Capitolo XIX: Caras Galadhon

Capitolo XIX: Caras Galadhon

Celeborn, altissimo, dai lunghi capelli argentei e lo sguardo solenne; accanto a lui Galadriel, slanciata ed alta quanto lui, dalla luminosa chioma dorata che le aveva meritato il nome con cui l'aveva chiamata Celeborn, fanciulla incoronata da una ghirlanda radiosa, e glielo aveva fatto preferire ai nomi che le avevano dato i suoi genitori.

Entrambi abbigliati di bianco ed argento, attendevano gli ospiti ai piedi dello scalone che conduceva alla sala di rappresentanza. Elladan ed Elrohir si inchinarono profondamente a loro come Signori di Lórien, ma poi corsero ad abbracciarli come i nonni materni che non vedevano da lungo tempo. Pur essendo alti, i due gemelli non raggiungevano la statura dei due padroni di casa, che superava il metro e novanta.

Galadriel li baciò entrambi in fronte, poi si volse sorridendo alla sua amica di un tempo.

"Nerwen Laiheri, benvenuta nella nostra dimora", le disse.

"Soltanto Nerwen la Verde, ora", la corresse la Istar, sorridendole di rimando. L'altra annuì: aveva visto che il suo aspetto era diverso, e non si trattava soltanto della forma delle orecchie; era velata, come le aveva riferito Elrond.

Aprì le braccia, e Nerwen si avvicinò; le due antiche amiche si strinsero affettuosamente, liete di ritrovarsi dopo tutto quel tempo: l'ultima volta era stata a Menegroth, il palazzo sotterraneo di Thingol e Melian nel Doriath, prima che Galadriel e Celeborn decidessero di recarsi ad est, oltre gli Ered Luin, precedentemente alla Guerra d'Ira che avrebbe distrutto il Beleriand.

Quando si scostarono, Nerwen guardò negli occhi azzurri di Galadriel e vide che, nei tanti secoli trascorsi dal loro ultimo incontro, la Dama dei Galadhrim, già in Valinor considerata tra i più saggi dei Noldor, era ulteriormente cresciuta in saggezza.

"Sono felice di rivederti", le disse.

"Anch'io. Non sai quanto", affermò Galadriel, in un tono commosso che non le era usuale, dato il suo grande autocontrollo.

Anche Celeborn si avvicinò e, con maggior formalità ma non meno piacere, abbracciò l'antica amica di sua moglie.

"Benvenuta, Lady Nerwen", le disse, "Sono felice che tu sia qui."

"Grazie, Lord Celeborn", rispose lei, "Anch'io sono felice d'esser qui."

"Dov'è nostra sorella?", s'informò Elrohir.

"L'abbiamo mandata a chiamare non appena abbiamo saputo che avevate raggiunto Caras Galadhon", rispose Galadriel, poi guardò Nerwen, "Arwen assomiglia come una goccia d'acqua a tua nipote Lúthien", l'avvisò. La Istar annuì:

"Mithrandir me l'ha detto. Sono davvero curiosa di constatare di persona quanto sia vero."

"Molto", le assicurò Galadriel.

"Elladan! Elrohir!", in quella si udì una voce squillante. Voltandosi, Nerwen rimase folgorata: l'unica, adorata figlia di Melian, Lúthien Tinúviel, la più bella creatura che avesse mai percorso le vie del mondo, era davanti a lei, viva e vibrante di gioia. L'Aini, barcollò, e Celeborn la sostenne per un gomito, lanciandole un'occhiata impensierita.

L'apparizione corse dai gemelli e li abbracciò di slancio, ricoprendoli di baci, ricambiata.

"Arwen, sorellina, ci sei mancata tanto!", la salutarono.

Dunque era vero, pensò Nerwen, stordita: Arwen Undómiel, figlia di Elrond, era l'immagine vivente della sua trisavola: gli stessi incantevoli lineamenti, la stessa flessuosa figura, gli stessi capelli neri lunghissimi ed ondulati. Quando la splendida fanciulla si voltò a guardarla, incuriosita, la Maia si avvide dell'unica differenza: gli occhi, che aveva dello stesso blu di un lago di montagna, mentre Lúthien li aveva avuti grigioverdi, una perfetta fusione tra i colori di quelli dei genitori.

