Capitolo LXIII: Verso Occidente
Capitolo LXIII: Verso Occidente
Lindir entrò nello studio di Elrond, dove il Signore di Gran Burrone stava parlando con Nerwen e Gandalf dell'ormai sempre più vicino momento della partenza.
"Un messaggio da parte di Lady Mereth, sire", disse, porgendogli una pergamena arrotolata.
"Grazie, Lindir", rispose Elrond, prendendola; con un inchino, il Soprintendente di Palazzo lasciò la stanza.
"Mereth? Come sta?", s'informò Gandalf. Aveva raccontato a Nerwen come egli avesse conosciuto la figlia adottiva di Elrond dinnanzi a Erebor, prima della grande battaglia che aveva coinvolto cinque eserciti e che si era risolta con la disfatta degli Orchi; era stata una grande vittoria, per quanto amareggiata dal gran numero di caduti tra le file di Uomini, Elfi e Nani; Thorin Scudodiquercia ed i suoi nipoti ed eredi Fili e Kili erano annoverati tra essi.
Mereth aveva poi sposato Thranduil, re degli Elfi Silvani del Reame Boscoso nella parte settentrionale di Bosco Atro, ora ribattezzato Eryn Lasgalen ovvero Bosco di Foglieverdi. Thranduil rappresentava uno dei rarissimi casi in cui ci si sbagliava riguardo al compagno o alla compagna per la vita, ancor più raro del ritrovarlo nell'arco della stessa esistenza; lui e la sua prima moglie avevano quindi annullato il loro matrimonio, dal quale era nato un unico figlio, Legolas, che in quanto erede al trono era rimasto col padre.
Nerwen non aveva incontrato Mereth per un soffio, durante il suo precedente soggiorno a Imladris: a quel tempo, la principessa era a Lórien con la sorella adottiva Arwen e ne era ripartita proprio mentre Nerwen lasciava Gran Burrone diretta prima a Rhosgobel e poi al Bosco d'Oro; ma la Istar aveva transitato per l'Altopasso, mentre Mereth e la sua scorta avevano valicato il passo di Caradhras, per cui non si erano incrociate.
"Sta bene, grazie", rispose Elrond, cominciando a srotolare la pergamena, "Lei e Thranduil hanno avuto una figlia, quattro anni fa; l'hanno chiamata Esteliel. Ho mandato un messo ad avvisarli della nostra partenza, invitandoli, se potevano, a venire qui, perché desidero salutarli...", scorse rapidamente le prime righe del messaggio, "e infatti Mereth mi dice che si metterà immediatamente in viaggio", proseguì la lettura, "Verrà assieme a Esteliel, Thranduil e Legolas. Ne sono lieto, così avrò l'opportunità di conoscere la mia nipotina, prima di partire..."
Il suo volto si oscurò e Nerwen capì che stava pensando ad Arwen; era sicuramente molto rattristato dalla consapevolezza che non avrebbe mai potuto conoscere il suoi figli, perché anche se lei, contro ogni previsione, avesse cambiato idea e preso una nave per recarsi a occidente, essi non avrebbero potuto farlo, perché non sarebbero stati annoverati tra gli Elfi.
Il dodicesimo giorno di maggio fu annunciato l'arrivo degli ospiti che attendevano. Giunsero con un'adeguata scorta dall'Altopasso, dopo aver transitato attraverso il territorio dei Beorniani, situato tra il Reame Boscoso e le pendici orientali degli Hithaeglir. Nerwen ed Aryon li incontrarono alla sera, quando si recarono a cena.
"Sire Thranduil, permettimi di presentarti la mia parente Nerwen la Verde", disse Elrond, "e suo marito, il principe Aryon Morvacor degli Avari. Nerwen, Aryon, questi è re Thranduil, sovrano del Reame Boscoso."
Nerwen ed Aryon si produssero nella riverenza dovuta ad un monarca e Thranduil li ricambiò con un cortese cenno del capo; li guardò con espressione composta, ma i suoi occhi azzurro ghiaccio brillavano di curiosità.
"Una collega di Mithrandir, dunque?", domandò, guardando la Maia, che annuì a conferma, "ed un Avar... è molto tempo che non incontro uno della tua gente, Lord Aryon."
Aryon per una volta doveva alzare il capo per guardare l'interlocutore negli occhi, dato che la statura di Thranduil superava perfino quella di Galadriel e Celeborn.
"In effetti è da troppo tempo che non abbiamo più contatti con il Reame Boscoso", ammise, "ma ora molte cose sono mutate. Non posso parlare a nome di mia sorella la regina Eliénna, ma ti dirò quello che ho già detto sia ai Signori di Lórien che a Sire Elrond: se manderai degli ambasciatori a Eryn Rhûn, saranno ben accolti."
"Io l'ho già fatto", gli rivelò Elrond, "e la risposta è stata favorevole."
"Allora lo farò anch'io", dichiarò Thranduil, poi volse la testa alla propria sinistra e sul suo volto comparve l'accenno di un sorriso, "Mereth, mia cara..."
Una splendida Elfa mora dagli occhi grigio-azzurri si affiancò all'altissimo re, la cui espressione si era addolcita in modo palese. La sua severità evidentemente veniva meno in presenza della moglie.
