Capitolo LII: Riunione
Capitolo LII: Riunione
Il giorno seguente, Pallando e Nerwen ripresero la ricerca; Alatar non aveva specificato dove si trovassero le istruzioni per creare il passaggio, né in che forma – se rotolo o libro o fascio di carte – ma era presumibile che fossero lì nel suo studio privato. Anche la sua camera da letto poteva essere un buon posto per cercare ed infatti lo Stregone aveva trascorso buona parte della notte a frugare ovunque, ma senza risultato.
Nel pomeriggio furono tenute le onoranze funebri di quello che tutti credevano Pallando, a cui dovettero naturalmente assistere. Secondo l'usanza di Qos, lo avrebbero cremato e poi disperso le sue ceneri nel mezzo del lago; quella consuetudine aveva senso, perché l'isola era fittamente abitata dai vivi e non c'era posto per i morti.
Durante il rito, Nerwen ebbe cura di mostrarsi profondamente afflitta perché tutti dovevano credere che piangesse la morte di suo padre; quando fu finito, tornarono nello studio di Alatar a continuare la loro ricerca.
Furono fortunati: verso sera, Pallando trovò quanto cercavano in un fascio di documenti scritti in lingua valarin.
"Penso che ci siamo!", esclamò eccitato, mostrando i fogli a Nerwen. Aveva riconosciuto l'idioma come quello del biglietto che lei gli aveva fatto recapitare tramite il piccione, ma anche se era riuscito a leggere quel messaggio semplice, le complicate istruzioni delle carte di Alatar andavano al di là della sua capacità di comprensione.
Nerwen esaminò il plico col cuore che batteva forte per la speranza, che andava aumentando a mano a mano che leggeva.
"Sì, ci siamo davvero!", confermò animatamente. Di slancio, lei e lo Stregone Blu si abbracciarono per la contentezza.
"È complicato?", si informò poi Pallando. Lei scosse la testa:
"Non molto, ma occorre una considerevole quantità di energia, per questo Alatar da solo non era in grado di farcela. E non poteva farsi aiutare dal mostro perché l'energia di un Balrog è l'antitesi della nostra, quindi non possono essere usate insieme... per questo il mostro aveva bisogno di rubare la nostra forza, trasformarla nella sua e infine usarla per i suoi scopi. Probabilmente la sola energia di Alatar non era sufficiente, per questo insisteva ad avere qualcun altro", guardò Pallando, "Io sono più forte della media degli Istari, perché non sono stata altrettanto diminuita, per cui penso che la somma delle nostre energie sarà sufficiente."
"Lo pensava anche Alatar", le rivelò l'altro, annuendo, "In punto di morte, probabilmente alcune facoltà interamente maiarin gli sono tornate e ha visto oltre l'apparenza...", tacque un momento, meditando, "Dove pensi sia la sua anima, adesso?"
"È certamente tornata a Valinor", affermò Nerwen, "nelle Aule d'Attesa. Forse i Valar decideranno di farlo reincarnare nel suo antico sembiante di Maia, se gli perdoneranno la sua quasi fatale ingenuità di allearsi con uno spirito malvagio; o forse lui preferirà tornare presso Ilúvatar, chissà..."
"Spero di poterlo rivedere, un giorno", dichiarò Pallando, "possibilmente ricordandomi del mio passato, e quindi di lui. Temo però che questo potrà accadere soltanto se e quando potrò tornare anch'io a Valinor..."
La Istar annuì, concordando.
"Intanto pensiamo a tornare in Arda", lo esortò, "Sei pronto?"
"Lo sono."
"Penso occorreranno diverse ore", considerò Nerwen, "Forse è meglio mangiare qualcosa per mantenerci in forze."
Così fecero, facendosi portare la cena nello studio. Se i servitori si stavano chiedendo cosa stesse mai combinando il loro sovrano con la giovane figlia del morto, non lo diedero a intendere e si tennero la loro curiosità. Del resto non stava a loro discutere le decisioni o i comportamenti del loro signore.
Dopo mangiato, i due Istari si disposero a cominciare.
"Propongo di spostarci nella camera segreta di Alatar", disse Pallando, "così se ci saranno rumori o luci strane, non verrà nessuno a indagare. Se tutto andrò bene e potremo tornare a casa, domattina non ci troveranno nei nostri letti e verranno a cercarci, e rimarranno per sempre a domandarsi che fine abbiamo fatto; in caso contrario, torneremo qui e andremo a dormire, e poi ci riproveremo domani."
"Buona idea", approvò Nerwen. Scesero così nel sotterraneo, ponendo cura nel rimettere a posto la libreria dietro di loro in modo che non si scoprisse – o almeno, non subito – il passaggio segreto, poi iniziarono l'operazione, seguendo le istruzioni lasciate da Alatar.
Dapprima tracciarono sulla parete un disegno che riproducesse il sembiante di una porta: un rettangolo con una maniglia, un architrave, una soglia. Per farlo, usarono dei carboncini che si erano fatti consegnare con la cena.
Poi si sedettero – si erano portati due cuscini, non sapendo quanto tempo avrebbero dovuto rimaner così sulla nuda roccia – ed unirono le mani e le menti, cercando di fondere le loro energie. Era diverso da come avevano fatto il giorno prima durante lo scontro col Balrog, quando Nerwen aveva prestato la propria forza a Pallando: allora si era trattato di trasmettere l'energia da lei a lui, mentre adesso dovevano agire all'unisono. Una volta unita la loro forza, dovevano imparare a gestirla in modo simultaneo, proprio come se fossero un'unica entità.
Il primo ostacolo era superare la paura di perdere la propria individualità; ciascuno nutriva la massima fiducia nell'altro, ma non era facile; il processo assomigliava alla tecnica di apprendimento da mente a mente che Nerwen aveva più volte sperimentato, sia come parte ricevente che come parte dispensante, tuttavia non coinvolgeva soltanto una piccola parte della mente dell'uno e dell'altro, bensì la globalità di entrambe, e non era semplice lasciarsi andare a quello che assomigliava ad uno smarrirsi irrimediabile dal quale non c'era la possibilità di tornare. Dovettero quindi lottare contro l'istinto di tirarsi indietro ad ogni passo, avanzando lentamente l'uno verso l'altra.
Finalmente, dopo un tempo che certamente superava le due ore, le loro menti furono totalmente unite, i pensieri dell'uno indistinguibili da quelli dell'altra; allora iniziò la fase successiva, ovvero la costruzione del passaggio. La gestione in simultanea dei loro poteri congiunti si rivelò meno difficile del previsto e, al quarto tentativo, riuscirono a cominciare la creazione. Lente volute di luce di colore verdazzurro – i loro colori mescolati – cominciarono ad uscire dai loro corpi, incanalandosi nel disegno della porta tracciato sulla parete e coprendo i segni del carboncino sulla pietra. Poco a poco, l'immagine assunse tridimensionalità e divenne una vera porta di pura energia. I pensieri dei due Istari la immaginarono aprirsi su Arda, precisamente nella stessa caverna da cui erano stati prelevati dal Portale Oscuro, ma in un altro punto per non sovrapporsi ad esso.
