Capitolo XIII: Il canto della sorgente
Capitolo XIII: Il canto della sorgente
Il mattino seguente, Nerwen scese a colazione di buon'ora, come suo solito; a servirla stavolta fu Mina. Tornata in camera, la Maia si mise a leggere, ma era scarsamente concentrata, perché il ricordo degli straordinari occhi azzurri di Thorin continuava a distrarla. Alla fine rinunciò e, nel tentativo di calmarsi, uscì per una passeggiata nelle amene strade di Brea. Botteghe artigiane e negozi si affacciavano sulla via principale, e c'erano molte persone, sia Uomini che Hobbit, che percorrevano la strada in una direzione e nell'altra.
Nerwen si osservò in giro e concluse che Brea le piaceva; non possedeva la stessa atmosfera serena dei villaggi della Contea, ma era ugualmente un luogo piacevole.
Rientrò per tempo per cambiarsi d'abito, indossando la tenuta da cavallerizza che aveva fatto lavare il giorno prima, composta di tunica corta, pantaloni e stivali - odiava cavalcare con la gonna - e poi scese nella stalla, dove sellò personalmente Thilgiloth. Calad volò giù dal balcone della camera ed attese posata sullo steccato vicino.
Nerwen stava stringendo il sottopancia della sella, quando giunse Thorin su di un bel pony pezzato bianco e nero. Con la sua statura, di poco inferiore a quella di Nerwen, avrebbe potuto tranquillamente montare un cavallo, ma evidentemente preferiva altrimenti.
Scese agilmente dall'arcione e le andò incontro tenendo il pony per la briglia; prendendole la mano, si chinò a baciarla.
"Buongiorno, Nerwen", la salutò, tornando a raddrizzare la schiena. Le sue labbra avevano a malapena sfiorato il dorso della mano di Nerwen, ma ciò nondimeno, lei aveva sentito la pelle aggricciarsi.
"Buongiorno a te, Thorin", contraccambiò, mantenendo ferma la voce che minacciava di traballarle. Per tutte le stelle di Varda, mai avrebbe pensato che un Nano, per quanto affascinante, potesse sortire su di lei un effetto tanto clamoroso con un semplice baciamano!
I loro occhi si incontrarono, come spesso era accaduto anche il giorno precedente; ma a differenza di allora, stavolta rimasero avvinti, come incapaci di staccarsi gli uni dagli altri, in una sorta di sortilegio che incatenava i loro sguardi.
Il mondo attorno a loro parve scomparire.
"Vi ho portato il pranzo a sacco che avete chiesto, signora", li interruppe la voce briosa di Amaranto. Entrambi sussultarono e distolsero bruscamente lo sguardo.
"Grazie, Amaranto", disse Nerwen, anche se lo avrebbe volentieri strozzato. Poi pensò che il poverino stava soltanto cercando di fare il suo lavoro e nulla poteva sapere di quanto stava accadendo tra lei e Thorin, pertanto non poteva certo colpevolizzarlo per l'interruzione. Prese in consegna la sacca che le veniva porta, ma Thorin gliela tolse gentilmente di mano.
"Ci penso io", le disse, gettandosela sulle spalle. Nerwen notò che, nonostante la temperatura, portava sulle spalle una stola di pelliccia, cosa che conferiva ulteriore imponenza alla sua statura, già ragguardevole per un Nano; dei bracciali di pelle rigida gli coprivano le braccia dal gomito al dorso della mano, ed alla cintura portava un fodero con un lungo pugnale. Prudentemente, aveva scelto di non uscire di città disarmato ed indifeso: dopotutto, non si può mai sapere chi o che cosa si incontra, in giro per il mondo, anche a poca distanza da casa.
Montarono entrambi in sella alle rispettive cavalcature ed uscirono in strada; Thorin prese a destra, seguito da Nerwen, in direzione del Cancello Ovest, caracollando in mezzo alla strada per non disturbare i pedoni che si tenevano ai lati. Come il giorno prima nella sala comune della locanda, diverse persone lo salutarono: palesemente, il mastro fabbro Nano era ben conosciuto, a Brea.
Usciti dalla cittadina, girarono sul Verdecammino in direzione nord, ora affiancati per poter chiacchierare. Calad volava alta davanti a loro, planando in pigri cerchi ma mantenendosi vigile nel ruolo che si era auto-attribuita, quello di sentinella.