Elrond procedette con le presentazioni, dopodiché Mereth si rivolse a Nerwen con simpatia:
"Mio padre mi ha molto parlato di te e mi è spiaciuto non averti incontrata la prima volta che sei stata a Imladris; sono quindi particolarmente lieta di conoscerti."
Sorrise anche ad Aryon, che la ricambiò con un cenno della testa.
In quel momento, vennero raggiunti da Elrohir ed Elladan, che abbracciarono affettuosamente Mereth e salutarono cordialmente Thranduil.
Mentre stavano chiacchierando tutti insieme, sopraggiunse un Elfo biondo dagli occhi azzurri, molto somigliante a Thranduil.
"Questo è mio figlio Legolas", lo presentò il re con evidente orgoglio paterno.
"Onorato di conoscervi", dichiarò sorridendo il principe del Reame Boscoso, "Il mio amico Gimli mi ha detto d'avervi incontrati, lo scorso settembre."
Che un Elfo definisse amico un Nano era più unico che raro, di quei tempi; ma Gimli aveva raccontato a Nerwen ed Aryon dello speciale legame che si era creato tra lui e Legolas durante i lunghi mesi della loro missione come membri della Compagnia dell'Anello, così non si sorpresero della sua affermazione.
Dopo cena, Elrond e Mereth si appartarono, desiderosi di parlare da soli, mentre tutti gli altri si recarono al Salone del Fuoco per i consueto intrattenimento serale. Bilbo fu felice di rivedere Thranduil; nonostante che, durante la sua avventura di ottant'anni prima, avessero avuto da ridire l'uno con l'altro, le cose tra loro alla fine si erano appianate ed entrambi nutrivano ora stima reciproca.
"Nani in botti!", sogghignò Bilbo, suscitando la curiosità di Nerwen; il vecchio Hobbit fu più che lieto di narrare, a lei e ad Aryon, nonché ad una piccola schiera di altri, quella particolare vicenda, ovvero l'evasione sua e dei tredici Nani suoi compagni dal palazzo sotterraneo di Thranduil, dov'erano tenuti prigionieri, nascosti dentro delle botti vuote sospinte lungo il fiume Selva fino a Pontelagolungo. Bilbo ne aveva rimediato un solenne raffreddore.
"Alla fine riuscivo solo a barlare in una maniera quazi inconbrenzibile", terminò lo Hobbit con il suo consueto umorismo.
Fu poi il momento di musiche e danze, a cui Nerwen si dedicò volentieri assieme al marito, imitata da Elrohir e da Elladan con Gaerwen. Anche Legolas si unì a loro, dimostrandosi un ballerino eccellente che venne pertanto molto conteso da tutte le dame, accompagnate o meno.
Il giorno seguente, Nerwen uscì a passeggiare con Annadiel e Túdhin in giardino, mentre Aryon era impegnato a tirar di scherma con Glorfindel. La piccina aveva appena compiuto sei mesi ed aveva cominciato a mettere i primi denti, con i conseguenti malesseri come gengive gonfie e dolenti, un leggero stato febbrile, sonno disturbato ed irritabilità. Per alleviare il suo disagio, Nerwen usava lievi tocchi di taumaturgia, almeno per farla riposare di notte, e le massaggiava le gengive con dell'olio d'oliva in cui era stata infusa camomilla e belladonna.
L'Aini si sedette su una panchina, canticchiando una ninnananna; il lupo si accucciò ai suoi piedi.
Poco dopo, Annadiel si addormentò beatamente tra le braccia della madre, un pollice in bocca, le lunghe ciglia nere che ombreggiavano le guance paffute e rosee.
Nerwen continuò a canticchiare; poco dopo vide arrivare Mereth, accompagnata da una bimba bionda che, scorgendola, le si avvicinò.
"Che bella bambola!", esclamò, guardando Annadiel. La Maia rise piano per non svegliare la figlia.
"Non è una bambola, è una bambina", disse sottovoce, "Si chiama Annadiel."
"Ooohh!", esalò la piccola, facendo gli occhi tondi, "Com'è carina!"
"Anche tu sei carina", dichiarò Nerwen, scambiando un'occhiata divertita con Mereth, "Come ti chiami?"
"Esteliel", si presentò lei, "Questa è mia mamma", aggiunse, indicando la sua accompagnatrice.
"Sì, la conosco", annuì la Istar, "Vuoi sederti, Lady Mereth?"
"Volentieri", accettò l'altra, accomodandosi.
"E lui chi è?", volle sapere Esteliel, indicando il lupo, che la guardava incantato.
"Lui è Túdhin", lo presentò Nerwen, "e penso che ti trovi molto simpatica."
È vero, ammise il predatore, alzandosi, Mi piace. Penso che andremo molto d'accordo.
"Anche lui mi è simpatico!", dichiarò Esteliel battendo le manine, "Posso giocare con lui?"
La Istar gli tradusse la richiesta della bimba e il lupo rispose positivamente.
"Ha detto di sì", disse allora Nerwen, per poi rivolgersi a Túdhin, "Sii delicato, ricorda che è una cucciola."
Ma certo, per chi mi hai preso?, finse d'inalberarsi il lupo, per poi allontanarsi assieme a Esteliel per giocare rotolandosi nell'erba e rincorrendosi.
Nerwen e Mereth li osservarono in silenzio per qualche istante, poi la regina del Reame Boscoso domandò:
"Tu partirai insieme a mio padre, vero?"
