Capitolo LXI: Tra i mellyrn


Capitolo LXI: Tra i mellyrn

"Come faceva Lady Galadriel a sapere del nostro arrivo?", domandò Aryon mentre, dopo una colazione a base di frutta disidratata, biscotti al miele e tè offerta loro dai Galadhrim, si inoltravano tra i mellyrn verso nordest, in direzione del Celebrant.

"La Signora di Lothlórien è una dei grandi saggi del Bianco Consiglio", gli ricordò Nerwen, che gli aveva parlato della sua amica e del di lei marito, "e i suoi occhi vedono molto lontano; ma come ciò avvenga, sta a lei dirtelo, se lo desidera, non a me."

"Capisco", annuì il principe Avar, corrugando leggermente la fronte: non gli piaceva non sapere le cose, ma comprendeva che, se si conoscono i segreti di qualcuno, non si è liberi di parlarne ad altri, fosse anche il proprio coniuge.

Haldir li stava accompagnando, camminando con loro che, per cortesia, non erano montati a cavallo ma procedevano appiedati come lui.

"Come sta Ireth?", gli chiese Nerwen, rammentando la sua fidanzata.

"Ci siamo sposati allo scadere del tradizionale anno di fidanzamento", le raccontò Haldir, sorridendo, "due mesi dopo la tua partenza. Abbiamo avuto un figlio, che ha appena compiuto sedici anni e si sta rivelando un ottimo musicista e cantante; penso che diventerà un menestrello di grande talento, come sua madre", concluse con evidente orgoglio paterno.

"Sono felice per voi", dichiarò Nerwen, lieta di apprendere la cosa; non aveva potuto approfondire la conoscenza con Haldir e Ireth, al tempo dei suoi precedenti soggiorni a Lórien, ma le erano piaciuti molto entrambi, "E che mi dici di Beriadir?", domandò poi, desiderosa di sapere come stesse l'affascinante Elfo Silvano che le era stato accanto in un momento difficile.

"Ha trovato la sua compagna per la vita in un'Elfa di Bosco Atro", rispose il capitano, "l'anno scorso, durante la battaglia che ha raso al suolo Dol Guldur. Si chiama Nariel ed è una dei comandanti dell'esercito di re Thranduil; finita la guerra, Beriadir l'ha seguita nel Reame Boscoso e questa primavera si sono sposati."

"Che bella notizia!", esclamò la Maia, genuinamente lieta che il suo vecchio amico amoroso avesse trovato la persona con cui condividere la propria esistenza, così come lei.

Raggiunta l'Argentaroggia, ne discesero il corso per alcuni chilometri fino ad arrivare al molo del traghetto, che si trovava dall'altra parte; mentre attendevano che il barcaiolo attraversasse, Haldir si accomiatò da loro.

"Tu conosci la strada", disse alla Istar, "e siete attesi, potete quindi andare tranquillamente a palazzo da soli."

"Certamente", concordò Nerwen.

"Piacere di averti rivista, Lady Nerwen, e lieto d'averti incontrato, Lord Aryon", li salutò l'Elfo biondo, rivolgendo loro un inchino di congedo; lo ricambiarono, ed infine Haldir tornò indietro, verso la propria zona di pattugliamento.

Poco dopo giunse il traghetto e vi salirono a bordo; come al solito, Túdhin emanò una sensazione di disagio all'idea di dover stare su una barca, quantunque per poco tempo, ma non brontolò e seguì docilmente Thilgiloth, Allakos e Kerra.

Una volta raggiunto l'altro lato dell'Argentaroggia, montarono a cavallo e presero il sentiero che conduceva alla strada principale per Caras Galadhon, dove arrivarono una mezz'ora più tardi. Alle porte vennero fermati dalle sentinelle, che una volta appresi i loro nomi li lasciarono passare senz'altro, evidentemente informati del loro arrivo come lo erano stati Haldir e la sua pattuglia.

Rivedere la meravigliosa città arborea emozionò molto Nerwen, che ne conservava un bellissimo ricordo; si guardò attorno sorridendo, poi notando lo sguardo strabiliato del marito il suo sorriso si allargò: Aryon era ovviamente abituato agli alberi, essendo nato e cresciuto a Eryn Rhûn, ma non aveva certamente mai visto alberi giganteschi come questi né interi edifici costruiti tra i loro rami; e ancora non aveva visto l'abitazione di Celeborn e Galadriel. Infatti i suoi occhi si dilatarono a dismisura quando scorse l'immenso mallorn che ospitava il palazzo arboreo.

"Grande Oromë, è incredibile... sembra provenire da Valinor!", esclamò, molto impressionato.

"In un certo senso è così", affermò Nerwen, "perché questo è l'unico luogo al di qua del Grande Mare in cui crescono i mellyrn di Aman."

"Ah... adesso mi spiego la sensazione di trovarmi in un posto ultraterreno", commentò il principe; non poteva sapere che ciò era dovuto non soltanto all'aspetto, ma anche al potere di Nenya, l'Anello elfico custodito da Galadriel. Tuttavia non stava a Nerwen rivelarglielo, come per lo Specchio.

Infine raggiunsero la lunga gradinata che portava in alto tra i rami del mallorn, all'imbocco della quale sostavano altre sentinelle. Una di esse riconobbe la Istar, avendola conosciuta all'epoca dei suoi primi due soggiorni.

"Bentornata, Lady Nerwen", disse, "Tu e tuo marito siete attesi dal Signore e dalla Dama. Lasciate pure le vostre cavalcature e i bagagli, se ne occuperà chi di dovere."

Affidati quindi Allakos, Kerra e Thilgiloth agli inservienti, Aryon e Nerwen, accompagnati da Túdhin, salirono la scala che si snodava attorno al colossale tronco. Raggiunta la cima, entrarono nell'atrio, dove vennero accolti da Nimgil, la Soprintendente di Palazzo, la quale si inchinò agli ospiti.

"Prego, seguitemi", li invitò. Vennero condotti nella sala di rappresentanza, dove trovarono Galadriel e Celeborn; i Signori di Lórien erano seduti sui loro troni di legno decorati in lamina d'oro, in atteggiamento solenne, ma come li scorsero, si alzarono e scesero i tre scalini della pedana, avvicinandosi con espressioni di benvenuto. Aryon li squadrò con un pizzico di soggezione, un sentimento assolutamente insolito in lui, dovuto in parte alla loro statura che, sebbene di pochi centimetri, superava la propria, ma soprattutto al loro aspetto, di una nobiltà maggiore di quella di chiunque altro avesse conosciuto fino ad allora.

"Bentornata, mille volte bentornata, Nerwen", disse Galadriel in tono caloroso, porgendo le mani rivolte verso l'alto alla sua vecchia amica. L'Aini gliele afferrò e strinse, sorridendo, poi entrambe lasciarono perdere l'atteggiamento formale e si abbracciarono di slancio.

"Carissima, sono così felice di rivederti", dichiarò la Dama dei Galadhrim con evidente emozione, "Quando ci è giunta notizia di avvistamenti di alberi che camminano, l'anno scorso, abbiamo capito che gli Ent erano in movimento e abbiamo pensato a te... ma ci racconterai più tardi", si girò a guardare Aryon, "Vuoi presentarci, amica mia?", la esortò.

"Certamente: Lady Galadriel, Lord Celeborn, permettetemi di presentarvi mio marito, il principe Aryon Morvacor dei Kindi, fratello di Eliénna Dhillel, Alta Sovrana delle Sei Tribù degli Avari. Aryon, questi sono i Signori di Lothlórien."

