Capitolo LIII: Verso la terra delle Entesse
Capitolo LIII: Verso la terra delle Entesse
Il giorno successivo ci fu una gran festa per tutta Tarsad; si improvvisarono chioschi di mescita di bevande – birra, sidro, vino, succhi di frutta, infusi caldi – e altri dove si potevano trovare pane, formaggio, salumi, focacce dolci e salate, torte, biscotti e pasticcini. Le strade si riempirono di gente festante che mangiava, beveva, cantava e ballava al suono di cornamuse, bombarde, ghironde, salteri o ribeche, di preferenza danze dal ritmo vivace battuto da tamburelli e timpani, nacchere e sonagli.
Aryon e Nerwen furono naturalmente invitati al desco del re, allestito in casa della Borgomaestra Rovena. Con sua sorpresa, Nerwen venne invitata con Aryon a sedersi alla sinistra del re – che alla destra aveva la padrona di casa e suo marito – per essere festeggiata anche lei. Il banchetto fu sontuoso; si iniziò con una cremosa zuppa di zucca, patate e porri insaporita con pepe nero, seguita da un gustoso pasticcio di funghi; poi venne un tenerissimo brasato di vitellone accompagnato da cipolle al forno e broccoli, e dopo un succulento arrosto di pernice con bietole stufate e cavolini al vapore. Vennero poi serviti alcuni tipi di formaggio, sia freschi che stagionati; per concludere, il dolce preferito di Pallando, a base di castagne e decorato con panna montata e polvere di cioccolato, una vera delizia. Le portate furono generose ma non eccessive, e il tutto venne innaffiato da ottimo vino bianco e rosso.
Al banchetto seguirono le danze. Pallando chiese a Nerwen il primo ballo, un'elegante pavana dall'incedere lento e solenne che lei, pur non conoscendola, riuscì a seguire con sufficiente facilità; poi il re la lasciò al marito, che fu ben lieto di condurla nelle danze più semplici tra quelle che, durante il suo soggiorno forzato a Tarsad, aveva appreso, pive e farandole che la divertirono molto. Quando scese il buio, un segnale convenuto interruppe tutte le feste: era arrivato il momento dei fuochi d'artificio. Tutti presero dunque i loro mantelli ed uscirono nel fresco notturno dell'autunno ormai inoltrato ad ammirare scie luminose, cascate, fontane, fioriture ed esplosioni multicolori. Lo spettacolo pirotecnico durò a lungo e strappò molte esclamazioni ammirate; infine, tornarono dentro a scaldarsi con un'ultima tazza di vino fiammeggiato ed aromatizzato.
Nerwen ed Aryon tornarono a casa mano nella mano; una volta arrivati, appesero i mantelli e andarono a dormire.
I due sposi si godettero alcuni giorni insieme; su richiesta di Pallando, Rovena aveva esentato Aryon dai suoi impegni di capitano della guardia, che potevano essere svolti egregiamente anche dal suo vice, il tenente Ryol; oltretutto, sarebbe stato lui ad assumere la carica di comandante, una volta che il principe l'avesse lasciata per seguire la moglie nella sua ricerca.
D'accordo con Pallando, Nerwen ed Aryon fissarono la loro partenza per il 27 ottobre, una settimana esatta dal loro ritorno dalla misteriosa dimensione in cui il Portale Oscuro li aveva portati.
Il giorno precedente alla partenza, i due Istari si recarono nella caverna per annullare l'incantesimo che attivava il passaggio. Aryon Morvacor li aveva accompagnati, tenendosi al fianco della moglie; dalla sua espressione cupa non traspariva nulla, ma era terrorizzato all'idea che il passaggio si attivasse accidentalmente e Nerwen sparisse di nuovo; solo che stavolta lui avrebbe fatto in modo di andare con lei.
"Come procediamo?", domandò Pallando; era in piedi di fronte alla parete rocciosa ricoperta della scritta in Lingua Nera, ma a distanza di sicurezza. Anche se sapeva perfettamente che, per attivare il Portale, doveva leggere l'iscrizione ad alta voce, avvicinarsi di più gli dava i brividi, e a Nerwen non andava molto diversamente, nonostante la confortante presenza del marito.
"Dobbiamo cancellare la scritta", considerò la Maia, "Per farla, è stata usata la magia, per cui dovremo usare la magia per eliminarla."
"Hai idea di quale incantesimo usare?", domandò di nuovo lo Stregone Blu. Nerwen si lambiccò il cervello.
"Orthel teithad gondram", declamò; non accadde nulla, "Unisci il tuo potere al mio", invitò allora il collega. Recitarono la formula insieme, ma di nuovo non ebbero successo.
"Toba têw gondram", tentò Pallando, poi ripeterono insieme, ma ancora senza risultato.
"Lammorn leithian gond", riprovò Nerwen, tuttavia fallirono nuovamente.
Provarono nuovi approcci, ma non conseguirono alcun esito positivo. Dopo un'ora di vani tentativi, i due Istari si sedettero, sconfortati e disorientati. Aryon si avvicinò alla scritta, scrutandola con profonda avversione; poi, con uno scatto d'ira che fece sobbalzare Nerwen e Pallando, sguainò la spada e sfregiò la scritta; l'indistruttibile lama elfica, forgiata dai migliori fabbri degli Avari, tracciò un solco che alterò una parte dell'iscrizione.
Pallando e Nerwen si guardarono a bocca aperta.
"L'hai sentito anche tu...?", fece lo Stregone. La sua collega assentì, incredula:
"Il potere dell'incantesimo è diminuito!", confermò. Aryon si voltò a guardarli, confuso.
"Non ditemi che è così semplice...?", borbottò.