Come se fossero davvero una persona sola, si alzarono lentamente e si avvicinarono alla porta, che si aprì sotto la spinta delle loro menti congiunte, rivelando un ammasso di luce bianca – tanto quanto era stata nera l'oscurità che li aveva condotti lì – da cui uscirono eleganti spirali luminose che li circondarono gentilmente, li sollevarono con delicatezza e li attrassero dentro alla massa scintillante. La luce che li avvolse era accecante, al punto da far loro lacrimare gli occhi e indurli a chiuderli.
Poi fu il nulla.
Aryon Morvacor guardò duramente la giovane recluta che gli stava di fronte, affiancata da due guardie; il giovanotto abbassò gli occhi, intimidito.
"Dalkar, il tuo comportamento è inqualificabile", abbaiò, "Bere come una spugna, andare in giro per le strade ubriaco fradicio e toglierti i vestiti di fronte alla figlia della Borgomaestra!"
"Non ero cosciente di quel che facevo...", cercò di difendersi il giovane.
"Silenzio!", tuonò Aryon, balzando in piedi e battendo un pugno sulla scrivania; il malcapitato sussultò, spaventato dalla sua furia, "Il fatto che tu fossi sbronzo non giustifica in alcun modo la tua condotta! Una guardia cittadina deve sempre comportarsi in modo irreprensibile, su questo non transigo, e quando ti sei arruolato lo sapevi perfettamente!"
Il principe respirò profondamente, cercando di calmarsi.
"Sei la vergogna di questa caserma", continuò, tornando a sedersi, "per questo ti farai una settimana in cella a pane e acqua e avrai una multa pari a un mese di paga."
"Ma, signore...!", tentò di protestare Dalkar, salvo ammutolirsi all'occhiata, affilata come un rasoio, che ricevette dal suo capitano.
"Ringrazia i Valar che non ti faccio mettere alla gogna e esporre al pubblico ludibrio", ringhiò il principe, poi fece un cenno imperioso agli altri due, che afferrarono Dalkar e lo portarono via senza tanti complimenti. Non si scherzava con le regole stabilite dal capitano Aryon Morvacor, lo sapevano tutti, e una delle regole era non bere mai in pubblico fino a ubriacarsi, per nessun motivo, in servizio o no. Se lo si voleva fare, era ammesso soltanto a casa propria.
Aryon tornò a controllare le carte che il furiere gli aveva portato per la previsione degli approvvigionamenti del mese successivo, un lavoro che trovava tedioso ma che sapeva necessario. Era pomeriggio inoltrato e voleva finire prima di tornare a casa.
Una mezz'ora dopo, udì un trambusto proveniente dalla strada. Andò ad affacciarsi alla finestra e in fondo alla via scorse una folla giubilante che faceva ala attorno ad un gruppetto di guardie che stava scortando due figure, una alta e canuta e l'altra minuta e bruna, tallonate da un lupo.
Il cuore gli si fermò in petto.
Con un'esclamazione inarticolata, balzò verso la porta, la spalancò violentemente e corse fuori, verso l'assembramento.
Nerwen lo vide avanzare, altissimo, abbigliato di nero come sempre, un alone rossiccio attorno alla testa dovuto al sole calante posto direttamente dietro alle sue spalle; il suo volto era atteggiato ad un'espressione così incredula da sembrare rabbuiata. Scostò una delle guardie che accompagnavano lei e Pallando, un po' villanamente, ma in quel momento non le importò; poi si mise a correre e volò tra le braccia del marito.
Pazzo di gioia, Aryon la sollevò da terra e la strinse a sé, chiudendo gli occhi che all'improvviso si erano colmati di lacrime. La tenne così per un lunghissimo minuto, ammutolito, sommerso da un'inenarrabile felicità; poi tornò a posarla, delicatamente, e si tirò indietro per guardarla, fissando con sguardo divorante quei lineamenti adorati che non vedeva da oltre vent'anni, ma la cui memoria non era minimamente scemata nella sua mente e nel suo cuore. Le prese il volto tra le mani e la baciò.
Nessuno dei due si era accorto della folla che li aveva circondati, seguendo la scena col fiato sospeso; ora esplose un giubilo generale, che si sommò a quello per il ritorno dell'amato re Pallando.
Aryon si staccò dalle labbra di Nerwen; avrebbe voluto baciarla ancora e ancora, a perdifiato, ma il rumoreggiare festante della calca tutt'attorno a loro lo dissuase.
"Siete bellissimi!", gridò una voce femminile; strilli affermativi le fecero eco.
Pallando si era appositamente tenuto discosto per lasciare che la coppia di sposi si riunisse; ora si avvicinò sorridendo e posò una mano sulla spalla di ciascuno. Aryon gli lanciò un'occhiata.
"Felice che tu sia tornato, Pallando", dichiarò a bassa voce, ma il suo sguardo si era già spostato nuovamente sul viso della moglie: non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. In quel momento, sentì qualcosa dargli dei colpetti sulla gamba; si accigliò, scocciato, ma abbassando lo sguardo scorse Túdhin che lo osservava di sotto in su e il principe spianò il cipiglio. Lieto di rivederlo, si accosciò e lo accarezzò affettuosamente, mentre il lupo gli leccava la mano.
"Bentornato anche a te, amico mio", gli disse.
Una robusta donna castana di mezza età, energica Borgomaestra di Tarsad da tre anni, sopraggiunse in quel momento.
"Che cosa sta succedendo, capitano Aryon?", domandò con voce autoritaria. Il principe si alzò, voltandosi verso di lei, che si ritrovò a fissarne sbalordita l'ampio sorriso, una cosa che non aveva praticamente mai visto, in tutti gli anni che lo conosceva.
"Borgomaestra Rovena, il vostro re, sire Pallando, è tornato ... e così mia moglie Nerwen", la informò. La donna spalancò gli occhi verdi, guardando i due a cui Aryon stava accennando. Riconobbe il re dalle raffigurazioni pittoriche che aveva visto di lui, mentre per Nerwen diede credito alla parola del capitano delle guardie cittadine.
"Bentornato, sire", disse, allargando la gonna e inchinandosi formalmente, "è da tanto che attendevamo il vostro ritorno."
Come rendendosi conto che finora si erano forse comportati in modo troppo confidenziale, tutti i presenti si genuflessero di fronte al loro re. Anche Aryon gli rivolse un inchino, e così Nerwen.
"Grazie, grazie a tutti!", esclamò Pallando, gettando uno sguardo circolare alla folla inginocchiata, "Ci saranno festeggiamenti, ve lo prometto, ma non ora: al momento, ho solo voglia di farmi un bel bagno e di dormire, sono stanchissimo."
"Ma certo!", si affrettò a dichiarare Rovena, raddrizzandosi, "Qui a Tarsad non abbiamo un alloggio degno di voi, sire, ma se vi accontenterete della mia casa..."