Il principe si inchinò nell'omaggio riservato ai reali: sebbene nominalmente Celeborn e Galadriel non fossero re e regina, lo erano però a tutti gli effetti.

"Sono onorato di incontrarvi", dichiarò, "Nerwen mi ha molto parlato di voi."

"Benvenuto a Lothlórien, Lord Aryon", gli disse solennemente Celeborn, "È da moltissimo tempo che non abbiamo il piacere di incontrare qualcuno della tua stirpe."

Galadriel incrociò lo sguardo con quello del principe nerovestito e lo tenne avvinto; penetrante come una lancia esso era, e profondo come un pozzo di smisurata memoria. Lui si sentì trapassare da parte a parte ed ebbe la sensazione che lei gli leggesse dentro l'anima. Per un attimo si sentì cogliere dall'inquietudine; poi rammentò quel che Nerwen gli aveva raccontato: costei era un'Alta Elfa, nata a Valinor durante gli Anni degli Alberi, e suo nonno era Finwë, il primo Re dei Noldor. Non c'era alcuno, nella Terra di Mezzo, di più alta schiatta di lei, tra gli Elfi.

"Il nostro ospite è qualcosa di più di un nobile Avar", osservò Galadriel a bassa voce. Alla luce della consapevolezza di chi, e che cosa, lei fosse, Aryon non si sorprese del suo acume; chinò il capo in segno d'assenso.

"Mio padre era Galadhost dei Maiar, seguace di Aldaron", ammise, e lei annuì come a confermare tra sé qualcosa che già aveva intuito.

"Lieta di conoscerti, Lord Aryon", dichiarò, "La tua ascendenza è rara; finora si sapeva soltanto di Lúthien, figlia di Melian", guardò anche Nerwen, per includerla nel discorso, "Sono molto felice che vi siate trovati", concluse.

"Abbiamo già fatto allestire un alloggio per voi", intervenne Celeborn, "Saremo felici di ospitarvi per tutto il tempo che avrete piacere di soggiornare presso di noi."

"Grazie, Lord Celeborn", disse Aryon con gratitudine, "Ci fermeremo volentieri qualche tempo, prima di affrontare il Caradhras per attraversare gli Hithaeglir alla volta di Imladris."

A quel punto, il Signore di Lórien guardò Túdhin, che fino a quel momento era rimasto seduto con grande discrezione accanto ai piedi di Nerwen.

"Salve, amico lupo", disse, "Sbaglio, o ci conosciamo?"

Il predatore si alzò, osservando lui e Galadriel con maggior attenzione.

Mi ricordo di costoro!, trasmise all'Aini, sorpreso, Li ho conosciuti, in passato.

"Non sbagli, Lord Celeborn", confermò Nerwen, "e anche lui vi rammenta. Lo conoscevate come Sinyelómin, ma ora lo chiamiamo Túdhin."

"Ma certo", annuì l'altissimo Sinda, "ora vedo. Ben rivisto anche a te, quindi, Túdhin", disse; il lupo abbassò e rialzò la testa in segno d'omaggio e Celeborn sorrise, "Sempre bene educato come ricordavo", commentò. Quando Nerwen gli tradusse, Túdhin emanò una sensazione di soddisfazione.

"Andate pure nella vostra camera", li invitò Galadriel, "Vi attendiamo più tardi, per pranzare insieme e parlare."

Ad un cenno di Celeborn, un servitore si avvicinò e si inchinò; congedandosi dai padroni di casa, Aryon e Nerwen, seguiti dal lupo, vennero accompagnati nel loro alloggio – una stanza più ampia di quella che era stata assegnata alla Istar durante i suoi precedenti soggiorni nel palazzo arboreo – dove trovarono il loro bagaglio posato in un angolo e una brocca colma d'acqua tiepida per le loro abluzioni, nonché sapone e asciugamani.

Mentre Nerwen si rinfrescava, Aryon trasse indumenti puliti dalle loro sacche da viaggio.

"Allora, che te ne pare dei Signori di Lórien?", gli domandò la Maia.

"Lady Galadriel è... sconcertante", dichiarò lui con sincerità, "I suoi occhi non vedono soltanto molto lontano, ma anche in profondità", fece una breve pausa, "Come con le Entesse, mi sento molto giovane di fronte a lei, e non è una sensazione a cui sono abituato", proseguì con una certa dose di auto-ironia, poi la sua espressione mutò e divenne pensierosa, "I suoi occhi mi ricordano quelli di mio padre e di mia sorella... ma lei non è una Maia, completa o per metà", concluse, corrugando la fronte perplesso.

"No, ma è nata al di là di Belegaer e, sebbene non sia un'Aini, nei suoi occhi c'è la luce delle Terre Imperiture", gli spiegò Nerwen, "C'è anche nei tuoi e in quelli di tua sorella, perché siete per metà Maiar; Galadriel l'ha scorta e per questo ha capito che non eri soltanto un nobile Avar."

Invece di rischiarasi nella comprensione, il volto di Aryon si fece ancor più pensieroso; si girò a guardarla e Nerwen, che si stava asciugando le braccia, ne ricambiò lo sguardo con vaga inquietudine.

"Com'è che non la vedo nei tuoi occhi, quella luce...?", le domandò.

"È perché il mio aspetto è stato offuscato", gli spiegò allora l'Aini, "Quando ai Porti Grigi ho incontrato Gandalf, mi ha detto che era meglio che io assumessi un sembiante più consono alla Terra di Mezzo e ho scelto quello umano, come tutti gli altri Istari, sebbene loro abbiano preferito un'apparenza anziana che io invece ho voluto evitare. Ciò ha velato la luce del Reame Benedetto nei miei occhi; tuttavia, chi è nato a Valinor, come Galadriel, o ha ascendenze in chi vi è nato, come te e tua sorella, o Elrond di Imladris, riesce a vedere il mio duplice aspetto, quello cha cammina nel mondo visibile e quello che cammina in quello invisibile", fece una pausa, "Quando prenderemo la Via Dritta per Aman, tornerò al mio aspetto originale e spero che non mi troverai troppo diversa da ora...", terminò sottovoce. Se Aryon era rimasto impressionato dall'aspetto di Galadriel, cos'avrebbe pensato del suo, una volta tornato numinoso come previsto dalla sua natura ainurin? Tutti i suoi sforzi per non apparirgli inutilmente elevata sarebbero stati vani e lui si sarebbe sentito in stato d'inferiorità nonostante fosse figlio di un Maia...?

Poi lui sorrise inaspettatamente – il suo raro sorriso pieno che, proprio perché inconsueto, pareva tanto più luminoso – e spazzò via tutti i suoi dubbi con una sola frase:

"Sarai sempre la luce della mia vita."

Nerwen si sentì commossa, e sollevata: non era ancora riuscita a superare del tutto la preoccupazione a quel riguardo, e non ci sarebbe riuscita finché non avesse avuto la prova che non ce ne fosse bisogno, ovvero quando sarebbe accaduto. Lasciò cadere la salvietta con cui si stava asciugando e andò ad abbracciare il marito.

"Ti amo così tanto, Aryon, che non ci sono parole per esprimerlo", mormorò, posandogli il capo sul petto. Lui la strinse ed appoggiò il mento sulla sommità della sua testa.

"Vale anche per me", le assicurò.

Rimasero abbracciati per qualche istante, poi lei si staccò.