Nerwen gli lanciò una rapida occhiata colma di perplessità, poi si alzò e andò ad osservare la scalfittura; Pallando la imitò.
"Riprova", Nerwen invitò Aryon. Il principe usò nuovamente la spada, stavolta grattando via con la punta una lettera. Di nuovo, il potere che emanava si assottigliò lievemente.
"E va bene", l'Aini si arrese all'evidenza, "Pare davvero che sia così semplice che non ci saremmo mai arrivati se non per caso. Andiamo a prendere attrezzi più adatti e mani più capaci."
Tornarono quindi fuori, dove li attendevano non soltanto le onnipresenti guardie che custodivano l'ingresso, impedendone l'accesso a chicchessia, ma anche la piccola scorta che li aveva accompagnati. Mandarono quindi a chiamare tutti i carpentieri disponibili affinché prestassero la loro opera con mazze e scalpelli; nel giro di un'ora, davanti alla parete di pietra erano all'opera una dozzina di muratori, marmisti e tagliapietre che ci diedero dentro di lena ad eliminare la malefica iscrizione ed il conseguente incantesimo. Via via che procedevano, Nerwen e Pallando controllavano il livello di potere, finché, a circa tre quarti del lavoro, non lo sentirono svanire completamente. Per prudenza, protrassero il lavoro fino a quando la scritta non fu del tutto cancellata; per ulteriore sicurezza, fecero macinare le schegge sbalzate dalla pietra e dispersero la polvere al vento. L'intera operazione aveva richiesto alcune ore, ma alla fine i due Istari si dichiararono soddisfatti.
Il mattino successivo, accompagnati da una scorta adeguata all'occasione, partirono alla volta di Pallàndim; occorsero più di due settimane per raggiungere la capitale dello Yòrvarem, perché stavolta, a differenza che all'andata, non poterono esimersi dal fermarsi ogni giorno in un centro abitato e venir accolti festosamente per il loro ritorno, ormai insperato dopo tanti decenni. Quando infine arrivarono in città, dovettero accettare con buona grazia i ben tre giorni di festeggiamenti programmati dal Consiglio, al cui capo, col titolo di Reggente, c'era Lady Bryluen, una discendente di Délamin. La prima cerimonia fu, naturalmente, la restituzione dei pieni poteri di sovranità a Pallando, seguita da una sfilata per le strade della città, i cui abitanti accolsero il ritorno del loro re – diventato quasi un mito negli anni trascorsi dalla sua scomparsa – tributandogli un'accoglienza calorosissima. Ci furono lauti conviti, feste danzanti, rappresentazioni musicali e teatrali in onore di Pallando, a cui parteciparono anche Nerwen ed Aryon quali invitati d'onore.
Finalmente l'atmosfera di eccitazione cominciò a calmarsi e le cose ripresero il loro andamento abituale. Il giorno seguente al termine dei festeggiamenti, Nerwen si recò nella biblioteca reale in cerca di eventuali nuovi documenti inerenti i territori oltre lo Yòrvarem; non pensava di trovar molto, invece fu piacevolmente sorpresa.
"Certo che abbiamo nuove mappe", le assicurò il capo bibliotecario, un Uomo alto e allampanato dall'aria solo apparentemente distratta, "Da quando il re fece chiamare per voi tutti quei cartografi ed esploratori, prima che partiste per la Grande Foresta, è rimasta come una specie di consuetudine, per chi esplorava luoghi nuovi e ne facesse una mappa, di portare una copia alla nostra biblioteca."
La invitò a seguirlo e la condusse in una sezione specifica dell'ultima sala che componeva la grande biblioteca, additando alcuni scaffali.
"Ora come allora, siete libera di consultare tutti i documenti", le assicurò il bibliotecario, "Mappe, resoconti, tutto. Spero che troverete qualcosa di interessante", concluse. Nerwen lo ringraziò e cominciò a spulciare ogni e qualsiasi cosa fosse contenuta nelle librerie indicatele; le carte erano state messe in ordine cronologico, non suddivise né per argomento né per autore, così cominciò semplicemente a consultare le più vecchie, per poi via via avvicinarsi alla data attuale. Prevedeva che sarebbe stato un lavoro meticoloso e a tratti tedioso, ma la presenza di Aryon, che volle assisterla, lo rese meno pesante.
Alcuni giorni dopo, Pallando convocò entrambi. Li ricevette nel suo studio, così come aveva fatto la prima volta; c'era anche Túdhin.
"Mi sto rimettendo in pari con le faccende del regno accadute negli anni della nostra assenza", comunicò loro, "Una delle cose più gravi, è che i popoli selvaggi del meridione sembra stiano armandosi per una qualche guerra imminente, ma non nelle vicinanze. Ci sono voci di un'alleanza con una non ben definita potenza dell'ovest; alla luce di quanto ti ha detto Kementári, è mia opinione che si tratti di Sauron."
Nerwen annuì con aria grave.
"Dunque l'Oscuro Signore si sta davvero muovendo", commentò, "Come hai intenzione di procedere, Pallando?"
"Non appena ricevute queste notizie, ho provveduto a inviare delle spie in Harad e presso gli Esterling e i pirati di Umbar", rispose, "Ho anche mandato delle ambascerie a est dai Valasim e a nord presso i Daladim, coi quali come sapete abbiamo ottimi rapporti, e chiesto loro che cosa sanno, in modo da unire le nostre informazioni per avere un quadro più completo. Voglio tutti i dati possibili per meglio decidere come e quando muover guerra ai nostri vicini del sud", scosse la testa canuta, "Se davvero stanno per stringere un'alleanza con Sauron, dobbiamo fermarli, o i popoli dell'ovest saranno attaccati da due lati: presi in una morsa, rischiano di essere sopraffatti."