"Una locanda andrà benissimo", la interruppe lui, rifiutandosi di estromettere una famiglia dalla propria casa. Era tipico di lui, preoccuparsi per il benessere altrui: era tutto fuorché un sovrano altezzoso.
Pallando fu quindi accompagnato, tra due ali di folla in tripudio, fino alla migliore locanda di Tarsad, dove l'oste a momenti stramazzò per l'emozione di accogliere il perduto re in persona.
Aryon e Nerwen, invece, si defilarono; prendendole la mano, il principe si diresse in fretta verso la propria casa. Accorgendosi che lei doveva quasi correre per stargli dietro, rallentò e le rivolse un piccolo sorriso di scusa.
"Mio fiore... come stai?", le domandò.
"Io sto bene", rispose Nerwen, leggermente senza fiato, "Tu, piuttosto?"
"Ora che sei tornata, sto benissimo!", le assicurò lui, portandosi la sua mano alle labbra per baciarla, "Santi Valar, mi sento come se il cuore stesse per scoppiarmi..."
Nerwen si fermò di botto in mezzo alla strada e lo abbracciò. Per lei, era trascorso soltanto un giorno dall'ultima volta che lo aveva visto, per lui chissà quanti anni... ancora non aveva osato chiedere. Lui la baciò in fronte, stringendola a sé.
"Ti porto da Thilgiloth", le disse sottovoce. Ardeva dalla voglia di star solo con lei, ma sapeva quanto la cavalla fosse importante per la moglie.
Nerwen aveva tuttavia già contattato la Corsiera con la mente non appena era emersa dal budello; Thilgiloth era stata così felice di percepire i pensieri dell'amica che si era messa a correre all'impazzata nel recinto che la ospitava, tanto che i palafrenieri si erano grandemente preoccupati. Conoscendo però l'ombrosità della giumenta, non avevano osato avvicinarsi troppo, e alla fine lei s'era lentamente calmata, così l'avevano lasciata in pace.
"Non è necessario", la Maia disse pertanto al marito, "Le ho già parlato. Andrò a trovarla più tardi."
Erano frattanto giunti di fronte ad una casa di pietra grigio chiaro dalle imposte dipinte di verde; sul davanzale delle finestre c'erano gerani e viole che ingentilivano la facciata.
Aryon la condusse alla porta, aprendola per lei; Nerwen entrò in un soggiorno arredato con un tavolo attorniato da sedie e due divanetti posti di fronte ad un grande camino. Da una porta laterale spuntò una donna bionda sulla trentina con in braccio una bimba di circa tre anni dai lunghi boccoli biondi e grandi occhi azzurri.
"Lord Aryon...?", cominciò in tono interrogativo, guardando da lui alla sconosciuta che lo accompagnava, seguita da un cane assai simile ad un lupo.
"Nerwen, questa è la mia governante, Convena, e la sua bambina Beryana", il principe le presentò, "Convena, questa è mia moglie Nerwen."
La domestica rimase per un istante a bocca aperta per la sorpresa, poi sorrise da un orecchio all'altro:
"Che magnifica sorpresa! Sono così felice per voi, Lord Aryon...", fece una riverenza, un po' impacciata dalla bambina in braccio, "Lady Nerwen, è un onore potervi incontrare."
"Piacere di conoscerti, Convena", disse la Istar, lieta dell'accoglienza.
"Se siete tornata voi... significa che è tornato anche re Pallando?", si informò la donna. Aryon annuì:
"Sì, sono tornati insieme poco fa. Ora il re è alloggiato alla Spada Incantata e vuol riposare, ma ha promesso festeggiamenti."
"Posso andare ad avvisare mio marito?", domandò Convena, "Sua nonna era nella guardia originale che ha accompagnato qui il re da Pallàndim e aspetta da sempre il suo ritorno..."
"Ma certo, vai pure", la autorizzò il principe, "Mia moglie e io possiamo tranquillamente fare a meno dei tuoi servigi, per oggi..."
La donna sorrise a entrambi, poi il suo sorriso si allargò ulteriormente mentre afferrava anche il significato recondito del congedo: era ovvio che la coppia desiderava un po' di solitudine.
"Allora ci vediamo domattina", li salutò, "Vengo alla solita ora per preparare la colazione."
Con un'altra riverenza, uscì, mentre la piccola Beryana salutava con la manina; Nerwen la ricambiò sorridendo, pensando che era una bambina davvero incantevole.
"Dolce Vána...", mormorò il principe, "non riesco a credere che tu sia qui con me... ho una paura folle che sia solo l'ennesimo sogno..."
"Non lo è, amor mio", lo rassicurò lei, un improvviso groppo in gola, "Sono davvero qui, in carne e ossa... Non è un sogno, e neppure Olorendor...", gli fece scivolare le braccia attorno al collo e sollevò il viso verso il suo, "Baciami..."
Aryon la prese tra le braccia e chinò la testa, baciandola come aveva fatto prima, ma stavolta schiuse la bocca per cercare un bacio più profondo. Nerwen rispose alla sua sollecitazione e le loro lingue si incontrarono, accarezzandosi vicendevolmente in modo amoroso e sensuale; i loro corpi aderirono l'uno all'altro, cercandosi. Con un gemito, Aryon sollevò Nerwen in braccio e la portò in camera.
Túdhin li guardò sparire oltre la porta; anche la sua specie si accoppiava per la vita, per cui capiva perfettamente il desiderio dei due compagni di rimanere soli. Trotterellò in un angolo e si accucciò, disponendosi ad aspettare pazientemente.
I vestiti volarono via nel desiderio ansioso dei due sposi di stare pelle contro pelle. Anche se per Nerwen l'ultima volta che aveva fatto l'amore con Aryon era stato solamente la notte precedente, la disperata urgenza di lui ben presto la contagiò.
Aryon sentiva un bisogno estremo di congiungersi a Nerwen, simile a quello che aveva provato la prima volta che si erano amati, in quel bellissimo luogo così lontano nello spazio e nel tempo; ma ora come allora, rifiutò di cedere alle pretese del proprio corpo e, invece di concentrarsi su se stesso, si concentrò su di lei.
La fece sdraiare sul letto e le si adagiò accanto, prendendola tra le braccia. Le cosparse il volto di baci, fronte, palpebre, naso, zigomi, soffermandosi sulle sue labbra; frattanto le sue mani l'accarezzavano, ritrovando ogni curva, ogni forma di quel corpo che conosceva così bene ma che ora, a causa del tempo trascorso, riscopriva come se fosse la prima volta. Scese lungo il suo fianco, fino alla coscia, per poi passare dietro e risalire lungo il gluteo e la schiena fino alle spalle; lei contraccambiò sfiorandogli il petto, toccando con dita leggere i suoi capezzoli e facendolo rabbrividire.
"Ti prego, no...", mormorò, baciandole il collo, "Non voglio perdere il controllo..."
Nerwen percepiva il suo bisogno, dovuto ad un numero di anni di celibato che non osava immaginare; fu commossa dal riguardo che sempre aveva per lei, ma stavolta decise di fare a modo proprio.
