Capitolo LIV: La Terra tra i Fiumi



Capitolo LIV: La Terra tra i Fiumi

Il giorno successivo ripartirono alla volta del fiume che delimitava il confine settentrionale del presunto territorio delle Entesse.

Sebbene la presenza di Aryon le consentisse di concentrarsi unicamente sull'altrove dato che al qui poteva badare lui, l'Aini non poteva mantenere i propri pensieri estesi per troppe ore di seguito, così l'area esplorata era forzatamente più ristretta in rapporto alla distanza che avrebbero potuto effettivamente percorrere; ma non volevano correre il minimo rischio di mancare le Entesse, magari di poco.

"Se non altro, questa regione è davvero bella", osservò Nerwen, quando quella sera si accamparono. Aryon, che stava rimestando lo stufato da lui preparato col coniglio cacciato nel pomeriggio, si girò a guardarla.

"La tua capacità di trovare il lato positivo delle cose è sempre stupefacente", dichiarò, tornando a sedersi accanto a lei, "È una delle qualità che più amo, in te."

La Istar gli sorrise:

"A volte mi scoraggio anch'io", ammise, "ma mai per troppo tempo. È proprio tipico del mio carattere, voler scovare un raggio di luce nel buio più profondo."

"Io invece sono tutto il contrario", ammise il principe. Il sorriso di Nerwen si allargò:

"Ma ti amo lo stesso!"

Lui le lanciò una rapida occhiata.

"E meno male!", bofonchiò; un sorrisetto gli danzava agli angoli della bocca in una maniera che l'Aini trovava sempre adorabile.

La loro diversità caratteriale avrebbe potuto essere fonte di scontro, tra loro; ma invece ne avevano fatto il punto di forza del loro rapporto, perché laddove uno eccedeva, l'altro mitigava, e dove uno non arrivava, arrivava l'altro. Si completavano e si arricchivano a vicenda. Ciò non escludeva piccoli bisticci, occasionalmente, ma si trattava sempre di bazzecole presto risolte col semplice uso del buonsenso da parte di entrambi. Perfino all'inizio, quando si erano scontrati, più che incontrati, sulle rive del Mare di Rhûn, c'era sempre stata questa capacità di intendersi – il che, alla luce del fatto che erano compagni per la vita, ora naturalmente appariva ovvio.


Il mattino seguente, smontarono il campo e ripresero la strada. Nel pomeriggio, Nerwen avvertì una consapevolezza che le sembrò nota, ma era molto debole a causa della lontananza. Tirò le redini di Thilgiloth, che si arrestò immediatamente.

Che succede?, domandò la Corsiera, muovendo gli orecchi per cercare di captare suoni insoliti.

"Ho sentito qualcosa", rispose la Maia, in tono teso, parlando ad alta voce a beneficio di Aryon. Il principe fece fermare Allakos accanto a Thilgiloth.

"Ostile?", s'informò, la mano già sull'elsa della spada.

"No, affatto", lo tranquillizzò lei, "ma è molto lontano; se riesco a capire in che direzione si trova possiamo avvicinarci e verificare."

Chiuse gli occhi per meglio concentrarsi ed estese al massimo i propri pensieri, muovendoli in un lento semicerchio davanti a sé.

"Di là", disse infine, indicando dritto verso nord, "ma non saprei precisare la distanza."

"Non ci resta che scoprirlo", commentò Aryon, con una scrollata di spalle. Diedero di tallone alle loro cavalcature e si rimisero in marcia.

Una mezz'ora più tardi, Nerwen si voltò verso il marito:

"L'ho perso... non lo percepisco più", annunciò in tono frustrato.

"Si è allontanato?", domandò Aryon, aggrottando la fronte, "Si è forse spaventato?"

"Ma ho mandato soltanto pensieri amichevoli!", protestò lei, "Non vedo perché avrebbe dovuto spaventarsi..."

"Forse il tuo modo di comunicare l'ha messo a disagio", ragionò il principe. Nerwen ci pensò su, poi annuì, dandogli ragione.

"Peccato... magari era un'Entessa...", mormorò, afflosciando le spalle. Aryon si sentì molto dispiaciuto per lei.

"Dai, proseguiamo lo stesso", la incoraggiò, "Magari cambia idea e torna indietro, venendoci incontro."

Era una debole speranza, ma sempre meglio di niente, pensò Nerwen, quindi assentì in segno d'accettazione.

Poco prima dell'imbrunire, giunsero ai margini di un bosco; Nerwen distinse tassi, querce, acacie, betulle, faggi, frassini, castagni, noci, noccioli, aceri e pini. C'erano alberi molto antichi, altri più giovani, altri giovanissimi; quando la Istar li sondò, trovò le tracce di una grande vitalità che, sebbene smorzata dal riposo invernale, esprimeva una sensazione di benessere e di gioia tale che la fece sorridere: il bosco stava bene.

Lo disse ad Aryon, che commentò quietamente:

"Potrebbe essere un'indicazione della presenza delle Entesse, non credi?"

Nerwen s'illuminò: non ci aveva pensato,

"È vero!", esclamò, "Potrebbe davvero essere così... Aryon, sento che siamo così vicini...", sospirò, "A volte la mia Seconda Vista si manifesta in maniera molto sottile, tanto che non riesco a distinguere se sia il mio desiderio o se sia davvero una premonizione."

Il principe annusò l'aria.

"Comunque sia, è ora di fermarci per la notte", osservò molto praticamente, "Anche perché sta per nevicare."

Nerwen scrutò il cielo ormai buio, nel quale le stelle brillavano in maniera particolarmente luminosa, com'era tipico delle notti invernali.

"Tu dici?", chiese, scettica, "Non c'è una sola nuvola..."

"Fidati, prima dell'alba nevicherà", le assicurò lui, smontando da cavallo, "Sento l'odore nell'aria."

"Oh", fece lei, stupefatta: non aveva mai sentito di nessuno che percepisse l'odore della neve, predicendone quindi l'arrivo; ma non mise in dubbio le parole del marito, certa che sapesse quel che diceva.