"Anche gli Avari dovrebbero fare la loro parte nella lotta contro il Nemico", considerò Aryon, "Potrei scrivere una missiva per mia sorella la regina Eliénna, esortandola a tenere impegnati gli Esterling lungo il confine dei territori delle Sei Tribù", propose, "ma perché un messaggero possa valicare gli Orocarni, dovremo attendere il disgelo primaverile."
"Oppure potrebbe aggirare le montagne a meridione", considerò il sovrano, "tuttavia in questo caso temo che occorrerebbe quasi altrettanto tempo che aspettare la primavera, inoltre i territori che il messaggero dovrebbe attraversare sono maggiormente ostili."
"Allora meglio attendere", concluse Aryon.
"Frattanto noi partiremo alla ricerca delle Entesse", interloquì Nerwen, "Se troveremo indicazioni nei documenti che si sono accumulati in biblioteca in questi anni, le seguiremo, altrimenti partiremo comunque, affidandoci alla sorte."
Nei giorni seguenti, Aryon e Nerwen proseguirono le loro ricerche tra i libri e le carte della biblioteca. La vigilia del suo compleanno, Nerwen fu colpita da una sensazione fortissima – una forma più labile della sua Seconda Vista – che la indusse a frugare dietro una fila di tomi, dove trovò una carta accuratamente arrotolata. Aryon, sorpreso dai suoi movimenti agitati, la osservò spiegarla su un tavolo situato sotto una finestra ed esaminarla con occhi quasi spiritati; evitò però di disturbarla con domande inutili.
Mentre osservava attentamente la mappa, Nerwen sentì accendersi la fiamma della speranza, che rapidamente aumentò fino a divampare in un vero incendio.
"Ci siamo!", quasi gridò per la contentezza, "Questo è esattamente l'aspetto del territorio che ho visto nello Specchio di Galadriel!"
Il principe si avvicinò e sbirciò la cartina da sopra la sua spalla. Orientata a nord, così come usavano gli Umani, sulla sinistra compariva la cordigliera degli Orocarni, mentre sulla destra c'era l'Oceano Orientale e in basso la parte settentrionale dello Yòrvarem. Gran parte della porzione centrale della mappa era occupata da territori già visti in altre cartine, ma a entusiasmare Nerwen era la sezione più in alto, che mostrava un'area ricca di corsi d'acqua e di boschetti. Un appunto del redattore indicava che la regione sembrava così ordinata e ben curata da parer coltivata, ma non aveva visto segno di abitanti.
"Vedi questo fiume?", domandò Nerwen, indicando, "È esattamente come l'ho visto. E anche questo gruppo di colline, e la conformazione della costa...", si voltò verso il marito, "Aryon... ci siamo!", gli buttò le braccia al collo, "Quasi non riesco a crederci..."
Il principe ricambiò l'abbraccio, felice per la felicità di lei.
"Partiamo subito!", lo esortò lei, impaziente.
"Non è la stagione migliore per viaggiare", considerò lui, "ma il clima è più mite, da questa parte delle Montagne Rosse, per cui penso che sia fattibile", le baciò la fronte, "Posso suggerire di aspettare due o tre giorni? Domani è il tuo compleanno e vorrei festeggiarlo... l'ultimo risale a settantacinque anni fa, per me."
Nerwen si strinse a lui, toccata.
"Hai ragione", mormorò, contrita, "Certo, possiamo benissimo aspettare qualche giorno, a questo punto non fa certo differenza", sollevò il capo per guardare il marito e gli sorrise, "Anch'io voglio festeggiare con te il mio compleanno", concluse, poi sospirò afflitta, "Mi spiace di averne persi tanti, dei tuoi..."
Lui la sorprese baciandola all'improvviso, incurante di chi poteva vederli in quel luogo pubblico.
"Quel che è stato, è stato", le disse sottovoce, "È passato, e non voglio pensarci più. Ora siamo di nuovo insieme e nient'altro conta."
Nerwen non poté che dargli ragione.
Gli sposi preferirono festeggiare in privato, pranzando nelle loro stanze – le stesse che avevano occupato in precedenza – con alcuni dei piatti preferiti di Nerwen: zuppa di funghi porcini, seguita da una fetta d'arrosto di vitello al latte accompagnata da patate e da bietole stufate in olio d'oliva e cipolla, e per finire una crostata di marmellata di fragole. Aryon le regalò un fermaglio per capelli di madreperla decorato con piccoli rombi di malachite di un verde brillante, un oggetto piccolo e pratico che poteva portare con sé anche durante la loro ricerca, la cui prosecuzione era ormai imminente.
Pallando li fornì di tutto quel che necessitavano per viaggiare: una tenda nuova, coperte, vettovaglie, suppellettili e una mula dalle lunghe zampe, robusta ma sorprendentemente agile, dal mantello baio chiaro e coda e criniera bionde, di nome Kerra. Come sempre faceva, Nerwen comunicò con lei, scoprendo che era di indole ostinata, cosa non sorprendente data la sua razza, e un tantino suscettibile, ma anche generosa e leale. Ritenne che sarebbero andate d'accordo e chissà, magari col tempo si sarebbero affezionate, così com'era accaduto con Thalion.
Quando vide Túdhin, però, Kerra s'impaurì ed occorse del bello e del buono per convincerla che il lupo non le avrebbe fatto del male. Alla fine, fu l'atteggiamento tranquillo di Thilgiloth a persuaderla a dare un possibilità al predatore. Tuttavia le sarebbe occorso del tempo per giungere a fidarsi di lui.
Anche Allakos non era ancora del tutto rilassato in presenza di Túdhin, ma se non altro si stava lentamente cominciando ad abituare alla sua presenza e non scartava più nervosamente ogni volta che il lupo si avvicinava.