"Non voglio che tu ti controlli", gli bisbigliò, facendo scivolare la mano lungo il suo addome ed accarezzandolo audacemente; Aryon sussultò e gemette, chiudendo gli occhi per un attimo. Cercò di protestare, ma lei lo zittì con un bacio, "Amami con tutta la tua passione, Aryon...", lo invitò con voce roca.
Il principe si sentì mancare il fiato a quell'ardita richiesta e deglutì a vuoto. La fissò negli occhi – dalle iridi del più dolce color bruno che avesse mai visto in vita sua – e vi scorse una ferma determinazione ed un chiaro incoraggiamento.
Allora la baciò, fervidamente, profondamente; quando le lasciò la bocca, scese alla gola ed al petto. Nerwen inarcò la schiena e con un ansito gettò indietro la testa per offrirsi ai suoi baci. Aryon si spostò più in basso, sulle morbide rotondità di un seno, che mordicchiò con le labbra mentre circondava l'altro con la mano. Prese un apice in bocca, accarezzandolo con la lingua e poi suggendolo; contemporaneamente, sfiorò l'altro con le dita. Fu la volta di Nerwen di gemere.
Aryon continuò la sua discesa lungo il suo bel corpo e le raggiunse il ventre, dove scorse la brutta cicatrice che lo solcava diagonalmente, memoria del suo scontro quasi mortale col Balrog. L'aveva vista anche quando si erano trovati in Olorendor l'ultima volta, ma ciò nondimeno gli sfuggì un singhiozzo al pensiero che, a differenza che con Meledhiel, stavolta aveva rischiato davvero di perderla, a causa del mostro d'ombra: da come appariva, era stata una ferita che, per chiunque altro, sarebbe stata certamente fatale. La baciò con riverenza, accarezzandola con le labbra, ringraziando Oromë e tutti i Valar perché lei era lì con lui, tra le sue braccia, calda e vibrante di vita e non fredda e morta.
Nerwen udì il suono strozzato che Aryon aveva emesso; intuendone la ragione, sentì una stretta al cuore. Mai come in quel momento le pesò non poterlo rassicurare sulla propria incolumità, ma il veto ricevuto e il rispetto che provava per chi glielo aveva imposto erano semplicemente troppo forti perché lei potesse infrangerlo. Poi lui toccò la soglia della sua femminilità; trasalì per il piacere e non pensò più a niente.
Aryon l'accarezzò con dita tremanti, stentando a capacitarsi che quel calore, quella morbidezza che percepiva sotto i polpastrelli fossero davvero reali. Posò le labbra sul suo fiore segreto e ne schiuse i petali, gustandone il nettare con la testa che gli girava.
Nerwen tremò, godendo di quelle attenzioni, ma era consapevole che lui, nonostante le sue esortazioni, si stava ancora trattenendo.
"Basta", lo pregò allora, cercando di sottrarsi, "Ti prego... ho bisogno di te..."
Aryon comprendeva l'intento della moglie; gliene era infinitamente grato, ma era cosciente che, se avesse raccolto il suo invito, sarebbe finito tutto in pochi attimi, per lui, mentre lei sarebbe certamente rimasta indietro; e questo non intendeva permetterlo.
"Lasciami fare..."
Tornò ad assaporarla, deciso a portarla quanto più possibile vicina alla meta prima di unirsi a lei. La sentì fremere e l'udì emettere un sospiro spezzettato; ascoltò i suoi gemiti farsi sempre più acuti e la guardò agitarsi nel letto in modo sempre più irrefrenabile finché non comprese d'averla portata dove voleva. A quel punto si adagiò su di lei ed entrò nel suo accogliente calore, obbligandosi a farlo lentamente per non accelerare troppo il compimento; ma lei era d'altro avviso, come si rese conto quando la sentì sollevarsi verso di lui per affrettare il loro completo congiungimento. Allora perse la testa; con un lamento strozzato, cominciò a muoversi convulsamente, incapace ormai di qualsiasi controllo. In poche spinte arrivò al vertice e, appena un attimo prima di superare il punto di non ritorno, la sentì emettere un sospiro di soddisfazione; poi, con un lungo gemito simile ad un grido, si riversò dentro di lei. Per un istante interminabile, gli parve che il mondo scomparisse e che il tempo si fermasse, l'universo cristallizzato in quel momento sublime che andava molto al di là del mero godimento carnale.
Tornando in sé, per un istante temette di non aver portato Nerwen al culmine, ma si rese conto d'aver udito il suo lamento amoroso e che anzi lei stava ancora tremando di piacere attorno a lui, gli occhi chiusi e le labbra semiaperte sul respiro affannato. Pensò che non gli era mai apparsa più bella ed un nodo di commozione gli chiuse la gola.
Lentamente, Nerwen riaprì gli occhi, mettendo a fuoco lo sguardo sul volto di Aryon e notando che le iridi azzurre di lui erano leggermente annebbiate. Le occorse qualche istante per capire che erano lacrime; commossa, gli prese il volto tra le mani e lo abbassò sul proprio.
"Marito mio adorato...", gli sussurrò contro le labbra, prima di baciarlo perdutamente. Lui ricambiò il bacio con uguale trasporto.
"Moglie mia dolcissima...", bisbigliò, prima di baciarla ancora, "Luce della mia vita..."
Continuarono a scambiarsi tenerezze per un tempo indefinito, rifiutando di separarsi, e poi fecero nuovamente l'amore, stavolta con maggior calma; più tardi mangiarono qualcosa – del semplice pane con formaggio che trovarono nella dispensa, non volendo perder tempo a cucinare – e rifocillarono anche Túdhin, fino ad allora rimasto tranquillamente a sonnecchiare nel soggiorno.
Mentre mangiavano, Nerwen pose infine la domanda che non aveva osato formulare fino ad allora:
"Quanto tempo è passato dal giorno in cui siamo scomparsi?"
Aryon posò il bicchiere da cui aveva appena sorbito un sorso di vino.
"Oggi è il 21 ottobre 3018, secondo il calendario numénoreano", rispose piano, "Sono passati esattamente settantacinque anni, un mese e dieci giorni."
Nerwen chiuse gli occhi, scossa, e prese un lento respiro.
"Mi dispiace...", cominciò, sentendosi sull'orlo del pianto; Aryon si affrettò a prenderle le mani tra le sue.
"No!", esclamò, "Non è stata colpa tua. E neanche di Pallando, sebbene sia stato lui a leggere quella maledetta scritta. Si è trattato di una sciagurata fatalità. È stato per evitare la ripetizione di quanto accaduto che da quel giorno due guardie piantonano costantemente l'ingresso alla grotta...", Nerwen annuì: uscendo dal passaggio le avevano trovate, facendo loro prender un colpo, "e adesso che siete tornati, lo faremo murare."
La Istar si obbligò a inghiottire le lacrime.
"Un muro può essere abbattuto", osservò lentamente, "Meglio disattivare l'incantesimo: ora che sappiamo come funziona, a Pallando e a me basterà invertirlo per annullarlo."