Accorgendosi del suo sguardo, i gemelli di voltarono, ed Elladan si affrettò a fare le presentazioni:

"Arwen, questa è nostra zia Nerwen la Verde, sorella di Melian. Zia Nerwen, ti presento nostra sorella Arwen."

Ritrovando la propria compostezza, l'Aini si staccò da Celeborn e si avvicinò.

"Sei identica a Lúthien...", le disse, ancora stupefatta; poi sbatté gli occhi e tornò del tutto in sé, "Perdonami, dimentico le buone maniere: felice d'incontrarti, Arwen. Doppiamente felice, dato che mi ricordi così tanto la figlia della mia amata sorella. Melian sarebbe felice - più che felice - di conoscerti."

"Anch'io sarei felice di conoscere la mia antenata", dichiarò Arwen sorridendo, senza capire fino in fondo la commozione della parente, ma da essa a sua volta commossa, "Frattanto però sono felice di conoscere te."

Si abbracciarono, un poco impacciate perché, dopotutto, si erano appena incontrate; ma entrambe sentivano che era un momento importante.

"Venite", li invitò tutti Celeborn, "mangerete con noi; prima che venga servito il pranzo, potete rinfrescarvi nei vostri alloggi. Voi due avete la vostra solita stanza", proseguì, parlando coi gemelli, "vicina a quella di Arwen; per te, Lady Nerwen, abbiamo riservato l'appartamento degli ospiti d'onore."

Nerwen lo ringraziò: ancora una volta, il suo rango originario sarebbe stato superiore a quello dei padroni di casa, ma non dimenticava che ora non era così; tuttavia i Signori dei Galadhrim la stavano trattando col riguardo riservato ad una regina, così come aveva fatto Elrond.

Celeborn fece per chiamare un inserviente per far scortare Nerwen al suo alloggio, ma Arwen lo fermò:

"Ci penso io, nonno... Vieni, zia Nerwen, ti accompagno", le disse, prendendola a braccetto, "I miei fratelli conoscono la strada e possono arrangiarsi..."

Con una riverenza ai padroni di casa, le due si congedarono e si allontanarono, uscendo da una porta sul lato opposto a quella da cui i visitatori erano giunti.

Arwen era davvero lieta di conoscere la sorella della sua antenata, colei che nei Tempi Remoti, quando ancora non esistevano né Sole né Luna, e neppure i Due Alberi, ed Arda era rischiarata soltanto dalle stelle di Varda Elentári, con Thingol aveva dato inizio alla sua stirpe.

"Veramente assomiglio così tanto alla mia trisavola?", le domandò, emozionata: la vicenda di Beren e Lúthien era, tra le storie antiche, la sua preferita.

"Oh sì", le confermò la Maia, "a parte gli occhi, che Lúthien aveva grigioverdi; ma per il resto, sei davvero la sua precisa immagine."

"Spero di vivere anch'io un amore così straordinario come lo ebbe lei", dichiarò Arwen con aria sognante, "Certo, con un finale più lieto, ma vorrei veramente amare ed essere amata così tanto quanto lei."

Nerwen fu presa da una sensazione di presentimento, ma la Seconda Vista non si manifestò; né la sensazione si rivelò chiaramente positiva o negativa.

"Attenta a ciò che chiedi", l'ammonì, "perché potresti ottenerlo..."

"Non vedo alcun pericolo nel sognare il grande amore", ribatté Arwen, con quello che col tempo Nerwen avrebbe appreso essere il suo inesauribile ottimismo, "Piuttosto, vuoi che ti presti un abito per il pranzo? Dovremmo avere le stesse misure..."

"Sì, ma tu sei molto più alta di me, inciamperei nella gonna!", rise Nerwen, che prendeva la propria statura - insolitamente minuta per un'Aini o anche per un'Elfa - con molto spirito.

"Ma no, basta mettere qualche spillo sull'orlo, tanto è solo in via provvisoria..."

Giunte nell'alloggio che era stato assegnato a Nerwen, vi trovarono una cameriera che stava finendo di spolverare.

"Oh, Gwilwileth", la chiamò Arwen, "Puoi andare in camera mia a prendere un vestito per Lady Nerwen? Quello azzurro con le maniche bianche. E porta degli spilli: dobbiamo accorciare la gonna sul davanti."