La sera precedente alla partenza, Pallando volle dare un banchetto in onore di Aryon e Nerwen; terminata la sontuosa cena, brindò ai due augurando loro successo nella ricerca.
Il mattino dopo, il secondo giorno di dicembre, Aryon e Nerwen partirono alla volta della regione che, con ogni probabilità, ospitava le Entesse; considerando la distanza e la morfologia dei territori che dovevano attraversare, calcolavano di raggiungerlo in circa venti giorni, salvo imprevisti.
Diversamente dalla volta precedente, quand'erano accompagnati dal re in persona, lasciarono il palazzo reale alla chetichella, poco dopo il sorgere del sole. Si recarono al traghetto più vicino ed attraversarono lo Yorva, poi di lì si avviarono in direzione nord-nord-ovest, più o meno paralleli alla costa lontana una cinquantina di chilometri; avrebbero attraversato il regno di Dalad e per tale motivo Pallando aveva loro dato un salvacondotto, nonché avvisato la sua omologa, la regina Carysa, in modo che godessero di libero passaggio senza questioni di sorta, in caso fossero stati fermati.
L'altissima cordigliera degli Orocarni, pur distante quasi trecentocinquanta chilometri alla loro sinistra, proteggeva le regioni dell'estremo oriente della Terra di Mezzo dalle perturbazioni in arrivo da occidente; mentre l'Oceano Orientale, più caldo di Belegaer, mitigava ulteriormente il clima. Le temperature erano quindi sensibilmente più elevate che alla stessa latitudine più a ovest e la neve non giungeva che raramente nelle pianure del Dalad.
Seguendo le indicazioni delle mappe che si erano portati appresso, in una decina di giorni Nerwen ed Aryon attraversarono il Dalad, deviando leggermente verso la costa poco prima di raggiungerne il limite settentrionale per arrivare a Tregaron, un grosso villaggio sul confine che era costituito da un altro fiume – più piccolo dello Yorva – chiamato Convy.
Contavano di fermarsi un paio di giorni per rifornirsi di vettovaglie, ma il tempo peggiorò improvvisamente, portando piogge torrenziali miste a nevischio, tanto da costringerli a prolungare il loro soggiorno di altri tre giorni. Ne approfittarono per riposare in vista della seconda tappa del viaggio.
Quel mattino Nerwen si svegliò presto. Riemergendo dal sonno, percepì le braccia di Aryon che la circondavano: da quando era tornata dalla misteriosa dimensione in cui era finita, lui aveva preso l'abitudine di tenerla stretta anche durante il sonno, come se volesse sapere dove si trovava in ogni istante, perfino dormendo; era certamente una conseguenza dei lunghi anni in cui era stato solo. A lei rincresceva doverlo disturbare quando voleva alzarsi, come adesso, ma non se la sentiva di negargli quel conforto; e in fondo le piaceva dormire stretta a lui.
Si mosse con estrema delicatezza, ma dopo qualche istante lo sentì mormorare con voce assonnata:
"Mmmhh... dove stai andando, mia stella?"
"A vedere che tempo fa", rispose Nerwen sorridendo nel buio, "Mi spiace averti svegliato..."
"Non fa niente", la rassicurò lui, lasciandola andare; si voltò a cercare tentoni acciarino e pietra focaia per accendere la candela sul comodino e, qualche istante dopo, la fiammella illuminò debolmente la stanza. Nerwen si alzò, avvolgendosi in uno scialle di lana prima di andare alla finestra; l'aprì e ne scostò gli scuri, scoprendo un'alba fredda ma finalmente limpida.
"Sembra che il maltempo sia passato", osservò, "Possiamo ripartire."
Scesero a far colazione nella sala comune, poi si prepararono alla partenza; vennero traghettati da una sponda all'altra del Convy, lasciando così Tregaron e il Dalad. D'ora in poi avrebbero attraversato territori apparentemente disabitati, diretti a nord-ovest verso una zona compresa tra due grandi fiumi che scendevano dagli Orocarni e si congiungevano a un centinaio di chilometri dalla costa dell'Oceano Orientale, formando un grande triangolo ricco di corsi d'acqua e punteggiato di boschi, la cui base erano le Montagne Rosse. La loro meta era proprio il punto in cui di due fiumi confluivano, poi avrebbero cercato un guado per attraversare il corso d'acqua meridionale e di lì avrebbero cominciato a battere il territorio alla ricerca di una traccia delle Entesse.
Sei giorni dopo aver lasciato Tregaron, il terreno cominciò a farsi acquitrinoso. La zona era segnalata sulla mappa come una striscia lunga una ventina di chilometri ma larga al massimo quattro, a ridosso di un fiume che serpeggiava nella pianura e che in quel punto si diramava in molti piccoli corsi minori che formavano una palude. Non c'erano guadi più a valle, dove anzi il fiume si faceva sempre più largo e profondo via via che si avvicinava allo sbocco sull'oceano; né sembravano essercene più a monte. Per attraversare il fiume, quindi, avrebbero dovuto o risalirne il corso per un imprecisato numero di giorni fino a trovare un punto abbastanza stretto e dal fondale sufficientemente basso per consentire la traversata, oppure superare l'acquitrino. Era proprio quel che aveva fatto l'anonimo redattore della mappa una cinquantina d'anni prima, che aveva ben segnalato il punto preciso, poco più a sud di dove si trovavano loro adesso, dove la palude era larga meno di tre chilometri. Il sole stava ormai declinando – il solstizio invernale era appena trascorso e le giornate erano molto corte – per cui decisero di accamparsi lì e di raggiungere l'imbocco del passaggio l'indomani mattina, per poi affrontare la traversata.
La notte trascorse tranquillamente, anche se Túdhin era leggermente inquieto.