Il principe annuì la propria approvazione.
"Raccontami di questi anni...", lo esortò lei.
Aryon allora le narrò a grandi linee le cose accadute nei tre quarti di secolo trascorsi dal giorno in cui lei e Pallando erano stati risucchiati oltre il Portale Oscuro. La morte di Thalion addolorò molto Nerwen, che era grandemente affezionata all'affidabile cavallo da soma; quella di Allakos le fu un po' meno amara, dato che lo stallone, a differenza del castrato, aveva avuto una discendenza, tra cui c'era attualmente un suo omonimo che ne era praticamente la copia, cosa che in qualche modo rendeva meno triste la sua morte.
Quand'ebbero terminato di mangiare, Nerwen osservò che doveva mettersi in contatto con Yavanna.
"Sarà molto preoccupata a non averti mai sentita per così tanto tempo", considerò Aryon, accompagnandola in camera.
"Solo in parte", gli rivelò lei, "Come tra te e me, anche tra lei e me c'è un legame: anche se non ho mai potuto contattarla, come te sentiva che ero ancora viva."
Si sdraiò sul letto sfatto e rivolse un sorriso al marito:
"Dato che ho appena mangiato, dopo non sarò molto affamata; ma se possibile, per quando torno potresti prepararmi del latte caldo, magari con del miele?"
"Certamente", le assicurò lui. Allora Nerwen chiuse gli occhi e si lanciò verso Valinor; non appena bussò alla porta, questa si spalancò con forza e Yavanna le tese le braccia:
Amica mia! Finalmente sei tornata...
Si abbracciarono, non nella maniera formale bensì in quella amichevole. La Valië strinse la sua discepola per lunghi momenti, poi la lasciò andare e si scostò dalla soglia per permetterle di entrare. Stavolta ricreò l'immagine della biblioteca.
Raccontami, cos'è accaduto? Dov'eri finita, e cosa ti impediva di contattarmi?, indagò.
Sono incappata in un Portale Oscuro, cominciò Nerwen, per poi raccontarle di come lei, Pallando e Túdhin si fossero trovati in un luogo che tutto faceva supporre trovarsi al di fuori di Arda, di come avessero camminato fino ad imbattersi in altre persone simili agli Uomini e della sorpresa di trovare Alatar come loro signore, ed infine si dilungò nella descrizione del loro scontro col Balrog.
Uno dei Valaraucar sfuggiti alla cattura quando abbiamo preso Utumno, considerò la Regina della Terra, pensierosamente, Solo Eru sa come quel Portale Oscuro abbia potuto portarlo oltre Arda... Sei sicura che il mostro sia stato distrutto?
Sì, sono sicura. Alatar ha usato tutto il suo potere contro di lui quando Pallando lo aveva appena colpito col suo incantesimo più potente, la Freccia di Oromë.
Completò il racconto narrando della morte dello Stregone Blu e delle sue istruzioni per creare un passaggio che li aveva ricondotti al punto di partenza.
Appena possibile, Pallando e io invertiremo l'incantesimo del Portale Oscuro e lo sigilleremo per sempre, concluse.
Informerò Oromë che il suo seguace potrebbe trovarsi ora nelle Aule di Mandos, disse Yavanna, Se è là, dovrà essere giudicato... ha agito male, ad allearsi con un Valarauco, ma in sua difesa va detto che non sapeva che cosa fosse in realtà; inoltre alla fine si è riscattato sacrificando la sua vita per salvare te e Pallando.
Tacquero per qualche istante, poi la Regina della Terra riprese la parola:
Negli anni della tua assenza, il potere di Sauron è tornato a crescere, la informò con gravità, Sentiamo muoversi delle energie molto forti, sia a suo favore che contro di lui. Si sta preparando uno scontro epocale che coinvolgerà indistintamente tutti i popoli della Terra di Mezzo e dal cui esito dipenderà il futuro del mondo intero. Questa immane battaglia porrà termine ad un'era e ne aprirà un'altra, ma che questa sia luminosa od oscura, non sappiamo dirlo: tutto dipende dal numero di coloro che saranno forti abbastanza da sapersi opporre a Sauron, ma ancor più dalla saldezza del loro coraggio. Verranno schierati immensi eserciti da ambo le parti e, comunque andrà, il mondo cambierà...
La Valië tacque nuovamente, mentre Nerwen cercava di assimilare quelle ferali notizie; ma Yavanna non aveva ancora finito:
Dalle notizie che Ulmo ha raccolto dalle acque, i popoli di Harad, i pirati di Umbar e gli Esterling si sono alleati a Sauron. Altri popoli più orientali stanno guardando con favore all'idea di fare altrettanto: se la gente di Pallando riesce a tenerli impegnati, impedirà loro di recarsi a Mordor e di dar manforte al Nemico...
Il popolo di Pallando è fondamentalmente pacifico, anche che sa essere un avversario formidabile, considerò Nerwen, parlando lentamente, Non ho alcun dubbio che lotteranno ferocemente contro Sauron, ma anche radunando i loro alleati, non sono molto numerosi...
S'interruppe perché Kementári stava scuotendo la testa.
Ed è qui che tornano in ballo le Entesse, affermò, Devi trovarle e convincerle ad appoggiare i liberi popoli dell'Est nella lotta contro quelli che vogliono unirsi a Sauron.
Ma gli Onodrim non sono una razza guerriera, obiettò Nerwen, non lo sono i maschi, ancor meno lo sono le femmine.
Lo so bene, annuì Yavanna, tuttavia sanno diventare molto aggressive, se si tratta di difendere la loro terra.
Questo è vero, ammise la Istar, Allora, devo solo convincerle che la loro terra non è soltanto la zona in cui si sono stabilite, ma tutta Arda.
Ottima argomentazione, approvò Kementári.
So di essere ormai vicina, geograficamente parlando; ripartirò alla ricerca delle Entesse non appena riuscirò a riorganizzarmi.
Bene, perché il tempo stringe...
S'interruppe, perché gli occhi di Nerwen avevano all'improvviso assunto uno sguardo vacuo che lei conosceva bene: accadeva quando si attivava la sua Seconda Vista. Per lunghi istanti, la Istar rimase immobile a fissare qualcosa che solo lei poteva vedere, poi con un trasalimento tornò al momento e al luogo presenti.
Cos'hai visto?, la interrogò la Regina della Terra.
Due piccole figure... Hobbit forse, dalla taglia, rispose la sua discepola, Si stavano arrampicando sul fianco di un vulcano dall'attività inquieta, in una terra buia e desolata... Poco lontano si ergeva un'immensa torre, in cima alla quale ho visto l'Occhio di Sauron, raccolse le idee, cercando di analizzare ciò che aveva visto; la conclusione a cui arrivò la lasciò sbalordita, Nonostante tutto, non penso che sarà il numero di soldati di una parte o dell'altra, o l'efficacia delle macchine da guerra, a decidere le sorti ultime della battaglia finale, bensì qualcosa o qualcuno di così piccolo ed insignificante che Sauron l'ha trascurato nei suoi piani...