"Allora sarà meglio montare la tenda al riparo degli alberi", disse invece, indicando un'acacia dalla chioma ad ombrello che, pur priva di foglie, possedeva un intreccio di rami talmente fitto da offrire una certa protezione. Così fecero, poi accesero un fuoco sul quale Nerwen preparò una delle sue deliziose zuppe a base di erbe, con l'aggiunta di pezzetti di lembas che la resero più sostanziosa, mentre Thilgiloth, Allakos e Kerra brucavano la dura erba invernale e Túdhin si procacciava una preda.

Avvisarono i loro amici animali dell'incombente nevicata, così anche loro si misero al riparo sotto le ampie fronde dell'acacia; infine andarono a dormire, avvoltolati nelle loro calde coperte e nel reciproco abbraccio.


Quando Aryon e Nerwen si svegliarono, il mattino seguente, il mondo fuori della tenda era particolarmente quieto, così come solitamente lo è dopo una nevicata; ma in quel clima, difficilmente la coltre bianca sarebbe stata tanto spessa da giustificare quel silenzio. Un po' allarmato, Aryon allungò la mano e la posò sulla sua spada – mai troppo lontana da lui – mentre Nerwen protese i propri pensieri all'esterno; trovò subito le menti dei suoi amici quadrupedi, vigili ma tranquille, e quindi si rilassò anche lei.

Udendola sfiorare la sua coscienza, Thilgiloth le disse serenamente:

Amica mia, finalmente ti sei svegliata... c'è qui qualcuno che vorrebbe incontrarti.

A quel punto, la Istar estese ulteriormente la propria coscienza ed incontrò uno schema mentale molto particolare. Balzò a sedere, improvvisamente eccitata.

Al suo brusco movimento, Aryon strinse l'impugnatura della spada, pronto a brandirla, ma intravedendo il sorriso di Nerwen nella penombra della tenda si trattenne.

"Che cosa c'è?", indagò sottovoce.

"Le Entesse", rispose lei semplicemente; si gettò il mantello sulle spalle ed uscì, seguita dappresso dal marito.

Il paesaggio era imbiancato di neve, ma la candida coltre non superava i tre centimetri. Tuttavia non fu questo a far sgranare gli occhi a Nerwen: pur avendo sentito i pensieri delle Entesse, si trovò impreparata alla visione che le si parò dinnanzi quando uscì dalla tenda: il piccolo accampamento era circondato da otto alberi... che però non erano alberi. Immobili, appuntarono su di lei i loro occhi, tondi e di colore variabile dal verde al marrone; i loro sguardi erano solenni, calmi, del tutto privi di minaccia, eppure il guizzo nervoso con cui si spostarono su Aryon non appena comparve alle spalle della moglie lasciava intuire una certa dose d'inquietudine.

Il principe Avar, che non aveva mai visto un Onod in tutta la sua lunga vita e per gran tempo li aveva anzi ritenuti una fola, si bloccò sulla soglia; in mano teneva ancora la spada – che ad ogni buon conto aveva ritenuto di conservare – ma ci mancò poco che cadesse dalle sue dita improvvisamente snervate.

Nerwen si sforzò di ritrovare la propria compostezza.

"Salve, Guardiane degli Alberi", le salutò, parlando in entesco ed apostrofandole col loro titolo formale, "Io sono Nerwen la Verde, seguace di Kementári. Sono onorata d'incontrarvi."

Così dicendo, si inchinò. Aryon non aveva ovviamente capito una parola del suo discorso, che gli era parso assai lungo ed elaborato, ma lo intuì quando la vide rendere omaggio alle Entesse; si affettò a fare lo stesso, rivolgendo loro il saluto che riservava soltanto ai sovrani.

Le Entesse tacquero a lungo ed Aryon cominciò ad impensierirsi.

"Perché non rispondono?", chiese a bassa voce.

"Gli Onodrim non sono frettolosi", rispose lei serenamente; conoscendoli, non si sorprendeva se la replica tardava a giungere: stavano certamente assimilando la sorpresa di sentir parlare il loro linguaggio da qualcuno che non era della loro razza, "Sii paziente, sarà una cosa lunga."

Dopo svariati minuti, l'Entessa dall'aspetto più vetusto infine parlò.

"Salve a te", rispose, "Io sono Calenfinn. Hum, hoom. Nessuno di altre razze conosce la lingua degli Onodrim, tranne la nostra creatrice, di cui ti proclami seguace. È stata lei a insegnarti?"

"Sì", confermò Nerwen, "proprio lei."

Calenfinn la osservò in silenzio, a lungo, mentre le implicazioni di quell'informazione affondavano lentamente nella sua consapevolezza. Chi era costei, o meglio, qual era la sua natura? Sembrava della razza degli Uomini, ma il suo sguardo acuto scorgeva una strana aura attorno a lei, qualcosa di etereo che andava oltre la sfera terrena.

Nerwen contraccambiò lo sguardo dell'Entessa con serena fermezza; quel volto legnoso non faceva trasparire nulla, ma dopo un po' negli occhi verdi che lo illuminavano cominciarono a turbinare una serie di emozioni: sorpresa, incredulità, incertezza, ed infine reverenza.

Aveva infine riconosciuto in lei una Maia.

"Amiche mie", annunciò infine Calenfinn, rivolta alle compagne, "ci troviamo di fronte ad un'Antica. Rendiamole onore."

Detto questo, le rivolse un inchino, piegandosi rigidamente. Sbalordito, Aryon vide tutte le Entesse abbassare le loro spoglie chiome invernali in un inequivocabile segno di deferenza.

Nerwen notò la sua confusione; aveva previsto che le Entesse potessero comportasi ossequiosamente con lei, così come aveva fatto Barbalbero a suo tempo, pertanto aveva pensato ad una spiegazione plausibile ed ora gliela diede:

"Ho detto loro che sono una seguace di Kementári; ci hanno messo un po' a convincersi, ma ora mi porgono i loro rispetti."