Odio le paludi, ammise senza mezzi termini.
"Ringrazia che siamo in inverno", osservò Nerwen sorridendo, "In estate sarebbe molto peggio, con nugoli di zanzare a tormentarti..."
Ma tu le scacceresti, no?!, ritorse prontamente il lupo e la Maia ridacchiò divertita.
Sì, è vero, confermò: era un utilizzo assai prosaico del suo dono di comunicare con i kelvar, ma non di meno estremamente utile.
Montarono la tenda, poi Aryon raccolse della legna per il fuoco; l'umidità del luogo rese difficoltoso accenderlo, ma Nerwen intervenne col suo potere per far meglio attecchire la scintilla all'esca, così infine ottennero una bella fiamma vivace. Aryon mise a bollire dell'acqua, intenzionato a fare una zuppa ammollando delle strisce di carne secca e delle erbe essiccate provenienti dalla riserva della moglie. Attendendo che cuocesse, si occuparono di Thilgiloth, Allakos e Kerra, liberandoli di finimenti e carico e lasciandoli liberi di pascolare. Túdhin invece andò a caccia, com'era sua abitudine quando viaggiavano.
Dopo il pasto caldo, sistemarono il fuoco perché ardesse basso il più a lungo possibile; prima di ritirarsi nella tenda, Nerwen sollevò lo sguardo: nel cielo notturno campeggiava la grande costellazione di Menelvagor, che rappresentava Túrin Turambar, il grande eroe Umano della Prima Era che, secondo la profezia, sarebbe tornato per combattere contro il Grande Nemico nella Dagor Dagorath alla Fine del Tempo. Ai suoi piedi, la splendente Helluin rifulgeva vividamente, simile ad un gioiello.
"Le stelle mi sono mancate moltissimo, in quello strano posto...", mormorò. Aryon non ebbe bisogno di chiederle a cosa si riferiva.
"Non c'erano stelle?", domandò, sorpreso.
"No, il cielo di notte era un mare d'inchiostro, non c'era un filo di luce; mentre durante il giorno c'era una luminosità diffusa. Se c'erano luna e sole, non erano visibili."
"Che posto stranissimo", commentò lui, pensieroso, "così diverso da Arda... Chissà dove si trova."
"Solo Eru lo sa", considerò l'Aini. Il principe la prese repentinamente tra le braccia e la strinse al petto.
"Non ha importanza... Quel che ne ha, è che tu sia tornata sana e salva da me..."
Nerwen ricambiò l'abbraccio.
"È vero, non ha importanza", confermò, "Ciò che conta è che siamo di nuovo insieme. E forse tra poco troveremo le Entesse...", aggiunse, arrovesciando il capo all'indietro per guardarlo. La luce guizzante delle fiamme traeva bagliori dai suoi occhi chiarissimi, incantandola.
"Sono sicuro che ormai manca poco", affermò Aryon con il suo caratteristico piccolo sorriso; poi chinò il capo e la baciò.
Il mattino successivo, partirono di buonora come al solito; un paio d'ore dopo trovarono l'imbocco della pista, così come indicato sulla mappa, e si inoltrarono nell'acquitrino. Il sentiero era abbastanza stretto, tanto che si misero in fila, Túdhin in avanscoperta come al solito, seguito da Aryon su Allakos; dietro di lui veniva Nerwen su Thilgiloth, mentre Kerra chiudeva la piccola processione.
Il lupo non si sentiva per niente a proprio agio: la sua antipatia per le paludi era davvero profonda.
Che puzza, brontolò. In effetti l'odore dell'acqua stagnante non era particolarmente gradevole neppure per l'olfatto – molto meno sviluppato del suo – di Nerwen e Aryon.
"Tieni duro, vecchio mio", lo esortò la Istar, sorridendo del suo malumore, "Dobbiamo farlo tutti."
Túdhin sbuffò irritato, ma rinunciò a lamentarsi ancora.
Proseguirono adagio, avanzando con prudenza, attenti a non far mettere gli zoccoli dei cavalli o della mula al di fuori della striscia di terra asciutta che stavano percorrendo in mezzo a canne, carici e giunchi. Erano soltanto tre chilometri, ma a quell'andatura ci avrebbero messo un paio d'ore; almeno si orientavano facilmente, dato che dall'alto della groppa delle loro cavalcature scorgevano chiaramente la pianura oltre la palude.
Il luogo era estremamente quieto: non spirava un alito di vento a smuovere la vegetazione, né si udivano i versi degli uccelli di cui solitamente gli acquitrini abbondano, come germani reali, alzavole, aironi, chiurli, o di anfibi come raganelle e rospi.
"C'è troppo silenzio", osservò Aryon in tono cupo.
"Hai ragione", confermò Nerwen, corrugando la fronte, "In effetti è insolito..."
Aveva appena terminato di pronunciare la frase, che si sentì afferrare da dietro da qualcosa di freddo e viscido.
Non viste, dietro di loro delle creature di fango erano emerse senza rumore dalle acque limacciose della palude; di forma umanoide, si erano mosse rapidamente per raggiungere gli intrusi. Li avevano osservati fin da quando avevano fatto il loro ingresso nell'acquitrino ed ora sferravano il loro attacco.
Nerwen cacciò un grido mentre veniva tirata giù da cavallo; Aryon si voltò di scatto estraendo la spada, ma anche lui fu aggredito alle spalle e gettato a terra. Lottò furiosamente contro delle braccia fortissime, mentre Allakos nitriva spaventato, a sua volta attaccato da un'altra creatura.
Anche Thilgiloth nitrì, ma per la collera; scartò di lato e riuscì a sfuggire al suo aggressore, si voltò e, sollevandosi sui quarti posteriori, sferrò una potente zoccolata al mostro di fango, che parve implodere e si dissolse.