L'Elfa - dai tipici capelli corvini dei Nandor e luminosi occhi nocciola - fece una piccola riverenza e corse via ad espletare l'incarico affidatole.

C'era un tavolino da toeletta dotato di uno specchio, un catino ed una brocca colma d'acqua, completo di saponi, asciugamani e pezzuole; c'erano anche pettini, spazzole, forcine e nastri per capelli. Nerwen si rinfrescò, mentre Gwilwileth tornava con l'abito e gli spilli. Poiché aveva notato che Nerwen indossava stivali, molto accortamente aveva portato anche delle babbucce.

Lei ed Arwen l'aiutarono ad indossare l'abito, di leggero vellutino azzurro cielo con lunghe e vaporose maniche di velo di seta bianco. Poi la cameriera le accorciò l'orlo, adattando la lunghezza della gonna alla minor statura di Nerwen, mettendo gli spilli in modo che non fossero visibili; le pantofole si rivelarono troppo grandi, ma provvisoriamente potevano andar bene.

Infine Arwen fece sedere la zia e le sistemò i capelli, disfacendo la pratica treccia con la quale usava viaggiare e lasciando la chioma libera sulla schiena; intrecciò soltanto alcune ciocche sulle tempie e le tirò indietro in modo che non le ricadessero sul viso, decorandole con dei nastri bianchi.

Vedendo l'entusiasmo con cui si prendeva cura di lei, Nerwen comprese che l'altra sentiva profondamente la mancanza di una figura femminile; sicuramente aveva grande nostalgia della madre, Celebrían. Si sentì stringere il cuore. Quando ebbe finito, si guardò allo specchio, poi si alzò e girò su se stessa, ammirandosi.

"Grazie, nipotina, mi sento bellissima", le disse affettuosamente, e l'abbracciò. Arwen la ricambiò, sentendosi soddisfatta del proprio operato, ed anche un tantino emozionata: sentiva già di voler bene a quella parente che veniva da un passato tanto remoto e da un luogo tanto lontano. Evidentemente, attraverso le generazioni il loro sangue si era parlato e si era riconosciuto... non trovava altra spiegazione.

"Andiamo, è quasi ora", la invitò, tornando a prenderla a braccetto. Uscirono, ed Arwen guidò la zia lungo i corridoi del palazzo arboreo fino alla stanza da pranzo privata di Galadriel e Celeborn; la Dama dei Galadhrim era sul terrazzino, seduta su una poltroncina di vimini intenta a bere una bibita fresca. Come le vide, attraverso la porta aperta, fece loro cenno di raggiungerla; Nerwen si affacciò e rimase senza fiato: la vista da quel punto, in cima al mallorn più alto sulla sommità della collina più alta di tutta Lothlórien, era semplicemente stupefacente.

"È meraviglioso", disse, "Sicuramente degno di Valinor."

"Sì, hai ragione", concordò Galadriel, annuendo, "ed infatti è uno dei motivi per cui Celeborn ed io siamo stati felici, e non soltanto onorati, di accettare di governare questo luogo, quando ce lo hanno chiesto. Lo conoscevamo già, essendo stati alcune volte ospiti di Amdír, il fondatore del regno di Lórinand; e lo abbiamo ribattezzato Lothlórien perché mi ricordava il luogo dove solevo abitare a Valinor, i giardini di Lórien."

"È un nome ben adatto", affermò la Istar, prendendo la coppa che le porgeva Arwen, "Che cos'è?"

"Sidro dolce", le rispose Galadriel, un luccichio quasi birichino negli occhi azzurri. Nerwen scoppiò a ridere: la sua passione per quella bevanda era spesso stata fonte di lazzi, tra loro due. Arwen guardò la nonna e la zia, divertita malgrado non avesse compreso il motivo della loro allegria.

La Dama del Bosco sollevò la coppa verso la sua vecchia amica:

"Al nostro incontro, dopo così tanto tempo", brindò. Nerwen contraccambiò:

"Al nostro incontro."

Arwen era incuriosita:

"Da quanto tempo vi conoscete, dunque?", domandò.

"È davvero da molto, molto tempo", rispose Nerwen, "Conosco tua nonna da quando è nata, a Valinor, durante gli Anni degli Alberi. Dicono - e non a torto, secondo me - che la luce di Telperion e Laurelin sia rimasta imprigionata nei suoi capelli, motivo per cui Celeborn le ha dato il nome di Galadriel..."