"Hai una bellissima cavalla", osservò Thorin, guardando Nerwen da sotto in su a causa della minor altezza del suo pony pezzato, "Non riesco però a capire di che razza sia."
Nerwen ringraziò mentalmente Gandalf per averle suggerito di offuscare Thilgiloth; già così suscitava molta curiosità, figurarsi cosa sarebbe stato se non l'avesse fatto...
"È una dei mearas di Rohan", rispose, dando la solita spiegazione, "Si chiama Thilgiloth."
La Corsiera fece vibrare i padiglioni auricolari ed emanò una sensazione di leggero fastidio: non le piaceva molto dover nascondere la propria vera natura. Non piaceva molto neppure a Nerwen, a dire il vero, ma dovevano adattarsi.
"Da quanto tempo vivi a Brea?", domandò Nerwen, volendo saperne di più.
"Da quasi dieci anni", rispose Thorin.
"Mi è sembrato di capire che sei ben conosciuto e molto rispettato", osservò lei.
"Faccio il mio lavoro al meglio delle mie possibilità", considerò il Nano, "e non mi immischio negli affari di nessuno."
"Due buoni sistemi per guadagnarsi la stima della gente", annuì Nerwen.
Continuando a conversare, percorsero il Verdecammino fiancheggiando il Bosco Cet per alcuni chilometri, poi svoltarono nuovamente verso destra per inoltrarsi tra gli alberi. Nerwen fece fermare Thilgiloth e, infilandosi il guanto da falconiere, sollevò lo sguardo per cercare Calad e chiamarla, ma la falchetta stava già scendendo verso di loro e si posò leggera sul polso di Nerwen.
Vi aspetto qui, le annunciò.
Va bene, ci vediamo più tardi, le rispose l'Aini, prima di lanciarla. Calad si sollevò in volo e si allontanò, gettando il suo caratteristico verso kek-kek-kek a mo' di saluto.
Girando lo sguardo, vide che Thorin la stava osservando con attenzione.
"Comunichi con gli animali?", le domandò, ma suonò più come un'affermazione.
Gandalf aveva raccontato a Nerwen che i Nani, a differenza degli Hobbit, sapevano che egli apparteneva all'Ordine degli Istari e che come tale era dotato di poteri particolari; in segno di rispetto, gli avevano attribuito il nome Tharkûn nella loro lingua. Pertanto ora Nerwen ritenne inutile nascondere a Thorin la sua caratteristica facoltà ed annuì:
"Sì", confermò quindi, "e anche con le piante, motivo per cui vengo chiamata la Verde."
"Capisco", disse Thorin, pensieroso, "Deve essere comodo poter parlare col tuo cavallo, quando fa le bizze", soggiunse, con umorismo. Nerwen rise:
"Indubbiamente!", concordò. Thilgiloth sbruffò indignata, facendo ridere Nerwen ancora di più e strappando una risata anche a Thorin.
Si rimisero in marcia, addentrandosi tra gli alberi; questi erano molto diversi da quelli, vecchissimi, nodosi e dall'aspetto inquietante, che caratterizzavano la Vecchia Foresta: erano alti, slanciati, relativamente giovani, anche se alcuni avevano una circonferenza di tutto rispetto. Nerwen riconobbe faggi, frassini, noccioli, noci, querce, tigli, olmi, abeti e pini. Nel complesso, il bosco emanava una vibrazione positiva che le mise il buonumore.
"È un gran bel bosco", commentò, "Giovane e pieno di vitalità."
"Camminare tra questi alberi mi fa sentire bene", le confidò Thorin, "quasi come camminare su una solida roccia."
Detto da un Nano, era decisamente notevole, considerò Nerwen.
"...quasi", puntualizzò il principe, come per un ripensamento. E ti pareva, pensò Nerwen, ma era divertita.
Si inoltrarono nel bosco, illuminato da una soffusa luce che virava al verde a causa delle innumerevoli foglie sopra le loro teste. Il sottobosco, costituito principalmente da morbide felci, non era molto fitto e permetteva un agevole passaggio alle loro cavalcature.