"Esatto", rispose Nerwen; ci fu un'altra pausa, prima che Mereth proseguisse:
"Dicono che prima o poi tutti gli Elfi abbandoneranno la Terra di Mezzo; ma Thranduil e io per il momento non intendiamo partire. Del resto non lo desidera neppure Legolas, e neanche i miei fratelli, per non dire di Arwen, che ha scelto l'esilio permanente. Mi dispiace che mio padre vada da solo; ma mi consola l'idea che, una volta giunto a Valinor, ritroverà mia madre Celebrían."
"È così", confermò Nerwen, "Lei è là che lo attende. Non crucciarti troppo: la vostra separazione non sarà per sempre. Perché è vero: prima o poi, tutti gli Elfi abbandoneranno la Terra di Mezzo e faranno vela per il Reame Benedetto", fece una pausa, "Il tempo degli Elfi è finito, ormai", concluse infine a bassa voce.
"Così dicono anche mio padre e Mithrandir", commentò Mereth, in un tono desolato che rattristò la Maia, "La bellezza e la grazia stanno dunque lasciando queste contrade?"
"Una parte rimarrà sempre", affermò Nerwen quietamente, "Anche se dovessero giungere tempi più bui, simili al dominio di Sauron che abbiamo evitato per un soffio, una scintilla di luce, per quanto piccola, continuerà a brillare. Dopotutto, questa è opera dei Valar", le ricordò, indicandosi attorno, "la concretizzazione dell'Ainulindalë per concessione di Ilúvatar, e in quanto tale, anche se corrotta dal Male introdotto da Melkor all'inizio del Tempo, non può perdere tutta la grazia che essi vi hanno infuso. Ci saranno sempre persone in grado di percepirla e di conservarla, per il tempo a venire, fino alla Dagor Dagorath."
Mereth meditò su quelle affermazioni ed infine assentì.
"Grazie per le tue parole, Lady Nerwen", disse, "Esse mi sono di conforto. La tristezza per la separazione da mio padre si aggiunge a quella per la separazione da mia madre, ma ho un marito e una figlia", lanciò un'occhiata a Esteliel, che si era allontanata assieme a Túdhin a caccia di margherite, "e anche un figlio, sebbene più vecchio di me!", concluse con una risatina, evidentemente riferendosi a Legolas, poi tornò seria, "Ritieni dunque che, presto o tardi, anche noi finiremo col prendere una nave?"
"Sì", annuì Nerwen, "Quando vi sembrerà che la luce del mondo sia diminuita in modo intollerabile, anche voi vi recherete a Mithlond; ciò potrà accadere tra pochi anni, o tra secoli, ma è inevitabile."
Di nuovo, ci fu qualche minuto di silenzio.
"Tu pensi che le altre razze sentiranno la nostra mancanza?", domandò poi Mereth a bassa voce, in tono mesto.
Nerwen rifletté.
"Sì", rispose infine, "Oh, non tutti, e non allo stesso modo. E non per sempre. Quando gli Elfi se ne saranno andati, lentamente la memoria della loro esistenza svanirà: con il trascorrere dei secoli e dei millenni, diventerà leggenda, e poi mito. Tuttavia, ci saranno sempre anime particolarmente sensibili che, tramite i sogni, saranno capaci di captare reminiscenze nella loro memoria ancestrale e che sapranno che, un tempo, il mondo era più bello, e proveranno nostalgia. E sarà proprio per merito di tali anime che la grazia dei Valar non sparirà mai del tutto dal mondo."
La primavera maturò e si trasformò in estate; la grande vallata che ospitava il regno di Elrond si rivestì dei mille colori dei fiori e delle mille sfumature di verde dei prati e dei boschi. L'aria era calda e colma dei profumi dei frutti che maturavano sugli alberi e dei fiori che ondeggiavano nella brezza, ed il rumore delle cascate che si riversavano nel Bruinen era musicale come non mai.
Mereth e Thranduil avevano deciso di fermarsi fino alla partenza di Elrond, così il re aveva rimandato Legolas a casa affinché facesse le sue veci fino al loro ritorno; mentre la piccola Esteliel naturalmente era rimasta coi genitori.
Ai primi di luglio giunse un messo da Lothlórien: Galadriel aveva infine deciso di partire e prevedeva di raggiungerli a Gran Burrone entro la prima metà del mese successivo. Fu così che, il dieci agosto, la Dama dei Galadhrim giunse con la sua scorta e venne accolta da Elrond e Gandalf.
I Tre Custodi degli Anelli elfici erano infine riuniti.
Due settimane più tardi, dopo una grande festa di congedo, Nerwen ed Aryon lasciarono Imladris al seguito di Elrond, Galadriel e Gandalf. Con loro c'era anche Bilbo Baggins: a tutti i Portatori degli Anelli, che si trattasse di quelli elfici o dell'Unico, era concesso il passaggio a Ovest, ora o più avanti.
Aryon e Nerwen si accomiatarono da Allakos e Kerra: preferivano lasciarli a Gran Burrone che far fare loro il lungo viaggio fino a Mithlond per poi doverli rimandare indietro. Non fu facile separarsi dai due fedeli kelvar, a cui nel corso del tempo si erano affezionati, e li salutarono quindi con mestizia.