Arwen annuì: sapeva che il nome paterno della nonna era Artanis, e quello materno Nerwen, proprio come quello della zia, ma che lei aveva preferito a tutti quello coniato per lei dal suo innamorato, che poi era divenuto suo marito.

La fanciulla si rivolse a Galadriel:

"Gli altri Istari però li hai conosciuti soltanto quando sono giunti nella Terra di Mezzo, dico bene?"

"Sì, è esatto", confermò la Dama dei Galadhrim. In quella sopraggiunsero Elladan ed Elrohir, che si unirono a loro per un sorso di sidro, e Galadriel quindi non proseguì il discorso; infine furono raggiunti anche da Celeborn.

Si misero a tavola e mangiarono pane, formaggi, verdure crude e frutta, un pranzo leggero secondo la consuetudine di Lothlórien, dove si iniziavano le giornate con una colazione assai abbondante per terminarla con una cena sostanziosa, mentre il pasto di mezzodì era il meno consistente dei tre.

Finito di pranzare, Nerwen si congedò per recarsi da Beriadir a riprendere Calad. Oramai il suo bagaglio doveva esser stato portato nell'alloggio riservatole, così disse ad Arwen che le avrebbe restituito l'abito, ma la fanciulla la esortò a tenerlo fino a sera, evitandole di doversi cambiare un'altra volta. La Istar tornò comunque in camera a recuperare le scarpe, perché le pantofole troppo grandi, oltre ad essere inadatte a camminare per strada, avevano rischiato di farle fare un paio di capitomboli. Poi prese il guanto da falconiere ed uscì, ridiscendendo la lunga scala a spirale; una volta giunta in strada, chiese informazioni per trovare l'abitazione di Beriadir. Non le fu difficile: l'Elfo Silvano le aveva dato indicazioni chiare, e ben presto Nerwen fu davanti al cancelletto delimitante il piccolo giardino che circondava il tronco del mallorn dove abitava; sull'insegna, come le aveva detto, c'era scritto il suo nome completo di patronimico.

Nerwen esitò, non sapendo quali erano le usanze di quel luogo quando ci si presentava in casa altrui: chiamare ad alta voce? Entrare e salire la scala che si arrampicava attorno al tronco, per poi annunciarsi una volta giunti all'ingresso del flet? Risolse per una soluzione più semplice e chiamò mentalmente Calad, che udendola s'involò dalla piattaforma e le si venne a posare sul guanto.

Eccomi, come promesso, le disse Nerwen.

Ben rivista; hai trovato le persone che cercavi?, s'informò la rapace.

Sì, e mi hanno dato un bell'alloggio spazioso con un terrazzo dove potrai stare comoda, le rispose la Istar, Saluto Beriadir e poi andiamo.

Sollevando lo sguardo verso il flet, una decina di metri più in alto, Nerwen lo vide che si affacciava. Per un istante dimenticò di respirare: l'Elfo Silvano era a torso nudo, rivelando il torace e le spalle dalla muscolatura assai ben tornita di un esperto arciere.

Anche lui la vide, e le rivolse un sorriso luminosissimo; le fece un cenno di saluto, poi tornò dentro e rapidamente si mise la camicia pulita che stava per indossare quando aveva visto volar via la falchetta. Svelto, infilò l'uscita e scese le scale.

"Benvenuta nella mia casa", le disse, aprendole il cancelletto di legno, "Vedo che Calad è impaziente di tornare con voi, mia signora: spero che non significhi che si sia trovata male con me."

"Nient'affatto", lo rassicurò Nerwen, che aveva percepito il benessere della falchetta, "Ti ringrazio molto di esserti preso cura di lei."

"Non c'è di che, dopotutto si è trattato soltanto di poche ore", la guardò apertamente, "Siete molto affascinante così abbigliata, Lady Nerwen. Non che non lo foste anche prima, comunque", aggiunse con un sorriso galante.

E tu sei molto affascinante senza niente addosso, pensò involontariamente Nerwen, poi sbatté gli occhi, stupita di se stessa: era da molto tempo che non faceva pensieri tanto sfacciati. Non li aveva avuti neanche su Thorin: erano stati i suoi occhi a stregarla, non la sua prestanza fisica. Perfino Calion l'aveva colpita in modo diverso, a suo tempo.