Poco più di un'ora dopo aver lasciato Brea, Nerwen notò che più avanti la luce aumentava, e difatti alcune decine di metri più in là sbucarono in una radura illuminata dal sole di mezzogiorno. Il fondo era ricoperto d'erba punteggiata di fiori, in prevalenza ranuncoli e margherite, ma anche erbe aromatiche come aglio orsino, cerfoglio, santoreggia e crescione. Sull'altro lato della radura una sorgente zampillava in una cascatella che scendeva da un labbro roccioso per riversarsi in un piccolo bacino, scintillante sotto i raggi solari.
Nerwen percepì immediatamente un'energia serena e festosa provenire dalla fonte, che al suo orecchio vibrava come un lontano canto di gioia.
"Avevi ragione, Thorin", disse, "Questo è davvero un luogo incantato. Qui l'energia di Arda, combinandosi con l'acqua, la roccia e la vegetazione, si è concentrata in modo particolare. Non è da tutti percepire una cosa del genere", concluse, guardandolo con nuova considerazione. Thorin si sentì improvvisamente orgoglioso di se stesso.
"Allora sono davvero contento di averti portata qui", dichiarò, smontando dal pony e legando la sacca col pranzo alla sella, "Vieni, avviciniamoci all'acqua."
Scesa da cavallo, Nerwen si affiancò a Thorin per recarsi alla polla d'acqua, il cui discreto scroscio pareva sempre più simile ad una melodia.
"Par quasi che l'acqua canti", mormorò Thorin, lasciando Nerwen sbalordita: se non era comune percepire l'energia di un luogo, lo era ancor meno udirne la voce. Questo principe Nano era dotato di una sensibilità per le cose invisibili decisamente fuori dall'ordinario.
"È così, infatti", confermò quindi, "Un canto antico quanto la Creazione. Riuscire ad udirlo è una facoltà ancor più rara che percepire l'energia di Arda."
Thorin la guardò, sentendosi ora non già orgoglioso, quanto piuttosto quasi frastornato.
"Ah", fu tutto quello che riuscì a dire. D'impulso, Nerwen gli sfiorò il braccio con l'intento di rassicurarlo di fronte ad una cosa che gli era chiaramente ignota; a sorpresa, lui le prese la mano, si chinò e le baciò le dita, con reverenza, come se si fosse trovato di fronte a Yavanna stessa, la sposa del Vala dei Nani, Aulë, che loro chiamavano Mahal. Una profonda emozione chiuse la gola di Nerwen.
Thorin tornò a raddrizzarsi; la guardò, e nei suoi occhi colse l'emozione che la pervadeva. Si sentì emozionato a sua volta, come da tanto, tanto tempo non gli era più accaduto. Non c'entrava la forte attrazione che sentiva per lei: era qualcosa che trascendeva la carne, qualcosa di più profondo, come se la sua anima parlasse a quella di lei e si sentisse rispondere.
Sopraffatto, distolse lo sguardo e le lasciò la mano, schiarendosi la gola.
"Sono affamato come un lupo", disse in tono forzatamente allegro, "Tu no?"
Nerwen si sentì in bilico tra delusione e sollievo. Se da un lato avrebbe voluto che quel momento magico tra loro si prolungasse, evolvendosi in un abbraccio, un bacio e - chissà - oltre, dall'altro si sentiva assai inquieta, quasi spaventata, per la forza dei sentimenti che la stavano agitando. In passato - quando andava a trovare Melian nel Doriath o scorrazzava per il Beleriand - la qualità della Terra di Mezzo non l'aveva influenzata, sconvolgendo a quel modo il suo controllo; ma in passato era stata un'Aini a tutti gli effetti, non una Istar, una Maia diminuita. Yavanna l'aveva ben avvisata che sarebbe successo, e lei non poteva far altro che accettarlo ed adattarsi il più velocemente possibile.
Prese un respiro.
"Sì, la cavalcata mi ha messo appetito", confermò. Thorin tornò verso il suo pony e prese la sacca, nonché la coperta arrotolata dietro la sella.
"Mettiamoci qui", suggerì Nerwen, indicando sotto un faggio dalla corteccia chiara. Thorin annuì e srotolò la coperta, posandovi sopra la sacca.
Si accomodarono, sedendosi piuttosto discosti l'uno dall'altra.
"Vediamo che cosa ci ha preparato Rosetta", disse Thorin, cominciando ad estrarre il contenuto della sacca. Trovarono pane, formaggio, uova sode, prosciutto, delle pesche e due fette di crostata di marmellata di fragole. C'erano anche una borraccia d'acqua ed una fiasca di vino rosso, lo stesso eccellente Staddle che avevano bevuto anche il giorno prima.