Lo scopriremo soltanto quando sarà il momento, commentò Yavanna gravemente; Nerwen poté soltanto confermare con un cenno d'assenso.
A quel punto, Kementári si alzò, ponendo così termine al colloquio; la Istar la imitò. Si congedarono affettuosamente.
Quando Nerwen aprì le palpebre, vide il marito accanto a sé, seduto su una sedia di fianco al letto, mentre le teneva amorevolmente la mano.
"Bentornata", le disse piano, "Tutto bene?"
"Notizie poco rassicuranti, purtroppo", gli rispose, "ma prima di parlartene vorrei bere quel latte caldo..."
"Te lo porto subito."
Il principe corse in cucina, dove aveva scaldato il latte in un bricco che poi aveva lasciato accanto al fuoco perché mantenesse la temperatura. Vi mescolò un cucchiaino di miele e lo versò in una tazza, che portò a Nerwen.
Intanto, lei si era sollevata a sedere. Vedendolo tornare con in mano la tazza fumante, gli sorrise con gratitudine; la prese e ne bevve un paio di sorsi, lentamente per non scottarsi, e poi gli raccontò quanto appreso da Yavanna.
"Hai ragione, non sono notizie rassicuranti", osservò Aryon, "Dobbiamo riprendere al più presto la ricerca delle Entesse. Frattanto Pallando dovrà raccogliere informazioni riguardo a quali tra i popoli orientali siano intenzionati ad allearsi con l'Oscuro Nemico e muover loro guerra, un diversivo che li distolga dal loro intento."
"Gli Yorva non sono un popolo di guerrieri come i Rohirrim, ad esempio, o gli stessi Gondoriani", puntualizzò Nerwen, "Potranno affrontare una simile guerra soltanto se convinco le Entesse ad appoggiarli", sospirò, "Se la pensano come Barbalbero, non sarà facile..."
Aryon la guardò incuriosito:
"Chi è Barbalbero?"
Solo allora Nerwen si rese conto d'aver nominato l'Ent, infrangendo così la promessa che gli aveva fatto di non parlare di lui o dei suoi consimili che vivevano a Fangorn; ma dopotutto erano passati più di settantacinque anni e si trovavano a mezzo mondo di distanza, e si fidava di Aryon come di nessun altro, con l'unica possibile eccezione di Gandalf; e naturalmente Yavanna e Melian.
Narrò quindi al marito del suo incontro con l'antico Pastore degli Alberi e di quanto aveva da lui appreso, ciò che l'aveva indotta a mettersi alla ricerca delle femmine degli Onodrim. Gli raccomandò assoluta discrezione, che lui naturalmente le promise. Poi Aryon riportò la tazza in cucina e tornò dalla moglie.
Quella notte dormirono assai poco, intenti a condividere altri dolci abbracci.
Quando il mattino seguente si alzarono, trovarono il tavolo già pronto e Convena in cucina intenta a preparar da mangiare.
"Buongiorno, Lady Nerwen, Lord Aryon", li accolse la donna, sorridendo loro, "Il vostro cane è molto ben educato: stamattina quando sono arrivata ho visto che non ha sporcato. Gli ho aperto la porta sul giardino e lui è uscito. Adesso è ancora là, sembra gli piaccia di più star fuori che dentro casa."
"È così infatti", confermò Nerwen, "Gli hai dato da mangiare?"
"No", rispose Convena, "non sapendo com'è abituato, gli ho dato solo da bere."
"Ben fatto", approvò la Istar, "Vado a salutarlo."
Uscì quindi dalla porta posteriore, trovandosi in giardino; essendo autunno inoltrato, era piuttosto spoglio, ma si vedeva che era ben curato. La Maia riconobbe oleandri, azalee, ibischi e fucsie, mimose, calicanti, rododendri e camelie; in primavera ed estate, doveva essere un tripudio di fiori e di colori. Avanzò di alcuni passi e percepì una calorosa sensazione di riconoscimento che la lasciò meravigliata. Poi vide Túdhin correrle incontro e accantonò la cosa.
Tutto bene?, le domandò il lupo, anche se non ce n'era bisogno dato che ne percepiva lo stato di benessere fisico e spirituale, così completo da sfiorare l'estasi. Nerwen si chinò ad accarezzarlo.
"Sì, adesso è finalmente tutto a posto", gli confermò, "tranne per il fatto che due nostri cari amici, Allakos e Thalion, non ci sono più. Come ti ho detto, il tempo trascorre diversamente nel luogo in cui ci trovavamo: lì sono passati pochi giorni, qui molti anni..."
Il lupo irradiò una sensazione di mestizia.
Sentirò la loro mancanza, dichiarò.
"Anch'io..."
Rientrarono in casa assieme; Túdhin si avvicinò ad Aryon per salutarlo, poi si accucciò accanto al tavolo; marito e moglie si sedettero e si videro servire una colazione assai abbondante, con frittelle ricoperte di confettura di fragole, pane, burro, miele e – per la delizia di Nerwen – ertan, il tutto accompagnato da tè al bergamotto.
"Mi sembra quasi d'esser tornata a Bârlyth", considerò l'Aini, assaggiando l'ertan cui, come sua abitudine, aveva aggiunto un cucchiaino di miele.
"Lord Aryon mi ha detto che ne siete molto ghiotta", le sorrise la fantesca, "come anche delle fragole, motivo per cui ho scelto questa confettura per farcire le frittelle. Vi piacciono?"
Nerwen ricambiò il sorriso ed annuì:
"Sono deliziose. Non ne avevo mai mangiate, di così."
"È una mia specialità", le rivelò la donna, arrossendo lievemente di piacere per il complimento.
Aryon si appoggiò allo schienale, dandosi una leggera pacca sullo stomaco.
"Sto per scoppiare", celiò, col suo tipico sorrisetto, "Stamattina sei stata parecchio abbondante", soggiunse, indicando a Convena tutte le pietanze sul tavolo. L'altra ammiccò:
"Ho pensato che potevate aver bisogno di rimettervi in forze..."
La Istar ridacchiò, genuinamente divertita, mentre Aryon fece una buffa smorfia, ottenendo di farla ridere ancora più forte. Nerwen scambiò un'occhiata complice con la donna e comprese d'aver trovato un'amica.
Più tardi, Aryon l'accompagnò a trovare Thilgiloth; naturalmente Túdhin li accompagnò.
La Corsiera era ricoverata nelle scuderie annesse alla caserma della guardia cittadina ed in quel momento stava trotterellando svogliatamente nel recinto in compagnia di Allakos, il discendente del suo omonimo.
Non appena scorse l'amica a due gambe entrare nel recinto, Thilgiloth nitrì gioiosamente e le corse incontro; si fermò davanti a lei ed abbassò la testa sulla sua spalla. Nerwen le abbracciò il collo e la strinse affettuosamente.
Finalmente sei tornata!, l'accolse la Corsiera, Mi sei mancata moltissimo...