"Ti troverai bene con Glorfindel", disse il principe Avar, che aveva donato lo stallone al nobile Vanya, accarezzandogli il collo, "Non angustiarti per me, vado in un posto bellissimo."
Nerwen tradusse al cavallo, che non protestò, ma sbruffò rassegnato; anche lui era triste per la separazione.
Kerra era estremamente afflitta; non aveva mai dimostrato particolare attaccamento a Nerwen o ad Aryon, ma non era per mancanza di affetto, bensì per il suo carattere riservato, ed ora le dispiaceva separarsi da loro.
Non possiamo portarti con noi, le spiegò Nerwen con dolcezza, ma non preoccuparti: rimarrai qui a Imladris e starai con gli Elfi. Ti tratteranno bene.
Questo lo so, ammise la mula, ma non sarà come stare con voi. Mi mancherete.
Grazie... e tu mancherai a noi, dichiarò la Maia, facendole un'ultima carezza.
Túdhin avrebbe invece accompagnato Nerwen, Aryon ed Annadiel, ma soltanto fino ai Porti Grigi: non c'era posto, per lui, sulla nave diretta a Valinor, così come non ce n'era per Allakos e Kerra, né per nessun altro cavallo, elfico o meno; solo a Thilgiloth sarebbe stato concesso il passaggio, essendo una Corsiera di Aman.
Il giorno della partenza, c'erano tutti gli abitanti del regno a salutare coloro che partivano, a cominciare da Elladan e Gaerwen, Elrohir, Mereth e Thranduil, Glorfindel, Lindir e Gloriel, fino all'ultimo suddito. Le due ali di folla si snodavano per un bel tratto dall'estremità del ponte oltre il Bruinen lungo la strada che conduceva al guado.
Oltre ai famigliari di Elrond, molti altri piangevano; la separazione poteva anche essere temporanea, ma era comunque penosa.
Alcuni giorni dopo, Gandalf si congedò, volendo precederli per anticipare il loro arrivo a Círdan il Carpentiere.
"Ci rivedremo presto", disse a Nerwen con un sorriso rassicurante, poi disse una parola di incitamento ad Ombromanto, che balzò in avanti e scomparve in una nuvola di polvere.
Il viaggio procedette senza intoppi; la compagnia cavalcò quietamente lungo la Grande Via Est dal Guado del Bruinen, passando per l'Ultimo Ponte, transitando accanto a Colle Vento dove ancora si vedevano le rovine di una grande torre d'avvistamento, fino a Brea e oltre, raggiungendo infine il Ponte sul Brandivino e così il confine con la Contea. Qui lasciarono la strada e deviarono leggermente a sud-ovest per addentrarsi tra gli alberi di Terminalbosco. Bilbo si guardava avidamente attorno, gli stanchi occhi illuminati dal piacere di rivedere la sua terra. Nei mesi trascorsi dall'arrivo di Nerwen ed Aryon a Imladris, un anno prima, era ulteriormente invecchiato ed era diventato molto senile, tanto che non ricordava più bene le cose né sembrava comprendere appieno il motivo per cui era in viaggio. Tuttavia insisteva per cavalcare, almeno per alcuni tratti, salvo poi proseguire su un carro coperto guidato a turno da alcuni Elfi, dove sonnecchiava comodamente sui numerosi cuscini che lo imbottivano.
La sera del 22 settembre incontrarono due Hobbit, seduti tra le dolci ombre del crepuscolo, coi loro pony che pascolavano a breve distanza. Elrond tirò le redini del suo cavallo e tutta la compagnia si fermò.
"Salute a voi, amici", disse in tono solenne, "Sono molto lieto di vedervi."
I due Hobbit si alzarono e risposero con un inchino. Galadriel, che cavalcava a fianco di Elrond, sorrise loro:
"Ebbene, Messer Samvise, mi si dice, e lo vedo, che hai ben utilizzato il mio dono. La Contea sarà ora più che mai amata e benedetta."
Lo Hobbit più giovane e corpulento fece un altro, più profondo inchino, ma non rispose, in evidente stato di commozione e soggezione di fronte alla luminosa bellezza della Dama di Lórien.
Nerwen, che cavalcava accanto al piccolo, quieto cavallo grigio di Bilbo, vide il vecchio Hobbit semiaddormentato aprire gli occhi.
"Salve, Frodo!", salutò l'Hobbit più anziano, "Ebbene, oggi ho superato il vecchio Tuc! È una faccenda regolata. Ora credo di esser pronto per un altro viaggio. Vieni anche tu?"
"Sì, vengo anch'io", rispose Frodo in tono grave, "I Portatori dell'Anello devono partire insieme."
"Dove state andando, padrone?", gridò Sam; Frodo gli rispose e l'altro cominciò a piangere, "Ma io credevo che anche voi voleste godervi la Contea, per anni e anni, dopo tutto quello che avete fatto."
"Anch'io lo credevo, un tempo. Ma sono stato ferito troppo profondamente, Sam. Ho tentato di salvare la Contea, ed è stata salvata, ma non per merito mio. Accade sovente così, Sam, quando le cose sono in pericolo: qualcuno deve rinunciarvi, perderle, affinché altri possano conservarle."