"Vado a cambiare l'acqua", annunciò Nerwen, prendendo la borraccia ed alzandosi, "Vorrei bere quella della fonte."
"Fai bene, è ottima", le disse Thorin, che l'aveva assaggiata durante le sue precedenti escursioni in quel posto. Nerwen dunque tornò al bacino d'acqua, nel punto in cui si riversava la piccola cascata, e vi svuotò la borraccia, sostituendone poi il contenuto con l'acqua della fonte. L'assaggiò, trovandola deliziosa, con un vago sentore di menta. La vibrazione musicale parve aumentare come ad esprimere soddisfazione, ed allora lei rispose, accennando a qualche nota a bocca chiusa per ringraziare la sorgente.
"È vero, è molto buona", confermò quando tornò a sedersi sulla coperta. Porse la borraccia a Thorin, che la prese; inevitabilmente, le loro dita si sfiorarono, ma fu solo un attimo.
"Mi sembra ancor più buona delle altre volte", dichiarò Thorin dopo averne bevuto un sorso, lanciando una rapida occhiata a Nerwen, "Penso che sia per la piacevole compagnia."
Nerwen sorrise al suo complimento, e di colpo l'atmosfera tra loro tornò rilassata come prima dell'inaspettato baciamano presso la sorgente.
Mangiarono le semplici ma ottime pietanze, terminando con la crostata.
"Assolutamente squisita", dichiarò Nerwen, "Le fragole sono il mio frutto preferito."
Thorin la osservò divertito leccarsi le briciole dalle dita; accorgendosene, Nerwen scoppiò a ridere:
"Dico sul serio, quando mangio fragole divento come una bambina, le divoro fino a scoppiare!"
"Ma non ti è mai venuta l'orticaria?", indagò lui, sentendosi sempre più divertito. Altro che sostenuta ed austera Istar, Nerwen sapeva essere davvero uno spasso. Almeno quanto Gandalf in stato di grazia. Solo che lei era molto più bella...
"No...", Nerwen stava per dire che non poteva ammalarsi, ma non le era consentito dichiarare la propria natura di Aini, così corresse il tiro, "...probabilmente le tollero molto bene, oppure mi sono sempre fermata in tempo", le venne un lieve singulto, "Meglio se bevo un altro sorso..."
Thorin le porse la fiasca del vino, ma lei fece cenno di no; allora le passò la borraccia dell'acqua, da cui la Maia prese un paio di sorsate prima di restituirgliela. Poi si sdraiò sulla schiena, guardando i rami fronzuti del faggio, attraverso cui si intravedeva il cielo azzurro.
Azzurro come gli occhi di Thorin...
Seguendo il suo esempio, anche il Nano si sdraiò, in posizione contraria rispetto a Nerwen. A quel modo, girando il volto potevano guardarsi, solo che si vedevano sottosopra.
"Si sta proprio bene, qui", mormorò Nerwen; chiuse gli occhi, assaporando la pace che li circondava.
Thorin la vide abbassare le palpebre e venne colto da un repentino, ardente desiderio di baciarla; di baciarla, e poi accarezzarla, baciarla ancora, a perdifiato, e poi farle l'amore... Si irrigidì e strinse i pugni. Per tutti i martelli di Mahal, non aveva mai desiderato tanto una donna, ma non si sarebbe certamente trasformato di colpo in un animale assalendola e prendendola in quattro e quattr'otto! A meno che, naturalmente, lei non lo avesse incoraggiato a farlo... Scacciò bruscamente quel pensiero che stava minacciando di provocargli un'imbarazzante rigidità in una certa parte del corpo e chiuse a sua volta gli occhi per cercare di ritrovare un minimo di contegno.
Rimasero così per un bel po', sdraiati a pochi centimetri l'uno dall'altra eppure come separati da uno spazio invalicabile. Poi all'improvviso Nerwen percepì il canto della sorgente mutare e farsi più forte.
Si alzò di colpo a sedere.
Inquietato, Thorin balzò seduto a sua volta e mise mano al lungo pugnale che portava appeso alla cintura.
"Che cosa c'è?", la interrogò, subito all'erta.
