Capitolo XLII: Verso sud



Capitolo XLII: Verso sud

Due giorni dopo, Zagal offrì ad Aryon e Nerwen un grandioso pranzo a base delle più eccellenti pietanze della cucina locale, tra cui una prelibata zuppa di funghi porcini ed una succulenta grigliata di narag, il tutto annaffiato della migliore birra della riserva personale della mercantessa. Come degna conclusione, una squisita crostata di pere in un letto di mandorle tritate accompagnata, per la delizia di Nerwen, da sidro dolce.

Era tardo pomeriggio quando si congedarono per l'ultima volta da Zagal, Lukris e Hark. La mercantessa abbracciò Nerwen con gli occhi lucidi, consapevole che difficilmente si sarebbero incontrate di nuovo. Poi strinse il polso ad Aryon, in un gesto d'amicizia condiviso da Nani ed Elfi.

"Che Mahal e la sua sposa vi accompagnino", disse, "e che i vostri piedi poggino sempre su solida roccia."

"Grazie, Zagal", rispose Nerwen, commossa, "Una stella ha brillato sull'ora del nostro incontro: sono onorata d'aver fatto la tua conoscenza."

Aryon annuì per mostrare la propria approvazione. Solo poche settimane prima, non si sarebbe mai sognato di farlo: non soltanto la sua vita era completamente cambiata, da quando Nerwen era entrata a farne parte, ma stavano mutando anche le sue convinzioni. Alcune, almeno. Era una sensazione strana, a volte disturbante, ma non si era mai sentito tanto vivo come adesso.

Memore degli accordi presi a Orrodal, trasse di tasca un sacchetto pieno di monete e lo porse a Zagal, che lo guardò senza capire.

"Il saldo della ricompensa pattuita", spiegò allora il principe. La Nana scosse il capo con decisione:

"Gli amici non si pagano", affermò, "Anzi, ora che mi ci fate pensare, voglio restituirvi quanto mi avevate anticipato."

Aryon fu assai colpito dal suo gesto, che non si sarebbe mai aspettato da un membro di quella razza, considerata – a torto o a ragione – avida di ricchezze materiali. Del resto, avevano ricompensato anche Valin per la sua preziosa collaborazione.

"Non se ne parla nemmeno", la bloccò, "Ci sei stata di grandissimo aiuto e ritengo che sia il minimo che possiamo fare: insisto."

"Insisto anch'io", si intestardì la mercantessa, aggrottando la fronte e piantando le mani sui fianchi. Nerwen roteò gli occhi: ecco riemergere la notoria cocciutaggine dei Nani, pensò; ma anche lei era favorevolmente impressionata dall'atteggiamento di Zagal.

"Prendiamo la via di mezzo", disse in un tono che non ammetteva repliche, "Non ti daremo il resto dei soldi, ma tu conserverai l'anticipo che ti abbiamo dato."

Zagal e Aryon si scambiarono un'occhiata; dopo una breve esitazione, tutti e due annuirono, accettando la soluzione, e la cortese disputa si risolse con la soddisfazione di entrambe le parti.

Lukris giunse con una grande coppa d'argento colma di sidro caldo speziato, che porse a Nerwen.

"Il calice del congedo", spiegò, "Beviamo tutti alla salute gli uni degli altri."

Era un'usanza nanica che Nerwen non conosceva; pensò che era assai simile a quella degli Elfi di Lothlórien di bere miruvor al momento dei saluti, a dimostrazione di quanto simili possano essere le consuetudini di popoli per altre cose molto diversi.

Bevvero dunque tutti a turno dalla coppa ed infine si salutarono un'ultima volta.

Il giorno seguente lasciarono Valfortezza alla volta di Orrodal. Nella bisaccia, Nerwen aveva riposto una copia dettagliata della mappa di Valin, fare per loro dal Sapiente.

Il tempo era piovoso, quel mattino, così i due viaggiatori si avvolsero nei loro mantelli e tirarono su i cappucci prima di avviarsi.