Il principe annuì, inconsapevole che si trattava di una verità addomesticata.

"Parlate ovestron?", chiese Nerwen, "Per me è faticoso parlare entesco e il mio compagno non lo conosce affatto", dubitava che le Entesse parlassero la lingua avarin, ma d'altro canto Aryon non conosceva il sindarin, né il quenya – su cui l'entesco era basato – e così l'unica opzione rimaneva la Lingua Corrente, "Vi prego però di non rivelare la mia vera natura", si affrettò a proseguire, "poiché mi è stato proibito di divulgarla a chi non la riconosce da solo."

Calenfinn, come tipico della sua razza, meditò attentamente su quelle parole.

"Sì, parlo la Lingua Corrente", confermò infine graziosamente, "anche se è un linguaggio molto frettoloso e per questo non amiamo parlarlo. E non temere, il tuo segreto è al sicuro con noi."

"Grazie", disse allora la Istar, passando all'ovestron, poi accennò al principe nerovestito, "Questo è mio marito, il principe degli Eldar Avari Aryon Morvacor."

A quelle parole, finalmente per lui comprensibili, Aryon tornò ad inchinarsi.

"Onorato d'incontrarvi", dichiarò, ignaro di ripetere la stessa frase usata da Nerwen.

"L'onore è nostro, Lord Aryon", Calenfinn contraccambiò con cortesia, poi tornò a rivolgersi alla Maia, "Abbiamo percepito da lontano la tua presenza e ci siamo incuriosite", fece una pausa, pensierosa, "Ammetto che ci siamo sentite alquanto allarmate, perché mai prima avevamo udito i pensieri di un'altra creatura. Così siamo venute a controllare. Humm... siamo rimaste sorprese che i vostri kelvar non si siano spaventati..."

Lasciò la frase in sospeso, chiaramente perplessa da quel comportamento.

"Ritengo sia merito di Thilgiloth", spiegò Nerwen; la Corsiera, udendo il proprio nome, scrollò la criniera candida per farsi identificare e le mandò una sensazione d'assenso, "Ha già incontrato un Ent, a occidente delle Montagne Rosse, e sa che non siete creature malvagie, così ha rassicurato anche gli altri."

"Buràrum! Hai... incontrato un Ent?", Calenfinn domandò conferma, sbalordita; Nerwen annuì:

"È stato lui a raccontarmi della vostra sparizione, che è il motivo per cui vi stavamo cercando. Tuttavia...", rabbrividì nell'aria gelata, "per noi questa temperatura è spiacevole: vorremmo accendere un fuoco e prepararci una bevanda calda, se non vi spiace."

"Ma certo... che scortese da parte nostra tenervi al freddo! Intanto che vi ristorate, noi ci ritireremo. Poi parleremo."

Le Entesse si allontanarono, raggruppandosi poco lontano e cominciando a comunicare tra loro nel lento, sonoro linguaggio degli Onodrim.

Nerwen si voltò verso Aryon e lo vide fissare le Entesse come se ancora non riuscisse a credere ai propri occhi.

"Allora, amor mio, sono come te le aspettavi?", gli domandò con dolcezza. Il principe distolse lo sguardo da Calenfinn e dalle sue compagne per volgerlo sulla Istar.

"Sì... e no", rispose lentamente, poi scrollò il capo e si spiegò meglio, "Da quando mi sono unito alla tua ricerca, mi sono raffigurato mille volte come sarebbe stato incontrare le femmine degli Onodrim, ma la verità è che non sapevo cosa mi aspettava. Non tanto per il loro aspetto – non ci vuole poi molto a immaginare un albero dotato di occhi e bocca – ma per la percezione che ne ho avuto... Esseri così antichi da farmi sentire nuovamente giovane... Il pensiero che alcuni di loro sono addirittura più vecchi di me è... sconcertante."

L'Aini annuì, comprendendo il suo stato d'animo: come razza, gli Ent erano virtualmente più antichi degli Eldar, essendo stati creati da Yavanna poco dopo i Nani di Aulë, ma si erano risvegliati alla coscienza assieme a loro, perché Eru aveva decretato che gli Elfi sarebbero stati i suoi Primogeniti e nessuno poteva quindi nascere prima. Aryon, essendo nato all'inizio della Seconda Era, raramente incontrava esseri più anziani di lui; c'erano beninteso gli Alti Elfi provenienti da Aman, alcuni dei quali – come Celeborn e Galadriel – venuti al mondo durante gli Anni degli Alberi, oppure Círdan il Carpentiere, ma costoro non frequentavano il territorio degli Avari.

"Ora facciamo colazione", lo esortò, "Poi continueremo a parlare con le Entesse."

Il principe annuì; tornò nella tenda a recuperare il fodero e mise via la spada: aveva seri dubbi che, nonostante tutta la sua perizia di spadaccino, avrebbe potuto vincere un confronto con un'Entessa, per cui tenere l'arma in mano era del tutto inutile. Quando uscì, trovò Nerwen intenta a preparare il fuoco; l'aiutò, recuperando la legna da sotto il telo con cui – in previsione della neve – l'avevano coperta la sera prima. Mentre lei maneggiava acciarino e pietra focaia, riempì il pentolino con cui si scaldavano l'acqua per il tè del mattino e, quando il fuoco fu acceso, lo pose sulle fiamme. Si sedettero su una coperta accanto al fuoco e ruppero il digiuno con della frutta disidratata e del lembas, bevendo il tè al bergamotto tanto amato dagli Avari e che anche Nerwen apprezzava molto.

Mentre mangiavano, Túdhin si avvicinò e si accucciò accanto a loro, fissandoli con il suoi occhi gialli.

Dunque sono queste le famose Entesse..., esordì, titubante, Sono... impressionato.

Nerwen riferì la sua dichiarazione ad Aryon ed il principe ammise:

"Non sei il solo, ad esser impressionato, vecchio mio."