Nerwen fu molto colpita dalla grande saggezza contenuta in quelle poche frasi; già aveva provato ammirazione per questo piccolo Hobbit che, assieme al suo servitore ed amico, con un coraggio inaudito, superiore a quello dei grandi eroi del passato che erano stati guerrieri o re, aveva portato a termine l'impossibile missione di distruggere l'Unico Anello nel cuore del territorio nemico, e adesso la sua ammirazione crebbe ulteriormente.
Frodo proseguì il suo discorso:
"Ma tu sei il mio erede: tutto ciò che ho avuto e che avrei potuto avere, lo lascio a te; e poi hai Rosa, ed Elanor, e verranno anche il piccolo Frodo e la piccola Rosa, e Merry e Cioccadoro e Pipino, e forse altri che ancora non vedo. Le tue mani e il tuo cervello saranno necessari dappertutto. Sarai Sindaco, naturalmente, finché vorrai, e il più famoso giardiniere della storia; e leggerai brani del Libro Rosso, mantenendo vivo il ricordo dei tempi passati, affinché la gente ricordi il Grande Pericolo ed ami ancor di più il suo caro paese. Tutto ciò ti renderà occupato e felice finché durerà la tua parte nella Storia. Coraggio, ora cavalca con me!"
Con quelle parole, montò sul proprio pony, imitato dopo pochi istanti da Sam; allora Elrond e Galadriel ripresero il cammino, e dietro a loro vennero Nerwen ed Aryon con Bilbo, e tutti gli altri.
La Terza Era stava terminando.
Al passo lento con cui procedevano, occorsero alcuni giorni per giungere a Mithlond. Lasciarono la Contea, oltrepassando i Bianchi Poggi, il Luoghi Lontani e le Colline Turrite, mentre la nuova Luna cresceva notte dopo notte sotto la guida del suo cocchiere Tilion.
Infine giunsero al cancello che chiudeva i Porti Grigi, dove Círdan il Carpentiere si fece avanti per accoglierli, evidentemente preavvisato del loro arrivo; al suo fianco stava Lady Eärwen.
Con occhi brillanti come stelle, Círdan li guardò e si inchinò, imitato dalla moglie.
"Tutto è pronto", disse semplicemente.
Smontarono tutti e consegnarono ai palafrenieri le loro cavalcature; esse avrebbero svernato a Mithlond, per poi essere ricondotte a Imladris in primavera: a questo avrebbe pensato Círdan. Túdhin invece aveva altri piani, come aveva comunicato a Nerwen.
Oltrepassando i cancelli, Nerwen sorrise a Círdan ed Eärwen ed essi la ricambiarono.
"Ben rivista, Nerwen Laiheri", la salutò Eärwen, affiancandola assieme al marito, "Vedo che hai delle novità", proseguì, accennando ad Annadiel, in braccio all'Aini, che stava guardando con curiosità lei e Círdan.
"Questa è mia figlia Annadiel", la presentò Nerwen, "e questo è mio marito, Lord Aryon degli Avari di Eryn Rhûn."
Aryon accennò ad un inchino senza interrompere il passo e i Signori di Mithlond glielo restituirono.
"Mentre questo", proseguì la Maia, indicando il lupo, "è Túdhin, un mio vecchio amico che ha voluto accompagnarci fin qui."
Proseguirono in silenzio per alcuni minuti, mentre si dirigevano ai moli.
"E così si chiude la Terza Era", commentò lentamente Círdan, "Finisce il tempo degli Elfi e inizia quello degli Uomini. Come sarà?"
"Solo Eru lo sa", rispose Nerwen piano; poi, all'improvviso come sempre faceva, la sua Seconda Vista si manifestò e le fece vedere uno squarcio di un futuro lontanissimo. Folgorata, si fermò di botto; poiché con Aryon, Círdan ed Eärwen era in testa al gruppo assieme a Galadriel ed Elrond, anche gli altri si fermarono, guardandola sorpresi.
"Gli Uomini faranno grandi cose", annunciò Nerwen con voce stranamente sonora, quasi amplificata, "Cose belle e terribili; assurgeranno a livelli inimmaginabili di scienza e di tecnologia, ma non sempre sapranno farne un uso assennato, perché la saggezza non crescerà di pari passo con il loro potere. Compiranno opere straordinarie, ma spesso non sapranno distinguere tra Bene e Male e saranno costantemente sul filo del rasoio..."
La visione d'interruppe e Nerwen tornò alla realtà. Sbatté le palpebre e si guardò attorno, notando tutti gli sguardi appuntati su di lei.
"Che strano destino", commentò, confusa, "Ci sarà più luce nel mondo, ma allo stesso tempo anche più tenebra... Non capisco", terminò, scuotendo la testa. Tutti rimasero in un perplesso silenzio, finché Annadiel non emise un verso in tono interrogativo, come a domandare cosa mai stessero facendo tutti quanti immobili e rompendo così quella specie di incantesimo che li aveva avvinti.
"Inutile chiedercene il motivo", osservò Galadriel serenamente, "La saggezza di Ilúvatar va oltre la nostra capacità di comprensione."
"Hai ragione", ammise Nerwen. Mentre si rimettevano in movimento, Aryon le diede il cambio a tenere Annadiel.
Giunsero infine al molo, dove attendeva una grande nave bianca; e sul pontile c'era un cavallo candido e una figura ammantata ugualmente candida. Quando essa si voltò e si mosse per andar loro incontro, videro che si trattava di Gandalf.