Zagal li aveva riforniti di tante e tali vettovaglie, che Thalion era al limite del peso sopportabile, ma affrontò indomito la salita dal fondovalle fino alla cresta da cui la strada si dipanava in direzione sud. Accorgendosi delle sue difficoltà, Nerwen decise di trasferire parte della soma su Thilgiloth e Allakos, ma Thalion rifiutò, facendone un punto d'onore: dopotutto, le fece notare, portare il loro bagaglio era il suo lavoro.

Se ti accorgi di non farcela, devi però avvisarmi, gli disse Nerwen, impensierita, Non voglio che ti spezzi la schiena solo per cocciutaggine.

Non temere, la rassicurò il robusto quadrupede, Forse sono cocciuto, ma non sono stupido.

Vorrei ben vedere, commentò la Istar in tono severo, ma in realtà era genuinamente preoccupata per lui; tuttavia, non voleva imporsi: Thalion era suo amico, non suo schiavo.

"Che succede?", volle sapere Aryon, che ovviamente non aveva udito la loro conversazione mentale.

"Thalion non ha voluto saperne di alleggerire il carico", gli comunicò lei, "Si è intestardito che vuol farcela da solo perché è compito suo."

Non capendo dove fosse il problema, Aryon inarcò un sopracciglio:

"Puoi ordinargli di fare come dici tu, no?"

Nerwen aggrottò la fronte, leggermente contrariata:

"Tu dai ordini, ai tuoi amici?", gli domandò di rimando. Aryon ricordò di colpo che lei considerava gli animali che la accompagnavano degli amici, non già delle proprietà di cui poteva disporre come meglio credeva. Se n'era dimenticato; ma del resto gli era difficile comprendere appieno quel concetto, perché anche se amava e rispettava Allakos, ad esempio, per lui rimaneva pur sempre soltanto un animale.

"No, certo che no", ammise, "Mi metto alla retroguardia e lo tengo d'occhio", si offrì come ammenda. Rasserenata, Nerwen gli sorrise ed annuì.

Una volta giunti in cima alla cresta, si fermarono e si voltarono a guardare un'ultima volta l'imponente facciata della città scavata nella montagna, Gatholulbizar dei Pugniferro, dove avevano così inaspettatamente trovato degli amici – Zagal, Lukris, Hark, perfino Valin – e le diedero il loro silenzioso saluto prima di proseguire lungo la strada.

Il tempo rimase umido e piovigginoso per alcuni giorni, poi si rasserenò in quella che veniva chiamata piccola estate e regalò loro giornate tiepide e relativamente soleggiate, cosa che favorì il loro viaggio. La tenda che Zagal aveva loro procurato si dimostrò un ottimo acquisto, essendo leggera ma calda e perfettamente stagna.

Il ritorno a Orrodal richiese meno tempo dell'andata, dato che, essendo soltanto in due e non un'intera carovana carica di merci, poterono procedere più velocemente; fu così che, il tredicesimo giorno di novembre, giunsero alla capitale dei Kinn-lai e presero nuovamente alloggio a Il Filo di Seta, ritrovando l'affabile Alkar; il locandiere fu assai lieto del loro ritorno, perché la presenza del fratello dell'Alta Sovrana degli Avari dava prestigio alla sua locanda.

Nell'intimità della loro camera, Nerwen domandò con una smorfia:

"Dovremo andare nuovamente a annunciare la nostra presenza a quell'antipatico di Túrion?"

"Le sue spie lo informeranno in ogni caso nel giro di poche ore", osservò Aryon in tono sarcastico, "ma penso che sarà meglio andare, così non sospetterà che sappiamo di esser tenuti d'occhio."

La Istar annuì: in qualsiasi gioco di strategia, era sempre un vantaggio non far sapere all'avversario quanto, in realtà, si conosca davvero di lui. Tecnicamente, il re dei Kinn-lai non era un antagonista, ma non potevano neppure considerarlo un amico, dato il suo atteggiamento chiaramente maldisposto.

Il giorno seguente, si presentarono a palazzo; come la volta scorsa, Túrion li ricevette nella sala del trono, seduto sul suo scranno con la stessa espressione chiusa. I suoi gelidi occhi verdi indugiarono su Nerwen, scrutandola in modo sfacciato mentre gli rivolgeva un inchino formale, profondo appena a sufficienza per non essere irrispettoso; accorgendosi di quello sguardo insolente, la Istar lo contraccambiò sollevando leggermente un sopracciglio in un'espressione allo stesso tempo interrogativa e beffarda. Allora il sovrano si affrettò a spostare la propria attenzione su Aryon; il principe gli rivolse un cenno di saluto col capo, ancora una volta approfittando del proprio rango per non rendergli omaggio più di quanto richiesto dalla pura cortesia.