"Sì, sono esseri davvero formidabili", concordò la Maia, "Non bisogna lasciarsi trarre in inganno dalla loro apparente lentezza. Sono per natura gentili, ma se arrivano a scatenare la loro ira sanno essere più distruttivi di una valanga e più devastanti di un incendio. E vi assicuro che le Entesse non sono da meno degli Ent."

"Meglio farseli amici, quindi", commentò Aryon con un motto di spirito.

"Non concedono molto facilmente la loro amicizia", gli rivelò Nerwen, poi ridacchiò, "In questo assomigliano agli Avari..."

Aryon si accigliò, ma lei rise, gli occhi brillanti di divertimento, e lui si rasserenò subito, comprendendo che era stata soltanto una piccola presa in giro.

Vedendo che avevano terminato di far colazione, Calenfinn si avvicinò, mentre le altre Entesse rimanevano indietro.

"Abbiamo deliberato che è meglio che incontriate la nostra Prima Guardiana", esordì, "e che parliate direttamente con lei."

"Va bene", accettò prontamente Nerwen, "Leviamo il campo e vi seguiamo."

Mentre Calenfinn si allontanava, Aryon domandò sottovoce:

"Ti fidi?"

"Ma certo che sì!", cominciò la Istar vivacemente, prima di rendersi conto che, dopotutto, il marito non conosceva affatto gli Ent e anzi, prima d'incontrare lei, li aveva sempre creduti una favola buona tutt'al più per i bambini, quindi proseguì più pacatamente, "Gli Onodrim non sono malvagi per natura, anche se possono essere corrotti dal Potere Oscuro", spiegò, rammentando la Vecchia Donna Betulla incontrata nella terra di Tom Bombadil, "ma lo percepirei. Ho sondato Calenfinn e le altre Entesse: sono affidabili, anche se non è certamente consigliabile irritarle con un comportamento irrispettoso."

"Non me lo sognerei mai!", le assicurò Aryon, "Volevo solo essere sicuro che non stiamo correndo rischi", le sfiorò un braccio, "Non sopporterei che ti accadesse qualcosa..."

Nerwen provò una stretta al cuore, perché ancora una volta non poteva rassicurarlo completamente riguardo alla propria incolumità. Gli coprì la mano con la propria:

"Stai tranquillo, le Entesse hanno rispetto per me in quanto Istar, e ancor più in quanto seguace di Yavanna Kementári, la loro creatrice. In virtù di questo rispetto, siete al sicuro anche tu e i nostri amici a quattro zampe."

Gli occhi chiari di Aryon brillarono divertiti mentre un sorrisetto gli piegava un angolo della bocca.

"Comodo, essere in compagnia di una potente Istar...", disse scherzosamente, facendola sorridere.

Smontarono la tenda e caricarono i bagagli su Kerra; la mula sbirciava ansiosamente le Entesse, impressionata dalla loro imponenza, così Nerwen ne calmò l'apprensione accarezzandole il collo e trasmettendole una sensazione rassicurante.

Mentre Nerwen le allacciava il sottopancia della sella, Thilgiloth girò la testa a guardarla:

Finalmente abbiamo trovato le Entesse!, commentò in tono gioioso, Era ora, non trovi?

Decisamente, confermò la Maia, annuendo, Ora però viene la parte cruciale: convincerle che hanno un ruolo da recitare nella lotta contro Sauron. Se ragionano come i loro maschi, non sarà affatto facile...

Ricordava fin troppo bene l'atteggiamento di Barbalbero, condiviso dagli altri Ent di Fangorn: poiché ritenevano che al mondo poco importasse di loro, avevano deciso che a loro importava poco del mondo.

Occorse tutto il giorno per raggiungere il luogo della dimora della Prima Guardiana; in quel torno di tempo, appresero che le Entesse chiamavano il loro territorio Dor-im-Duin, che significava semplicemente Terra tra i Fiumi.

Attraversarono il bosco verso nordest, poi proseguirono nella stessa direzione fino a raggiungere una catena di colline boscose che si estendeva quasi esattamente da est a ovest. Quella di testa, dai fianchi molto ripidi, era la più alta, leggermente staccata dalle altre; una profonda rientranza la tagliava quasi a metà in senso verticale. Fu proprio lì che Aryon e Nerwen vennero condotti; era la sera del sesto giorno di gennaio.

Giunti davanti all'imboccatura della rientranza, videro che ne fuoriusciva una luce dorata con sfumature di verde, assai simile a quella che Nerwen ricordava nella ent-casa di Barbalbero.

"Potete lasciare qui le vostre cavalcature", disse loro gentilmente Olbranch, una delle Entesse che li aveva scortati.

"Forse è il caso di montare la tenda", suggerì Aryon, accennando al sole che oramai toccava l'orizzonte occidentale.

"Intanto entro ad annunciarvi", disse Calenfinn.

Scaricarono quindi i bagagli da Kerra e tolsero le selle ad Allakos e a Thilgiloth; mentre stavano per cominciare a montare la tenda, Calenfinn tornò.

"La Prima Guardiana vi attende", riferì loro, "e vi invita ad essere suoi ospiti per la notte."

Aryon lanciò un'occhiata interrogativa a Nerwen, che la contraccambiò con un sorriso incoraggiante ed un cenno affermativo.

"Molto gentile da parte sua", commentò il principe, "ma per quanto riguarda i nostri amici animali?"

"Se volete potete lasciarli qui, saranno al sicuro; ma se preferite, potete portarli con voi."

La cosa piacque molto a Nerwen, però non era molto sicura che tutti i loro amici quadrupedi si sarebbero sentiti a loro agio in una ent-casa sotterranea, quindi delegò la scelta direttamente a loro:

"Amici miei, siamo stati tutti invitati nella dimora della Prima Guardiana, ma se preferite potete rimanere qui all'aperto."

Io vengo con te, annunciò subito Thilgiloth.

Anch'io, affermò Túdhin.

