato con la freccia; sotto gli occhi esterrefatti degli Esterling, usò il suo potere taumaturgico per guarirli. Poi fece lo stesso con la ferita alla gamba di Aryon. Era la prima volta che il principe riceveva il trattamento, anche se lo aveva visto applicare ormai già diverse volte; si stupì piacevolmente della sensazione di benefico calore che lo pervase, per certi versi simile a quello che aveva provato quando lei aveva estratto dalla sua mente la conoscenza della lingua avarin; nonostante il momento drammatico, le sorrise con riconoscenza.

"Ma tu... chi sei?", la interrogò Tang, sbigottito. Nerwen gli si piantò davanti, le braccia incrociate al petto e lo sguardo fiammeggiante. La luce danzante di un fuoco ancora acceso le illuminava il volto, dandole un'aria inquietante che lo fece rabbrividire. Prima ancora che lei parlasse, aveva capito d'averla gravemente sottovalutata.

"Sono Nerwen la Verde, dell'Ordine degli Istari", lo informò lei con voce bassa ma terribile, "Tu hai ammazzato Calad, la Falchetta della Luce, la mia sentinella, ma soprattutto mia amica. Avevo pensato di ucciderti, per questo, ma non sono un'assassina e pertanto risparmierò la tua spregevole vita. Tuttavia, ti lascerò un segno a ricordo indelebile del nostro incontro."

Si chinò su di lui e gli prese la testa tra le mani, non molto diversamente da come aveva fatto con Corch, il capitano contrabbandiere che aveva tentato di farla uccidere. Una malsana luce verdastra emanò dai suoi palmi e Tang lanciò un urlo, così terrificante che finanche i lupi si ritrassero, spaventati. Poi il capitano Esterling cadde di schianto, come svenuto, ma i suoi occhi erano spalancati su uno sguardo inorridito.

"Che cosa gli hai fatto?", gridò Chun. Aryon gli si avvicinò e gli tirò un calcio nel fianco, con soddisfazione, così vendicandosi del trattamento che gli aveva inflitto la notte precedente. Il tenente di piegò di lato con un grido di dolore.

"Lo vedrete presto, quel che gli ho fatto", gli rispose Nerwen con un sogghigno feroce che fece rabbrividire anche il principe Avar, confermandogli una volta di più che era molto meglio non averla per nemica. La sua promessa sposa era una donna molto dolce, ma sapeva essere davvero spietata con coloro che si attiravano il suo malanimo.

In quel momento udirono cavalli al galoppo e pochi istanti dopo sopraggiunsero Thilgiloth, Allakos e Thalion. Preavvisati della presenza dei lupi, i tre cavalli si avvicinarono senza timore, mentre i predatori si spostavano per farli passare.

"Bentornati, miei cari amici", li accolse Nerwen. Thilgiloth le si avvicinò e le posò il muso sulla spalla.

State bene?, si informò, preoccupata, includendo Aryon nella domanda.

"Sì, stiamo bene, adesso", rispose Nerwen, accarezzandole il fiero collo, "Grazie a questi alleati, ci siamo liberati e abbiamo avuto la meglio sui nostri carcerieri."

Si scostò dalla Corsiera e andò da Tang, che frattanto si guardava freneticamente attorno con uno sguardo terrificato; della bava scendeva dall'angolo della sua bocca spalancata.

Frugando nella bisaccia del capitano Esterling, Nerwen aveva ritrovato il proprio pugnale; ora lo usò per tagliare le corde che lo legavano. Aryon ebbe un moto di sorpresa, ma non interferì, certo che lei sapesse quel che stava facendo.

"Sei libero", disse la Maia a Tang, "e così i tuoi uomini, quando riuscirai a slegarli."

Si raddrizzò e si allontanò di due passi, tenendo lo sguardo fisso su di lui; Tang tentò di parlare, ma dalla sua bocca uscì soltanto un balbettio sbrodolante:

"Angh... angh... bvrld..."

Cercò di alzarsi, barcollando, tutto rattrappito, le mani come paralizzate, ma ricadde a terra sotto lo sguardo duro della Istar.

"Cominci a capire, vero?", gli sibilò velenosamente, "La tua mente è intatta, ma il tuo corpo è spezzato. Non sarai più in grado di parlare in modo intelligibile, né di camminare eretto, né tantomeno di combattere, o di stare con una donna, o di contenere i tuoi bisogni fisiologici. Vivrai il resto della tua miserabile vita prigioniero dentro al tuo corpo, ricordando ogni giorno chi ti ha fatto questo... ma soprattutto perché."

Aryon si sentì gelare: Nerwen sapeva essere davvero terribile, nella sua ira. Il destino che aveva riservato a Tang era mille volte peggiore della morte.

