Capitolo LXII: Annadiel
Capitolo LXII: Annadiel
Trovarono ad attenderli Lindir, nello stesso punto in cui lo aveva incontrato Nerwen la prima volta che era giunta a Gran Burrone, ovvero al di là del ponte che superava il dirupo sul cui fondo scorreva il Rombirivo.
"Bentornata, Lady Nerwen", le disse, inchinandosi rispettosamente dopo aver mosso tre passi verso di lei, per poi fare altrettanto con Aryon.
"Grazie, Lindir", disse Nerwen, "Ti presento mio marito Aryon Morvacor, principe degli Avari Kindi."
"Benvenuto, Lord Aryon", lo salutò Lindir con un altro inchino, "Prego, lasciate pure le vostre cavalcature", soggiunse, indicando i palafrenieri che si erano fatti avanti. Riconoscendo uno di loro, Thilgiloth si lasciò condurre via docilmente; il suo esempio fu seguito da Kerra ed Allakos, mentre Túdhin rimase accanto a Nerwen.
Lindir abbassò brevemente lo sguardo sul lupo che, ad ogni buon conto, si era ammantato dell'aspetto canino e se ne stava quietamente accucciato accanto alla Istar.
"Il vostro cane è molto ben educato", osservò con un sorriso.
"Sì, molto", confermò la Istar, sorridendo a sua volta.
"Seguitemi, per favore: Lord Elrond vi aspetta", li invitò allora Lindir, girandosi per far loro strada; poco dopo venivano introdotti nello stesso salotto dove Elrond aveva ricevuto Nerwen la prima volta.
Il Signore di Gran Burrone era seduto su una poltrona e in quella accanto c'era un'altra vecchia conoscenza della Maia: Glorfindel. Al loro ingresso, entrambi si alzarono; il biondo Vanya fece un largo sorriso, mentre Elrond mantenne la sua abituale espressione severa, ma nei suoi occhi brillava il compiacimento.
"Che grandissimo piacere rivederti, amica mia!", esclamò Glorfindel, andando ad abbracciare calorosamente Nerwen, poi si voltò verso Aryon, guardandolo con aria interrogativa.
L'Aini si affrettò a procedere con le presentazioni.
"Glorfindel, Elrond, permettetemi di presentarvi mio marito Aryon Morvacor, fratello di Eliénna Dhillel, Alta Sovrana delle Sei Tribù degli Avari. Aryon, questi sono Lord Elrond, Signore di Imladris, e Lord Glorfindel, mio vecchio amico di Valinor."
"Onorato di fare la vostra conoscenza", disse Aryon, rivolgendo loro un inchino, che il Vanya ricambiò, mentre Elrond, in virtù del proprio rango di sovrano, si limitò ad un cenno del capo.
"L'onore è nostro", replicò, "Non ho mai avuto il piacere d'incontrare qualcuno della tua gente, finora."
La sua cortesia colpì favorevolmente il principe Avar, che quindi replicò con un secondo inchino; Nerwen gli aveva parlato a lungo sia di lui che di Glorfindel.
"E così ti sei sposata", commentò il Vanya, guardando la sua vecchia amica, "Ne sono davvero felice. Avrai – anzi, avrete entrambi, immagino – molto da raccontare..."
"Ne parleremo più tardi", intervenne Elrond, "Il vostro viaggio da Lothlórien è stato tranquillo?", s'informò poi, rivolto agli ospiti.
"Sì, grazie", rispose Aryon, "Non abbiamo visto traccia di Orchi, Troll o altre creature di quella risma per tutto il tragitto."
"Molto bene", annuì il loro anfitrione, "Ci sono ancora alcune loro tane, qui a nord, ma sembra che vi si siano asserragliati e che non abbiano alcuna intenzione di uscirne."
"Non lo faranno", affermò Nerwen, "Il loro padrone non è più e lo scopo della loro esistenza è venuto a mancare, per cui si estingueranno come fiamme private dell'aria."
"Lo hai visto?", la interrogò Glorfindel. Lei scrollò la testa:
"No, è solo la conclusione a cui è giunto Celeborn, con cui concordo."
Elrond annuì:
"Capisco, e concordo anche io", poi mutò argomento, "Ho saputo che la tua ricerca degli Ent è andata a buon fine."
"È così", confermò la Maia, "ma essa mi ha portato ad un'altra ricerca, quella delle Entesse... è una storia molto lunga."
"Ci racconterete tutto dopo che vi sarete riposati", affermò il Signore d'Imladris, "Non appena ho percepito l'apertura della barriera al guado, ho dato disposizioni a Gloriel affinché vi fosse preparato un alloggio... lo stesso che hai occupato l'altra volta, Nerwen", specificò.
All'Aini occorse qualche istante prima di rammentare chi fosse Gloriel: un'Elfa bionda dal carattere dolce che faceva parte del personale di servizio, amica amorosa di Lindir. Questo le fece rammentare anche Gaerwen, che era diventata l'amica amorosa di Elladan all'epoca del suo precedente soggiorno ad Imladris, e si chiese come stesse; indubbiamente lo avrebbe scoperto presto.
Elrond fece quindi chiamare Gloriel, che li condusse al loro alloggio, non tanto per indicar loro la strada, visto che Nerwen la conosceva perfettamente, quanto perché così richiedeva il protocollo di corte.
"Verrò a chiamarvi per la cena", disse loro con un sorriso gentile, "Di qualsiasi cosa abbiate bisogno, basta che suoniate la campanella."