Improvvisamente si accorse che le piaceva che Beriadir la corteggiasse. Non che si sentisse pronta a saltare in un letto con lui, ma forse il bell'Elfo Silvano poteva aiutarla ad andare oltre Thorin, il cui ricordo ancora l'avvinceva. Nonostante la Seconda Vista non le avesse offerto visioni in un senso o nell'altro, non credeva che avrebbe mai più rivisto il principe Nano: tra loro stavano le rispettive missioni; ma se anche fosse stato così, se si fossero ritrovati, Nerwen sapeva che Thorin non era il suo compagno per la vita, e questo rendeva sbagliato rimanere legata al suo ricordo.

"Grazie", disse quindi, trovando gradevole il suo complimento, "Certo che sai bene come fare i complimenti ad una signora...", soggiunse scherzosamente. Lui scosse il capo:

"Dico solo quello che penso, ve l'assicuro."

Rimasero qualche istante a guardarsi sorridendo, poi Nerwen si mosse per congedarsi:

"Ora torno a palazzo per vedere come sta Thilgiloth e sistemare Calad. Poi magari farò una passeggiata esplorativa per la città...", concluse, con intenzione. Beriadir colse subito l'imbeccata:

"Sarei felice di farvi da guida, Lady Nerwen", si offrì.

"Sei molto gentile", lo ringraziò lei, "Se davvero non hai altri impegni... Che ne dici di venire a prendermi tra un'ora all'ingresso del palazzo?"

"Molto volentieri. A più tardi, dunque..."

Nerwen tornò a palazzo camminando quasi a passo di danza: si sentiva euforica, e non era sicura del motivo. Sì, Beriadir era indubbiamente un gran bell'esemplare di Elfo, ma non era certamente la prima volta che aveva un appuntamento; che, tra l'altro, non poteva neppure esser definito galante, visto che si trattava semplicemente di un giro esplorativo per la città; e, contrariamente a quanto era accaduto con Thorin quando l'aveva invitata a fare quella fatale gita nel bosco, non prevedeva né desiderava che finisse in posizione orizzontale. Si sforzò di capire che cosa mai fosse a renderla così contenta, ma pur lambiccandosi il cervello, non giunse ad alcuna conclusione. Decise pertanto di vivere il momento come veniva, e prima o poi il motivo le si sarebbe palesato.

Una volta a palazzo, chiese ad un inserviente dove avessero ricoverato Thilgiloth, e lui la indirizzò alle scuderie, che sorgevano a poca distanza dall'immenso mallorn. La Corsiera era intenta a masticare pigramente della biada, ma come vide sopraggiungere Nerwen e Calad, si interruppe e mosse loro incontro per salutarle.

Ti sento soddisfatta come non lo eri da molto, osservò Thilgiloth, percependo lo stato d'animo della sua amica, A Imladris ti sei rasserenata, ma il tuo animo era ancora malinconico. Merito di quell'Elfo con cui hai conversato tanto a lungo, ieri e stamattina?

Credo di sì, ammise Nerwen, Non ho ancora ben capito il motivo, perché non sono attratta da lui tanto quanto da Thorin, ma... mi piace come mi parla.

Bene; sono contenta per te, commentò la Corsiera.

Assicuratasi che Thilgiloth fosse a suo agio, l'Aini si congedò e tornò a salire la lunga scala che portava al palazzo arboreo. Una volta giunta nel suo alloggio, mostrò il terrazzo a Calad, e qui scoprì che qualcuno aveva pensato a portare un trespolo ed una bacinella d'acqua. Forse i gemelli avevano dato disposizioni ad un servitore: glielo avrebbe chiesto alla prima occasione, e nel caso li avrebbe ringraziati.

Calad andò a dissetarsi, poi si accomodò sul trespolo; osservando il panorama, considerò:

Di qui posso lanciarmi in volo senza timore di impigliarmi nei rami. Sarà agevole andare a caccia: un po' lontano, dovendo uscire dalla foresta, ma tutto sommato va bene così.

Sono contenta che sia di tuo gradimento, disse Nerwen, sempre attenta al benessere delle sue due fedeli amiche kelvar, Come a Gran Burrone, sei libera di andare e venire a tuo piacimento: qui siamo tra amici. Ora riposerò un poco, e poi farò una passeggiata per la città...