Allakos scrollò la criniera e sbruffò:

Non mi garba molto l'idea di trovarmi sottoterra.

Neanche a me piace stare al chiuso, intervenne Kerra, Se per voi fa lo stesso rimarrei qui fuori con Allakos...

Nerwen riferì le loro scelte ad Aryon, che annuì accettandole.

"Possono pascolare liberamente", disse Olbranch, che andava particolarmente d'accordo con i kelvar, "Mi incarico io di badare a loro."

"Te ne siamo riconoscenti", la ringraziò Aryon.

Lui e Nerwen riavvolsero dunque la tenda attorno ai paletti che la reggevano e ne chiusero le cinghie, deponendola poi accanto al resto del loro bagaglio vicino all'imboccatura della rientranza; infine si avviarono dietro a Calenfinn, seguiti da Túdhin e Thilgiloth.

L'Entessa li guidò lungo una galleria scavata con maestria; l'ambiente era asciutto e salubre, perché la roccia era poroso tufo giallo, isolante e traspirante. Il passaggio era illuminato da globi colmi di un liquido che emetteva una morbida luminosità dorata simile a quella della luna estiva; Nerwen rammentò i vasi in casa di Barbalbero, che rischiaravano la dimora entesca con una luce verde-oro.

Giunti in fondo al tunnel, sbucarono in una cavità quasi perfettamente quadrata, dalle pareti levigate piene degli stessi globi che la illuminavano a giorno. Un fiotto d'acqua scaturiva da uno degli angoli, a circa metà altezza tra il fondo ed il soffitto, riversandosi in un bacile rotondo scavato nel pavimento e defluendo per un piccolo canale parallelo alla parete di sinistra, scomparendo poi in un foro nel muro di pietra. La parete opposta era interamente occupata da un largo ripiano, che Nerwen riconobbe come un ent-letto.

Ma ciò che attrasse subito gli sguardi della Istar e del principe Avar fu l'Entessa che li attendeva in fondo alla sala di pietra. Alta e slanciata, dalla bianca corteccia di betulla, la sua chioma era composta di nodosi rami – spogli per l'inverno – che ne dichiaravano la vetusta età; tuttavia i suoi occhi verdi picchiettati di marrone erano molto vivaci e li scrutarono con grande attenzione.

"Lady Nerwen, Lord Aryon, questa è la nostra Prima Guardiana", disse Calenfinn, facendo le presentazioni in Lingua Corrente. La Istar si inchinò formalmente, come di fronte ad una regina, ed il marito la imitò senza esitare.

"Salute a te, Prima Guardiana", disse Nerwen in entesco, per poi tornare subito all'ovestron, "È un grande onore per noi incontrarti."

"Salute a voi, e benvenuti a Dor-im-Duin", li accolse solennemente l'Entessa; si mosse verso di loro, sempre osservandoli attentamente, "Io sono Fimbrethil."

Il nome suonò famigliare a Nerwen, che corrugò leggermente la fronte nello sforzo di ricordare dove lo avesse già sentito; quando le sovvenne, dilatò gli occhi per lo stupore:

"Sei la compagna di Barbalbero?!"

Poteva essere una semplice omonimia, naturalmente; ma per qualche motivo, le sembrava improbabile, trattandosi di Onodrim.

Infatti aveva ragione: l'Entessa si rizzò maggiormente, torreggiando su di lei e su Aryon, ma non in maniera minacciosa, bensì esprimendo stupore:

"Tu conosci Barbalbero?"

"Sì, Prima Guardiana", confermò la Istar, "Yavanna Kementári mi ha incaricata di trovare gli Onodrim, che parevano svaniti dalla faccia di Arda. Nella mia ricerca, sono giunta nella Foresta di Fangorn; è stato lui a parlarmi della vostra sparizione. La mia Maestra mi ha quindi affidato la missione di trovarvi. Lungo la strada ho incontrato Aryon Morvacor, principe degli Elfi Avari, che si è unito alla mia ricerca", concluse, girando il viso a guardare il marito e sorridendogli. Lui la ricambiò sollevando appena gli angoli delle labbra, ma i suoi occhi erano luminosi: percepiva la gioia della moglie e ne gioiva a sua volta.

Fimbrethil osservò lo scambio di sguardi; Calenfinn le aveva detto che erano sposi, beninteso, ed anche che l'Elfo non conosceva la vera natura dell'Aini. Il motivo per cui ne doveva rimanere all'oscuro le era al momento ignoto, ma non dubitava che le sarebbe stato svelato più avanti.

Ora scorse l'evidente amore tra i due e con la mente rivide se stessa e Barbalbero mentre, giovani e spensierati, percorrevano la pianure dell'Eriador e del Beleriand sotto le stelle di Varda Elentári, quando Sole e Luna ancora non erano stati creati e i Due Alberi fiorivano in Valinor; un sentimento che da lungo tempo credeva d'aver dimenticato riaffiorò all'improvviso nel suo animo: la nostalgia per il suo compagno ed il desiderio di averlo al proprio fianco.

"Penso che abbiamo davvero molto di cui discutere", osservò lentamente, "Vi prego, sedetevi..."

Si accomodarono dunque sull'orlo del ripiano – che in realtà era un letto – mentre Fimbrethil rimaneva in piedi; la Prima Guardiana congedò Calenfinn, che si ritirò con un rigido inchino.

"Se i vostri amici kelvar hanno sete, possono bere dalla sorgente", disse Fimbrethil, "Lo stesso vale per voi."

Nerwen tradusse per Thilgiloth e Túdhin, che ringraziarono, ma per il momento non approfittarono dell'offerta, limitandosi a collocarsi accanto ai loro amici a due gambe, la Corsiera a fianco di Nerwen, il lupo accucciato ai piedi di Aryon.

Fu Fimbrethil ad iniziare la conversazione, domandando:

"Come sta Barbalbero? E i suoi compagni?"