Aryon e Nerwen la ringraziarono ed entrarono, trovando i loro bagagli ordinatamente impilati sulla cassapanca ai piedi del letto; ne trassero i loro abiti da casa, mentre Túdhin usciva sul terrazzo, dove si accomodò all'ombra di un pergolato coperto da una pianta di profumato gelsomino.
Dopo essersi rinfrescati e cambiati d'abito, Nerwen ed Aryon uscirono a loro volta, sedendosi sui divanetti di vimini sotto al gazebo per riposare e godersi la luce dorata del giorno declinante. Il principe prese la moglie sottobraccio e la strinse al proprio fianco, mentre lei gli posava la testa sulla spalla.
"Quando nascerà esattamente, nostra figlia?", le domandò sottovoce.
Nerwen posò la mano sul ventre, che già cominciava a mostrare l'evidenza del suo stato.
"La sedicesima settimana scade a metà novembre", rispose.
Aryon posò la propria mano su quella della moglie, sentendosi commuovere fino al midollo. Se continuava così, quando avrebbe assistito alla nascita della figlia sarebbe scoppiato in lacrime, con buona pace della propria scontrosità e riservatezza...
"Annadiel", disse all'improvviso; Nerwen lo guardò senza capire ed allora spiegò, "Il nome per nostra figlia. Che te ne pare?"
"È stupendo, Aryon...", mormorò Nerwen, colpita, "perché lei è davvero un dono, il dono che ci siamo fatti reciprocamente col nostro amore", piegò il collo per guardarlo, "Sì, è il nome perfetto, per lei."
Il principe Avar abbassò il viso e la baciò sulle labbra con grande dolcezza; poi lei tornò a posare la testa sulla sua spalla e rimasero così, abbracciati, ad ammirare il panorama.
Dopo un po', Nerwen osservò a bassa voce:
"Hai rinunciato a così tanto, per amor mio... alla tua gente, alla tua patria... e ora ti giunge una figlia come compensazione."
Il principe meditò su quelle parole.
"Io non la vedo così", commentò infine, "Prima o poi, tutti gli Elfi – compresi gli Avari – finiranno con l'imbarcarsi per l'Occidente, o con lo scomparire dal mondo. Tra le due cose, ritengo che la prima scelta sia la migliore a prescindere; ma avendo te, essa è diventata l'unica possibile, per me. A questo punto, Annadiel non è una compensazione, ma quel che un figlio è sempre stato per i genitori: il coronamento del loro amore."
Le sue parole confortarono Nerwen: fin da quando lui le aveva annunciato la propria decisione di recarsi a Valinor con lei, si era sentita un po' a disagio, anche se era giocoforza che uno dei due dovesse compiere una rinuncia. Tuttavia, messa nei termini appena esposti da Aryon, effettivamente la scelta da lui effettuata era la migliore per lui.
Si sporse verso di lui e stavolta fu lei a baciarlo con grande dolcezza.
Più tardi, Túdhin sollevò improvvisamente la testa, che aveva comodamente appoggiato sulle zampe anteriori, e rizzò le orecchie.
Stanno bussando alla porta, avvertì.
Scoprirono che era Gloriel, venuta a chiamarli, come d'accordo, per avvertirli che la cena stava per essere servita.
Prima di recarsi nel salone dove ogni sera Elrond mangiava in compagnia della sua corte, chiesero a Gloriel di procurare cibo e acqua per Túdhin, che li avrebbe attesi nell'alloggio, e vennero rassicurati che se ne sarebbe occupata personalmente.
Quando giunsero nella sala da pranzo, scorsero Glorfindel, la cui altissima figura bionda svettava su tutti gli altri, e lo raggiunsero.
"Ben ritrovati", li accolse il Vanya, poi fece un cenno a qualcuno dietro di loro, "Oh, ecco i tuoi nipoti..."
"Zia Nerwen!", udirono esclamare dietro di loro. La Istar si girò sorridendo e venne letteralmente travolta da due abbracci.
"Elladan! Elrohir!", li salutò ridendo, ricambiandoli. Dopo le effusioni, presentò i nipoti al marito, che li trovò indistinguibili, come lei a suo tempo.
A quel punto sopraggiunse Gaerwen; Nerwen la salutò con piacere e le presentò Aryon, e venne a sapere che era ancora l'amica amorosa di Elladan. Infine arrivò Elrond e tutti si accomodarono a tavola per cenare.
Dopo il pasto, invece di trasferirsi nel Salone del Fuoco, il Signore di Gran Burrone invitò gli ospiti a recarsi con lui nel proprio salotto, assieme ai gemelli e a Glorfindel.
Qui, Nerwen ed Aryon anzitutto riferirono agli altri i saluti di Arwen ed Aragorn, poi ancora una volta raccontarono le loro vicende; i resoconti che fecero più sensazione furono il ritrovamento di Pallando e Alatar e poi naturalmente quello delle Entesse.
Alla fine si era fatto molto tardi, oltre mezzanotte, ed il sonno ormai pesava sulle palpebre di tutti; si diedero quindi la buonanotte ed andarono a dormire.
Il giorno seguente, dopo la colazione che avevano chiesto di consumare nel loro alloggio, Nerwen ed Aryon andarono a passeggiare per i giardini del palazzo, accompagnati da Túdhin; il sole settembrino era dolce in quella valle riparata e conservava ancora il bagliore dorato della piena estate.