"Perdonami, non volevo allarmarti", si scusò l'Istar, "La fonte... la senti?"
Il Nano aguzzò l'udito; effettivamente, la sensazione che l'acqua cantasse era diventata più forte.
"Sì... ma che cosa significa?"
Nerwen si alzò e si avvicinò alla sorgente; c'era un masso quasi perfettamente piatto accanto ad essa, grande come una sedia, anche se parecchio più alto. Sedendovisi, l'Aini piegò appena le ginocchia, ma così poteva concentrarsi più comodamente.
Thorin la seguì e le si mise alle spalle, vicino ma senza toccarla.
Nerwen ascoltò attentamente; la fonte stava narrando una storia, una storia d'amore bella e malinconica risalente alla Prima Era, riguardante una fanciulla umana ed un Elfo Silvano. Perdutamente innamorati, erano stati osteggiati nel loro amore dalle loro rispettive famiglie, che non vedevano di buon occhio l'unione tra un'Umana ed un Elfo, lei mortale, lui immortale. Lei aveva ceduto alla loro pressione, pensando che sarebbe invecchiata e poi morta, infliggendo al suo innamorato elfo un dolore che sarebbe durato per tutto il resto della sua esistenza; ma lui non aveva voluto saperne, era disposto a vivere i brevi anni della vita mortale di lei e sopravviverle, giacché questa era la sua natura, portando nel suo cuore l'amore per lei fino alla Fine del Tempo.
"Lo senti?", domandò Nerwen a Thorin, "Capisci cosa dice?"
"Percepisco solo delle sensazioni", rispose lui, dispiaciuto, "Non odo parole."
Allora lei si girò a mezzo e gli prese la mano, attirandolo più vicino; accostandosi, Thorin le posò l'altra mano sulla spalla. In quella posizione, la sovrastava leggermente, così cercò di non starle troppo addosso; ma lei si spinse all'indietro, avvicinandosi a lui, e gli prese anche la mano che le aveva appoggiato alla spalla. Chiuse gli occhi.
Le parole del canto si riversarono dentro di lui, veicolate da Nerwen.
L'Elfo era infine riuscito a convincere la sua amata che il dolore per averlo respinto sarebbe stato peggiore che quello di perderla per la sua natura mortale, così erano fuggiti assieme e si erano rifugiati nel Bosco Cet, vicino alla fonte. Lì avevano vissuto per tutto il tempo che fu loro consentito, fino alla morte di lei, che si era spenta in tarda età tra le braccia del suo amato Elfo. Allora lui era partito per il Grande Mare, alla ricerca di una nave che lo potesse portare nelle Terre Imperiture, il solo luogo al mondo dove il suo dolore poteva venir lenito. La loro discendenza era rimasta, dotata della natura mortale della donna, ed ancora viveva, sparsa tra le piccole comunità della Terra di Brea.
I Nani possono sembrare assai poco sentimentali, ma in realtà sanno essere molto romantici e poetici, sebbene a volte in un modo diverso da Elfi e Uomini; quella storia d'amore accaduta migliaia di anni prima commosse profondamente il cuore di Thorin, tanto quanto quello di Nerwen.
Si levò un soffio di vento, che sollevò i loro capelli. Il profumo di Nerwen era irresistibile, e Thorin cedette all'impulso di abbassare il volto ed affondarlo tra i suoi morbidi capelli scuri. Lei schiuse le labbra in un sospiro e girò il volto verso quello di Thorin. Aprì a mezzo gli occhi, scorgendo vicinissime quelle iridi color del cielo di primavera che l'avevano tanto colpita fin dal primo momento.
Thorin non pensò più a nulla; sporgendosi ancora un poco in avanti, posò le labbra sulle labbra di lei.
Thilgiloth lanciò loro un'occhiata trionfante e, come promesso, si allontanò con discrezione, andando a brucare la tenera erba della radura nel punto più lontano; il pony di Thorin, forse in qualche modo influenzato da lei, ne seguì l'esempio.
Thorin la baciò molto teneramente: se Nerwen era semplicemente preda dell'emozione suscitata dal romantico racconto della sorgente, non intendeva approfittarne forzandola a far qualcosa che in realtà non desiderava; ma Nerwen si sentì letteralmente sciogliere tra le sue braccia, e se non fosse stata appoggiata semi-seduta su quel masso, sarebbe certamente stramazzata, perché le ginocchia non l'avrebbero retta. Schiuse la bocca, invitandolo ad un bacio più completo.