"Vai pure tu, adesso, a rinfrescarti", lo invitò, "E che ne pensi di Celeborn?", indagò ancora, mentre si cambiava.

"Anche lui mi fa sentire giovane", dichiarò, "ma meno... forse è più giovane della moglie, come io e te?"

"No, in realtà sono all'incirca coetanei; penso che la tua diversa sensazione sia dovuta al fatto che, a differenza di Galadriel, Celeborn è nato nella Terra di Mezzo."

"Mi dicevi che lui e Galadriel si sono incontrati nel Doriath, vero?", vedendo la moglie annuire a conferma, Aryon proseguì, "Se non ho capito male, tu e Celeborn siete imparentati..."

"Sì, per matrimonio: suo nonno era Elmo, fratello minore di Thingol, marito di mia sorella Melian."

"E la loro unica figlia ha sposato Elrond di Imladris, discendente di Melian..."

"Hai memorizzato tutto l'albero genealogico della mia famiglia?", rise Nerwen, "Sì, è così: rami famigliari che si sono riuniti", confermò poi, "Un po' come Arwen e Aragorn."

"Ti sembrerà strano, ma trovo la genealogia un argomento interessante", le rivelò il principe, "per questo sono così curioso. Parlami dell'ascendenza e della famiglia di Galadriel..."

Stavano ancora disquisendo dei legami di parentela della Dama del Bosco d'Oro quando un discreto bussare alla porta li interruppe. Aryon invitò ad entrare e sulla soglia si affacciò un servitore.

"Lady Galadriel e Lord Celeborn vi attendono al loro desco", annunciò.

"Grazie", rispose Nerwen, "Conosco la strada, non serve che ci accompagni", soggiunse per congedarlo. Il cameriere rivolse loro un rispettoso inchino ed uscì.

Qualche minuto dopo, Nerwen ed Aryon ponevano piede nella sala da pranzo privata dei Signori di Lórien; il tavolo era coperto da una tovaglia bianca ricamata con motivi vegetali e apparecchiato con piatti di fine ceramica, coppe d'oro e posate d'argento. Le finestre erano spalancate sulla chioma del gigantesco mallorn e la luce del sole, filtrata dalle foglie, aveva una fresca sfumatura verde. I padroni di casa entrarono pochi istanti dopo, il braccio di Galadriel infilato in quello ripiegato di Celeborn.

"Prego, sedetevi", li invitò cortesemente Galadriel, accomodandosi sulla sedia che Celeborn le aveva scostato. Aryon imitò il padrone di casa, scostando la sedia per la moglie e poi attendendo che l'altro si sedesse, come richiedeva l'etichetta, prima di imitarlo.

"Cosa te ne sembra della nostra terra, Lord Aryon?", domandò Celeborn in tono cortese.

"È davvero splendida", rispose il principe Avar, sinceramente, "Come ho detto a Nerwen, sembra di stare in un luogo ultraterreno."

Gli occhi di Galadriel si velarono di tristezza.

"Grazie, Lord Aryon", disse a bassa voce, "Purtroppo non è una condizione destinata a durare ancora a lungo: la distruzione dell'Unico Anello ha liberato il mondo da un grande male, ma il prezzo pagato è la perdita del potere dei Tre Anelli degli Elfi, di uno dei quali ho l'onore di essere la custode", fece un piccolo sorriso al moto di sorpresa di Nerwen, che non si era aspettata che lo dichiarasse apertamente di fronte a quello che, per lei, era comunque un estraneo, per quanto sposo della sua migliore amica degli Anni degli Alberi, "Non ha senso tenerlo nascosto a tuo marito, ora che Sauron non c'è più", le spiegò, protendendo la mano dove all'improvviso era comparso, per sua volontà, un anello di mithril adorno di un fiore di diamanti. Aryon lo guardò ammirato: era uno dei più bei gioielli che avesse mai visto.

"Ora che Sauron non c'è più, molti segreti che prima si dovevano mantenere per la sicurezza dei suoi opponenti possono essere svelati", commentò Nerwen a quel punto, "sebbene non tutti, e non a tutti. Io a esempio ho avuto il permesso di rivelare la mia vera natura a chi lo ritenessi opportuno, ma a parte mio marito, la sua famiglia e Aragorn, non l'ho detto a nessuno."

Lo dichiarò per far loro capire che potevano parlare liberamente davanti ad Aryon, ed entrambi annuirono confermandole d'aver compreso.

Celeborn suonò una campanella d'argento ed un attimo dopo entrò una servitrice portando un vassoio con tre brocche di cristallo.

"Acqua, vino e sidro dolce", annunciò, posando i tre recipienti sul tavolo; Nerwen sorrise: Galadriel conosceva bene la sua passione per quell'ultima bevanda.

Qualche momento dopo entrò una seconda cameriera con un carrello, dal quale servì loro tre diverse varietà di formaggi teneri, verdure crude in pinzimonio e pane. Nerwen aveva avvisato Aryon dell'abitudine dei Galadhrim di fare una robusta colazione e una cena abbondante, mentre il pranzo era molto leggero; se avessero avuto ancora fame – come normalmente a lei capitava – avrebbero fatto uno spuntino più tardi.

"La tua missione si è dunque conclusa con successo, Lady Nerwen?", chiese Celeborn.

"Sì: Aryon e io abbiamo trovato le Entesse", confermò la Istar, "e le abbiamo convinte a prendere parte alla lotta contro l'Oscuro Nemico. Se volete un resoconto completo, dovrete però prendervi il pomeriggio libero", aggiunse ridacchiando, rammentando com'era stato con Arwen ed Aragorn.

"Lo abbiamo immaginato e ci siamo organizzati", sorrise Galadriel, "rimandando tutti gli impegni a domani."

"Anche voi avrete da raccontarci qualcosa, da quel che ho saputo: Haldir ha accennato alle battaglie sostenute da voi e dagli Elfi Silvani contro Dol Guldur..."

"Sì, anche noi abbiamo avuto la nostra parte di battaglie", confermò Celeborn, "ma vi prego, cominciate voi."

Com'era accaduto a Minas Tirith, dunque, Nerwen ed Aryon narrarono delle loro avventure, dal momento in cui Nerwen aveva lasciato Lórien fino all'incontro con Barbalbero e Fimbrethil nella Foresta di Fangorn. Occorse buona parte del pomeriggio, e finito il pranzo si trasferirono tutti sul terrazzo, dove si accomodarono su divanetti di vimini imbottiti di morbidi cuscini di seta. Vennero loro serviti succhi di frutta e, ad una certa ora, anche uno spuntino a base di dolcetti di pasta di mandorle e miele.

"E così, dunque, Ent ed Entesse si sono ritrovati", commentò infine Galadriel, "Gli Onodrim sono tornati ad essere un unico popolo in una nuova terra nell'estremo oriente di Ennor. Che notizie meravigliose!"

Poi prese la parola Celeborn, che raccontò degli attacchi subiti dai Galadhrim da parte degli Orchi di Dol Guldur; l'esercito del Reame Boscoso, guidato da Thranduil in persona, era giunto dal nord e aveva dato loro manforte. Pochi giorni dopo la distruzione dell'Anello, avevano sopraffatto la fortezza nemica e cominciato a smantellarla, proseguendo fino alle fondamenta; ora non rimanevano che poche pietre scheggiate e terra rivoltata a testimoniarne la passata esistenza.