L'Aini voltò le spalle al capitano Esterling e ai suoi uomini, dirigendosi verso le cavalcature. I lupi si erano frattanto allontanati e l'alba stava ormai rischiarando l'orizzonte orientale.

"Andiamocene", disse ad Aryon, "Torniamo al nostro accampamento: voglio cercare Calad e riservarle delle degne esequie. Le merita."

Il principe annuì, d'accordo con lei. Andò a prendere la propria spada, di cui Tang s'era impadronito, e se l'allacciò in vita; recuperò anche lo stiletto che portava sempre nello stivale, le pietre di luna di Nerwen e il loro denaro. Infine si recò dov'erano ancora impastoiati i cavalli degli Esterling, che non erano stati importunati dai lupi. Erano ancora terribilmente nervosi a causa della vicinanza coi predatori, così, quando Aryon li liberò, si diedero ad una fuga disordinata, chi in una direzione, chi in un'altra, risparmiando al principe la fatica di disperderli con l'intento di lasciare appiedati i guerrieri Esterling.

Frattanto Nerwen congedò i lupi:

La mia gratitudine per il vostro aiuto vi accompagnerà sempre, disse al capobranco. Costui le si mise seduto davanti, guardandola dritto negli occhi.

È stato un onore aiutarti, Figlia del Tramonto, dichiarò, chinando brevemente la testa in quello che pareva proprio un cenno d'omaggio. Poi si rialzò e, radunato il suo branco, si allontanò rapidamente.

Tornando verso la Istar, Aryon guardò i lupi ormai distanti, ma non fece domande, intuendo che, esaurito il loro compito, stavano tornando alla loro vita normale.

Essendo i loro destrieri privi di finimenti, il principe aiutò Nerwen a issarsi in arcione di Thilgiloth, poi saltò in groppa ad Allakos; quasi senza dover dar loro di tallone, le cavalcature si avviarono, Thalion come sempre in coda alla Corsiera.

Ore dopo, Nerwen diede mentalmente ordine a Thilgiloth di fermarsi. Aryon strinse le ginocchia sui fianchi di Allakos, che si fermò a sua volta.

"Che c'è?", il principe domandò alla Maia.

"Siamo seguiti", annunciò quest'ultima, quietamente. Aryon posò subito la mano sulla spada, pronto a sguainarla, ma Nerwen, senza dar segno di preoccupazione, saltò giù dalla Corsiera e si voltò nella direzione da cui erano arrivati.

Fatti avanti, amico, lanciò mentalmente al loro inseguitore. Poco dopo comparve il giovane lupo che aveva rosicchiato le corde di Nerwen e poi aveva difeso lei e Aryon.

Sono stato attento a non farmi vedere, commentò il predatore in tono inequivocabilmente divertito, ma avrei dovuto immaginare che non sarebbe servito.

La sua affermazione sorprese Nerwen, che gli domandò:

Che cosa vuoi dire?

Lui si sedette e sollevò il muso per guardarla.

Non mi riconosci, Figlia del Tramonto?, le chiese a sua volta. Nerwen aggrottò la fronte: effettivamente, quando quella notte il lupo era arrivato, le era parso famigliare; eppure era assolutamente sicura di non averlo mai incontrato, né di aver mai comunicato con lui, prima di allora.

Si inginocchiò per guardarlo negli occhi e protese la sua mente verso di lui in modo completo; la sensazione di riconoscimento divenne più forte che mai.

Sì... ti conosco, confermò, ma non riesco a identificarti.

Mi chiamavi Sinyelómin, le rivelò. Ombra-della-sera, tradusse Nerwen dal quenya; ed all'improvviso il velo che oscurava la sua memoria si squarciò: con gli occhi della mente, vide un grande lupo nero dagli stessi occhi gialli che aveva incontrato durante uno dei suoi viaggi in Endorë, mentre stava andando a trovare la sorella Melian nel Doriath; era ferito gravemente e sarebbe morto, se lei non lo avesse curato. Avevano stretto amicizia e lui era rimasto con lei per tutto il tempo di quel soggiorno, che era durato tanto da farlo giungere alla fine della sua vita. I due amici si erano congedati nella speranza di ritrovarsi, ma da allora erano trascorse due ere del mondo, ovvero quasi seimilanovecento anni, senza che mai più si rivedessero.

Sinyelómin era stato un amico leale e sincero, che aveva più volte messo a repentaglio la propria vita per difendere Nerwen, al fianco della quale aveva combattuto nella Guerra dell'Ira; e lei aveva salvato lui un numero equivalente di volte, finché l'età non lo aveva condotto oltre la Soglia.

"Mio vecchio amico...", mormorò l'Aini, emozionata, e lo abbracciò. Il lupo posò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, emozionato anche lui.