Thorin si sentì saltare il cuore in gola. Girò attorno a Nerwen per starle di fronte e la strinse al petto, ed allora lei gli circondò il collo con le braccia. Poi il loro bacio si approfondì, diventando più passionale, ma conservando la tenerezza iniziale.
Si baciarono a lungo, così a lungo da perdere la nozione del tempo. Il canto della sorgente ancora li avvolgeva, ora senza parole, solo luminoso di gioia per aver potuto raccontar loro l'antica storia d'amore. Staccandosi dalle sue labbra, Thorin le ricoprì il volto di baci lievi, fronte, occhi, naso, zigomi, per poi tornare alla sua bocca per un altro lungo bacio. La sua dolcezza era disarmante ed allo stesso tempo eccitante, e Nerwen sentì il desiderio gonfiarsi dentro di lei. Emise un gemito sospiroso che esprimeva schiettamente le sue sensazioni.
Thorin comprese, ed allora la prese in braccio: per lui era leggera come un fuscello. La portò verso la coperta dove avevano consumato il pranzo a sacco, e ve la depose delicatamente. Si staccò brevemente da lei per liberarsi della pelliccia e sfilarsi i bracciali, che gettò con noncuranza sopra la stola; poi tornò ad abbassarsi su Nerwen ed a baciarla.
Si spogliarono reciprocamente, poco a poco, scoprendosi lentamente. Thorin aveva un fisico possente, dai muscoli duri come pietra; Nerwen gli accarezzò lentamente il petto cosparso di peluria nera e le ampie spalle, scoprendo che la sua pelle era sorprendentemente liscia e morbida, così calda al tatto da parere febbricitante. Ed invero a Thorin sembrava d'esser preda della febbre, di star delirando, tanto gli pareva impossibile di tenere tra le braccia una creatura meravigliosa come Nerwen.
Dolcemente, le posò una mano alla base della gola, dove poté sentire il battito accelerato del suo cuore, e la cosa lo emozionò profondamente. Si chinò e baciò quel punto palpitante, mentre lentamente la sua mano scivolava in basso, a circondarle un seno. Col pollice ne accarezzò il capezzolo eretto, che a quello stimolo si irrigidì ulteriormente; Nerwen sentì caldi brividi irradiarsi da lì, brividi che divennero più forti quando lui prese in bocca il duro bocciolo e lo accarezzò con la lingua, facendola tremare. Involontariamente, contrasse le dita e gli piantò le unghie nelle spalle.
Thorin fu lusingato dalla sua reazione; passò all'altro seno, riservandogli lo stesso trattamento, ascoltando il respiro di lei farsi sempre più erratico. Allora scese lungo il suo bel corpo, accarezzandola dapprima con le mani - grandi mani callose da fabbro e da guerriero così sorprendentemente gentili - poi con le labbra, suggendo e mordicchiando delicatamente il suo ventre sussultante.
Infine giunse a toccarla alla giunzione delle cosce, trovandola calda e rorida di desiderio, e lei trasalì violentemente.
"Oh, Thorin...", gemette. A quel suono, la gola di Thorin si seccò. Si abbassò ulteriormente e posò le labbra sul suo fiore femminile, desideroso di assaporarne il nettare. Nerwen si tese come la corda di un arco ed emise un gemito così straziante da farlo tremare fino in fondo all'anima. Non resistette oltre: si sollevò su di lei, le si adagiò sopra e, con quella incredibile tenerezza che aveva caratterizzato ogni suo gesto dal momento in cui l'aveva abbracciata vicino alla fonte, guardandola profondamente negli occhi, entrò in lei.
Nerwen boccheggiò, sopraffatta dall'emozione.
"Thorin...!", singhiozzò, abbracciandolo ancor più strettamente.
"Nerwen...", mormorò Thorin, "Dolce Nerwen..."