Frodo e Sam gli corsero incontro ed egli si abbassò per abbracciarli. Mentre gli Elfi cominciavano a salire sulla nave, guidati da Elrond e Galadriel, Nerwen ed Aryon si attardarono invece con Gandalf e i due Hobbit, a cui si unì anche Bilbo.
"Sono molto triste, padrone", stava dicendo Sam a Frodo, gli occhi pieni di lacrime, "La separazione mi sembra molto amara, e ancor più amara la via del ritorno..."
Proprio in quel momento si udì un rumore di cavalli al galoppo: erano due pony che portavano in groppa degli Hobbit particolarmente alti.
"Merry! Pipino!", gridò Frodo, sorpreso e felice.
I due nuovi arrivati balzarono a terra e corsero da lui.
"Hai cercato di andartene di nascosto già una volta, Frodo, e non ci sei riuscito", disse il più giovane, Pipino, ridendo tra le lacrime, "Stavi per farlo di nuovo, eppure hai di nuovo fallito. Ma non è stato Sam a tradirti questa volta, ma Gandalf in persona!"
Frodo guardò stupito lo Stregone.
"Sì", ammise lui, "perché sarà meglio che torniate in tre, piuttosto che Sam da solo."
"Hai assolutamente ragione", confermò Merry, prendendo Sam sottobraccio.
I cinque Hobbit si strinsero attorno a Gandalf; i loro volti, solitamente gai e spensierati, erano gravi, e lacrime brillavano negli occhi di tutti, e sulle guance di alcuni. Lo Stregone li accarezzò tutti, uno per uno.
"Ebbene, cari amici", disse infine lentamente, "qui sulle rive del Grande Mare finisce la nostra compagnia nella Terra di Mezzo. Andate in pace! Non dirò non piangete, perché non tutte le lacrime sono un male."
Bilbo abbracciò tutti; nel suo volto rugoso, gli occhi erano tornati a splendere, vivaci come Nerwen ricordava d'averli visti la prima volta che lo aveva incontrato, nella locanda denominata Il Drago Verde.
Poi fu la volta di Frodo di abbracciare tutti; baciò in fronte Merry e Pipino, e per ultimo Sam, con cui condivise un abbraccio più lungo. Infine, prese sottobraccio il vecchio zio e, accompagnati da Gandalf, si avviarono per salire a bordo. Ombromanto li seguì: poiché la sua razza discendeva da Nahar, il palafreno di Oromë, e in virtù dei suoi servigi e della sua amicizia con lo Stregone, gli era stato eccezionalmente consentito il passaggio a Ovest.
Era infine venuta l'ora anche per Nerwen ed Aryon di congedarsi dal loro amico lupo; la Istar si accovacciò e lo guardò negli occhi gialli.
"Addio ancora una volta, mio vecchio, vecchio amico", disse a bassa voce, "Sei stato fedele e coraggioso e ci hai aiutato più volte di quante si possano contare, o ripagare."
Nulla è dovuto tra amici, commentò Túdhin, con la sua semplice ma profonda saggezza di lupo, Il mio compito al tuo fianco è finito. Mi spiace vedervi andar via, ma questo è il vostro destino.
Nerwen lo abbracciò.
"Vai con la mia benedizione", gli disse, "Che tu possa sempre trovare prede sufficienti per sfamarti e grandi pianure per correre libero", ebbe nuovamente una visione, anche se stavolta soltanto un lampo, "Vai e trova la tua compagna", gli sorrise, sebbene le lacrime le offuscassero la vista, "Sarai il capo di un grande branco fondato da te e da lei."
Il lupo le leccò il volto nell'equivalente della sua razza di un bacio pieno d'affetto. Poi Nerwen si alzò e prese Annadiel dalle braccia di Aryon; fu la volta del principe di accucciarsi.
"Grazie per la tua amicizia, Túdhin", gli disse, "Raramente ho avuto compagni leali quanto te. Sii felice."
Grazie, anche tu, ricambiò il lupo, e Nerwen tradusse per il marito, che annuì e poi abbracciò il predatore; anche lui ricevette una leccata sul viso.
A quel punto Túdhin si rivolse a Thilgiloth.
Addio, Lampo-di-Luce, la salutò, usando il nome che le aveva attribuito quando si erano conosciuti, durante la Prima Era, Sono stato felice di incontrarti di nuovo.
Nerwen tradusse alla Corsiera, che chinò il fiero collo e diede a Túdhin dei buffetti sul fianco.
Addio, amico lupo, rispose, Che tu possa avere una vita lunga e prospera.
Túdhin si strofinò su una zampa di Thilgiloth in segno di commiato; infine si voltò e tornò indietro, con la veloce e silenziosa andatura della sua razza, per scomparire nelle ombre della sera, Ombra-della-sera lui stesso.
Annadiel parve percepire il turbamento della madre e le mise le braccine al collo, come a volerla confortare. Toccata, Nerwen la strinse; pochi istanti dopo, anche Aryon si unì all'abbraccio e rimasero così per alcuni momenti.
Alla fine si resero conto di essere gli ultimi e che stavano aspettando soltanto loro. Con un ultimo cenno di saluto a Círdan, ad Eärwen e agli Hobbit, si affrettarono lungo il molo, seguiti da Thilgiloth, e salirono a bordo.