"Thranduil non era interessato a riprendersi la parte meridionale di Bosco Atro", terminò Celeborn, "e così sto pensando di espandere il nostro dominio al di là dell'Anduin e di fare di Amon Lanc – come siamo tornati a chiamare l'altura dove sorgeva Dol Guldur – una seconda città per i Galadhrim."

Nerwen notò una fuggevole espressione scettica sul volto di Galadriel, ma non volle chiedere nulla per non rischiare d'esser indiscreta, e ad ogni modo la Dama del Bosco d'Oro cambiò argomento:

"Il sole sta calando e tra non molto sarà ora di cena: propongo di riposarci da tutte le chiacchiere che abbiamo fatto in questo lungo pomeriggio, prima di sederci nuovamente a mangiare."

"Penso che sia senz'altro il caso", approvò Aryon, alzandosi imitato da Nerwen; si congedarono quindi dai Signori di Lórien, con l'intesa di ritrovarsi di lì a un paio d'ore per la cena.


Il mattino successivo, Aryon accettò l'invito di Celeborn di unirsi a lui per il suo quotidiano allenamento ed andarono a tirare di scherma assieme, entrambi curiosi di confrontare i loro stili e di imparare qualcosa di nuovo l'uno dall'altro; Galadriel allora propose a Nerwen di recarsi nel suo giardino, dove si sedettero su una panchina di legno.

"È qui che ho avuto la prima visione di Aryon", rammentò la Maia con emozione, guardandosi attorno; il posto non era cambiato affatto, tranne che per i fiori, che ora parevano più abbondanti.

"Sono così felice per te, amica mia", le sorrise Galadriel, "Finalmente, dopo così tanto tempo, hai trovato il tuo compagno per la vita! E ora vi state recando a Valinor..."

La voce le si spense, mentre un'ombra di mestizia le oscurava il volto bellissimo. Stavolta erano sole e Nerwen decise di approfondire; le prese le mani e gliele strinse.

"C'è qualcosa che ti tormenta, carissima... vuoi parlarmene?"

La Signora dei Galadhrim sospirò ed assentì.

"Hai colto nel segno", ammise, "Come ho detto ieri a pranzo, con la distruzione dell'Anello del Nemico un grande male è stato cancellato da Arda, ma allo stesso tempo molto bene è destinato rapidamente a scomparire, perché tutte le opere create coi Tre decadranno e si dissolveranno, non più mantenute integre dal loro potere, che era legato all'Anello Dominante. Questo significa che anche la mia amata Lórien svanirà, spazzata via dalle onde del Tempo... è un pensiero che non riesco a sopportare. Celeborn progetta di espandere il nostro regno oltre l'Anduin, chiamando le nuove terre Lórien Orientale, ma io, sapendo che tutto è comunque destinato a svanire, non riesco a provare alcun entusiasmo per questo", sospirò di nuovo, "La nostalgia per Valinor, sempre latente nel mio cuore, con l'indebolimento di Nenya si è improvvisamente acuita; per non parlare del desiderio di rivedere la mia unica figlia... Temo che, non potendo più ricreare un angolo delle Terre Imperiture, non riuscirò a rimanere ancora a lungo qui in Ennor. Sto seriamente prendendo in considerazione di recarmi a Mithlond e prendere una nave che mi riporti al di là di Belegaer... ne ho parlato con Celeborn, però lui non è ancora stanco della Terra di Mezzo e non è convinto; tuttavia partire senza di lui mi strazierebbe il cuore... Non so che cosa fare", concluse a voce così bassa che Nerwen stentò ad udire. Così come stentò a credere che la sua amica, che era considerata la più grande tra i saggi degli Alti Elfi sulla Sponda di Qua, non sapesse quale linea di condotta tenere; ma quando ci sono di mezzo i sentimenti, la saggezza spesso fallisce, come l'Aini aveva imparato durante la sua lunghissima esistenza.

"Mi spiace, mi spiace tanto, Galadriel", mormorò, "Dovrai scegliere il male minore, capendo cosa trovi più insopportabile: se rimanere nella Terra di Mezzo nonostante lo svanire della grazia elfica, o se separarti per qualche tempo da tuo marito. Perché la vostra separazione sarebbe comunque solo temporanea: già da molto gli Elfi hanno cominciato a abbandonare Ennor e adesso l'esodo si farà sempre più massiccio. L'Era degli Elfi è terminata e sta per cominciare l'Era degli Uomini. Prima o poi, Celeborn seguirà i tuoi passi e ti raggiungerà oltre di Grande Mare", fece una pausa, per poi proseguire, "Anche gli Avari, che pure un tempo rifiutarono l'invito dei Valar, finiranno col lasciare le loro terre e recarsi all'Ovest, e Círdan attenderà finché tutti non saranno giunti ai Porti Grigi, e così l'Ultima Nave salperà alla volta del Reame Benedetto."

Galadriel meditò sulle parole dell'amica.

"Hai ragione", disse infine, "Quando Frodo mi ha offerto l'Anello Dominante e io ho resistito – a malapena, lo ammetto – alla tentazione di accettarlo, ho capito che avrei potuto finire col lasciare la Terra di Mezzo. Proverò a rimanere qui con Celeborn, ma se non ce la farò, alla fine partirò", guardò l'Aini, gli occhi azzurri tornati limpidi e decisi, "Grazie per avermi indicato la strada giusta, Nerwen."

"Non ho fatto niente", si schermì l'altra, "Tu già sapevi tutto quello che ti ho detto; io ti ho solo esposto i fatti da un punto di vista obiettivo, mentre tu li percepivi da un punto di vista soggettivo. È sempre così, quando siamo troppo emotivamente coinvolti."

Galadriel le sorrise con gratitudine, poi cambiò discorso:

"Sai, riguardo a Arwen e Aragorn, ho fatto come mi avevi chiesto: non ho ostacolato in alcun modo il loro amore. Quando Aragorn è passato di qui con i Compagni dell'Anello, ho avuto il presentimento che lui e mia nipote si sarebbero sposati nonostante l'opposizione di Elrond, e gli ho dato l'Elessar, la pietra che Mithrandir mi aveva portato da Valinor predicendo che l'avrei donata a qualcuno che avrebbe ricevuto lo stesso nome e sarebbe divenuto un guaritore e un rinnovatore."

"La sua Seconda Vista forse non è più acuta come quando era Olórin, ma in questo caso ci ha preso in pieno", considerò Nerwen.

"Già... Parlando di Seconda Vista, è stata quella, a rivelarti che Aragorn e Arwen erano destinati insieme?", indagò la Dama di Lothlórien.

"Sì", ammise l'altra, "e volevo evitare loro, per quanto possibile, le difficoltà che hanno incontrato Lúthien e Beren, procurando loro almeno un'alleata in mia vece. Non mi è mai andato già che Thingol abbia avversato la loro storia e prevedevo che Elrond avrebbe fatto altrettanto."

"Così è stato infatti, ma poiché ama anche Aragorn come un figlio, alla fine ha dato il suo completo benestare alle loro nozze – non che avrebbe potuto impedirle, se non l'avesse fatto – sebbene questo comporti che non rivedrà mai più sua figlia fino alla fine del mondo."

"Immagino bene che per lui non sia stato più facile che per Thingol, ma non si può e non si deve contrastare il volere di Ilúvatar; e come ha detto Arwen, meglio cento anni con la persona della tua vita che diecimila senza."

"Assolutamente vero", confermò Galadriel.