Mentre camminavano pigramente per i vialetti, scorsero una piccola figura dai capelli canuti, seduta su una panchina di legno, curva su di un libro aperto tenuto in grembo. Avvicinandosi, ne notarono i grandi piedi privi di calzature coperti da una peluria riccia
"Oh", fece Nerwen, sorpresa, "uno Hobbit! Mi chiedo come mai si trovi qui a Imladris..."
"Uno Hobbit? Come Frodo Baggins e Sam Gamgee?", chiese Aryon, osservando a sua volta il Mezzuomo intento a leggere.
"Esatto", confermò lei, "Buongiorno", lo salutò quando gli giunsero davanti.
Il vecchio Hobbit alzò il naso dal libro e li guardò strizzando gli occhi vivaci nella luce.
"Buongiorno? Sì, è un buon giorno, direi, soleggiato e gradevolmente caldo. Quindi, buongiorno anche a te, signora, e a te, signore."
Nerwen sbatté le palpebre, sorpresa: le sembrava di conoscere questo anziano Mezzuomo, ma non riusciva a ricordare dove l'avesse visto. L'unico con cui aveva avuto a che fare in maniera abbastanza significativa era stato...
"Bilbo Baggins? Sei tu?", domandò, esitando.
L'altro raddrizzò le spalle e la guardò meglio.
"In persona, sì... e tu sei...", corrugò la fronte nello sforzo di ricordare, "Nerwen la Verde!", esclamò poi illuminandosi, lasciando cadere il libro, "Che mi venga un colpo, sei proprio tu!"
Si diede una spinta e scivolò giù dalla panchina per farle un inchino in piena regola, esattamente come le si era presentato quella sera di oltre ottant'anni prima.
"Vi conoscete?", indagò Aryon, incuriosito.
"Sì", confermò Bilbo sorridendo, "ci siamo incontrati una sera al Drago Verde e abbiamo cenato assieme... Sei tale e quale ad allora, Lady Nerwen", le disse sorridendo, "Non sei cambiata minimamente, proprio come il vecchio Gandalf... anzi, semmai sei diventata più bella!", si girò a guardare Aryon, "E voi siete...?"
"Mi chiamo Aryon Morvacor", si presentò il principe, divertito da quella pantomima, "Sono il marito di Nerwen. "
"Marito? Ah, ora mi spiego la tua aura luminosa, Lady Nerwen... aspettate un piccolo Stregone, non è così?"
Entrambi i suoi interlocutori ebbero un moto di sorpresa.
"I tuoi occhi sono molto acuti, Mastro Baggins", commentò Aryon.
"Oh, tutto merito di un anello magico che avevo molto tempo fa: mi ha lasciato in eredità certe capacità fuori dall'ordinario, come vedere oltre l'evidenza", fece un gesto noncurante, "Ad esempio vedo bene, ora, che non sei affatto una donna umana, Lady Nerwen, ma qualcosa di più... così come anche tu, Lord Aryon, non sei soltanto un comune Elfo. Entrambi mi ricordate Gandalf, per certi versi, ma non saprei proprio spiegare perché."
Guardò l'uno e l'altra in cerca di delucidazioni; Nerwen annuì:
"Questo è perché apparteniamo tutti e tre alla stessa razza."
Bilbo tornò a corrugare la fronte.
"Davvero? Allora anche Lord Aryon è uno Stregone?"
Aryon fece il suo tipico mezzo sorriso:
"In un certo qual modo, si potrebbe dire così, almeno per metà."
"Oh, da come siete evasivi e misteriosi, sembrate davvero la copia di Gandalf!", sbottò il vecchio Hobbit, ma subito dopo si mise a ridere, "Certo però che il vostro aspetto è decisamente migliore del suo!"
Anche Aryon e Nerwen risero, divertiti dalla sua battuta.
"Sedetevi con me e raccontatemi qualche vostra storia!", li invitò Bilbo, cambiando discorso, "Avete visitato terre lontane? Sapete, amo molto disegnare mappe e ci sono tanti luoghi della Terra di Mezzo che non sono cartografati, o che lo sono in maniera approssimativa..."
Trascorsero così il resto della mattinata a conversare con Bilbo; il vecchio Hobbit tracciò molti schizzi di mappe seguendo le loro indicazioni, almeno quando non era impegnato a guardarli con occhi tondi per la meraviglia mentre gli parlavano dei territori del lontano oriente, oltre gli Orocarni.
Quando udirono la campana che chiamava per il pranzo, si alzarono e si avviarono, Nerwen ed Aryon adattando il loro passo a quello più corto e lento dello Hobbit.
"Vedo che avete trovato il nostro eccellentissimo Perian", li accolse Gaerwen, che incrociarono mentre stavano entrando in sala da pranzo, "Ormai lo vediamo raramente, a cena, ma non manca mai a pranzo."
"Questo, mia cara fanciulla, perché non son più tanto giovane da aver voglia di far festa ogni sera", spiegò Bilbo sorridendo, "Mi viene sonno presto e vado a letto."
"Tranne quando decidi di declamarci delle poesie di nuova composizione", si fece sentire la voce divertita di Elladan, che arrivato in quel momento aveva udito l'ultima frase.
"Proprio così, caro il mio principe", rispose Bilbo con finto sussiego, "e di solito ottengo un certo successo... anche se non so se per mio merito o per bontà vostra", concluse ridendo.