Frattanto Kerra scalciava furiosamente, difendendosi strenuamente dal suo assalitore, che balzò indietro per non venir colpito; allora la mula, sgomenta ma anche arrabbiata, si girò e affondò i grandi denti nell'essere di melma, strappandone via un braccio. La creatura ululò di dolore e batté in ritirata, sprofondando nella palude.
Túdhin era stato l'unico a non venir assalito, forse perché era il più piccolo e quindi ritenuto il meno pericoloso. Dopo un istante di puro terrore, l'ira lo travolse e partì all'attacco della creatura di fango più vicina, quella che stava cercando di immobilizzare Aryon a terra. Le morse rabbiosamente una gamba e l'essere mugghiò mentre l'arto si staccava di netto sotto al ginocchio. La sua stretta si allentò e il principe riuscì a liberarsi; mulinò la spada, tranciando a metà il mostro, che s'afflosciò su se stesso e si ridusse ad un'innocua pozzanghera.
Intanto Allakos era stato aggredito anche da una seconda creatura e sopraffatto, ed ora stava venendo trascinato nell'acquitrino mentre nitriva disperatamente, atterrito. Anche Nerwen, incapace di liberarsi dal mostro, stava subendo la stessa sorte, la sua prodigiosa agilità resa del tutto inutile da quella presa invincibile che l'avviluppava. Con un urlo furibondo, Aryon corse verso la creatura di fango, ma non poteva menar fendenti senza rischiare di ferire la moglie. Lasciò quindi cadere la spada e balzò sulla schiena del mostro, afferrandolo per il collo e torcendolo con tutta la sua forza; la creatura oppose resistenza, ma Aryon non lasciò la presa. Allora il mostro mollò Nerwen per afferrare le braccia del principe e strattonarle per liberarsi. Essendo molto più forte di Aryon, ci sarebbe certamente riuscito, ma la Istar, ormai sciolta dalla sua stretta, sguainò il lungo pugnale noldorin e con un grido rabbioso si girò e glielo affondò a due mani nel petto, aprendogli uno squarcio fino al ventre. La creatura emise un urlo raccapricciante, si svincolò dalla presa di Aryon e barcollò verso l'acqua nell'evidente tentativo di fuggire, ma il principe recuperò la spada e la tagliò a metà, non diversamente da come aveva fatto con l'altra; anche questa si afflosciò dissolvendosi in una pozzanghera.
Per un istante Aryon e Nerwen rimasero a fissarla, respirando pesantemente, poi i nitriti terrorizzati di Allakos li riscuoterono; si voltarono verso di lui, che era ormai mezzo affondato nell'acquitrino, e videro che Thilgiloth era accorsa in suo aiuto. La Corsiera si catapultò contro uno dei mostri che stavano trascinando il destriero, sbalzandolo via da lui, e poi si voltò ad affrontare l'altro, ma il fondo melmoso della palude la impacciava. Aryon si slanciò verso il suo cavallo, saltando in acqua e affondando la spada nella schiena della creatura che ancora stava addosso ad Allakos; il mostro mollò la presa ed ululò. Il principe estrasse la lama e la ruotò in un fendente che tranciò un braccio alla creatura, la quale ululò di nuovo e si gettò in acqua, scomparendo.
Frattanto era sopraggiunta Nerwen, che afferrò il morso di Allakos e lo tirò verso il terreno asciutto della pista; il destriero era in difficoltà a causa del fango in cui erano affondati gli zoccoli, ma lentamente riuscì a muoversi. L'ultima creatura, visto il malpartito, pensò bene di defilarsi, svanendo nella palude.
Anche Thilgiloth tornò faticosamente sul terreno asciutto del sentiero, imitata da Aryon. Erano tutti variamente inzaccherati e fradici, e tremavano per lo spavento e la tensione nervosa.
Aryon si avvicinò alla moglie e le strinse un braccio, scrutandola.
"Stai bene?", le domandò. Nerwen ricambiò lo sguardo:
"Sto bene, non preoccuparti", lo rassicurò, "E tu?"
"Sì, anch'io... Ma comunque, che cos'erano quei mostri, in nome di tutte le stelle di Kiltoniel?"
Alla Maia occorse un istante per riconoscere la versione avarin di Gilthoniel, il nome con cui Varda Elantári era nota presso gli Elfi della Terra di Mezzo. Poi si concentrò sulla domanda del marito: non aveva ancora avuto il tempo di pensarci, ma ora le sovvenne una possibile spiegazione.
"Credo di saperlo", rispose lentamente, "Aulë creò i Nani perché voleva qualcuno a cui insegnare la sua arte di fabbro ed era troppo impaziente per attendere il risveglio dei Primogeniti di Ilúvatar; ma non ci riuscì al primo tentativo. Usò acqua e fango, e dissolse tutti gli esperimenti non andati a buon fine; evidentemente però alcuni esemplari sono sfuggiti alla dispersione e queste creature potrebbero discendere da loro."
Il principe annuì:
"Sì, è plausibile..."
Controllarono gli animali; fortunatamente non avevano riportato alcun danno, ma dovettero risistemare la soma di Kerra, che si era allentata e rischiava di cadere, mentre Allakos – che era quello che se l'era vista peggio – tremava ancora violentemente per la paura patita; a Nerwen occorsero svariati minuti e tutta la sua capacità persuasiva per calmarlo.
"Pensi che torneranno?", domandò Aryon, riferendosi ovviamente ai mostri di fango.
"Ora sanno di non aver più il vantaggio della sorpresa", considerò lei pensierosamente, "inoltre se mi metto in ascolto potrò percepire le loro menti avvicinarsi e quindi saremmo pronti ad accoglierli."