"Vedo che siete tornati", considerò Túrion in tono neutro, "Valfortezza non era di vostro gradimento?"

Era una frase al limite della villania, perché lasciava intendere che avrebbe preferito che fossero rimasti presso i Pugniferro, piuttosto che tornare a Orrodal. Gli occhi di Aryon lampeggiarono e la sua voce suonò pericolosamente calma mentre ribatteva:

"Molto di nostro gradimento, in realtà. L'ospitalità dei Nani è stata calorosa, a differenza di quella di certi Elfi di nostra conoscenza."

Il re dei Kinn-lai serrò la mascella, ma incassò senza replicare quello che dopotutto era semplicemente un insulto in risposta al suo.

"Vi fermerete a lungo?", volle sapere.

"Tutto l'inverno", rispose Aryon, asciutto. Túrion assunse un'espressione di pietra per non lasciar trasparire la propria irritazione.

"Capisco. Bene, allora: di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, le mie risorse sono a tua disposizione", dichiarò.

"Questo è chiaro", osservò il principe con un sorrisetto ironico, in tal modo ricordando al sovrano che quello era semplicemente un suo obbligo. L'altro irrigidì la schiena, come se avesse appena ricevuto un manrovescio in pieno volto; annuì seccamente.

"Buon soggiorno a Orrodal, dunque", concluse, in tono di congedo. Nuovamente Aryon e Nerwen – che non aveva aperto bocca per tutta la durata del colloquio – gli indirizzarono cenni di saluto appena sufficienti a non apparire scortesi, si girarono e si allontanarono.

Gli occhi di Túrion tornarono sulla figura dell'Umana che accompagnava la Prima Spada dell'Alta Sovrana. Che cosa mai ci trovava, Aryon, in lei? Era piacente, per essere una donna, considerò; ma le Elfe erano mediamente assai più attraenti. Sul viso gli si dipinse un sogghigno derisorio: chiaramente, il principe era rimasto in astinenza troppo a lungo, se era bastata qualche virtù nascosta a fargli scegliere un'amica amorosa così poco adatta al suo rango...

Poi gli sovvenne un particolare che gli era sfuggito: entrambi portavano un anello d'argento all'indice delle mano sinistra, cosa che li dichiarava fidanzati. Possibile che fossero compagni per la vita...? Scosse la testa, incredulo: il fratello dell'Alta Sovrana e un'Umana... pazzesco.

Con una scrollata di spalle, liquidò la faccenda: se Aryon, il cui padre proveniva da Valinor, si abbassava ad unirsi ad una mortale, lui non poteva che compatirlo.

Mentre lasciavano il palazzo reale, Nerwen aveva un'espressione disgustata.

"Quel Túrion è davvero indisponente!", sbottò, "Gli farei volentieri un discorsetto riguardante il significato della parola creanza!"

Aryon immaginò la fidanzata che dava una sonora lezione di buone maniere all'altezzoso re dei Kinn-lai e decise che non avrebbe voluto essere nei panni di costui.

"Non pensarci", le suggerì, "Quel borioso non merita il tempo che perdi a irritarti..."

Nerwen continuò a procedere a passo di marcia per un'altra dozzina di metri, poi rallentò ed emise un pesante sospiro.

"Hai ragione, Aryon", ammise, girandosi a guardarlo, "è inutile perderci tempo... Il fatto è che mi ha proprio fatto venir voglia di strozzarlo, oggi!", concluse con una smorfia, "Ma hai visto che maleducato??"

"Prima o poi tutti i nodi vengono al pettine", considerò il principe, stringendo una mano inguantata di nero sull'elsa della spada, "anche se ti confesso che non mi spiacerebbe accelerare i tempi", aggiunse con un ghigno feroce. La sua uscita strappò alla Maia un sorrisetto altrettanto feroce, che pochi istanti dopo si trasformò in una risata.