Trascorsero diversi giorni; Nerwen ed Aryon facevano colazione in camera all'orario che preferivano, poi uscivano a visitare Caras Galadhon o a fare delle escursioni a cavallo, come a Cerin Amroth. Poi pranzavano dove si trovavano, a volte a palazzo con Celeborn e Galadriel, altre volte in giro per la città arborea, oppure si portavano il pranzo a sacco; infine per cena si ritrovavano sempre coi Signori di Lórien.

La Istar non aveva particolare fretta di proseguire, dato che quella era l'ultima volta che vedeva il Bosco d'Oro, che era giunto ad essere il suo angolo preferito della Terra di Mezzo, perfino più della Foresta di Neldoreth nello scomparso regno di Melian e Thingol.

Fu così che, il mattino di un giorno d'agosto, Aryon e Nerwen risalirono l'Argentaroggia alla ricerca di un luogo di cui Galadriel aveva parlato all'amica, dove lei e Celeborn si rifugiavano a volte quando avevano desiderio o bisogno di stare da soli, lontani da tutto e da tutti, per tornare ad essere soltanto marito e moglie.

Il posto era lontano dai sentieri abitualmente battuti e, sebbene non particolarmente malagevole da raggiungere, era difficile da trovare e senza le precise indicazioni ricevute non ce l'avrebbero mai fatta.

Si addentrarono in quello che sembrava un roveto inestricabile, ben poco invitante, e seguendo un tracciato appena visibile, largo a malapena abbastanza per i cavalli, raggiunsero un piccolo torrente che, più avanti, si univa al Celebrant. Lo discesero per un paio di centinaia di metri finché non trovarono un punto in cui si allargava, formando un piccolo specchio d'acqua limpidissima nel quale si riversavano delle piccole cascate, provenienti da un'altura che si ergeva all'improvviso nel mezzo del bosco. Smontarono e lasciarono i cavalli liberi, mentre Túdhin si addentrava tra gli alberi, curioso di esplorare quel nuovo posto.

"È stupendo!", commentò Nerwen, guardandosi attorno. Aryon annuì:

"Sì, lo è davvero. Assomiglia un po' al nostro posto..."

Si riferiva al luogo dove si erano uniti per la prima volta e che avevano visitato nuovamente l'anno prima.

"Hai ragione", convenne la Maia, "Ora capisco perché Celeborn e Galadriel vengono qui, quando hanno voglia di solitudine...", sorrise, immaginando la sua amica ed il marito che, per alcune ore, si rilassavano e facevano soltanto gli innamorati, lontani dai loro obblighi di corte.

Stesero le loro stuoie al sole e sopra di esse degli asciugamani, poi posarono le bisacce con le vettovaglie all'ombra dei faggi che circondavano il laghetto.

"L'acqua è davvero invitante, con questo caldo: io faccio subito il bagno", annunciò Aryon, cominciando a spogliarsi, "Vieni anche tu?"

Nerwen lo sbirciò, ammirandone il torso dai muscoli scolpiti; l'aveva visto ogni giorno da quando stavano insieme – eccetto il periodo trascorso nella strana dimensione oltre il Portale Oscuro – ma non si stancava mai di guardarlo. Non era soltanto per la sua indubbia avvenenza, era soprattutto il fatto che lo amava e, per lei, non c'era niente di più bello da guardare in tutta Eä.

"Certo", rispose con entusiasmo, liberandosi della camicia.

Lasciarono gli abiti ammucchiati accanto alle stuoie e si addentrarono nel piccolo bacino; l'acqua era relativamente fredda, ma data la canicola, dopo il primo impatto non era per nulla spiacevole. Il fondo di ciottoli chiari e tondeggianti era pulito e appena un poco scivoloso, così non faticarono ad avanzare; il laghetto era abbastanza profondo da consentire loro agevolmente di nuotare.

"Si sta magnificamente", commentò Nerwen, parlando ad alta voce per sovrastare il rumore delle cascate.

"Vero", concordò Aryon, sorridendole più con gli occhi che con le labbra, "ma io starei magnificamente ovunque, con te, lo sai."

Lei contraccambiò il suo sorriso.

"Sì, lo so... e io con te. Anche tu lo sai."

Il principe Avar annuì; si avvicinò e l'abbracciò da dietro, baciandole la sommità del capo.

"Lo so", confermò; Nerwen si adagiò all'indietro, posando la schiena contro il suo petto, e lui la strinse maggiormente. Prese ad ondeggiare piano, cullandola, e la Istar chiuse gli occhi, colta da una sensazione di felicità così grande da rischiare di sopraffarla.

Rimasero così per alcuni minuti, godendosi la reciproca vicinanza, che non era solamente dei loro corpi, ma anche dello spirito e del cuore. Poi Aryon, preso da curiosità, si mosse.

"Andiamo a vedere da vicino le cascate", propose. Nerwen annuì e lo seguì; nuotarono fino a dove la cascatella più vicina si riversava nel bacino con un piacevole suono scrosciante e vi si avvicinarono, ma la forza dell'acqua che cadeva era eccessiva per posizionarsi sotto di essa, così si spostarono sulla sinistra, seguendo la ripida riva che in quel punto era pietrosa e parzialmente coperta d'erba; pochi metri più oltre la roccia formava un ripiano liscio grande abbastanza per sedersi; Nerwen vi si issò, appoggiandosi all'indietro sulle braccia e sollevando il viso verso il cielo, gli occhi chiusi, lasciandosi accarezzare dal sole. Aryon sentì il cuore cominciare a battere più forte: in vita sua aveva incontrato Elfe indescrivibilmente belle – a cominciare da sua sorella Eliénna, e poi Meledhiel, Arwen, Galadriel, per citarne solo alcune – ma solamente Nerwen era capace di togliergli il respiro e di fargli piegare le ginocchia semplicemente guardandola. Anche completamente vestita... figurarsi se, come in quel momento, non indossava nulla.

Sentì l'impellente necessità di congiungersi a lei, di far vibrare il proprio cuore all'unisono col suo, confondere la propria carne con la sua, mescolare il proprio respiro col suo, divenendo completo come soltanto l'unione con la sua compagna per la vita lo poteva far sentire.

Percependo il suo sguardo su di sé, Nerwen aprì le palpebre e volse gli occhi verso di lui; incontrò le sue iridi azzurre, ardenti d'amore e di desiderio, e si sentì sfarfallare lo stomaco. Si rizzò a sedere ed allungò una mano; Aryon la prese e ne baciò il palmo, poi l'interno del polso, per infine posarla sulla guancia, tutto senza staccare gli occhi dai suoi.

Sedotta dal suo sguardo, Nerwen sentì la propria femminilità fremere ed avvampare; si avvicinò ed allora il principe l'afferrò per la vita e la sollevò, riportandola in acqua, in piedi davanti a sé. La Istar gli passò le braccia dietro la schiena e sollevò il viso in un evidente invito; Aryon non si fece pregare e chiuse la distanza tra loro, facendo aderire i loro corpi e posando la bocca sulla sua. Le baciò le labbra, più volte; poi ne accarezzò la giunzione con la punta della lingua, chiedendo accesso, e lei glielo concesse immediatamente. Si baciarono, sensualità pari alla dolcezza, in modo tanto tenero quanto esplosivo, esprimendosi vicendevolmente il sentimento, la passione, il desiderio, la venerazione che provavano l'uno per l'altra.