"Lui stava bene, almeno quando l'ho visto", rispose Nerwen, "ma sono passati più di settantacinque anni e quindi non è una notizia molto recente, purtroppo. Quanto ai suoi compagni, non ho avuto la ventura d'incontrarne nessuno, tuttavia Barbalbero mi diceva che sempre più di loro si addormentano e diventano quasi del tutto vegetali. Li chiamano Ucorni. Era molto rattristato da questa situazione e oramai rassegnato a veder sparire gli Onodrim dalla faccia di Arda. È stato allora che mi ha parlato di voi e della vostra scomparsa. A tutta prima ho creduto che intendesse dire che eravate morte, mentre in realtà ve ne siete soltanto andate via senza lasciar traccia."

La Maia s'interruppe e guardò Fimbrethil dritta negli occhi; sentendosi sotto esame, l'Entessa sbatté lentamente le palpebre e, per una volta nella vita, seppe d'essere in stato di inferiorità, perché si trovava di fronte ad una creatura più anziana di lei, antica come il mondo, anzi di più, visto che esisteva addirittura da prima della creazione di Eä.

"Non ti chiederò il motivo della vostra scelta", proseguì Nerwen adagio, in tono grave, "ma essa ha portato quasi all'estinzione la vostra razza e ciò non può che essere un grande dolore per Kementári. Di questo siete consapevoli, immagino...?"

Pur contenuto in un discorso dalla cortesia inappuntabile, il rimprovero era pungente. Aryon si domandò preoccupato se Nerwen avesse considerato l'eventualità che facesse infuriare la Prima Guardiana, poi si diede dello sciocco: raramente Nerwen non sapeva quel che faceva, e mai per quanto riguardava il suo ambito specifico di Istar.

L'osservazione di Nerwen colpì profondamente Fimbrethil; il suo sguardo si fece sfuocato, come perso in insondabili profondità. Poi chinò gli occhi a terra e fu come se s'incurvasse sotto il peso di una responsabilità inaspettata. Tacque per un lungo periodo, meditando su quelle parole; la Istar ed il principe attesero pazientemente, lasciando all'Entessa il suo tempo.

"Per foglia e virgulto", mormorò infine Fimbrethil, "Abbiamo sempre pensato che, prima o poi, avremmo mandato qualcuna in Eriador a cercare i nostri compagni per convincerli a raggiungerci... ma qui stiamo bene, ogni cosa è ordinata e curata e cresce come desideriamo noi... prosperiamo e viviamo in pace. Gli anni sono passati, diventando dapprima secoli, poi millenni, ed eccoci infine qua, davanti ad un'emissaria della nostra creatrice che ci ricorda la nostra mancanza nei confronti suoi e dei nostri compagni...", tornò a sollevare lo sguardo, tornato improvvisamente presente, "Gli Ent parevano curarsi poco o nulla di noi e della nostra terra, o così ci convincemmo che fosse; quando percepimmo crescere la minaccia di Sauron e i suoi maledetti Orchi – buràrum! – cominciarono a fare incursioni nella nostra terra, devastandola e distruggendo crudelmente gli olvar sotto la nostra protezione, ci risolvemmo di andare in cerca di un altro luogo dove poter vivere in pace. Preferimmo non dire nulla ai nostri compagni perché avrebbero cercato di dissuaderci e non volevamo stare ad ascoltarli, né c'era tempo per discutere... siamo state forzate a decidere frettolosamente. A quanto pare, non è stato un bene..."

S'interruppe; di fronte a quella rivelazione, Nerwen corrugò la fronte.

"Non è stato neppure un male", disse lentamente, "Il vostro antico territorio è stato teatro di una terribile battaglia che l'ha distrutto al punto che ancora oggi, dopo oltre tremila anni, esso è un luogo sterile e bruciato chiamato le Terre Brune. Se foste rimaste, sareste state distrutte anche voi."

Fimbrethil rifletté sulle parole dell'Aini.

"Sì", ammise infine, "se le cose stanno come hai detto, allora forse non è stato del tutto un male. Tuttavia non giustifica il fatto che non siamo più tornate indietro... posso solo dire che eravamo profondamente deluse dal comportamento degli Ent nei nostri confronti. Li sentivamo lontani, indifferenti, e quando trovammo questo luogo e lo prendemmo sotto la nostra protezione, per lungo tempo fummo così occupate che non pensammo più a ritornare. Quando ricominciammo a pensarci, continuammo a rimandare, certe che ci fosse sempre tempo per farlo... naturalmente non siamo cresciute di numero, senza i nostri compagni con cui generare Entini ed Entine, ma abbiamo prosperato. La nostra vita era così buona che non abbiamo più provato il desiderio di far ritorno in Eriador."

Sospirò, e parve un turbine di vento in mezzo agli alberi, un suono che impressionò sia Aryon che Túdhin, facendoli trasalire entrambi.

"Gli Ent non erano indifferenti", dichiarò Nerwen piano, "solo poco interessati al vostro modo di prendervi cura degli alberi, diverso dal loro. Quando scoprirono che eravate scomparse, se ne dolsero immensamente; molti di loro partirono per cercarvi, percorrendo ogni angolo della Terra di Mezzo per molti anni. Canzoni e poemi sono stati composti sulla loro ricerca. Sono però persuasa che non siano mai riusciti a superare gli Orocarni – anche noi ce l'abbiamo fatta solo per aver casualmente scoperto un documento che indicava un valico ormai dimenticato – altrimenti vi avrebbero sicuramente trovate. Voi come avete oltrepassato le Montagne Rosse?"