"Lasciamolo perdere", concluse, infilando un braccio sotto a quello del promesso sposo, "Che cucini pure nel suo brodo..."

Un paio di giorni dopo, Aryon affidò ad un corriere una missiva per sua sorella Eliénna, nella quale le comunicava le informazioni apprese da Nerwen riguardanti il loro padre, Galadhost, nonché la notizia che lui e Nerwen avrebbero trascorso l'inverno a Orrodal. La lettera ci avrebbe messo circa due settimane ad arrivare a Bârlyth e altrettanto sarebbe occorso per una risposta, ma visto che non si sarebbero mossi fino a primavera, ciò non era un problema.

Pochi giorni dopo, il ventinovesimo di novembre, festeggiarono il compleanno di Nerwen; Aryon le regalò una collana di smeraldi, gemme provenienti da Valfortezza lavorate da un abile orefice di Orrodal. Era un pezzo di gioielleria davvero splendido, degno dei migliori orafi tra i Noldor, smentendo ancora una volta la fama di rozzezza che gli Avari avevano tra gli altri Elfi.

Poiché non avrebbero potuto portarsi appresso un gioiello tanto prezioso durante il loro viaggio, Aryon prese accordi affinché, una volta che in primavera fossero partiti, un corriere fidato portasse la collana a Eliénna perché la custodisse per loro.

Tuttavia, come qualche mese prima lui, anche per Nerwen il regalo più bella fu la presenza del suo amato al proprio fianco.

I giorni si susseguirono trasformandosi in settimane e l'autunno divenne inverno; la neve scese ad imbiancare la città dei Kinn-lai, coprendo tutto di una soffice coltre candida.

I due fidanzati trascorsero molte serate seduti davanti al caminetto della loro camera, a leggere, parlare o scambiarsi appassionate effusioni; oppure nella sala comune della locanda, dove almeno due volte la settimana veniva organizzato qualche intrattenimento: musicisti, giocolieri, cantastorie, attori, giullari, acrobati si alternarono durante le lunghe serate invernali. Parteciparono anche a qualche festa danzante, dove Nerwen poté affinare la propria conoscenza dei balli avarin che aveva trovato tanto divertenti la notte della Festa di Mezza Estate. Aryon era un ballerino instancabile ed un ottimo insegnante, e così non le occorse molto per imparare anche le danze più complicate.

Ad un certo punto – erano tornati a Orrodal da poco più di un mese – notarono che le spie del re non si facevano più vedere.

"Túrion si sarà scocciato di ricevere dai suoi tirapiedi rapporti che dicevano niente da segnalare", commentò sardonicamente Aryon, scostandosi dal viso una ciocca di capelli, che in quel torno di tempo aveva lasciato crescere più lunghi. Nerwen rise e si sporse verso di lui per baciarlo.

"Oppure", considerò in tono altrettanto ironico, "s'è scocciato di sentirsi dire quanto stiamo bene insieme, mentre lui, nonostante tutte le sue amanti, è solo come un orso ramingo..."

Aryon contraccambiò il bacio e l'attirò a sedere sulle proprie ginocchia, abbracciandola.

"Probabilmente è come dici tu", le mormorò sulle labbra. Anche lui, per molto tempo, si era sentito solo a quel modo, mentre adesso il sentimento che nutriva per Nerwen gli riempiva il cuore fino a farlo traboccare.

Il giorno seguente – era la vigilia del solstizio d'inverno – un corriere reale proveniente da Bârlyth giunse a Il Filo di Seta recando la risposta di Eliénna alla missiva del fratello. Dalle sue parole traspariva la commozione di sapere, finalmente con certezza, che il padre era arrivato sano e salvo a Valinor ed inoltre aveva ripreso il suo posto nella schiera del suo Vala, Oromë Aldaron. Non pareva mettere assolutamente in dubbio il fatto che, tramite Nerwen, tali notizie provenissero da Yavanna in persona: era chiaro che aveva ormai pienamente accettato come veritiera l'affermazione che lei fosse una Istar, cosa che fece molto piacere alla Maia.