Lentamente, la mani di Aryon si mossero sul corpo di Nerwen, dapprima risalendo sotto i suoi lunghi capelli bruni, accarezzandole il dorso, per poi tornare indietro e passarle sulle sue morbide curve. Contro l'addome, la Istar sentì chiaramente la prova inconfutabile del suo desiderio per lei, ed un caldo brivido la percorse in profondità.

Abbassò le mani sui glutei sodi del marito e lo strinse contro di sé, strofinandosi lentamente su di lui; ad Aryon mancò il fiato. Le lasciò la bocca, scendendo a baciarle il collo e la gola, sfiorandone la pelle con labbra leggere, tentatrici, provocanti. A Nerwen sfuggì un sospiro mentre il suo battito cardiaco accelerava.

Desiderosa di contraccambiare le amorose attenzioni di Aryon, gli posò le mani sul petto, respingendolo leggermente per poterlo accarezzare; lui sollevò le spalle per assecondarla ed allora Nerwen gli prese un capezzolo tra le labbra, sfiorandolo con la punta della lingua. Lo sentì sussultare ed emettere una piccola esclamazione; fece scorrere le mani verso il basso lungo i suoi fianchi e ne insinuò una tra i loro corpi avvinti, fino a posarla sulla sua solida virilità. Aryon sussultò nuovamente, più forte, ed un'altra esclamazione gli cadde dalle labbra, più sonora. Incoraggiata, Nerwen lo accarezzò in maniera conturbante, ma dopo pochi istanti lui le afferrò il polso per fermarla, troppo eccitato per resistere ancora a lungo. Si spostò, unicamente per avere lo spazio per circondarle i seni con le mani e chinarsi a coprirli di baci, fino a raggiungerne le punte ed a mordicchiarle teneramente, ricambiando le seducenti carezze che lei gli aveva elargito poco prima.

Nerwen emise un gemito strozzato; la testa le girava e le gambe minacciavano di cederle. Aggrappandosi alle spalle del marito, si inarcò verso di lui, il respiro affannoso, gli occhi chiusi, negli orecchi il rombo del proprio sangue impazzito.

Non ancora pago, Aryon scese a sfiorare con dita sapienti il nucleo della sua intimità; con un ansito, Nerwen sollevò una gamba e la attorcigliò a quella di lui, consentendogli così un miglior accesso.

Aryon la toccò sensualmente; sott'acqua non poteva giudicare quanto lei fosse pronta, perciò rimase ad ascoltare i suoi gemiti che si facevano sempre più acuti fin quando non si ritenne soddisfatto. A quel punto, l'afferrò per i fianchi, sollevandola e posandola nuovamente sul ripiano di roccia, poi si abbassò leggermente sulle ginocchia e lentamente, guardandola negli occhi, si fece strada dentro di lei.

Sentendolo colmarla – tanto nella carne quanto nell'anima – Nerwen sospirò di contentezza e lo strinse, abbandonandosi al suo abbraccio ed affidandogli la conduzione della loro danza, seguendo ed assecondando i suoi movimenti. Non avevano più proferito motto, ma la loro reciproca comprensione non necessitava di parole, manifestandosi con sguardi, espressioni, posture, sospiri.

Si amarono teneramente, senza fretta, esprimendo, ancor prima di quello fisico, il mutuo bisogno spirituale; scalarono le vette del piacere con gradualità, in un ininterrotto crescendo che li portò sempre più in alto, picco dopo picco, costantemente oltre, ancora ed ancora, fino a giungere insieme alla sommità massima, godendo l'uno dell'altra con l'ineffabile intensità che scaturiva dall'amore reciproco.

Rimasero stretti l'uno tra le braccia dell'altra; lentamente gli spasmi dei loro corpi si calmarono, i respiri si acquietarono e le pulsazioni frenetiche dei loro cuori si placarono. Continuarono a tenersi allacciati, scambiandosi delicate carezze, la testa di Nerwen abbandonata sulla spalla di Aryon, la guancia di Aryon posata sui capelli di Nerwen.

"Benedetti Valar, quanto ti amo...", bisbigliò la Maia con un sospiro di beatitudine. Lui le baciò la tempia.

"Tanto quanto io amo te", replicò a bassa voce, poi si staccò un poco per poterla guardare negli occhi, "Fare l'amore con te è sempre meraviglioso", affermò, "ma stavolta lo è stato di più."

Nerwen aveva avuto la stessa sensazione e non si stupì che anche il marito l'avesse provata.

"Non so se dipenda dal luogo, così simile al nostro, ma... è stato davvero speciale", confermò.

Rimasero così ancora per qualche minuto; quando alla fine, con riluttanza, si separarono, sguazzarono ancora un poco in acqua, poi tornarono a riva e si sdraiarono al sole.

Non fu l'unica volta in cui, quel giorno, fecero l'amore: su di loro era sceso come un sortilegio che li spinse a cercarsi ripetutamente, affamati l'uno dell'altra senza riuscire a saziarsi, fino a sera, rinnovando l'esperienza vissuta durante i primissimi giorni del loro amore, non tanto per il numero di amplessi ma per il fervore che li aveva travolti, che fece loro scordare ogni altra cosa, come se non esistesse nient'altro all'infuori di loro; si dimenticarono perfino di pranzare, finché i morsi della fame, nel tardo pomeriggio, li costrinsero ad interrompersi e a consumare le vivande che si erano portati appresso.

Vedendoli estremamente impegnati, i loro amici kelvar si tennero discretamente a distanza per tutto il tempo. Infine, mentre la luce del giorno scemava e le ombre si allungavano, Nerwen ed Aryon decisero di rientrare a Caras Galadhon, piuttosto ammaccati ma terribilmente appagati; giunti a palazzo, si ritirarono subito per riposarsi dalla loro maratona d'amore, mandando le loro scuse a Galadriel e Celeborn perché non avrebbero fatto loro compagnia per la cena.

"È ormai ora che proseguiamo il viaggio", annunciò Aryon alcune sere dopo, mentre lui e Nerwen stavano pranzando con i Signori di Lórien; ne avevano parlato quel mattino ed avevano deciso che fosse ormai tempo di congedarsi.

"Ci spiace vedervi andar via", dichiarò Galadriel, "ma comprendiamo che dovete farlo. La stagione avanza e se aspettate troppo potreste trovare neve sul Caradhras."

"Dalla sconfitta di Sauron, non abbiamo più visto neppure l'ombra di Orchi, almeno nella nostra zona", rivelò loro Celeborn, "Ritengo che possiate percorrere Nanduhirion e il passo senza pericolo."

"Meglio così", commentò Nerwen, compiaciuta, "Sono lieta che quelle empie creature si siano ritirate."

"Purtroppo non sono ancora del tutto scomparsi", disse la Dama, "Esistono ancora alcune loro enclavi, come a Gundabad nell'estremo nord delle Montagne Nebbiose, o nella parte più orientale degli Ered Lithui, a nord di Mordor; ma almeno qui non ce ne sono più."

"Non più nutriti dal potere dell'Occhio, finiranno con l'estinguersi", affermò Celeborn, "anche se forse ci vorranno ancora diversi anni, decenni probabilmente."

"Sì, sarà così", convenne Galadriel, mentre il suo volto si faceva grave, "Sono stati creati in dispregio degli Eldar ed è quindi equo che scompaiano assieme a noi."

Infatti Melkor, l'Oscuro Nemico di cui Sauron non era stato altro che un servitore, aveva dato origine agli Orchi durante i Tempi Remoti, prima che Sole e Luna illuminassero i cieli di Arda, non soltanto per avere un suo proprio esercito, ma anche per deridere la creazione di Ilúvatar.