"E tu a me, vecchia mia", le rispose la Maia, "Non sai per quanti chilometri ho dovuto scarpinare, là dov'ero finita...", scherzò. Thilgiloth colse l'ironia nel tono dell'amica e le diede un buffetto, fingendo indignazione.
Così, ti sono mancata solo come mezzo di locomozione, eh?
Nerwen scoppiò in una sonora risata e Aryon s'incantò a quel suono. Quanto gli era mancata la risata della sua adorata sposa... deglutì il nodo che minacciava di ostruirgli da gola e scacciò la malinconia che gli causava il pensiero dei lunghi anni di solitudine che aveva trascorso, concentrandosi soltanto sul momento presente, con lei che gli stava – finalmente di nuovo – accanto.
Frattanto, Thilgiloth e Túdhin si erano calorosamente salutati, con la Corsiera che aveva abbassato il muso fino a sfiorare il naso del lupo.
Con un fischio, Aryon chiamò il nuovo Allakos per presentarlo a Nerwen, ma lo stallone si rifiutò di avvicinarsi: aveva fiutato l'odore del lupo e ne aveva timore. Accorgendosene, Nerwen proiettò i pensieri verso lo stallone, che naturalmente si stupì di riuscire a udirla. Dopo essersi presentata, l'Aini lo assicurò che non c'era pericolo perché Túdhin non era un lupo come gli altri; poi chiese al predatore di tranquillizzare l'altro cavallo come a suo tempo aveva fatto col suo antenato e con Thalion. Mentre Allakos si avvicinava, dunque, Túdhin rimase immobile, per poi sdraiarsi pancia all'aria mostrando la propria fiducia allo stallone. Quest'ultimo osservò l'atteggiamento rilassato di Thilgiloth – che conosceva da quand'era nato – e, pur con esitazione, ne seguì l'esempio, abbassando il muso e dando dei buffetti sul ventre scoperto del lupo.
Ti va di andare a fare una corsa insieme?, la cavalla domandò poi a Nerwen. L'Aini le accarezzò il fianco.
"Non ora", le disse, "Però possiamo farlo nel pomeriggio", si girò a guardare il marito, "Thilgiloth mi ha chiesto di andare a fare una cavalcata insieme, ma prima vorrei riferire a Pallando delle notizie di Yavanna."
"Sì, è senz'altro il caso", fu d'accordo Aryon.
Si congedarono quindi dalle loro rispettive cavalcature; stavano per uscire, quando una giovane soldatessa li raggiunse:
"Perdonate il disturbo, capitano, ma il tenente Ryol chiede di voi."
Aryon aveva mandato a dire che si prendeva una giornata libera, quindi se il suo vice lo cercava doveva essere importante.
"Il dovere mi chiama", si scusò con la moglie.
"Non preoccuparti", gli disse lei, "Andrò da Pallando; ci rivediamo a casa."
A casa, pensò lui, emozionato. Ora che c'era lei, la sua abitazione non sarebbe più stata semplicemente il luogo dove alloggiava, ma casa. Anche se, probabilmente, solo per un breve periodo, perché presto avrebbero dovuto ripartire alla ricerca delle Entesse.
Le rivolse il suo tipico piccolo sorriso e si allontanò per andare in cerca di Ryol.
Nerwen, accompagnata da Túdhin, si recò quindi alla locanda dove alloggiava Pallando, che la ricevette subito.
Dopo che gli ebbe raccontato delle notizie ricevute dalla sua Maestra, il sovrano rimase pensieroso.
"Oltre la Grande Foresta ci sono popolazioni bellicose da cui abbiamo dovuto difenderci, in passato", disse infine, "Siamo gente pacifica, ma sappiamo combattere, se necessario, e fortunatamente abbiamo degli alleati; ma muovere noi una guerra?", scosse la testa, "Non so se ne saremmo in grado. Tuttavia, con l'aiuto delle Entesse..."
Rammentando l'opinione di Barbalbero, fu la volta di Nerwen di scuotere la testa:
"Prima devo trovarle, poi devo riuscire a convincerle ad agire, a non rinchiudersi in una falsa oasi di pace che, se dovesse vincere Sauron, durerebbe soltanto fino a quando lui non decidesse di spazzarle via, così come farà con tutti coloro che gli si oppongono o anche solo che non lo riconoscono loro signore e padrone. Non so quanto tempo mi ci vorrà: forse dovrete agire prima che io possa tornare con l'alleanza delle Entesse. Ammesso e non concesso che mi riesca di convincerle, ovviamente."
Pallando strinse le labbra.
"Dovremo fare quel che sarà necessario", affermò con decisione, "Siamo gente tranquilla, ma amiamo la nostra libertà e nessuno potrà togliercela facilmente."
Quando rientrò a casa, Nerwen trovò Convena intenta a preparare il pranzo, mentre la sua bimba, Beryana, giocava sul pavimento del salotto con una bambola di pezza.
"Che profumino!", esclamò, annusando gli effluvi che provenivano dalla cucina.
"Stufato di manzo alla birra nera", annunciò la donna con un largo sorriso, "Piace molto a Lord Aryon, spero piacerà anche a voi."
"A giudicare dal profumo, non ne dubito", dichiarò Nerwen ridendo, mentre si avviava verso la camera da letto. Lì, in una cassapanca, Aryon aveva gelosamente conservato i suoi abiti da casa per tutti quegli anni. Si rinfrescò nell'annessa stanza da bagno, poi tornò di là.
"Ho preparato anche una focaccia al miele", le annunciò Convena, indicando il dolce ben dorato che aveva appena tolto dal forno e messo a raffreddarsi sul davanzale della finestra, "Lo potrete gustare con un bel bicchiere del sidro dolce prodotto da mio marito", aggiunse ammiccando; Nerwen inarcò le sopracciglia per la sorpresa e l'altra rise, "Sì, so anche del sidro dolce. Lord Aryon non parlava spesso di voi – anche se era evidente che eravate sempre nei suoi pensieri – ma sono al suo servizio da dieci anni, e prima di me lo era mia madre: tra tutte e due abbiamo raccolto qualche informazione che ora sono ben felice di mettere in pratica", concluse con un altro sorriso dei suoi.
In attesa che il padrone di casa rientrasse, Convena diede da mangiare alla figlioletta.
Aryon tornò una mezz'ora più tardi; scorgendolo sulla soglia, Nerwen si alzò e gli andò incontro. Lui si chinò e la baciò sulle labbra, poi la strinse in un abbraccio. Era meraviglioso tornare a casa e trovarla; prima, la sua abitazione gli era sempre sembrata fredda e vuota, anche se c'era il fuoco acceso, il pasto pronto e qualcuno ad accoglierlo; ma quel qualcuno, fino a quel giorno, non era mai stato Nerwen.
"Convena ha fatto un delizioso stufato, e anche un dolce", lo informò la moglie.
"Ottimo", approvò lui, poi le sussurrò all'orecchio, "Anche se il dolce migliore che posso desiderare sei tu..."
Si tirò indietro per vedere che effetto le aveva fatto la sua dichiarazione e scorse un luccichio malizioso nei suoi occhi.