"Mi piace questo Perian", disse Aryon a bassa voce, rivolto a Nerwen. Lei annuì a indicare che era d'accordo: rammentava bene la bella serata trascorsa con lui, in quel di Lungacque nella Contea.
Poco dopo, si unirono a loro anche Elrohir, poi anche Elrond e Glorfindel, e via via gli altri cortigiani che avrebbero condiviso il pasto con loro.
Bilbo, beatamente seduto tra Nerwen e Gaerwen, si rivolse alla Istar:
"Mia cara, spero che tu e tuo marito vi fermerete un po': tra qualche giorno sarà il mio centotrentesimo compleanno e sarei felice se partecipaste alla mia festa."
"A dire il vero, volevamo chiedere ospitalità per tutto l'inverno", rivelò Nerwen, rivolgendosi a Elrond, seduto due posti più in là a capotavola, e dando voce a quanto progettato con Aryon nei giorni precedenti.
"Ma certo!", accettò il Signore d'Imladris con garbo, "Sono felice di ospitarvi per tutto il tempo che vi servirà", poi piegò la testa di lato, assumendo un'aria attenta, "Me lo stai chiedendo per un motivo speciale..."
Nerwen sorrise: come Galadriel – e Bilbo – anche Elrond aveva occhi molto acuti.
"Hai indovinato", ammise, prendendo la mano di Aryon e scambiando con lui uno sguardo amorevole. Ad un suo cenno, fu il principe a dare l'annuncio ufficiale:
"Aspettiamo una figlia."
Per un istante, tutti coloro che udirono si bloccarono. Fu Gaerwen la prima a riprendersi.
"Ma è meraviglioso!", dichiarò, "Quando nascerà?"
"Attorno alla metà di novembre", rispose la Maia, "La gravidanza procede molto veloce, come per mia sorella Melian."
A quel punto, in quel luogo e in quelle circostanze, non aveva più senso tener nascosta la sua vera natura; oltretutto, lì erano già in molti a sapere chi fosse realmente.
"Un'altra Lúthien!", osservò Elladan, "Congratulazioni!"
"Come la chiamerete?", volle sapere Elrohir.
"Annadiel", rispose Aryon.
"Bellissimo nome", approvò Elrond.
"Concordo", disse Glorfindel, guardando con un sorriso la sua vecchia amica, genuinamente felice per lei.
"L'occasione merita un brindisi", affermò Bilbo, sollevando il proprio calice colmo di vino; gli altri si unirono al brindisi, anche Nerwen, che era in grado di impedire che l'alcol raggiungesse l'embrione e poteva quindi berne senza problemi.
Per festeggiare il compleanno di Bilbo, Elrond aveva mandato a chiamare tutti i suoi amici Nani ancora vivi, con i quali otto decenni prima aveva condiviso la straordinaria avventura della riconquista del Regno di Erebor, sotto la guida di Thorin Scudodiquercia. Fu così che, una settimana dopo, dall'Altopasso giunse una compagnia di Nani, che Bilbo andò ad abbracciare, ridendo e piangendo senza ritegno per la gioia; ma anche i solitamente burberi Nani erano visibilmente commossi, le barbe bagnate di lacrime.
Più tardi, essi vennero presentati a Nerwen ed Aryon: l'imponente Dwalin, il pingue Bombur, e poi Dori, Nori, Bifur, Bofur, e Glóin, giunto col figlio Gimli, che era stato uno dei Nove Compagni dell'Anello. Nerwen naturalmente li conquistò subito salutandoli in perfetto khuzdul; ma evitò di raccontar loro d'aver conosciuto Thorin, perché non voleva turbare l'atmosfera gioiosa rammentando il loro amico e parente caduto.
Il giorno del compleanno, il 22 settembre, ci fu una festa grandiosa, resa piuttosto caotica dall'esuberante presenza dei Nani, ma gli Elfi di Gran Burrone li conoscevano bene e non si inquietarono. I loro canti e le loro musiche erano meno raffinate, più irruenti di quelle elfiche, ciò nondimeno godibili e allegre e tutti si divertirono moltissimo.
Alla fine, ci furono degli spettacolari fuochi d'artificio, che Elrond aveva commissionato ai Nani, maestri in quell'arte, come regalo personale a Bilbo. Tutti gli abitanti di Imladris rimasero per una buona mezz'ora col naso per aria a guardare fontane d'oro, alberi d'argento, fiori azzurri, piogge viola, anelli rossi, spirali gialle, girandole arancione, giavellotti blu percorrere il cielo notturno in ogni direzione; per finire, in onore della grande avventura del festeggiato, un gigantesco drago d'oro rosso attraversò la volta stellata da un lato all'altro della vallata, sputando fuoco e fiamme dalla bocca e dalle narici e lanciando un terrificante ruggito che fece tremare i muri. Bilbo rise a crepapelle, narrando poi a tutti della festa per il suo centoundicesimo compleanno, a Hobbiville, dove Gandalf aveva spaventato a morte tutti gli invitati con un drago simile a quello.
I Nani si fermarono una decina di giorni dopo la festa, poi ripresero la via di casa, prima che ci fosse rischio di neve sull'Altopasso. Salutarono Bilbo con grande commozione, consapevoli che era estremamente improbabile che si rivedessero ancora, data l'età molto avanzata del Mezzuomo e la distanza che separava le loro dimore. Dopo la loro partenza, Bilbo fu molto taciturno per giorni, ma dopo un po' il suo naturale buonumore hobbit tornò a prevalere.