Colpiti dalla simmetria della situazione, tutti annuirono, concordando.


Il giorno prima della partenza, Nerwen ed Aryon desinarono per l'ultima volta con i Signori di Lothlórien; la cena fu particolarmente ricca, con portate di carne e di pesce accompagnate da ottimi vini del Dorwinion, e per concludere una crostata di pesche con sidro dolce.

Al mattino si trovarono per fare colazione insieme; Túdhin, che desiderava accomiatarsi da Celeborn e Galadriel, accompagnò i suoi amici a due gambe e si accucciò in un angolo in attesa che terminassero di mangiare.

Ed infine fu l'ora del commiato.

"Che i Valar vi accompagnino sani e salvi fino a Imladris e oltre", disse Celeborn, abbracciando formalmente prima Nerwen e poi Aryon. Galadriel fece altrettanto col principe Avar, ma invece strinse affettuosamente la sua amica. Non era un addio, bensì un arrivederci: presto o tardi, si sarebbero incontrati nuovamente, di qua o di là di Belegaer.

Túdhin si avvicinò e guardò Galadriel, la quale gli sorrise ed allungò una mano per accarezzarlo; il lupo allora le leccò le dita e poi fece altrettanto con Celeborn.

È stato bello rivederli, disse e la Istar riportò le sue parole agli altri.

"Anche per noi è stato bello rivedere te, Túdhin", rispose cortesemente il Signore di Lórien.

Infine, con un inchino di saluto, Aryon e Nerwen uscirono e scesero la lunga scala fino ai piedi del mallorn, seguiti dal lupo; qui giunti, trovarono ad attenderli due palafrenieri con le loro cavalcature, già pronte per la partenza. Montarono e seguirono la strada fino ai cancelli della città; usciti da Caras Galadhon, si inoltrarono lungo il sentiero che conduceva al Celebrant, che avrebbero seguito fino ad uscire dal Bosco d'Oro per poi proseguire lungo la Valle dei Rivi Tenebrosi fino al Cancello Cornorosso e di lì valicare le Montagne Nebbiose.

Era il quindicesimo giorno di agosto.


Come assicurato loro da Celeborn, durante il tragitto non videro neppure l'ombra di un Orco, ma rimasero comunque sempre sul chi vive; del resto proprio sul valico del Caradhras, come Elladan ed Elrohir avevano raccontato a Nerwen, era stata rapita Celebrían, la loro madre, e il pericolo poteva ancora essere in agguato, nonostante la mancanza di avvistamenti.

Il Cornorosso era più agevole dell'Altopasso a nord di Gran Burrone, ma non era comunque di facile transito, tanto da far loro preferire superarlo a piedi, conducendo le cavalcature per le briglie.

Una volta disceso il versante occidentale delle Montagne Nebbiose, si incamminarono lungo le sue pendici in direzione quasi esattamente nord, dritti verso Imladris, dove Nerwen voleva sostare brevemente per salutare i suoi parenti prima di dirigersi verso i Porti Grigi.

Una settimana dopo la loro partenza da Lothlórien ricorreva il compleanno di Aryon. Quel giorno se la presero con maggior calma del solito, alzandosi più tardi e sostando più a lungo per il pasto di mezzogiorno. Nerwen mangiò poco: da qualche giorno sentiva una strana sensazione, come di leggera nausea, non esattamente fastidiosa, ma insolita. Dapprincipio l'aveva attribuita al superamento del Caradhras, ma normalmente l'altitudine non le faceva effetto e quindi l'aveva trovato strano; ma il persistere della sensazione le dava pensiero. Così decise di esaminarsi per verificare di cosa si trattava; avvertito Aryon del proprio proposito affinché non si inquietasse, volse i propri sensi all'interno. Il suo sguardo si fece vuoto, volgendosi all'interno mentre analizzava il proprio organismo, partendo dall'esterno con la pelle, l'epidermide profonda, i muscoli, per poi passare agli organi interni e successivamente a ossa e tendini; ma la cagione del suo vago malessere le fu chiara in un battibaleno non appena esaminò il ventre.

Tornò immediatamente all'esterno e si voltò verso Aryon, che stava riponendo le stoviglie usate per il pasto; il suo movimento subitaneo lo allarmò per la frazione di un secondo, ma la sua espressione raggiante lo rassicurò subito.

Senza parlare, l'Aini gli tese le mani e lui la raggiunse, sedendosi accanto a lei con aria interrogativa.

"Ho un regalo speciale per te", gli disse Nerwen, prendendogli una mano e posandosela sull'addome, "La nostra piccola è arrivata."

Per un lungo momento, Aryon rimase imbambolato a guardare la propria mano stesa sul ventre della moglie. Poi sollevò gli occhi, che lo sbalordimento aveva reso tondi, e li tuffò in quelli di lei.

"La bambina che avevi visto...", alitò, "Nostra figlia!"

Nerwen annuì, gli occhi splendenti. Non si era aspettata che la sua visione si avverasse tanto presto e la gioia che provava era inesprimibile.

Aryon tornò ad abbassare lo sguardo e le accarezzò lentamente la pancia, ancora piatta ma che, col trascorrere delle settimane e dei mesi, si sarebbe gonfiata per la nuova vita che conteneva. Poi, sopraffatto dalla felicità, abbracciò strettamente Nerwen.

"Oh amore mio, non potevi farmi regalo più meraviglioso di questo...", le bisbigliò all'orecchio, la voce resa malferma dalla profonda emozione che lo scuoteva.

"Il regalo l'hai fatto tu a me", lo contraddisse lei, ugualmente emozionata. Lui si ritrasse per guardarla.

"Ma sono io quello che compie gli anni, oggi", le ricordò, rivolgendole uno dei suoi infrequenti, splendidi sorrisi pieni, "Quando è successo?", le domandò poi.

Lei aveva visto l'esatto grado di maturità dell'embrione e fatto il conto.

"Il giorno che siamo stati nel posto speciale di Galadriel e Celeborn", rispose, "Ora si spiega la nostra smania... nostra figlia voleva venir concepita!"

"Dimostra già una gran bella forza di volontà", sogghignò Aryon, orgogliosamente.

"Te l'ho pur detto, che avrà un caratterino niente male", sogghignò lei di rimando.

"Il mio carattere e la tua bellezza?", fece lui, "Non ci sarà nessuno che potrà resistere al suo fascino...", concluse, prima di chinarsi e inondare di baci il volto della moglie.

Avendo percepito la grande commozione della sua amica, Thilgiloth si era avvicinata, ma si era mantenuta un po' discosta per non disturbare quello che le appariva un evidente momento di intimità emotiva tra i due compagni. Quando li vide separarsi, dopo essere stati a lungo abbracciati, contattò Nerwen:

Sto sentendo in te una gioia immensa e viscerale...

"È proprio il caso di definirla così", commentò Nerwen, alzandosi per andare ad accarezzare la Corsiera con affetto, "Sono incinta", le annunciò. Thilgiloth emanò una sensazione di grande meraviglia, poi sollevò il collo ed emise un nitrito di gioia.

Udendola, le altre cavalcature e Túdhin si girarono a guardarla; il lupo si avvicinò rapidamente e domandò:

Che succede?

Nerwen gli ripeté la notizia e anche il predatore, dopo il primo attimo di stupore, si produsse in una manifestazione di gioia, dapprima lanciando un latrato, poi andando ad appoggiarsi contro la gamba di Nerwen prima e di Aryon dopo.