Era assai raro incontrare nuovamente un'anima che si era conosciuta in passato; quello era un dono incredibile che il destino le stava facendo: Calad era andata, e Sinyelómin era tornato...

Aryon inarcò le sopracciglia, meravigliato dal comportamento inaspettato di entrambi, la donna e l'animale; ma rispettò la loro evidente commozione e tacque.

Nerwen si staccò dal lupo per guardarlo ancora una volta negli occhi, sorridendo di contentezza. Lui piegò la testa di lato e fece sporgere la lingua.

Sei meno... luminosa di un tempo, osservò, leggermente perplesso.

Hai buon occhio, vecchio mio... è così perché non sono più la stessa persona, spiegò Nerwen, cercando di semplificare il concetto affinché fosse comprensibile per lui, È una condizione momentanea, comunque.

Sinyelómin irradiò una sensazione di comprensione, indicando d'aver capito ed accettato quanto lei gli aveva detto. Allora Nerwen si alzò, voltandosi verso gli altri; fece per dire a tutti che il lupo era un suo vecchio amico della Prima Era, ma questo sarebbe stato rivelatore della sua vera natura. Ancora una volta, doveva addomesticare la verità.

"Le nostre anime si sono riconosciute: questo è un mio vecchio amico di una vita precedente", dichiarò con la voce e con la mente, parlando sia con Aryon che con i cavalli, "Il suo nome è Sinyelómin."

Aryon sgranò gli occhi, perdendo per un attimo la sua abituale compostezza: un conto era sapere che le anime tornano a reincarnarsi, un altro sperimentarlo personalmente, ma non dubitò neppure per un istante della veridicità dell'affermazione di Nerwen.

Guarda, vecchio mio, la Maia era frattanto tornata a rivolgersi mentalmente al lupo, Ti ricordi di Silmelotë? Amica mia, questo è Sinyelómin...

La Corsiera si avvicinò ed abbassò il muso per dare un buffetto affettuoso a Sinyelómin: aveva un aspetto diverso, ora, ma lo ricordava bene anche lei. Il lupo sollevò una zampa e contraccambiò il buffetto.

È bello rivederti, amico, disse Thilgiloth; Nerwen riportò il saluto al lupo.

Anche per me, Lampo-di-luce, ricambiò il predatore, usando il nome che aveva attribuito alla Corsiera due ere prima.

La Istar fece segno ad Aryon di avvicinarsi, così lui smontò e la raggiunse.

"Sinyelómin, questo è il mio compagno per la vita", disse Nerwen. Il lupo si girò verso Aryon, guardandolo con attenzione, poi gli si accostò e lo annusò accuratamente; infine si sdraiò e si mise zampe all'aria.

"Secondo l'usanza dei lupi", spiegò la Istar al fidanzato, "ti sta facendo atto di sottomissione. In quanto mio compagno, assieme a me tu sei il suo nuovo capobranco", si inginocchiò accanto al predatore e gli accarezzò il ventre esposto, "Fai come me", invitò Aryon. Il principe si accosciò dall'altro lato ed imitò la promessa sposa.

"Non avrei mai creduto di poter accarezzare un lupo come un cane", commentò sottovoce, in tono sbalordito. Nerwen gli rivolse un sorriso in cui mestizia e contentezza si mescolavano; lui comprese che i suoi sentimenti erano divisi tra la tristezza della perdita e la contentezza del ritrovamento.

"Questa è un'altra era", considerò Nerwen, soprappensiero, rivolta al lupo, "e siamo molto lontani dai luoghi che hanno visto il nostro primo incontro... Anche la lingua che usiamo è diversa. Amico mio, ti ribattezzerò Túdhin, la traduzione del tuo nome in avarin."

Túdhin si girò e balzò su agilmente, trasmettendole una sensazione di consenso.

"Vieni", proseguì allora la Istar, "Ti presento agli altri due amici."

Vedendoli avvicinare, istintivamente il cavallo da soma arretrò d'un passo.

"Non temere, mio buon Thalion", gli disse l'Aini con la voce e con la mente, "Questo lupo non ti farà del male, non ne farà a nessuno di noi: è un mio vecchio amico. Vieni, avvicinati... vedrai che non hai nulla da temere."

Thalion sbruffò la propria perplessità, ma si fidava ciecamente di Nerwen; inoltre, aveva ben visto che il branco di lupi a cui questo esemplare era appartenuto non aveva fatto del male né a lui, né ai suoi compagni quadrupedi, così obbedì. Giunto vicino a Túdhin, abbassò lentamente il muso per guardarlo da vicino; il lupo comprese che Thalion aveva bisogno di rassicurazione, così dapprima si sedette e poi, come aveva fatto con Aryon, si mise pancia all'aria; stavolta la sua non era sottomissione, bensì dimostrazione di fiducia: esponendo la sua parte più vulnerabile, ovvero l'addome, gli stava comunicando che si fidava di lui e contemporaneamente lo invitava a ricambiare tale fiducia.