Le settimane diventarono mesi; lentamente l'inverno si consumò, finché la nuova primavera non fu alle porte e cominciò il disgelo. Il giorno dell'equinozio, un vento tiepido spazzò via le nubi ed il cielo si aprì, azzurro e limpido; un sole ancora timido illuminò la città e trasse barbagli scintillanti dalle acque del lago. La giornata era così mite che quel pomeriggio Aryon e Nerwen furono invogliati ad uscire a cavallo per fare una lunga passeggiata lungo la riva; Calad e Thalion li accompagnarono, la prima volando in ampi cerchi sopra di loro, il secondo trotterellando in coda a Thilgiloth come suo solito, per una volta privo di pesi da trasportare.

Rientrarono al tramonto, di buon umore e rinvigoriti, come se il punto di svolta astronomico, segnando il passaggio dalla metà oscura dell'anno a quella chiara, li avesse colmati di una nuova energia.

A cena, i due fidanzati mangiarono dei gustosi spiedini di agnello, bocconcini piccolissimi infilati su un lungo stecco, un altro dei piatti tipici di Orrodal, che consumarono assieme ad un misto di piselli, carote, finocchi e cipollotti precedentemente cotti al vapore e conditi con sale aromatizzato alle erbe e olio d'oliva. Un leggero vino rosso accompagnò il loro pasto, coronato infine da due fette di crostata di marmellata di cedri.

Mentre stavano finendo gli ultimi bocconi del dolce, Aryon considerò:

"Ormai possiamo pensare a una data per la partenza, che ne dici?"

"Sì, è ormai tempo", concordò Nerwen, poi sogghignò, "Mi domando se Túrion ci farà seguire, quando lasceremo Orrodal..."

Anche il principe sghignazzò: dopo la visita al loro ritorno, a novembre, non avevano più incontrato l'odioso re dei Kinn-lai, e le sue spie parevano aver cessato la loro sorveglianza ormai da mesi, ma non si poteva mai sapere.

"Puoi dire a Calad di tener controllata la strada dietro di noi", suggerì, parlando sottovoce, "e se dovessimo scoprire che qualcuno ci segue, gli tenderemo un agguato e gli daremo una bella lezione."

La Istar annuì con aria decisa: non aveva niente da nascondere, neppure a Túrion, ma trovava estremamente irritante essere spiata e seguita; se l'aveva tollerato nel tempo che era durata la sorveglianza, era stato soltanto per il quieto vivere, ma non avrebbe fatto altrettanto se fossero stati pedinati.

Nei giorni successivi, si disposero a partire; acquistarono vettovaglie per il viaggio e Nerwen ottenne il permesso di usare privatamente la cucina della locanda dove, lontana da occhi indiscreti, preparò una scorta di lembas.

Alla vigilia della data prevista per la partenza, il tempo volse al brutto e cominciò cadere una pioggia pesante, che perdurò diversi giorni, superando la capacità di drenaggio del sistema fognario e provocando qualche allagamento, ivi compresa la loro locanda. Sia Nerwen che Aryon si prestarono a dare una mano a spazzar fuori l'acqua ed il fango e poi a ripulire il pianterreno, ignorando le proteste di Alkar che non voleva che i suoi ospiti più prestigiosi si impegnassero in un'attività tanto umile; ma Il Filo di Seta era diventato un po' la loro casa, in quegli ultimi mesi, e quindi parve loro semplicemente doveroso.

Finalmente, il sesto giorno di aprile, con il tempo tornato al bello stabile da quasi una settimana, Nerwen ed Aryon presero congedo da Il Filo di Seta e dal suo affabile proprietario, lasciandogli un ordine di pagamento con una generosa mancia, da incassare presso la tesoreria reale.

Ripercorsero a ritroso la strada che costeggiava prima il lago di Orrodal e poi il Sirlechin, che ne era l'emissario, fino ad uscire dalla valle; qui volsero a sud, cominciando il lungo viaggio che li avrebbe portati alla Selva Ombrosa, o Tor Kathren in lingua avarin, un tempo chiamata Taurë Verca, Foresta Selvaggia, dai Quendi che si erano risvegliati a Cuiviénen.