Le settimane passarono veloci ed il ventre di Nerwen si ingrossava ogni giorno di più; Annadiel cresceva sana e vivace dentro di lei ed Aryon, ascoltandola muoversi, sentiva il cuore scoppiargli di gioia.
Infine, la mattina del dodicesimo giorno di novembre, mentre nel proprio alloggio era seduta sul divano davanti al caminetto acceso, l'Aini sentì che la piccola era pronta per nascere; allora chiamò Aryon, impegnato nella stanza accanto a lucidare la propria spada. Il principe accorse subito.
"È ora", gli annunciò la moglie, serenamente. Nonostante il suo tono tranquillo, Aryon sentì la tensione attanagliargli lo stomaco, ma si sforzò di non perdere la testa; del resto, avevano parlato molte volte di come doveva procedere.
Tirò quindi il cordone del campanello per chiamare Gloriel, che giunse poco dopo.
"Ci siamo", le disse, stringato. La bella Elfa bionda capì al volo ed annuì:
"Vado a chiamare Lady Nesta e a far approntare la vasca di nascita", rispose, girandosi e correndo via veloce.
Diversamente da altri popoli, gli Eldar usavano far nascere i loro figli in una vasca d'acqua tiepida, in modo che il nascituro passasse dolcemente dall'interno del corpo materno, caldo e liquido, attraverso un ambiente simile, all'aria del mondo in cui vedeva la luce.
Lady Nesta era la migliore guaritrice di Imladris, allieva di Elrond; anche se molto giovane, era abile quanto lui, e Nerwen era molto lieta di affidarsi a lei.
Mentre attendevano, Nerwen mandò i suoi pensieri a Yavanna per informarla dell'ormai imminente parto; pochi istanti dopo, percepì la presenza eterea della sua Maestra al proprio fianco e sorrise di contentezza.
"Kementári è qui con noi", informò il marito. Aryon, anche se era stato avvertito che sarebbe accaduto, si sentì agitato, aggiungendo ulteriore trepidazione al momento già molto carico e si sentì tremare le ginocchia. Da intrepido guerriero, avrebbe affrontato con maggior tranquillità un'orda di Orchi furibondi; ma l'idea di abbandonare la moglie nel momento in cui metteva al mondo la loro figlia non lo sfiorò neppure, quindi fece appello alla propria forza di volontà per fronteggiare l'ondata di emozione che minacciava di sopraffarlo e la domò.
Nesta arrivò subito, allertata da Gloriel. Visitò rapidamente Nerwen e concordò che il parto era imminente; assieme ad Aryon, accompagnò la Maia nella stanza della nascita, ben riscaldata da due stufe poste negli angoli opposti, dove al centro campeggiava una vasca oblunga colma d'acqua a temperatura corporea. Qui aiutarono Nerwen a spogliarsi e ad entrare nella vasca, dove venne fatta accomodare; Aryon si tolse giubba e camicia, si sedette dietro la vasca alle sue spalle e l'abbracciò, baciandole i capelli raccolti sopra la testa. Nesta invece si posizionò a fianco della vasca, pronta ad intervenire.
Non ci fu travaglio, non nel senso tradizionale del termine: controllando il dolore delle contrazioni, Nerwen semplicemente aprì la strada alla nascitura, e la piccina vi s'infilò, fuoriuscendo dal corpo della madre nelle mani in attesa di Nesta, che la tenne sott'acqua qualche istante prima di farle emergere. La neonata strillò, ma più che un pianto parve un grido di gioia, cui fece eco quello del padre.
Da oltre il Grande Mare, Yavanna Kementári assistette alla nascita; si sentì profondamente toccata da quel miracolo di Ilúvatar e dall'immensa gioia che percepì nella sua amata seguace e in suo marito. Quando Annadiel fece sentire la sua voce al mondo per la prima volta, la Regina della Terra le inviò le sue benedizioni, affinché fosse sana e felice e la sua strada nella vita libera da ostacoli; poi si ritirò.
"È splendida", disse Nesta sorridendo, mentre poneva la neonata tra le braccia della madre; dietro di lei, emozionantissimo, Aryon le abbracciò entrambe. Non riusciva a spiccicar parola mentre guardava il visetto raggrinzito della bambina, figlia sua e di Nerwen, il loro dono reciproco; la guardava ma vedeva poco, perché le lacrime gli offuscavano la vista.
Anche Nerwen non riusciva a togliere gli occhi di dosso ad Annadiel; le pareva l'essere più bello di tutta Eä. Si chiese vagamente se tutte le madri pensassero lo stesso della propria creatura.
"È meravigliosa", mormorò, la voce rotta di commozione, "Oh Aryon, nostra figlia..."
"Sì", bisbigliò il principe, ingoiando il nodo che gli stringeva la gola, "Nostra figlia."
La piccola aprì gli occhi, sbattendo lentamente le palpebre, e cercò il contatto con gli occhi della madre.
"Mi sta guardando!", sussurrò Nerwen, gli occhi pieni di lacrime; Aryon le baciò la tempia, incapace di pronunciar parola.
Nesta li guardava, sentendosi commossa dalla loro commozione; un giorno non troppo lontano, anche lei avrebbe provato la loro gioia, sperò.
Attese che il cordone ombelicale avesse terminato di pulsare, poi lo tagliò; poco dopo, Annadiel si mosse, mettendosi una mano in bocca, per poi girarsi verso il seno della madre e posarle la manina bagnata di saliva sul capezzolo, facendolo inturgidire. Infine lo prese in bocca e cominciò a poppare.