Già immaginava la risposta e quello che Fimbrethil disse loro lo confermò:

"Abbiamo camminato e camminato e camminato, sempre verso est, passando fiumi e praterie sterminate. Le terre erano in gran parte disabitate, a parte pochi Uomini – Esterling, credo – che quando ci scorgevano fuggivano terrorizzati. Poi un giorno raggiungemmo una grande foresta, che riconoscemmo per la Foresta Selvaggia, o ciò che ne rimane da quando il grande mare interno di Helcar è scomparso, sulle cui rive, Lord Aryon, la tua gente si è svegliata, tanto tempo fa...", si chinò leggermente verso il principe – il suo modo di annuire – ed egli assentì a sua volta, "A quel punto, piegammo verso sud fino ad aggirare la foresta, poi tornammo a dirigerci verso est finché non raggiungemmo l'Oceano Orientale. A quel punto, non desiderando addentrarci nello Harad, i cui selvaggi abitanti non hanno considerazione alcuna per le altre creature a meno che non siano al loro servizio, ci volgemmo verso settentrione, seguendo la costa, per molti altri mesi. Poi un giorno incrociammo un fiume che ci parlò di una terra più all'interno, disabitata ma splendida. Andammo a vederla e ce ne innamorammo, adottandola come nostra... ed eccoci qua."

"È una terra invero splendida", confermò Aryon, parlando per la prima volta – ma del resto, lui non aveva molto da dire, per la missione di Nerwen: l'accompagnava, la supportava, ma non era la sua missione, "perfino in pieno inverno."

"Grazie, Lord Aryon", disse Fimbrethil; la sua bocca dalle labbra legnose era incapace di sorridere, ma i suoi occhi si illuminarono di piacere.

"Sono d'accordo", interloquì Nerwen, poi il suo tono si fece inaspettatamente duro, "ma temo che presto Dor-im-Duin potrebbe fare la fine dei vostri antichi giardini e diventare delle altre Terre Brune."

La Prima Guardiana sussultò a quell'affermazione brutale ed il suo sguardo si adombrò. Se fosse stato chiunque altro a dire una cosa simile, avrebbe liquidato la faccenda con una scrollata della sua ampia chioma: le Entesse non temevano nessuna creatura, neppure gli Orchi. Infatti, se a suo tempo avevano preferito andarsene, non era per paura ma perché odiavano combattere; ciò però non significava che non ne fossero capaci, in caso di necessità. Tuttavia, la sua interlocutrice non era chiunque, bensì un'Antica, per quanto in incognito. All'improvviso fu certa che le ragioni per cui Nerwen non svelava apertamente la propria vera natura – neppure al marito – fossero molto gravi.

"Perché ci stavi cercando?", domandò quindi, lentamente.

Nerwen scambiò un'occhiata con Aryon: il momento della verità era infine giunto. Se Yavanna aveva ragione – e lei non dubitava che l'avesse – dalla risposta di Fimbrethil sarebbe forse dipeso il destino di tutta la Terra di Mezzo. Aveva quindi ponderato molto attentamente quello che stava per dire.

"Nel corso degli ultimi secoli, l'Oscuro Nemico ha ricostruito il proprio potere", le rivelò, "Dapprima in segreto, nascondendo la sua identità e rifugiandosi in una roccaforte secondaria; qui ha subito una sconfitta, ma lontano dall'essere stato annientato, è fuggito ed è tornato a Mordor, rivelandosi infine apertamente e riedificando Barad-dûr. Poi ha cominciato a radunare attorno a sé eserciti di Orchi, con l'evidente intenzione di sferrare un attacco ai liberi popoli della Terra di Mezzo; non solo: ha trovato degli alleati tra gli Haradrim e gli Esterling. Se riuscirà nel suo intento, la sua schiacciante superiorità numerica gli assicurerà la vittoria, il mondo cadrà sotto la sua ombra e tutti gli esseri viventi soffriranno orribilmente sotto il tallone della sua tirannia", fece una pausa per enfatizzare quanto sarebbe seguito, "Tutti gli esseri, Fimbrethil... anche gli Onodrim. Fangorn come Dor-im-Duin. È solo questione di tempo."

L'Entessa rimase a lungo in silenzio; il suo sguardo sfocato rivelava che stava riflettendo profondamente su quello che le era stato detto.

"Queste notizie sono molto, molto gravi", commentò infine, "Addirittura ferali, direi. Tuttavia non può essere soltanto per portarci tali informazioni che tu e tuo marito avete attraversato mezzo mondo per trovarci: qual è, dunque, il vero motivo?"

Di nuovo, Nerwen scelse attentamente le parole, che pure aveva meditato a lungo, dopo l'ultimo colloquio con Yavanna.

"Kementári sentiva da lungo tempo che gli altri Valar avevano sbagliato a lasciare gli Onodrim fuori dai loro piani", rispose, "Essi hanno inviato gli Istari tra i liberi popoli della Terra di Mezzo – Elfi, Nani e Uomini – per contrastare la crescita dell'Oscurità, prevenirne il ritorno se possibile e, se no, preparare la difesa; ma non hanno pensato agli Ent. Eppure, siete esseri antichi, saggi e potenti. Siete un poderoso aiuto nella lotta contro l'Oscuro Signore. Non potete e non dovete essere tenuti in disparte, né tenervi voi in disparte."

Aryon, che aveva condiviso con la moglie i suoi pensieri riguardo a come esporre la causa alle Entesse, intervenne:

"La Terra di Mezzo – tutta – è anche vostra... non soltanto un pezzettino denominato Dor-im-Duin!", disse a voce bassa, ma appassionatamente. Nerwen gli lanciò una rapida occhiata di gratitudine: non aveva previsto che partecipasse alla conversazione, ma il suo contributo aveva valore e gliene fu riconoscente.

Di nuovo, Fimbrethil si prese il suo tempo per ponderare la questione.

"Riconosco le vostre ragioni", dichiarò infine, lentamente, "Potete dirmi qual è la posizione di Barbalbero in proposito?"

Nerwen si irrigidì: la domanda le giungeva inaspettata. Vagliò rapidamente le proprie opzioni: avrebbe potuto mentire e dichiarare che il vecchio Pastore degli Alberi aveva detto che, qualora si fosse giunti ad uno scontro, avrebbe affiancato i liberi popoli della Terra di Mezzo nella lotta contro Sauron; ma mentire – tranne in casi estremi – era una cosa che detestava, anche perché, alla lunga, si rivela sempre controproducente. Perciò decise per la verità.