Cominciò a muoversi dentro di lei, lentamente, cercando l'inclinazione e la profondità che maggiormente le avrebbero dato piacere. Non ci volle molto perché cominciasse a sentirla vibrare sotto di sé, ed allora aumentò il ritmo, ma non troppo, perché voleva che durasse il più a lungo possibile. Anche Nerwen non voleva che finisse troppo presto: le sensazioni che stava provando erano troppo straordinarie, troppo stupefacenti per farle desiderare di terminare subito per la fretta di giungere al compimento. Gli prese il volto tra le mani, cercandogli le labbra in un bacio appassionato; le loro lingue s'intrecciarono in una danza dolce ed erotica allo stesso tempo. Poi Thorin posò la fronte contro quella di lei e cominciò a spingere con maggior decisione. Immediatamente le profondità di Nerwen risposero al nuovo stimolo mandandole brividi di delizia in tutto il corpo, crescendo, crescendo, finché non le parve di venir risucchiata dentro un vortice, che la trascinò via e la scagliò ad altezze vertiginose; un'esclamazione di piacere le sfuggì dalla gola.
Sentendola sussultare tutt'attorno a lui, Thorin si trattenne più che poté, cercando di prolungare quanto più possibile il godimento di lei; infine, con un basso gemito, si lasciò andare anche lui.
Dopo, rimasero abbracciati, mentre il turbine di sensazioni fisiche ed emotive che li aveva travolti si acquietava, placando il battito impazzito dei cuori ed il respiro affannoso. Ritrovando parte della propria lucidità mentale, Nerwen considerò stupefatta che aveva appena fatto l'amore con qualcuno che aveva conosciuto soltanto il giorno prima. Nelle Terre Imperiture, con il lento ritmo che le caratterizzava, ciò non sarebbe mai accaduto; ma qui, nella Terra di Mezzo, dove tutto avveniva in tempi assai brevi, era diverso.
Lei era diversa.
Dal canto proprio, Thorin non era meno stupefatto. Membro di una razza la cui popolazione maschile era abituata all'austerità sessuale a causa della scarsità numerica del proprio genere femminile, non aveva mai pensato di poter giacere con una donna - e oltretutto neppure del suo popolo! - dopo poco più di ventiquattro ore dall'averla incontrata.
Si sollevò leggermente da lei, appoggiandosi sui gomiti, e la guardò negli occhi. Nerwen contraccambiò il suo sguardo.
"Sei meravigliosa", le sussurrò, accarezzandole lentamente una guancia. Lei gli scostò dalla fronte una ciocca di capelli.
"Grazie", mormorò di rimando, a corto di parole: nessuno, nei suoi lunghi anni di vita, l'aveva mai definita meravigliosa.
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Tornarono a Brea che era quasi il tramonto; Thorin accompagnò Nerwen al Puledro Impennato e, una volta giunti nel cortile, le prese una mano e se la portò alle labbra.
"Mi piacerebbe trascorrere la notte con te", le disse a bassa voce. Nerwen gli sorrise, poi si rivolse allo stalliere che si stava avvicinando:
"Billy, prenditi cura anche della cavalcatura di mastro Thorin: si fermerà qui, stanotte."
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Nerwen si trasferì a casa di Thorin un paio di giorni dopo. Se qualcuno si meravigliò, non fu perché i due non si curavano di nascondere il fatto d'esser amanti - cosa di per sé per nulla scandalosa - ma soltanto perché, nei dieci anni dacché abitava a Brea, Thorin non aveva mai mostrato interesse per alcuna donna. E soprattutto, non aveva mai trascurato il proprio lavoro; qualcuno si seccò, ma la maggior parte, saputo il motivo, si sentì piuttosto divertito, ed alcuni - coloro che stimavano particolarmente il fabbro Nano - furono contenti per lui.
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Nerwen giaceva con la testa posata sull'ampio petto nudo di Thorin. Erano a letto; avevano appena fatto l'amore e, come ogni volta, ora se ne stavano abbracciati a scambiarsi carezze. Nerwen non cessava di sorprendersi della capacità di Thorin d'esser tanto tenero perfino nei momenti di maggior passione: anche se a volte l'amava con grande impetuosità, manteneva sempre quella sua incredibile dolcezza di fondo.
Erano trascorse quasi quattro settimane dal giorno in cui avevano udito il canto della sorgente nel Bosco Cet. In quel torno di tempo, avevano vissuto insieme, senza quasi mai uscire di casa, così intenti l'uno nell'altra da dimenticare completamente il resto del mondo.