Thalion gli si accostò ulteriormente e, vedendo che il lupo non si muoveva, gli diede qualche colpetto col muso, tentativamente; anche Allakos si avvicinò, andando a imitare il cavallo da soma. Forse non si sarebbero fidati immediatamente del predatore – loro nemico naturale – ma intanto erano state poste le basi di una nuova amicizia, per quanto strana ed improbabile.

Verso sera ritrovarono il punto in cui erano stati assaliti, riconoscibile dai resti del fuoco e dalle loro cose che erano state abbandonate dagli Esterling perché ritenute di scarso o nullo interesse, vale a dire gran parte del loro bagaglio. Alla luce del sole calante, Nerwen usò i ricordi di Thilgiloth per ritrovare il corpo di Calad; la falchetta giaceva a terra, trapassata dalla freccia, il becco semiaperto rivolto al cielo.

La Istar si inginocchiò a fianco della sua amica pennuta e la raccolse amorevolmente, mentre calde lacrime le inondavano il volto. Aryon si inginocchiò a sua volta accanto alla promessa sposa e le mise un braccio attorno alle spalle, cercando di confortarla come poteva.

Quando ebbe pianto tutte le sue lacrime, Nerwen chiese ad Aryon – che aveva maggior forza nelle mani – di spezzare l'asta della freccia; assieme, raccolsero della legna e prepararono una pira funebre, dove deposero Calad. Accesero il rogo, tributando alla rapace gli onori riservati ad un guerriero caduto in battaglia.

"Addio, amica mia cara", le disse Nerwen con voce tremante di pianto, "Non sono rattristata dalla tua morte: siamo tutti in un ciclo di nascita, vita, morte e rinascita, e quindi un giorno tu tornerai a solcare i cieli di Arda. Purtroppo non è detto che ci incontreremo ancora", lanciò una breve occhiata a Túdhin, considerando l'eccezionalità del loro ri-incontrarsi, "ed è questo che mi rende triste, non la tua morte. Possano le stelle brillare sempre sul tuo cammino...", s'interruppe, mentre all'improvviso le veniva alla mente il saluto appropriato che veniva rivolto alle grandi Aquile di Manwë, i volatili più possenti di Arda, selvaggi e indomabili; lo ritenne appropriato anche per la coraggiosa e generosa falchetta e così concluse solennemente, "Possa il vento sotto le tue ali portarti laddove il sole sorge e la luna procede."

Aryon pensò che, se fosse stato un anno fa, avrebbe pensato è solo un animale e non avrebbe compreso fino in fondo il cordoglio di Nerwen; ma adesso era diverso, sia perché nel tempo trascorso insieme si era affezionato anche lui alla rapace, sia per lo speciale legame che essa aveva condiviso con la sua amata. Così, pure lui volle dire qualche parola:

"Grazie per essere stata mia amica, Calad; e grazie per i servizi che hai reso a me e a Nerwen. Anche se ti ho conosciuta per un tempo breve, non ti dimenticherò."

A quel punto, Thilgiloth emise un alto nitrito dolente per porgere l'estremo saluto all'amica pennuta; Thalion ed Allakos la imitarono. Túdhin, che non aveva conosciuto la falchetta ma percepiva la tristezza dei suoi compagni, sollevò il muso al cielo ed emise un lungo, luttuoso ululato, unendosi al loro cordoglio.


Angolo dell'autrice:

Spero che non mi odierete troppo per la morte di Calad... giuro che non l'ho deciso io, è stata lei a volere così. Ovviamente avevo previsto che, prima o poi, sarebbe accaduto – non essendo la falchetta immortale come Thilgiloth – ma il momento e il modo precisi li ha scelti lei, non io... Un po' come Tolkien disse che fece Thorin Scudodiquercia. Comunque vi ricordo quel che ha detto Nerwen ad Aryon nel capitolo precedente: tutti gli esseri viventi di Eä fanno parte di un ciclo di nascita, vita, morte e rinascita, e quindi la nostra Calad non è perduta per sempre... Ciò nonostante, è stato per me molto difficile scrivere questo capitolo, e non nascondo d'aver versato qualche lacrima sul rogo della Falchetta della Luce.

Come sempre, ringrazio infinitamente chi mi sta seguendo in questa lungo avventura letteraria (che parolona!), sia che vi dedichi qualche minuto per una recensione, sia che non lo faccia. 

Lady Angel

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