Sono molto felice per voi, dichiarò, leccando la mano del principe.

"Propongo di non proseguire, per oggi", disse Nerwen a quel punto, "così contatto Yavanna per informarla e poi mi riposo. Devo anche regolare il mio organismo al nuovo stato, così elimino il disturbo che sento e evito quelli futuri."

"Allora quando hai terminato di parlare con Kementári, andrò a caccia: un po' di carne fresca per cena varierà la nostra dieta", commentò Aryon e la Maia annuì in approvazione.

Quando la porta che simboleggiava il loro collegamento si aprì, Yavanna l'accolse un po' sorpresa: dopo Fangorn, non c'era motivo di incontrarsi ancora, e quindi immaginò che ci fosse un imprevisto. Il volto radioso della sua discepola le disse che si trattava di una bella novità.

Salve, amica mia, l'accolse quindi con un sorriso, Come stai?

Magnificamente, rispose Nerwen, Ricordi la figlia che ho visto nel futuro mio e di Aryon? È già arrivata!

Ma è meraviglioso!, esclamò la Regina della Terra con entusiasmo, Sono così contenta per te..., l'abbracciò affettuosamente, Anche Melian lo sarà!

Non pensavo che accadesse tanto presto, ammise Nerwen, Sia Aryon che io siamo totalmente basiti, talmente felici che... beh, quasi non respiriamo, concluse, non sapendo come descrivere l'immensa gioia che provavano.

Proseguirai il viaggio, o ti fermerai a farla nascere in Endorë?, indagò Yavanna.

Non ci ho ancora pensato..., considerò la Istar, Lúthien ci ha messo solo sedici settimane per nascere e, da quel che ho visto, anche mia figlia farà lo stesso. Ne sono già passate tre, il che significa che ne rimangono soltanto tredici. Potremmo farcela ad arrivare a Mithlond e a raggiungere Valinor, ma dovrei viaggiare col pancione e temo che diventi assai scomodo. Forse vale la pena fermarci a Imladris e attendere che la bimba sia abbastanza grande da affrontare il viaggio con noi, concluse.

Allora fammi sapere quando nascerà, la pregò Kementári, Vorrei esserci, come al tuo matrimonio.

Grazie..., mormorò Nerwen, commossa: presso gli Eldar, era usanza che al parto fosse presente il padre, la madre della partoriente e le eventuali sorelle già madri, ma ovviamente Nerwen non aveva questa possibilità, laddove si trovava. Melian avrebbe potuto arrivare in tempo, tuttavia avrebbe dovuto chiedere una dispensa speciale dai Valar, né più né meno di quella concessa agli Istari, e non le sembrava il caso di disturbare le Potenze del Mondo per un fatto personale; ma Yavanna avrebbe potuto essere presente in spirito, così come aveva fatto il giorno delle sue nozze.

Allora aspetto la tua chiamata, concluse la Regina della Terra, Che la mia benedizione accompagni la tua creatura fino al momento in cui vedrà la luce, e che poi le stelle brillino sempre sul suo cammino.

Nerwen chinò il capo, accettando emozionata l'augurio della sua Maestra su sua figlia. Infine si salutarono e la Istar tornò.

"Yavanna è molto felice per noi", riferì ad Aryon, dopo che si fu rifocillata con qualche boccone di lembas, "Sarà presente al parto, così come lo è stata al matrimonio; e ha benedetto la bambina..."

"Sul serio?", trasecolò il principe, "È un grandissimo onore..."

"Lo è infatti", confermò lei sorridendo, ancora toccata, "ma lei è la mia Maestra e tra noi c'è un grande affetto... è naturale che mi auguri ogni bene, e assieme a me, anche a te e a nostra figlia..."

"Sì, certo... ma per me è sempre straordinario. Mi emoziona molto il pensiero che, tra non molto, vedrò di persona la favoleggiata Valinor e incontrerò i Valar... e ritroverò mio padre..."

Nerwen gli prese le mani tra le sue:

"Stavo pensando che sarebbe meglio fermarci a Imladris per un po'", disse, poi gli spiegò della rapida gravidanza che l'aspettava ed espose le proprie considerazioni riguardo al disagio di muoversi col pancione. Si sarebbe trattato di rimandare la partenza di circa un anno, ovvero quando la piccola avrebbe avuto nove o dieci mesi.

Aryon comprese le sue ragioni.

"Un anno in più o in meno non cambia molto", considerò, scrollando le spalle, "Valinor non scappa, no?"

"Certo che no..."


Ripresero il viaggio il mattino dopo; da quel momento procedettero più lentamente e per meno ore ogni giorno; dopo aver regolato il proprio organismo in conseguenza al suo nuovo stato, Nerwen non sentiva più alcun disturbo, ma era consigliabile che non si affaticasse troppo.

Fu così che infine, il decimo giorno di settembre, raggiunsero il guado del Bruinen; la magia protettiva di Elrond ancora difendeva Imladris, così Nerwen, come aveva fatto quasi esattamente ottant'anni prima, vi aprì un varco per passare. Superato il guado, richiuse il passaggio e poi proseguirono sul sentiero che conduceva alla valle nascosta, dove sorgeva l'Ultima Casa Accogliente al di qua delle Montagne Nebbiose.


Angolo dell'autrice:

Le origini di Celeborn sono controverse: nei suoi primi scritti, Tolkien afferma che egli sia parente di Thingol e abbia incontrato Galadriel quando lei venne in esilio nel Doriath con i Noldor, e questo fu l'approccio scelto da Christopher Tolkien per il "Silmarillion"; poi nei "Racconti Incompiuti" Tolkien stesso precisa che Celeborn è nipote di Elmo, fratello di Thingol, e questa è la versione più ampiamente accettata. Tuttavia, in scritti più tardi, Tolkien afferma che egli è un Teler di Alqualondë, nipote di re Olwë, l'altro fratello di Thingol; ma questa versione tarda contraddice cose già stabilite nelle appendici de "Il Signore degli Anelli" e in "The Road Goes Ever On" (raccolta di poesie scritte da Tolkien), perciò non viene normalmente considerata e pertanto io ho fatto lo stesso.

Ebbene, Nerwen è incinta! Che ne pensate? Un'altra cosa che non avevo previsto, e che è venuta fuori da sé. Personalmente, mi ha molto emozionata. Spero che lo abbia fatto anche con voi.

Mancano oramai soltanto un paio di capitolo alla conclusione; non so davvero come farò a tornare dalla Terra di Mezzo, dopo avervi trascorso tanto tempo. Mi accadrà come a Sam Gamgee: sarò sempre divisa in due. Finché un giorno vedrò la pioggia trasformarsi in vetro argentato ed aprirsi, svelando bianchissime sponde e una verde terra sotto una lesta alba...

Grazie ai tanti che hanno messo la mia storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, o che hanno messo la sottoscritta tra gli autori preferiti: sono estremamente lusingata. Mi piacerebbe contattarvi per ringraziarvi singolarmente, ma temo di disturbarvi, per cui vi prego di accettare i miei ringraziamenti pubblici in questa sede.

Un sentitissimo GRAZIE a tutte maiuscole merita, come sempre, la mia adorata socia Heaven Tonight, sempre disponibile a decifrare per me i Grandi Segreti dell'Html. Mia cara, sei la mia Istar personale LOL

Lady Angel


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