"Ha detto che, poiché al mondo poco importa di loro, hanno deciso che a loro poco importa del mondo", rispose con franchezza, "La mia obiezione è stata quella che ha esposto mio marito: voi fate parte del mondo, che al mondo importi o meno, o che a voi importi del mondo o meno. Su questo, Barbalbero ha riconosciuto che avevo ragione."

"Capisco", mormorò Fimbrethil; suonò come un basso rombo sotterraneo, "Tuttavia Mordor è molto lontana e da quando siamo qui non abbiamo visto neanche l'ombra di un Orco. Non credo il Nemico giungerà tanto lontano..."

"Non illuderti che Sauron si accontenti delle terre occidentali", la interruppe Nerwen con durezza, "Una volta che avrà sottomesso Gondor, Rohan e l'Eriador, si volgerà ai territori ad oriente delle Montagne Nebbiose, fagocitandoli tutti fino agli Orocarni, dai Colli Ferrosi a Eryn Rhûn, e a quel punto non penserai che si fermerà, vero? Come li abbiamo oltrepassati noi, anche gli eserciti dell'Oscuro Signore supereranno le Montagne Rosse e giungeranno fin qui, spazzando via qualsiasi resistenza troveranno. È solo questione di tempo, da pochi anni a pochi decenni, e tutta la Terra di Mezzo sarà assoggettata all'Occhio e tutti i suoi popoli saranno ridotti in schiavitù. Non potete pensare seriamente di riuscire a tener testa da sole a tutto il potere della Mano Nera!"

Fimbrethil rimase assolutamente immobile, come colpita dal fulmine; ma nei suoi occhi, che finora erano sembrati placidi come laghi di montagna, sembrava turbinare una violenta tempesta.

Il quadro dipinto da Nerwen aveva fatto rabbrividire anche Aryon, sebbene non fosse la prima volta che udiva quel ragionamento, da lui condiviso.

"Non è ignorando la minaccia del Nemico che l'eviterete", osservò con quieta fermezza. Lo sguardo turbato dell'Entessa si spostò sul principe.

"La prospettiva è - buràrum! – decisamente spaventosa", ammise infine, "Che cosa proponete, dunque?", fece una breve pausa, "O forse la domanda giusta è un'altra: che cosa desidera da noi Kementári?"

La Maia annuì:

"Che contribuiate alla lotta, secondo le vostre capacità", rispose, "per arginare e se possibile sconfiggere Sauron in via definitiva."

"Non siamo delle guerriere", ribatté la Prima Guardiana.

"Non per natura, certo", ammise Nerwen, "ma se minacciano gli alberi sotto la vostra custodia, sapreste ben difenderli, non è vero?", si sporse verso l'Entessa, "La volta scorsa avete preferito andarvene e cercare un altro territorio; potreste farlo ancora, naturalmente... ma prima o poi, continuando a cedere terreno, i luoghi dove potete rifugiarvi coi vostri protetti finiranno e allora dovrete comunque affrontare la scelta estrema: sottomettervi a Sauron o combattere."

"Combattere non significa esser certi della vittoria", osservò Fimbrethil.

"Combattere significa vincere o morire", interloquì Aryon con forza, "ed entrambe le prospettive sono meglio della certezza della schiavitù senza speranza sotto il tallone dell'Aborrito."

Ancora una volta, la Prima Guardiana tacque a lungo, meditando.

"Siete portatori di notizie terribili", considerò alla fine, "Tuttavia non è fingendo di non udirle che diventeranno meno terribili", fece una pausa, "Chiamerò a raccolta tutte le mie compagne e ne parleremo insieme per decidere come comportarci. Calenfinn!", chiamò, ed il suo richiamo suonò come uno squillo di tromba. L'altra Entessa arrivò a passo di carica.

"Hum hoom", fece Fimbrethil, "Manda a chiamare tutte. Fai loro sapere che convoco un'Entaconsulta!"


L'angolo dell'autrice:

Finalmente siamo arrivati al nocciolo del racconto, le Entesse sono state trovate! Come dice Thilgiloth, era proprio ora... ma questa storia mi si è dilatata sotto le mani in maniera del tutto inattesa, conducendomi attraverso situazioni e personaggi imprevisti ed a volte imprevedibili, sorprendendomi in più d'una occasione. Spero che siate rimasti sorpresi anche voi, cari lettori, perché significa che non vi sto annoiando! XD

Quanto a sentire l'odore della neve, non me lo sono inventata: io ne sono capace! I miei mi prendevano sempre in giro, nonostante che ogni volta le mie previsioni si avverassero. Finché in un documentario non hanno sentito parlare di certi islandesi, norvegesi, siberiani che lo sanno fare, e che da loro non è una cosa tanto inconsueta; e finalmente hanno smesso di motteggiarmi LOL

Come per Corch, l'Elfo contrabbandiere, anche la –ch di Olbranch va pronunciata alla tedesca, come SchumaCHer.

L'immagine di Fimbrethil, trovata sul fantastico sito di DeviantArt, è di Metavor.

E così, Fimbrethil ha convocato un'Entaconsulta! Naturalmente lei non lo sa, ma sta precedendo di circa un mese quella di Fangorn. Le Entesse decideranno di affiancare Nerwen e Aryon nella lotta contro Sauron? E se sì, in che modo? Seguitemi nei prossimi capitoli e lo scoprirete...

E frattanto, che sta accadendo, nello stesso torno di tempo ne Il Signore degli Anelli? Ebbene, il 29 dicembre la Compagnia dell'Anello ha lasciato Gran Burrone e sta per arrivare nel territorio dell'Agrifogliere; tra pochi giorni proverà a valicare le Montagne Nebbiose attraverso il passo del Caradhras...

Ringrazio sempre senza mai stancarmi le persone che seguono questa storia; e ricordate, se mi lasciate un commento o una critica costruttiva, mi fate immensamente piacere. E guardate che non mordo LOL

Lady Angel

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