Incapace di trattenere ancora le lacrime, Aryon si arrese e le lasciò fluire liberamente.
Annadiel divenne rapidamente la cocca di tutta la corte; era molto tempo che non c'erano neonati ad Imladris e l'avvenimento era quindi sensazionale. Bilbo era il più entusiasta di tutti e spesso la cullava come il più tenero dei nonni, e la bimba mostrava di gradire molto le sue attenzioni.
Trascorsero le settimane, poi i mesi; l'inverno fu caratterizzato da temperature insolitamente fredde e una coltre di neve imbiancò la valle riparata, mentre le cascate di trasformarono in merletti di ghiaccio scintillante; poi tornò la primavera e la neve si sciolse, gli alberi fiorirono ed il verde ricoprì i prati e i fianchi delle montagne.
Annadiel cresceva a vista d'occhio, vispa e curiosa, dormendo molto, poppando abbondantemente e seguendo sempre con gli occhi – azzurro chiarissimo come quelli di Aryon – dapprima soltanto la madre, poi anche il padre, che faceva in modo di essere il più possibile presente, ed infine tutti quelli che si muovevano nel suo campo visivo. Sembrava riconoscerli tutti e li scrutava solennemente, per poi prodursi in sorrisi e smorfiette che facevano sciogliere perfino il severo Elrond, al quale ricordava irresistibilmente la propria amatissima figlia Arwen.
Un giorno d'aprile, Elrond mandò a chiamare Nerwen; lasciando Annadiel alle cure di Aryon, la Istar si recò da lui, che la ricevette nel proprio studio.
"Poco fa ho percepito Mithrandir al Guado del Bruinen", le annunciò, "Ho pensato che potesse farti piacere andargli incontro."
"Certamente!", si entusiasmò Nerwen, "Grazie per il pensiero."
"Di nulla", rispose Elrond con l'ombra di un sorriso.
L'Aini quindi si recò al ponte dove lei stessa, la prima volta da sola e la seconda con Aryon, era stata accolta da Lindir; il Soprintendente di Palazzo era già in posizione e lei passando lo salutò, poi corse a sellare Thilgiloth. Un quarto d'ora dopo schizzava al galoppo attraverso lo stretto ponte senza parapetto; con qualsiasi altra cavalcatura bisognava andare al passo, ma ovviamente la Corsiera non era una cavalcatura qualsiasi e ad ogni modo, quando Nerwen le aveva detto che stavano per incontrare il suo vecchio amico Olórin, si era entusiasmata e la sua andatura era frutto anche di questo.
Incrociarono Gandalf quasi a metà percorso tra il palazzo e il guado; montato su uno splendido mearh dal manto candido, lo Stregone era avvolto in un mantello altrettanto candido e sembrava rifulgere di una vaga luce perlacea.
"Mithrandir!", lo chiamò Nerwen, mentre Thilgiloth si avvicinava alla massima velocità consentita dal sentiero ben tenuto. Scorgendola, Gandalf si illuminò di un ampio sorriso che quasi gli aprì in due la faccia; incitò a voce il suo cavallo che, obbedientemente, accelerò. Quando furono vicini, entrambi i cavalieri smontarono e corsero ad abbracciarsi.
"Mia carissima Nerwen!", esclamò lo Stregone, sollevandola e facendola girare; la sua età apparente spesso ingannava, perché pur sembrando molto vecchio, in realtà era vigoroso come un giovane.
"Amico mio, come stai? Ti trovo splendidamente", disse Nerwen ridendo, quando lui la mise giù. Gandalf gonfiò il petto.
"Tu trovi? Grazie... come vedi, ho cambiato colore."
"Me l'avevano detto; Aragorn mi ha raccontato la storia di Saruman", scosse la testa, "Che tristezza, che un così grande Maia si sia lasciato irretire da Sauron..."
"Più siamo grandi, più rumore facciamo, cadendo", considerò Gandalf con amarezza, "Ma dimmi di te: ho sentito che hai trovato le Entesse e che ti sei sposata?"
"Chi te l'ha raccontato?", rise lei, "Sì a entrambe le cose, e non solo: cinque mesi fa mio marito e io abbiamo avuto una figlia!"
"Ma è meraviglioso!", gridò Gandalf con gioia, tornando ad abbracciarla, "Come l'avete chiamata?"
"Annadiel..."
"Che bel nome!"
Frattanto, il mearh si era avvicinato a Thilgiloth ed ora nitrì piano un rispettoso saluto. Gandalf si voltò a guardare e sorrise:
"Sta riconoscendo una sua simile", commentò.
I mearas infatti discendevano dal Corsiere Nahar, cavalcatura di Oromë Aldaron; era quindi ovvio che fossero in grado di identificare un membro di quella razza fatata.
Thilgiloth rispose al saluto, a sua volta riconoscendolo come un lontano parente.
"Le nostre cavalcature fanno amicizia", confermò Nerwen, sorridendo a sua volta.
Rimontarono in arcione – il mearh si chiamava Ombromanto, come apprese Nerwen, e Gandalf lo cavalcava senza briglie né sella – e si misero in cammino verso Gran Burrone parlando fittamente; ma erano talmente tante le cose che avevano da raccontarsi a vicenda, che ora che furono arrivati non erano neppure a un quarto.