Le vele furono issate, il vento soffiò e lentamente la nave scivolò via lungo il grigio estuario.
In piedi sulla tolda, Nerwen ed Aryon rimasero a guardare la riva allontanarsi; al loro fianco c'erano Galadriel, Elrond, Gandalf ed altri Elfi, nonché Bilbo e Frodo. Le figure dei Signori di Mithlond e dei tre Hobbit rimpicciolirono sempre più. Poi Frodo trasse qualcosa di tasca e lo tenne sollevato; era una fiala di vetro finemente intagliato, contenente un liquido che avvampò di luce bianca, simile alla stella Eärendil. Essa emise un lampo, come un ultimo addio; e poi il crepuscolo inghiottì la sponda ormai lontana, e con essa la Terra di Mezzo.
La navigazione procedette tranquillamente, a parte una notte quando si levò un'improvvisa tempesta, che però altrettanto d'improvviso si quietò, tanto da far pensare a Gandalf e a Nerwen che Ossë, il vassallo di Ulmo Signore delle Acque, l'avesse scatenata a suo capriccio e Uinen sua sposa fosse intervenuta a calmarlo, come spesso faceva.
E poi, in un giorno di sole, la bianca nave elfica trovò la Via Dritta e si levò dalle Cerchie del Mondo, dirigendo a vele spiegate verso il Reame Benedetto.
Spesso Frodo stava a prua, solo; Bilbo era sempre stanco e sonnolento, perciò per la maggior parte del tempo rimaneva nella loro cabina a dormire. A volte Gandalf stava con lui, ma più sovente lo Stregone conferiva con Elrond e Galadriel. Così, Nerwen ed Aryon si trovarono regolarmente a far compagnia allo Hobbit più giovane. Dapprima egli era molto pensieroso, poi, a mano a mano che il viaggio procedeva, il suo umore migliorò, anche grazie ad Annadiel e alle sue irresistibili smorfiette e vocalizzazioni. La piccina aveva sofferto un po' di mal di mare, all'inizio, ma la taumaturgia di Nerwen l'aveva curata; e così lei poté essere la cura alla malinconia di Frodo.
Poco a poco, mentre prendeva confidenza con i suoi interlocutori, lo Hobbit iniziò a raccontar loro la propria parte nella Guerra dell'Anello, com'era stata chiamata. Molto era stato loro già raccontato da Gandalf, ma udirlo in prima persona diede all'incredibile impresa di Frodo e Sam una dimensione eroica degna delle più epiche storie della Terra di Mezzo: due piccoli Hobbit avevano portato a termine un compito che avrebbe fatto piangere di paura il più coraggioso dei guerrieri e il più potente dei re. Nerwen non si sorprendeva più che a Frodo fosse stata accordata la grazia – inaudita per i non-Elfi – di recarsi a Valinor, e con lui Bilbo in quanto primo Portatore dell'Anello; e alla fine, l'Aini sospettava, tale grazia sarebbe stata concessa anche a Samvise Gamgee che, anche se per poco, era stato anche lui un Portatore dell'Anello.
Una notte di pioggia, poco prima dell'alba, Nerwen si svegliò in preda a una gioiosa ansia. Si alzò cercando di non disturbare Aryon, ma il principe aveva il sonno leggero del guerriero e la sentì.
"Dove stai andando, cuor mio? Annadiel...?", le chiese sottovoce.
"Annadiel dorme tranquilla", gli assicurò lei, "Penso che siamo ormai vicinissimi... lo sento nelle mie ossa..."
Cercò a tentoni gli stivali e cominciò a infilarseli; comprendendo le sue intenzioni, anche Aryon si alzò.
"Vengo con te", disse, accendendo una lanterna, "Penso che possiamo lasciar sola Annadiel qualche minuto: nella culla è al sicuro..."
Nerwen lanciò un'occhiata alla bimba che dormiva pacificamente, un pollice in bocca. C'era un legame speciale tra loro, che fin da quanto stava nel suo ventre le consentiva di sapere sempre come stava, anche se si trovava in un'altra stanza; e in realtà sarebbero state separate da pochi metri, dato che la loro cabina era situata a prua ed era lì che era intenzionata ad andare.
"Va bene", accettò. Si gettarono le mantelle da pioggia sulle spalle, poi uscirono silenziosamente dalla cabina e salirono la scaletta per uscire sul ponte. Pioveva, ma non troppo forte, ed il mare era calmo; l'orizzonte orientale cominciava appena ad impallidire nell'imminenza dell'alba.
Con loro sorpresa, trovarono Frodo in piedi a prora; lo Hobbit li udì avvicinarsi e si voltò. Riconoscendoli nonostante i cappucci, fece loro un cenno di saluto e tornò a guardare avanti.
Aryon e Nerwen si misero alle sue spalle, scrutando l'orizzonte che lentamente si schiariva; nell'aria si sentiva una fresca fragranza, e si cominciarono ad udire canti giungere da oltre i flutti. I primi raggi di Anar superarono l'orlo del Mondo e la grigia cortina di pioggia parve trasformarsi in vetro argentato, poi si aprì, e svelò candide rive e una terra verde al lume di una rapida alba.
Il volto di Frodo si illuminò di gioia e meraviglia; ed Aryon si sentì stupefatto ed incantato. Nerwen si riempì gli occhi di quella visione mirabile, un groppo in gola, il respiro sospeso.