Il loro itinerario prevedeva che costeggiassero le pendici degli Orocarni fino a raggiungere il Lavnen, il fiume che delimitava il confine settentrionale della Selva Ombrosa, lo superassero e poi proseguissero fiancheggiando la foresta fino ad incrociare la Riviera Verde, che secondo la mappa, copiata per loro da Valin, si trovava nel punto preciso in cui Tor Kathren curvava verso sud, seguendo il contorno delle Montagne Rosse. Lì si sarebbero inoltrati nella foresta, fiancheggiando il corso del fiume fino ad arrivare alla valle da cui scaturiva e che speravano li avrebbe condotti al valico per superare la cordigliera.

Le prime due settimane di viaggio trascorsero in modo assai tranquillo. Calad, a intervalli irregolari, sospendeva il suo compito di avanscoperta per andare a controllare dietro di loro, in cerca di eventuali inseguitori, ma non ne vide mai traccia, tanto che dopo dieci giorni decisero di sospendere la sorveglianza.

Il ventesimo giorno di aprile, scorsero in lontananza un picco che pareva sollevarsi molto al di sopra del resto della catena montuosa. Leggermente più avanzata rispetto al corpo principale degli Orocarni, la vetta si ergeva snella e frastagliata, ricoperta di nevi eterne per circa un terzo della sua altezza complessiva.

Meravigliata, Nerwen tirò le redini di Thilgiloth per poter meglio osservare la smisurata montagna. Aryon, accorgendosi con un attimo di ritardo che si era fermata, tirò a sua volta le briglie di Allakos e lo fece tornare indietro.

"Cosa c'è?", domandò, leggermente inquieto. Lei gli indicò il candido picco.

"È immenso", osservò, "Quanto sarà alto?"

Aryon si voltò a guardare; in quel momento, Nerwen fu colpita dal ricordo della visione avuta a Fangorn: era quello il monte che aveva scorto, che le aveva ricordato Taniquetil; e la figura nerovestita che le stava a fianco era il principe Avar. La sua Seconda Vista, ancora una volta, le aveva rivelato uno scorcio di futuro che si era realizzato.

"Ne avevo soltanto sentito parlare", rispose il principe, "È la montagna più alta di tutti gli Orocarni, e si chiama Viloss. Si stima sia alto circa settemila metri."

Nerwen rimase di stucco: Viloss era la traduzione avarin di uno degli attributi di Taniquetil, Oiolossë, ovvero Semprebianco. Un nome certamente adeguato ad una montagna che tanto ricordava la dimora di Varda e Manwë.

Ma questo non poteva rivelarlo.

"Impressionante", si limitò a dire. Aryon annuì:

"Sono d'accordo."

Proseguirono per diversi giorni in vista dell'immenso picco, finché non scomparve lentamente dietro di loro. Dopo una settimana dal suo avvistamento, si trovarono la via sbarrata da una propaggine delle Montagne Rosse che si estendeva quasi esattamente in direzione ovest, ergendosi davanti a loro come un'altissima muraglia compatta.

Controllando la mappa, non videro segnalati valichi.

"Temo che dovremo girarci attorno", dichiarò Aryon con aria cupa. Nerwen guardò verso occidente, dove il bastione naturale scompariva all'orizzonte.

"Se la scala della mappa è esatta, potrebbero essere circa trecento chilometri", sospirò contrariata, "ovvero almeno una settimana di viaggio, e altrettanto per tornare ad avvicinarci alla cordigliera principale."

"Non penso sia necessario", osservò il principe, indicando sulla cartina, "Una volta superata l'estremità, potremo puntare direttamente verso sud-est e raggiungere il Lavnen e la Selva Ombrosa."

Nerwen guardò e vide che il suo promesso sposo aveva ragione. La sua espressione si rischiarò:

"Ottimo, meglio così."

Aryon osservò la mappa ancora per un istante.

"Tecnicamente, siamo ancora nel territorio delle Sei Tribù", considerò, "ma quest'area è totalmente spopolata. L'impero degli Esterling comincia più a sud, più o meno qui", indicò il punto più meridionale dove Tar Kathren si spingeva fino al Lavnen, "per cui lo eviteremo completamente."