"...ma avremo pur bisogno di cibo per mantenerci in forze per le nostre attività speciali", gli fece notare, rispondendogli a tono. Lui sogghignò:
"Hai assolutamente ragione."
Si tolse la giubba e si accomodò al tavolo assieme a Nerwen; Convena arrivò con i piatti colmi di fumante stufato, accompagnato dalla stessa birra scura usata per cucinarlo; assieme servì spinaci e funghi, entrambi insaporiti con burro e cipolla.
"Qualche problema, in caserma?", s'informò l'Aini.
"No, affatto", rispose Aryon, "Era solo per informarmi dei preparativi per i festeggiamenti per il ritorno di Pallando. Rovena vuol fare le cose in grande: un banchetto con tutti i maggiorenti della città – me compreso, e quindi anche te – seguito da una festa danzante e infine fuochi d'artificio. Ha già ingaggiato metà dei cuochi di Tarsad e i migliori musici. La guardia cittadina avrà il suo daffare e Ryol è molto nervoso, perché essendo io uno degli invitati, dovrà sbrigarsela da solo."
"Ne ha le capacità?"
"Sì, è il mio vice da diciotto anni, se la può cavare benissimo anche senza di me. Sembra però non saperlo", concluse ridacchiando.
Era semplicemente meraviglioso poter condividere con lei le sue vicende giornaliere, pensò. Le prese la mano e le baciò fervidamente, gli occhi chiari brillanti d'amore. Nerwen gli accarezzò la guancia, emozionata dal suo sguardo adorante.
Convena stava uscendo dalla cucina per venire a prendere i piatti ormai vuoti e li vide scambiarsi quei gesti teneri. Di animo romantico, la donna si sentì sciogliere il cuore; era felice per il padrone, cui voleva bene come ad un fratello maggiore – dopotutto, lo conosceva da tutta la sua vita ed era cresciuta in quella casa, come ora stava crescendo Beryana. Decise che li avrebbe lasciati soli al più presto.
Tornò discretamente di là, poi fece un po' di rumore prima di rientrare.
"Complimenti, lo stufato era tenero e molto saporito", dichiarò Nerwen
"Grazie", replicò la donna, molto compiaciuta, "Vi porto la torta."
Poco dopo era di ritorno con il dolce, che servì con il sidro fresco di cantina.
"Oggi pomeriggio ho delle commissioni da sbrigare", dichiarò, "quindi vorrei uscire non appena finito di rigovernare la cucina, se mi date licenza."
"Ma certo", rispose Aryon, "non preoccuparti, prenditi tutto il tempo che ti serve. Alla cena possiamo pensare noi."
Convena capì l'antifona, ma fece finta di nulla.
"Va bene, allora tornerò domattina per la colazione."
"No, domani sarà una giornata di festa per tutti", le rivelò il principe, "Celebriamo il ritorno di re Pallando. Rimani pure con la tua famiglia. Riprenderai servizio dopodomani."
"Oh, vi ringrazio moltissimo, Lord Aryon!", sorrise la donna, contenta. Tornò in cucina per cominciare a rassettarla e potersene così andar via al più presto.
Aryon e Nerwen gustarono il dolce, trovandolo deliziosamente fragrante; il sidro, fresco e profumato, lo accompagnò alla perfezione. Convena venne a prendere i piatti vuoti, così si alzarono da tavola per permetterle di sparecchiare. Túdhin si avvicinò alla porta posteriore, guardando Nerwen con aria d'aspettativa; la Istar capì che desiderava uscire, così gli aprì la porta e il lupo corse fuori.
"Ti piace il giardino?", le domandò sottovoce Aryon, "L'ho pensato per te... peccato che non sia in fioritura."
"Dev'essere stupendo, in primavera", considerò Nerwen, poi si girò verso di lui, "Grazie."
Lui l'attirò tra le braccia e le baciò i capelli.
"Lo curavo e pensavo a te", le disse, "Ogni singola pianta, se ha avvertito i miei pensieri, ha talmente tanto sentito parlare di te, che è come se ti conoscesse."
"Oh... adesso capisco perché ho percepito un senso di famigliarità...", mormorò Nerwen, "Sì, Aryon, hanno sentito i tuoi pensieri, e quando ho posto piede nel giardino, mi hanno riconosciuta..."
La voce le si spense in gola; ammutolita, lo strinse a sé. Non riusciva neanche ad immaginare settantacinque ore senza di lui, e per lui erano stati settantacinque anni, con soltanto una notte qua e là trascorsa con lei...
"Ti amo, Aryon", mormorò, "Ti amo immensamente."
"E io amo te, Nerwen", le disse piano lui, accarezzandole la schiena.
"Beryana, andiamo?", udirono Convena chiamare la piccola; allora si sciolsero dal loro abbraccio per salutare madre e figlia.
Rimasti soli, si dedicarono l'uno all'altra; dimentichi del loro proposito di andare a fare un giro a cavallo, trascorsero un lungo pomeriggio d'amore l'uno tra le braccia dell'altra.
L'angolo dell'autrice:
Curiosità... filologica: non scandalizzatevi all'uso della declinazione femminile di "Borgomastro" in "Borgomaestra". Ho fatto le mie ricerche linguistiche: "mastro" equivale a "maestro" (anche se le due parole hanno sfumature di significato leggermente diverse) che al femminile diventa "maestra". In tedesco "Bürgermeister" viene tranquillamente declinato al femminile "Bürgermeisterin". In italiano si fanno resistenze a creare il femminile di nomi tradizionalmente maschili (ingegnere, ministro, sindaco), resistenze che sono puramente culturali e/o estetiche ("ministra" è orribile!! "ingegnera" fa schifo!! "sindaca" no grazie!!!) ma che linguisticamente e grammaticalmente parlando non hanno ragion d'essere. Perciò io le uso senza remore, anche se a qualcuno potrebbero non piacere.
Curiosità... gastronomica: lo stufato di manzo alla birra nera non è altro che il celebre e delizioso irish stew alla Guinness, che ho avuto la ventura di assaggiare in Irlanda.
Finalmente i due sposi si sono riuniti; per Nerwen sono stati soltanto una decina di giorni, mentre per il povero Aryon sono stati ben tre quarti di secolo. Va bene che "cent'anni non sono nulla nella vita di un Elfo" (cit.), ma nondimeno sono stati molto pesanti, per il nostro principe Avar.
Avete notato la data? 21 ottobre 3018: la grande avventura di Frodo Baggins è iniziata... il tempo ormai stringe, Nerwen deve trovare le Entesse al più presto e convincerle a dare il loro contributo nella Guerra dell'Anello che sta per iniziare, anche se né loro né Nerwen ne sanno ancora nulla.
Grazie infinite a tutti coloro che mi seguono con tanta costanza: quando mi manca l'ispirazione, il pensiero che voi siete lì che attendete il seguito di questa mia storia mi sprona a ritrovarla, a pigliare per i capelli la mia Musa e scrollarla per farle uscire le idee XD
Lady Angel
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