Lindir li stava aspettando pazientemente dall'altra parte del ponte.
"Bentornato a Imladris, Mithrandir", lo accolse il Soprintendente di Palazzo.
"Grazie, mio buon Lindir", rispose Gandalf, smontando ed affidando Ombromanto ad un palafreniere, mentre Nerwen faceva lo stesso con Thilgiloth, "Come stai?"
"Bene, grazie, e così spero di te..."
Vennero condotti subito da Elrond, che li attendeva nel suo salotto. I due Custodi – l'uno dell'Anello d'Aria, l'altro dell'Anello di Fuoco – si scambiarono l'abbraccio formale, ma si vedeva che si rincontravano con grande piacere.
"Dobbiamo parlare", disse poi Elrond con gravità.
"Sì, ma se non ti dispiace, vorrei farlo più tardi", affermò Gandalf, "Ora sono molto impaziente di conoscere il marito e la figlia di Nerwen."
"Certamente", annuì il Signore d'Imladris, comprensivo: conosceva la grande amicizia che legava i due Istari, "Il tuo solito alloggio è pronto ad accoglierti quando vuoi. Parleremo nel pomeriggio."
Nerwen condusse quindi Gandalf al proprio alloggio, dove trovò Aryon intento a leggere un libro mentre vegliava sul sonno di Annadiel, stesa beatamente nella sua culla.
"Aryon, ti presento Olórin", disse Nerwen con un luminoso sorriso, "che gli Elfi nella Terra di Mezzo chiamano Mithrandir e gli Uomini Gandalf. Amico mio, questo è mio marito Aryon Morvacor, degli Avari Kindi."
Gli aveva già parlato delle sue origini, per cui Gandalf gli rivolse il cortese inchino in uso tra pari; ma Aryon si avvicinò e lo abbracciò formalmente.
"È un grande piacere e un grande onore incontrarti, Mithrandir", dichiarò in tono solenne, "Nerwen mi ha parlato moltissimo di te."
"Spero in maniera positiva!", si augurò spiritosamente lo Stregone, "E i piacere e l'onore sono miei... però ora perdonami perché sto morendo dalla voglia di vedere vostra figlia."
"Allora vieni", lo invitò il principe, facendogli strada verso la culla, posizionata in un angolo quieto della saletta.
Come si avvicinarono, Annadiel si stiracchiò ed aprì gli occhi; fissò lo sguardo direttamente su Gandalf e sorrise, emettendo un vagito che suonava in tutto e per tutto come un saluto.
"Ehilà, salve, piccolina", le disse lo Stregone con una voce così dolce da essere quasi irriconoscibile, "Sono un vecchio amico di tua madre, ma tu l'hai già capito, vero?", ridacchiò divertito.
Aryon sogghignò:
"Ed ecco che Annadiel ha fatto un'altra vittima... nessuno resiste al suo fascino, l'ho detto fin da quando Nerwen l'ha vista nel nostro futuro."
"Ah, possiede certamente tutta la grazia incantatoria di sua cugina Lúthien", commentò Gandalf ridendo, "Del resto, entrambe le loro madri sono Maiar, e per di più sorelle."
Nerwen prese Annadiel e guardò Gandalf:
"Vuoi tenerla in braccio?"
"Volentieri", accettò lo Stregone, porgendo ad Aryon il proprio bastone affinché lo reggesse, poi prese delicatamente la piccola, che gli infilò subito le manine nella barba e gliela tirò, facendolo ridere di cuore.
Gandalf si trattenne ancora per qualche minuto, poi, su esortazione di Nerwen, si recò nel proprio alloggio a riposare prima di pranzo; avrebbero parlato nel pomeriggio, ragguagliandosi sulle rispettive vicende negli otto decenni trascorsi dal loro ultimo incontro. Naturalmente, Nerwen ed Aryon già conoscevano quelle dello Stregone, ma sarebbe stata un'altra cosa sentirne il rendiconto dal diretto interessato; mentre per Gandalf, a parte poche cose generiche come il ritrovamento delle Entesse e il matrimonio di Nerwen, le notizie riportate dagli altri due sarebbero state del tutto nuove.
Più tardi, Aryon e Nerwen si presentarono a pranzo mentre Annadiel veniva accudita da una bambinaia. Gandalf era già nel salone e stava parlando con Glorfindel. Si unirono a loro e chiacchierarono per alcuni minuti, finché non vennero interrotti da una voce nota:
"Mio caro Gandalf, che piacere rivederti!"
Era Bilbo, che era entrato in quel momento. Gandalf si volse verso di lui ed un ampio sorriso gli fiorì sul volto barbuto.
"Bilbo Baggins, vecchio amico mio...!"
Lo Stregone si abbassò su un ginocchio ed aprì le braccia; Bilbo si mosse alla massima velocità consentita dalle sue vecchie membra e i due si abbracciarono con grande commozione. Si erano visti alla fine della missione di Frodo e dei Compagni dell'Anello, un anno e mezzo prima, quando Gandalf aveva accompagnato i quattro Hobbit per gran parte del loro viaggio verso casa, ma ciò nondimeno erano molto contenti di rivedersi, perché la loro amicizia era profonda e sincera.
Dopo il pasto, Elrond e Gandalf si ritirarono per parlare; più tardi, lo Stregone raggiunse Nerwen ed Aryon nel loro alloggio.