"Una preoccupazione di meno", commentò Nerwen, sollevata: non aveva alcuna voglia di incappare in quegli Umani dalla fama sinistra. Non tanto perché avesse paura di uno scontro – con le sue risorse, che le consentivano di chiamare in aiuto animali e piante, c'era ben poco che avesse bisogno di temere – ma perché non voleva perder tempo.

Pensando ai suoi alleati kelvar, lanciò uno sguardo a Calad che, quando si erano fermati, era venuta a posarsi sulla groppa di Thalion, ormai diventata il suo trespolo preferenziale quando viaggiavano. Percependo che l'attenzione della sua amica si era fissata su di lei, la pennuta girò il capo di lato per ricambiare il suo sguardo con uno dei suoi grandi occhi dorati. La Istar pensò con gratitudine che non avrebbe potuto trovare un'amica migliore, dopo Thilgiloth, di questa falchetta calë incontrata nel territorio di Tom Bombadil ormai due anni prima. Poi guardò Thalion e sorrise: anche il robusto e fedele cavallo da soma si era conquistato il suo affetto.

"Andiamo", li esortò tutti, dando di tallone alla Corsiera.

Come d'abitudine, quando si fece sera si accamparono; dopo aver scaricato i bagagli e curato i cavalli, accesero un fuoco e misero a bollire delle strisce di carne di manzo essiccata in modo da ammorbidirle. Mentre Aryon preparavi il loro giaciglio, Nerwen raccolse foglie di piantaggine e di malva selvatica per insaporire il brodo. Quando fu pronto, mangiarono quanto preparato, accompagnandolo con qualche pezzetto di lembas.

Osservando Nerwen, Aryon fu colpito da un pensiero che non gli era mai sorto prima.

"Tu comunichi con gli animali e le piante... eppure li mangi", osservò in tono perplesso.

Sorpresa, l'Aini smise per un attimo di masticare, poi annuì, comprendendo la sua confusione.

"Tutto ciò che è in Eä fa parte di un ciclo", rispose lentamente, cercando di spiegare in parole semplici un concetto complesso, "Primavera, estate, autunno e inverno, e poi di nuovo primavera. Nascita, crescita, declino, morte, e poi di nuovo nascita. Vale per le stagioni come per gli esseri viventi. Io uccido un animale o una pianta per cibarmene, ma a tempo debito rinasceranno. Solo gli Ainur non fanno parte di questo ciclo, perché sono stati creati al di fuori di Eä", concluse; a causa del veto di parlare della propria vera natura con chicchessia, dovette ovviamente omettere di specificare che lei rientrava nel novero di questi ultimi.

Aryon annuì lentamente.

"Anche gli Elfi, quando muoiono, attendono la rinascita nelle Aule di Mandos", considerò, "e ho sentito dire che i Nani si reincarnano nei loro discendenti, quindi anche loro rinascono", le lanciò una rapida occhiata, "Ma non sappiamo se questo vale anche per gli Uomini: dopotutto, che fine facciano dopo il trapasso è ignoto."

"Il misterioso Dono di Ilúvatar", confermò Nerwen, "Molti lo temono, dimenticando che i pensieri e gli intenti di Eru sono imperscrutabili... Non possono essere compresi da creature inferiori a Lui, e vanno quindi semplicemente accettati."

Ciò valeva per tutti, fossero abitanti della Terra di Mezzo o di Aman, e perfino per coloro che erano rimasti con Eru Ilúvatar nelle Aule Atemporali, al di fuori di Eä, il Mondo che È.

"Tu non lo temi?", chiese il principe Avar a bassa voce; la sua preoccupazione per il destino finale di Nerwen trasparì in modo evidente da quella breve frase.

L'Aini si morse l'interno della guancia: era dura non potergli dire la verità. Che sarebbe stato difficile, l'aveva saputo fin dall'inizio; ma saperlo e sperimentarlo erano due cose molto diverse.

Cercò parole che evitassero la menzogna, pur senza rivelare la verità.

"Si teme soltanto ciò che si ritiene una cosa brutta o ingiusta", rispose, "Io non credo che un padre amorevole – com'è Ilúvatar – possa donare a dei Suoi figli qualcosa di brutto o di ingiusto."

Aryon rifletté sulle sue parole e si trovò d'accordo. Depose la scodella ormai vuota.