Thorin, oltre che un eccellente spadaccino ed un ottimo fabbro, era pure un egregio suonatore d'arpa. Per anni aveva lasciato lo strumento negletto in un angolo del salotto - dove Nerwen l'aveva scorto la prima volta che si era recata da lui - ma ora aveva motivo d'usarlo, così lo rispolverò. Con la sua splendida voce baritonale, cantò a Nerwen le più belle canzoni del suo popolo; quando Nerwen gli spiegò che Mahal, attraverso la sua sposa, le aveva fatto dono della conoscenza del khuzdul, fu deliziato di potersi così esprimere nella propria lingua, giacché anche la migliore delle traduzioni non riesce sempre a rendere le sfumature peculiari di ciascun idioma. Le cantò poemi bardici che narravano le avventure del suo antenato Durin - il più vecchio dei Sette Padri dei Nani e loro primo re, detto il Senzamorte perché visse così a lungo da perdere il conto degli anni - e dei più grandi eroi del suo popolo; e le cantò canzoni d'amore, con un romanticismo che nessuno sospettava i Nani possedessero, dato che era un tratto del loro carattere che svelavano soltanto alle donne del loro popolo.
Nerwen avrebbe voluto che quei giorni non finissero mai; ma era amaramente consapevole che non poteva essere così: aveva una missione da compiere, dalla quale forse dipendeva l'esistenza stessa della Terra di Mezzo e di tutte le creature libere che l'abitavano. Ivi compreso anche Thorin.
Sentì un groppo stringerle la gola: il tempo era ormai giunto, non poteva permettersi di indugiare oltre semplicemente per il proprio piacere.
"Presto dovrò partire", bisbigliò, parlando piano perché rischiava di scoppiare in pianto.
Thorin chiuse gli occhi: era sempre stato consapevole che quel momento sarebbe arrivato.
"Lo so", mormorò, "Hai un incarico da portare a termine. Così come ce l'ho io."
Lentamente, Nerwen annuì: si era quasi dimenticata il messaggio che gli aveva portato da parte di Gandalf. Presto anche lui avrebbe dovuto compiere la sua missione, quale che fosse.
Thorin tornò ad aprire le palpebre e la guardò negli occhi:
"Ci rivedremo, Nerwen", affermò, "Quando entrambi avremo fatto quello che dobbiamo fare, ci ritroveremo e staremo insieme."
C'era un sottofondo di disperazione nel suo tono, che rivelava chiaramente quanto poco in realtà credesse che ciò sarebbe potuto davvero succedere. Questo significava che la sua missione era tanto pericolosa da fargli temere di non tornarne vivo.
Nerwen inghiottì, cercando di sciogliere il nodo che le serrava la gola. Si sforzò di usare la sua Seconda Vista per vedere qualcosa oltre le nebbie del futuro, ma quella facoltà veniva quando voleva, spesso non richiesta ed a volte neppure desiderata, ed in quel momento le si negò.
"Pregherò tutti i Valar affinché sia così", sussurrò, prima di baciarlo.
*********
Tre giorni dopo, Nerwen la Verde lasciò Brea. Thorin Scudodiquercia l'accompagnò fino al Cancello Sud, dove rimase a guardarla caracollare lentamente verso oriente, lungo la Grande Via Est. Lacrime brucianti gli solcavano il volto, disperdendosi nella barba.
Le stesse lacrime che solcavano il volto di Nerwen.
Era il sedicesimo giorno di settembre.
Angolo dell'autrice:
Questo capitolo mi ha preso la mano, nel senso che quello che avevo progettato è andato a farsi benedire e ne è uscito qualcosa di completamente diverso, nel tono se non nella sostanza. Ovvero: avevo pianificato che dovesse trattarsi di un flirt bollente con una singola notte di fuoco tra i due, appassionata ed emozionante quanto si vuole, ma... soltanto una notte. E invece i due protagonisti hanno deciso che doveva essere qualcosa di molto più profondo e romantico, ed io non ho potuto far altro che adeguarmi. Così è accaduto che, mentre scrivevo le poche righe che narrano del loro congedo, i loro dolore e le loro lacrime erano anche il mio dolore e le mie lacrime... Ecco quello che volevo dire, nel mio angolino alla fine dello scorso capitolo, quando parlavo di quanto io sia rimasta emotivamente coinvolta nella storia.
Spero di avervi emozionato tanto quanto mi sono emozionata anch'io...
Lady Angel
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