"Elrond ha confermato la sua decisione di partire", annunciò loro mentre stavano seduti sul terrazzo a godersi il sole primaverile, "Attendiamo la scelta di Galadriel: sarebbe opportuno che i tre Custodi degli Anelli Elfici salpassero tutti assieme per Valinor, ma naturalmente non possiamo costringerla a partire."
"Lei lo vorrebbe", gli rivelò allora Nerwen, "ma le è molto difficile lasciare Celeborn."
"Questo è comprensibile", ammise Gandalf, "e qualsiasi cosa decida, noi l'accetteremo. Ad ogni modo, partiremo solo tra qualche mese. Elrond lo comunicherà oggi stesso ai suoi figli", li guardò entrambi, "Voi verrete con noi?"
"Progettavamo già di salpare per il Reame Benedetto", confermò Aryon, "ma abbiamo preferito pensare prima ad Annadiel. Se come dici intendete partire tra alcuni mesi, nostra figlia sarà abbastanza grande da viaggiare e quindi potremo venire assieme a voi."
"Sai cos'ha deciso di fare Radagast?", domandò Nerwen, "Verrà con noi?"
"No", rispose Gandalf, "Non ancora, almeno: per il momento, vuole rimanere nella Terra di Mezzo; ma prima o poi finirà anche lui col prendere una nave e percorrere la Via Dritta fino ad Aman."
La Istar annuì, pensando a Pallando.
"Ho ancora molte cose da raccontarti, amico mio", cominciò, "e già so che una in particolare ti colpirà molto..."
Ancora una volta, quindi, lei ed Aryon narrarono le loro avventure; come previsto, Gandalf rimase grandemente impressionato nell'apprendere del ritrovamento di Pallando ed Alatar.
"Pensi dunque che Pallando rimarrà per sempre nello Yòrvarem?", volle sapere.
"Non lo so", ammise Nerwen, "Probabilmente sì, finché la sua amnesia perdurerà; ma chissà, se dovesse recuperare la memoria, potrebbe sentire tanta nostalgia di Valinor da indurlo a lasciare il suo popolo adottivo e tornare."
"Solo il tempo potrà dirlo", commentò Aryon.
"E per quanto riguarda il tuo popolo, Lord Aryon?", gli domandò Gandalf, "Pensi che decideranno infine di recarsi a Valinor?", si sporse verso di lui, "I Valar non hanno mai dimenticato gli Avari né, anche se dispiaciuti dell'antico rifiuto, hanno mai nutrito risentimento per essi: sareste i benvenuti."
Il principe assentì:
"Sì, Nerwen l'ha detto a me e a mia sorella la regina. Eliénna ha fatto in modo di diffondere la notizia, ma fino alla nostra partenza non sembrava che qualcuno fosse intenzionato a imitarci. Tuttavia, se col dominio degli Uomini il mondo davvero si oscurerà, sicuramente alcuni di loro – molti o pochi non saprei dirlo – cambieranno idea. Mi domando però fino a quando troveranno ancora una nave che possa condurli sulla Via Dritta..."
"Fintantoché l'ultimo Elfo, di qualunque stirpe, non avrà lasciato la Terra di Mezzo, ci sarà Círdan ad attendere a Mithlond con l'Ultima Nave", gli assicurò lo Stregone.
Interruppero il racconto per la poppata pomeridiana di Annadiel, poi terminarono la narrazione e fu la volta di Gandalf di esporre la propria storia. Alla fine era ormai ora di cena, così si recarono tutti insieme a mangiare; a tavola, si resero subito conto che i gemelli erano molto turbati, e così anche, Glorfindel e Gaerwen. Compresero che Elrond li aveva messi al corrente della propria decisione di partire e se ne dolevano; tuttavia, tale decisione era inevitabile perché legata alla distruzione dell'Anello Dominante e alla conseguente diminuzione del potere dei tre Custodi di Nenya, Vilya e Narya, insinuando nei loro animi un'inarrestabile malinconia alla quale era possibile trovar sollievo soltanto nelle Terre Imperiture.
Angolo dell'Autrice:
Tolkien non ha mai specificato la durata della gravidanza delle Elfe (né tantomeno, per ovvi motivi, quella di una Maia), per cui quel che ho scritto è di mia completa invenzione.
La descrizione del parto in acqua (esclusa la mancanza di travaglio, unica a causa della natura della partoriente) nonché il comportamento della neonata sul seno della madre provengono da informazioni che ho trovato su internet, non da esperienza personale, per cui se ho scritto cavolate, vi prego di segnalarmelo e provvederò a correggere.
L'immagine di Annadiel proviene dal sito "123RF" ed è proprietà di Elżbieta Popczyk (scritto proprio così, l'ho copiaincollato per non sbagliare).
Mille mila ringraziamenti a chi ha avuto la pazienza – o forse il coraggio LOL – di seguire questa storia fino a qui; e uno specialissimo ringraziamento a chi si è preso il tempo di mandarmi un commento, un'opinione, una critica costruttiva, una correzione: tutto ciò mi è stato molto gradito e utile!
Ormai la fine è vicina (ehm suona come una minaccia ma non è intesa così ahahah!): il prossimo capitolo sarà quello conclusivo, nel bene e nel male. Già sono in fibrillazione, per l'ansia e per il magone di dover lasciare i miei personaggi, che amo alla follia; purtroppo le loro avventure nella Terra di Mezzo sono ormai terminate... Penso che piangerò per giorni; ma se qualcuno vorrà piangere insieme a me, la mia pena sarà alleviata...
Lady Angel
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top