"Hai perfettamente ragione", dichiarò.

Lo pensava davvero; ma più tardi, quando si coricarono, le fece l'amore come se non ci fosse un domani: non riusciva né sarebbe mai riuscito a dimenticare che, un giorno, anche se di lì ad un numero d'anni notevole data la longevità degli Istari, l'avrebbe persa forse per sempre.

Nerwen se n'accorse e, dopo l'ineffabile piacere che ancora una volta provò tra le braccia del suo fidanzato, un groppo le serrò la gola minacciando di farla scoppiare in pianto; nuovamente, pensò che il divieto assoluto di infrangere il segreto sulla propria reale identità fosse un boccone assai amaro da inghiottire, perché non sopportava di veder soffrire il suo amato.

Nei giorni immediatamente seguenti non accadde nulla di particolare rilievo. Come previsto da Nerwen, occorse una settimana abbondante per giungere al termine della propaggine degli Orocarni che stava sbarrando loro il passo, un baluardo di scabra roccia rossa, meno elevato del corpo principale, ma pur sempre imponente e proibitivo da superare, a meno di non trovare un valico; poiché però non ne era segnalato nessuno sulla mappa, non si azzardarono a tentare la sorte addentrandosi nei pochi canaloni che capitò loro di scorgere: facilmente sarebbero finiti davanti ad una parete insormontabile ed avrebbero unicamente perso tempo. Così, proseguirono imperterriti verso ovest finché, nella tarda mattinata dell'ottavo giorno, non arrivarono alla fine.

Aryon si fermò un momento a scrutare verso sudovest. Nulla sembrava muoversi sulla sterminata landa, quasi perfettamente piatta a parte un'increspatura del terreno a malapena alta abbastanza da definirsi colline.

"Qui siamo in una terra di nessuno; i reami degli Esterling si trovano laggiù", disse, indicando, "Stimo che da qui il confine disti almeno quattro o cinque giorni di viaggio a cavallo, pertanto siamo perfettamente al sicuro, tanto più che andremo allontanandoci da quella direzione."

Nerwen assentì, lieta di non doversi preoccupare di quella poco raccomandabile stirpe di Uomini.

Aggirarono dunque ciò che si poteva tranquillamente definire un capo simile a quello di un promontorio sul mare e cominciarono a dirigere dritti verso sudest, nell'intento di raggiungere il Lavnen senza tornare indietro verso la catena montuosa primaria. Il tragitto avrebbe richiesto sei o sette giorni, secondo le stime di Aryon.

Si accamparono al tramonto ed accesero un piccolo fuoco per cucinare qualcosa, avendo cura di non fare fumo: anche se la regione era notoriamente disabitata, non si poteva mai sapere quali occhi stessero esaminando l'orizzonte.

Dopo mangiato, si concessero una pipata; avevano fatto abbondante scorta di erba-pipa, a Orrodal, ma non sapendo quando ne avrebbero trovata ancora, la stavano razionando con attenzione.

Nerwen aveva trovato in Aryon un ottimo allievo per le figure di fumo, così anche quella sera il principe si esercitò, creando dapprima una fontana con tanti zampilli e poi un salice piangente che stormiva al vento; incoraggiato dai buoni risultati, tentò una figura più complessa, nella fattispecie un cavallo in corsa, ma gli venne una forma tutta sghemba e così buffa che fece scoppiare Nerwen in una risata. Per un momento Aryon si sentì ferito nell'orgoglio, ma obiettivamente era un tale pasticcio che anche lui finì col sogghignare divertito.

Infine andarono a dormire, lasciando il fuoco a spegnersi da solo.


Angolo dell'autrice:

La piccola estate è, ovviamente, l'estate di San Martino, così denominata in Galles e in Spagna.

L'originale della romantica immagine di Aryon e Nerwen davanti al caminetto proviene dal sito "Allday.ru" ma purtroppo non conosco il nome dell'autore.

Ancora una volta, desidero ringraziare di cuore chi sta seguendo tanto assiduamente questa fan fiction, perché questo mi fa ben sperare di star facendo un lavoro abbastanza buono... invito coloro che non si sono ancora espressi a farmelo sapere: guardate che non mordo! XD

Lady Angel





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