Lui valutò le loro possibilità.
"Non si sono dimostrati molto difficili da sconfiggere", considerò, "tuttavia non sappiamo quanti sono: se ci attaccassero in numero soverchiante, dubito che potremmo cavarcela. È meglio uscire di qua al più presto. Abbiamo superato la metà del tragitto, proseguiamo il più velocemente possibile."
"Sono assolutamente d'accordo", accettò lei; in quel posto privo di kelvar, non avrebbe potuto chiamare nessuno in loro soccorso che potesse intervenire con sufficiente prontezza, se fossero stati nuovamente attaccati.
Negli abiti bagnati avevano freddo, così si avvolsero nelle loro coperte, poi rimontarono a cavallo e proseguirono alla massima andatura possibile; Nerwen mantenne i suoi sensi speciali estesi tutt'attorno per captare l'eventuale appressarsi dei mostri, ma questi si tennero alla larga e la piccola comitiva uscì dall'acquitrino senza fare altri brutti incontri.
"Dubito che quelle creature possano andare molto lontano, fuori dal loro ambiente", disse Aryon, "ma per non correre rischi inutili, consiglio di allontanarci rapidamente di almeno qualche chilometro."
Nuovamente Nerwen fu d'accordo con lui.
"Dobbiamo lavarci e cambiarci", suggerì, "Risaliamo il fiume."
Aryon annuì e voltò Allakos verso est, mettendolo al trotto; avrebbe preferito un bel galoppo, ma Kerra non era in grado di andare più veloce.
Proseguirono per una mezza dozzina di chilometri con la palude alla loro sinistra, finché non ritrovarono il fiume, nel punto in cui cominciava a diramarsi nei corsi d'acqua minori che formavano l'acquitrino, e lo risalirono finché la palude non scomparve dietro di loro.
Quando infine si fermarono, mezzogiorno era passato da un pezzo. Per prima cosa accesero un fuoco, dove misero a scaldare dell'acqua, e poi montarono la tenda: per quel giorno non avrebbero proseguito, dovendo lavare ed asciugare i vestiti che indossavano. Mentre attendevano che l'acqua diventasse sufficientemente calda, scaricarono Kerra, poi tolsero sella e finimenti ai cavalli e li strigliarono per bene. Túdhin si immerse rapidamente nel fiume, si scrollò energicamente e corse a scaldarsi vicino al fuoco.
Odio fare il bagno d'inverno, dichiarò risentito.
Ti capisco perfettamente, commentò l'Aini, comprensiva, Purtroppo qui non abbiamo la comodità di una vasca con l'acqua calda come a Qos.
Già... non dirò mai più che non mi piace lavarmi in una vasca d'acqua tiepida!, concluse il lupo con un guizzo d'autoironia che la fece ridere.
Quando l'acqua messa sul fuoco fu abbastanza calda, Nerwen e Aryon usarono una pezzuola per detergersi dalla sporcizia, si misero abiti puliti e risciacquarono quelli che avevano indossato, stendendoli poi su una corda tirata tra due rami d'albero. Infine si concessero il pranzo, consumando frutta essiccata, noci, nocciole e lembas, che Nerwen aveva preparato prima di partire da Pallàndim.
"Penso che non attraverserò mai più un'altra palude", commentò Aryon con una smorfia, mentre mangiavano, "se solo potrò evitarlo..."
"Il problema non era la palude, bensì i suoi abitanti ostili", considerò la Istar a bassa voce, "Se solo avessi pensato di sondare la zona col pensiero prima di addentrarci...", concluse in tono depresso: la sua mancanza aveva messo in pericolo Túdhin, Kerra, Allakos e perfino Aryon, che aveva la vita degli Eldar e non quella degli Ainur.
"Non era segnalato alcun pericolo, sulla mappa o nel relativo diario di viaggio", le fece notare il principe, "Forse quell'esploratore è stato fortunato e non è stato visto dai mostri di fango, oppure a quel tempo non c'erano, o chissà che altro... Il tragitto sembrava sicuro: non c'era motivo di cercare esseri potenzialmente pericolosi."
Lei strinse le labbra.
"Va bene", ammise, "ma d'ora in avanti userò maggior prudenza."
Vedendola ancora angustiata, Aryon l'attirò tra le braccia e le fece posare la testa sulla propria spalla.
"Neppure una Istar è onniveggente", le rammentò, baciandole i capelli. Nerwen inspirò profondamente, poi espirò con lentezza: suo marito aveva ragione, solo Ilúvatar lo era. Per la sua solidarietà, gli fu profondamente grata e sentì di amarlo più che mai. Sollevò il capo per guardarlo e gli sorrise:
"Se non fossi già innamorata di te, mi innamorerei adesso, per quel che hai appena detto", dichiarò, poi si sporse verso di lui e lo baciò con trasporto.
Lui la strinse, un po' perplesso, e la contraccambiò.
"Non mi sembra d'aver detto niente di che", affermò quando lei gli lasciò le labbra, "ma se questo è il risultato, lo dirò più spesso...", soggiunse con un sorrisetto lupesco. Nerwen rise, rasserenata, e tornò a baciarlo.
Il mattino seguente ripartirono, lasciando il fiume e tornando a dirigersi verso nordest e quella che supponevano essere la terra delle Entesse. Due giorni più tardi, al tramonto, ne raggiunsero il confine meridionale, delimitato da un grande corso d'acqua dalla superficie placida, il che significava che era profondo. Lo osservarono: in quel punto era impossibile guadarlo. Se fosse stata estate, avrebbero potuto attraversarlo a nuoto, ponendo beninteso tutto il carico di Kerra su una zattera, ma in pieno inverno non era pensabile. La possibilità che Nerwen, estendendo i suoi speciali sensi, riuscisse a percepire un'Entessa era infinitesimale: il loro territorio – ammesso e non concesso che fosse effettivamente quello – era molto vasto e le Entesse erano poche, forse qualche centinaio. E comunque, anche un'Entessa avrebbe avuto qualche difficoltà ad attraversare, se il fiume era molto profondo.