Quando scese nuovamente ai piedi della scala, Beriadir era già lì ad aspettarla; sopra la camicia aveva indossato un farsetto di seta damascata verde scuro stretto in vita, così che le sue spalle parevano ancor più ampie. Ancora una volta, Nerwen fu colpita dalla sua notevole prestanza.

L'Elfo Silvano si girò e, scorgendola, le sorrise. Le piaceva come sorrideva: gli si illuminava tutto il viso e gli occhi splendevano.

"Mia signora...", la salutò, accennando ad un inchino. La Istar decise d'averne abbastanza di tutte quelle formalità, almeno con lui.

"Oh, chiamami semplicemente Nerwen", lo invitò, "come si fa tra amici."

Lui le porse il braccio:

"Sarò onorato di potermi chiamare tuo amico, Nerwen", dichiarò con un sorriso ancor più ampio di prima, al cui calore si sarebbe sciolto anche il ghiaccio dello stretto di Helcaraxë. Lei sentì uno sfarfallio all'imboccatura dello stomaco mentre gli infilava la mano sotto al braccio.

"Vale anche per me", contraccambiò, cercando di mantenere un tono spigliato; ma si sentiva piuttosto scombussolata.

Beriadir si accorse del turbamento di Nerwen, ed a tutta prima ne fu lusingato, avendo capito che lei corrispondeva la sua attrazione; tuttavia, trascorso il primo attimo, s'accorse che in sottofondo c'era dell'esitazione. Qualcosa la stava trattenendo, e molto saggiamente l'Elfo decise di non pressarla ulteriormente.

"Vieni", la invitò, "ti porto a visitare il mercato."

Nerwen apprese che, vicino al cancello d'ingresso, quattro giorni la settimana si teneva mercato; vi si poteva trovare ogni sorta di mercanzie prodotte dai Galadhrim, ed era sempre affollato: non esistevano infatti negozi, a Caras Galadhon, e chi aveva un laboratorio artigianale, vendeva i propri articoli al mercato, quando addirittura non li produceva direttamente dietro al banco.

Nerwen e Beriadir si aggirarono dunque tra le bancarelle colorate del mercato; c'era davvero di tutto: frutta, verdura, carne e pesce, uova, formaggi, pane, dolciumi, spezie, bevande d'ogni genere; e poi stoffe, vestiti, merletti e passamanerie, calzature, cinture, guanti, biancheria intima e per la casa, tappeti e arazzi; borse e borselli, ceste e gerle, vasellame, profumi ed unguenti, gioielli, e dozzine d'altri articoli. C'era anche un banco che vendeva piante aromatiche e fiori, e fu lì che Nerwen si fermò: nel suo giardino in Aman c'erano tutti, ma proprio tutti gli olvar di Arda; tuttavia, come aveva già avuto modo di notare da quando era giunta nella Terra di Mezzo, la taglia ed i colori qui a volte erano diversi, e scoprire le differenze la incuriosiva molto.

Lei ed il suo accompagnatore continuarono poi a camminare sottobraccio, sbirciando le tante mercanzie esposte; Beriadir si fermò dall'arcaio per acquistare una nuova corda per il suo grande arco di tasso, e già che c'era prese anche un balteo nuovo per la faretra.

Proseguendo la passeggiata, Nerwen venne attratta dal profumo emanato dal banchetto della pasticceria ed il suo stomaco brontolò: quel mattino aveva rotto il digiuno con una colazione piuttosto parca, ed il leggero pranzo consumato in compagnia dei Signori dei Galadhrim e dei suoi nipoti non l'aveva completamente saziata. Si fece quindi tentare da una fetta di crostata d'albicocche, adagiate su un letto di crema dolce e ricoperte da gelatina parimenti di albicocche; anche Beriadir ne volle una. Poi andarono al banco che mesceva bevande e presero del vino bianco, dolce e fresco.

Quando finirono il giro, andarono a sedersi su una panchina a riposare un poco prima di tornare a palazzo; di fronte a loro, una fontana dalla vasca di pietra intagliata in forma di fiore zampillava allegramente. C'erano molte fontane, a Caras Galadhon.

"Ci sono altre cose da vedere", le disse Beriadir, "ma ormai si sta facendo sera, e sarai stanca..."