Era tornata a casa.
Angolo dell'Autrice
(stavolta davvero MOLTO lungo, ma spero mi perdonerete dato che è a chiusura dell'intera storia):
E così, dopo 63 capitoli, 323.098 parole e 1060 pagine in formato A5 (quello di un libro) in carattere Arial grandezza 11, sono arrivata al termine...
In quest'ultimo capitolo, rendo omaggio ad una storia tolkieniana che mi è molto piaciuta, intitolata "Mereth e il Re"; se siete curiosi di leggerla, la trovate qui su Wattpad.
Nel romanzo, viene implicitamente affermato che Gandalf giunge inatteso ai Porti Grigi; ma poiché i tre Custodi degli Anelli elfici sono legati da grande amicizia e rispetto, mi è sembrato più plausibile che la loro partenza fosse concordata tra tutti quanti e che quindi, in realtà, lui li avesse soltanto preceduti. Chiedo pertanto venia per la modifica, una delle davvero pochissime che ho consapevolmente apportato all'inarrivabile capolavoro di Tolkien.
L'incontro tra gli Elfi e Frodo accompagnato da Sam, poi di costoro con Gandalf sul molo dei Porti Grigi, il successivo arrivo di Merry e Pipino, e l'arrivo di Frodo a Valinor sono trascritti pari pari dal romanzo (con le ovvie differenze dovute alla presenza dei miei personaggi originali), ed. Rusconi 1977, ristampa dicembre 1982 (sì, è ad allora che risale il mio amore per il tolkienverso XD )
Il saluto di Thilgiloth a Túdhin è volutamente ricalcato su quello dei Vulcaniani di Star Trek, l'altra mia grande passione.
Quando ho iniziato questa fan fiction, mai avrei creduto che venisse tanto lunga! Ma mi ha preso la mano, o forse mi ha presa PER mano, e mi ha condotta fino a qui, attraverso momenti belli e meno belli della mia vita, rappresentando a volte un'ancora di salvezza, una boccata d'aria dalle soffocanti responsabilità quotidiane, un sostegno per i momenti duri. Il pensiero di doverla infine lasciare andare mi rattrista molto, ma, come dice Chaucer, "tutte le cose belle devono finire", quindi anche questa storia in cui ho infuso tutto il mio amore per la Terra di Mezzo creata (o, forse, ricordata) dal genio di Tolkien, scritta col massimo rispetto per l'opera originale, con l'unico intento di divertirmi e di divertire – o così spero – chi la legge. Non ho assolutamente la minima ambizione di aver scritto un altro "Signore degli Anelli" né di avvicinarmi neppure alla lontana al capolavoro del Professore di Oxford. Insomma, è solo una fan fiction XD
Ho cercato di fare del mio meglio per scrivere in un italiano corretto, magari un pochino ricercato nell'intento di dare un tono a tratti leggermente aulico alla storia (data la sua ambientazione), e di descrivere le cose nel modo più esatto possibile, documentandomi accuratamente; ciò nonostante, ho sicuramente commesso degli errori, grammaticali, di sintassi, ortografici, perfino concettuali, ma non pretendo di essere infallibile né onnisciente, e pertanto mi affido alla vostra indulgenza (e magari segnalatemi tali errori, come ha già provveduto qualcuno, grazie!). Insomma mi auguro che il mio sforzo sia apprezzabile, anche se il risultato non è neanche lontanamente perfetto; né potrebbe esserlo, visto che non sono Tolkien, e neppure una scrittrice professionista. La mia sola ambizione era di farvi trascorrere qualche ora piacevole; se invece vi ho irritato, annoiato, indignato o in qualche modo offeso, chiedo sinceramente scusa: non era mia intenzione.
Se avete delle domande o delle perplessità, ovvero se ho spiegato male o in maniera insufficiente fatti o situazioni, o se ritenete qualcosa non plausibile (tenuto conto del contesto fantasy) o incongruente, vi prego vivamente di dirmelo: mi sarà molto utile nella revisione della storia.
Ho imparato moltissime cose scrivendo, sia dalle ricerche – quasi ossessive – compiute per essere il più fedele possibile alla trama e alle descrizioni canon, sia dalle osservazioni, positive o critiche, ricevute da coloro che si sono presi il tempo di recensire, persone che ringrazio infinitamente, tutte senza distinzioni.
Se vi è piaciuta la mia storia, sarei molto felice se la votaste cliccando sulla stellina; e ancora di più se voleste farmelo sapere, anche solo con poche parole, in un commento. Grazie di cuore a chi vorrà farlo!
Ringrazio poi immensamente chi mi ha sostenuta e incoraggiata in questa mia improbabile impresa, leggendo, commentando, correggendomi.
Infine desidero ringraziare te in particolare: te che mi hai trasmesso il tuo amore per la lettura quand'ero bambina, che mi hai fatto conoscere la fantascienza e il fantasy, che mi hai regalato la mia prima copia de "Il Signore degli Anelli", e che fin da quando ho cominciato a scrivere – ormai molti anni or sono – sei sempre stata la mia prima e più sfegatata fan, finché, purtroppo, sei improvvisamente mancata nel 2012. So che questa storia ti sarebbe piaciuta immensamente. Con tutto il cuore, la dedico a te, mamma.
Lady Angel
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