L'unica soluzione era quella che, per la presenza della palude, avevano potuto evitare col fiume precedente: risalirne il corso fino a trovare un punto favorevole per guadarlo. Comunque era una cosa di cui avevano tenuto conto, quando erano partiti da Pallàndim, per cui non ne furono particolarmente delusi.
Si accamparono; dopo aver eretto la tenda, mentre Nerwen si occupava di accendere il fuoco Aryon tentò la sorte con la pesca; fu tanto fortunato da catturare uno storione di considerevoli dimensioni che, tagliato a grosse fette in senso trasversale, venne arrostito sulle fiamme, insaporito con sale ed erbe aromatiche.
"Ci vorrebbe un buon vino bianco", commentò Nerwen in tono scherzoso, addentando una gustosa fetta di pesce. Aryon le allungò la borraccia dell'acqua.
"Beh, questo è talmente bianco", ribatté sogghignando, "da essere addirittura trasparente!"
La Maia rise di cuore, imitata dal marito, ed il loro buonumore rallegrò anche i loro amici quadrupedi.
Il fiume senza nome si sviluppava verso monte in direzione sudovest. Lo seguirono per cinque giorni, durante i quali superarono un piccolo affluente sul loro lato e ne videro un altro sulla sponda opposta, prima di trovare un punto adatto all'attraversamento: il fiume si era ormai ridotto a meno della metà dell'ampiezza. Era troppo freddo perché Aryon ne sondasse la profondità immergendovisi, così come aveva fatto con il Lavnen, dopo la disavventura con gli Esterling, così decisero di provare ad attraversare rimanendo in groppa, salvo tornare indietro se l'acqua arrivava a toccare il ventre di Kerra, che era la più piccola. Anche stavolta Túdhin venne caricato in sella a Thilgiloth.
Il primo tentativo non andò a buon fine perché l'acqua si rivelò troppo profonda; alcune ore dopo riprovarono e stavolta funzionò. Finalmente dall'altra parte, si guardarono con soddisfazione prima di dirigere le loro cavalcature di nuovo verso nordovest, più o meno parallelamente agli Orocarni – ancora invisibili da quel punto perché lontani più di duecento chilometri – e allontanandosi dal fiume: in quei giorni, Nerwen aveva sondato mentalmente il territorio, cercando segni delle Entesse; le sue speranze erano state scarse ed infatti non aveva rilevato nulla, per cui avevano concluso che dovevano spingersi più all'interno del triangolo formato da questo corso d'acqua e da quello settentrionale. La Istar progettava di ripetere la ricerca allo stesso modo in cui l'aveva condotta a Fangorn, percorrendo avanti e indietro il territorio tra i due fiumi continuando a rimanere in ascolto, la mente tesa a captare pensieri che potessero indicare la presenza delle femmine degli Onodrim; ma né quel giorno né il successivo sentì qualcosa.
Quella sera nella loro tenda, abbracciati sotto le coperte nel reciproco calore, i due sposi fecero il punto della situazione.
"Il territorio è quello giusto", dichiarò Nerwen, il capo posato sulla spalla del marito, "La mappa non lascia dubbi; ma se le Entesse sono rimaste in poche come gli Ent e vivono molto sparpagliate, potrebbero volerci settimane, prima che ne troviamo una..."
"Lo stesso vale se vivono tutte insieme in un angolo remoto", considerò Aryon, "il territorio è molto esteso."
"Prima o poi le incontreremo", affermò la Maia con decisione, "è solo una questione di tempo."
"A meno che...", cominciò il principe, per poi interrompersi con una smorfia.
"A meno che...?", lo esortò lei. Aryon sospirò: non voleva dare una delusione alla moglie, ma bisognava tener presente anche l'eventualità più sgradevole.
"A meno che non siano tutte morte", terminò a bassa voce. Nerwen strinse le labbra: non le piaceva pensarlo, ma lui aveva ragione. Dopotutto, l'immagine che aveva visto nello Specchio di Galadriel poteva essersi riferita ad un tempo passato, e ora le Entesse potevano anche essersi estinte.
"Sì, è una possibilità, purtroppo", ammise, "ma non mi arrenderò finché non avrò percorso palmo a palmo tutto questo territorio."
"Questo è chiaro", fu d'accordo Aryon, poi ci pensò meglio, "Comunque anche in questo caso non è detto che debbano per forza essere morte... potrebbe essere che si siano trasferite."
"Certo... solo che poi dovremmo ricominciare a cercarle daccapo", borbottò Nerwen in tono cupo, "Speriamo di trovarle qui", concluse con un sospiro.
"Non pensiamoci adesso", la esortò lui, baciandole la fronte, "Attraverseremo quel ponte quando ci dovessimo arrivare."
Ancora una volta, pensò Nerwen, suo marito aveva ragione. Sollevò il viso e lo baciò sulle labbra, il cuore gonfio d'amore per lui.
L'angolo dell'autrice:
Curiosità... gastronomiche: il dolce a base di castagne è il famoso Montebianco, un vero "mattone" ma assolutamente delizioso; e naturalmente il vino fiammeggiato aromatizzato altro non è che il vin brulé.
Ebbene, finalmente Nerwen ed Aryon hanno raggiunto quello che lei è sicura sia il territorio delle Entesse. Avrà ragione? Lo vedremo nel prossimo capitolo...
Lady Angel
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