"Un po'", ammise Nerwen, che ormai si era abituata alla sensazione e riusciva a gestirla bene, proprio come aveva previsto Gandalf, "ma quando avrai ancora tempo, potremo continuare la visita alla città."

"Con piacere", dichiarò l'Elfo Silvano, "Avendo concluso il mio turno di guardia alla frontiera, ora mi spettano alcuni giorni liberi."

"Bene!", esclamò Nerwen, per poi trattenersi: stava mostrando un eccessivo entusiasmo, pensò, considerando che non aveva intenzione di incoraggiarlo troppo. Sì, le piaceva che lui la corteggiasse, ma non era affatto sicura di quanto in là lei volesse spingersi: si sentiva ancora troppo confusa, in merito.

Beriadir percepì nuovamente il conflitto in lei e, come prima, non le fece pressione: qualcosa gli diceva che, se l'avesse fatto, avrebbe ottenuto soltanto di farla allontanare. Doveva aver pazienza: trovava Nerwen terribilmente affascinante, e non voleva rovinar tutto per un passo falso.

Era ormai il tramonto quando la riaccompagnò a palazzo.

"Potremmo vederci domani", le propose, "Mi piacerebbe farti vedere il parco cittadino."

Nerwen si chiese come potesse esserci un parco in una città che era già un parco di per sé, e pensò che valeva la pena scoprirlo.

"Va bene", rispose, "due ore dopo mezzogiorno?"

"D'accordo, " Beriadir le prese la mano e la baciò, "A domani. Buona serata."

"Buona serata a te", lo salutò Nerwen, prima di girarsi e cominciare a salire la lunga scala, ora illuminata di lanterne dalla luce argentata. Faceva mostra di disinvoltura, ma il baciamano dell'Elfo, per quanto fosse stato formale ed in nessun modo allusivo, le aveva fatto accelerare il battito cardiaco.

Non era più il caso di negarlo: Beriadir l'attraeva. Tuttavia, Nerwen continuava a sentire che era troppo presto per andare oltre Thorin, anche se sapeva che doveva farlo. Beh, decise, quando fosse venuto il momento, lo avrebbe saputo, ed allora avrebbe agito di conseguenza. Non prima. In caso contrario, sarebbe stato dannoso e disonesto nei confronti di Beriadir e di se stessa.

L'angolo dell'autrice:


Che emozione incredibile ritrovare Galadriel, il mio personaggio femminile preferito nel tolkienverso! E poi Arwen, immagine vivente di Lúthien: per Nerwen è davvero una gioia immensa conoscerla e ritrovare così un poco della sua adorata nipote, perduta alla famiglia d'origine ed al mondo tutto così tanto tempo prima...


Beriadir comincia a farsi strada nell'animo, se non nel cuore, di Nerwen: forse riuscirà davvero ad alleviare la sua malinconia? Vedremo... :-)


L'elenco dei lettori si allunga, con mia grandissima emozione! Aelgifu, Amarie, Dasqua, eresseie, Haldiriel, Jade Lee, Lady of the Sea, ladyw, Miss Uriel, sole a mezzanotte, Spartaco, Tklau, valepassion95, Vibia Matidia mi hanno messo tra le storie seguite, hola1994 tra le ricordate, apinacuriosaEchelon e di nuovo Tklau addirittura tra le preferite! Grazie di cuore a tutti! Non conto l'impagabile Heaven Tonight, che devo sempre e comunque ringraziare per il paziente e costante aiuto con l'html, senza cui non potrei pubblicare le immagini; e stavolta il ringraziamento è doppio, socia: a tua rielaborazione dell'immagine di Beriadir è semplicemente strepitosa!!!! Che farei mai senza di te???


Però gente, i commenti scarseggiano!!! Suvvia, non vi chiedo un papiro della lunghezza di un'enciclopedia, solo due paroline di incoraggiamento - o per bacchettarmi se ho commesso errori, in modo da consentirmi di correggermi... ;-)


Il volto di Beriadir è prestato da Alex O'Loughlin, uno dei miei attori preferiti (per chi non lo conosce, attualmente è protagonista della serie poliziesca "Hawaii Five-0). L'immagine non gli rende del tutto giustizia, per cui incoraggio le fanciulle a cercare qualche sua foto in internet: non ne resterete deluse, parola mia! :-D



Lady Angel


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top