Capitolo LI: Passaggio per Fangorn
Capitolo LX: Passaggio per Fangorn
Due giorni più tardi, Éomer ed Éowyn di Rohan, accompagnati da una scorta degna del loro rango, giunsero a Minas Tirith. Arwen ed Aragorn li ricevettero formalmente nella sala del trono, circondati dai maggiorenti della città; quando la parte ufficiale fu espletata, i sovrani di Gondor congedarono i dignitari di una parte e dell'altra, ma pregarono i due ospiti di Rohan e Aryon e Nerwen di rimanere.
"Amici miei", disse Aragorn, rivolto a Éowyn ed Éomer, "voglio presentarvi due persone molto speciali per me e la mia regina: Nerwen la Verde, zia di Arwen e mia insegnante quand'ero bambino, e suo marito, il principe Aryon di Eryn Rhûn."
Nerwen ed Aryon fecero una riverenza, che la bionda principessa di Rohan ricambiò, mentre suo fratello, in virtù del proprio rango di monarca, si limitò ad un cortese cenno del capo.
"Lieta di fare la vostra conoscenza", dichiarò Éowyn, soffermando il suo sguardo sulla Istar, "Sei dunque una collega di Gandalf, Lady Nerwen?"
"È così", confermò lei, "Mentre tu sei colei che ha abbattuto il Capitano Nero: sono onorata di fare la tua conoscenza."
La principessa sorrise, poi guardò Faramir, in piedi al suo fianco, ed il suo sorriso si fece più ampio e luminoso:
"Grazie... ma quello è il passato: volevo fama e gloria, e le ho ottenute, ma mi sono accorta che ci sono cose ben più preziose, nella vita. D'ora in poi mi occuperò soltanto di ciò che cresce e prospera e rende il mondo più dolce."
Faramir contraccambiò il suo sorriso. Nerwen pensò che Éowyn era bellissima, contemporaneamente dolce e forte; Faramir era la sua controparte perfetta, anche lui bellissimo, dolce e forte insieme. Formavano una coppia stupenda, in ogni senso, ed era evidente che fossero profondamente innamorati l'uno dell'altra. Con le loro cure, l'Ithilien sarebbe certamente tornato ad essere una terra rigogliosa.
Il matrimonio venne celebrato tre giorni dopo nel Cortile della Fontana, alla presenza di tutti i notabili di Minas Tirith. Fu re Elessar in persona a condurre la cerimonia, che era alquanto diversa da quella in uso presso Elfi ed Ainur e non prevedeva madrina e padrino, ma soltanto lo scambio delle promesse coniugali da parte degli sposi, mentre i loro polsi venivano simbolicamente legati assieme da un nastro rosso. Gli occhi di entrambi gli sposi brillavano di gioia mentre si guardavano con espressioni talmente rapite da far sorridere tutti i presenti, compreso il severo Éomer, che osservava la sorella ed il neocognato con evidente approvazione.
Dopo la cerimonia nuziale, festeggiarono nella Merethond, la Sala delle Feste, dove si mangiò e si bevve, si cantò e si danzò, si declamarono versi d'amore e si fecero giochi di destrezza, e ci si divertì fino a tarda ora, anche se gli sposi si ritirarono molto prima: dovevano naturalmente convalidare il matrimonio con l'atto coniugale e di certo non si fecero pregare, come qualsiasi coppia innamorata.
Gli ospiti di Rohan si trattennero una decina di giorni, poi si prepararono a partire per tornare a casa, mentre i Principi d'Ithilien si sarebbero recati oltre l'Anduin nella loro nuova casa.
A quel punto, anche Nerwen ed Aryon ritennero che fosse ormai tempo di riprendere il loro viaggio; la prossima tappa era Lothlórien, ma prima la Maia voleva passare da Fangorn per vedere cosa ne fosse stato degli Ent, e pensarono che potesse essere una buona idea unirsi ai Rohirrim per percorrere insieme una parte del viaggio.
La sera prima della partenza da Minas Tirith, Arwen e Nerwen trascorsero un po' di tempo a tu per tu su richiesta dell'Aini; uscirono a passeggiare, accompagnate da Túdhin, e parlarono del futuro.
"Aragorn sarà un grandissimo re", dichiarò Nerwen, "Riporterà Arnor e Gondor all'antico splendore ed il suo nome verrà ricordato con rispetto per molti secoli."
"Te lo dice la tua Seconda Vista?", indagò l'Elfa.
"No, semplicemente il mio buon senso", sorrise la Istar, "Non ho avuto visioni in merito, ma è palese che Aragorn è un grande Uomo, altrimenti non sarebbe giunto dov'è giunto, realizzando tutti i suoi sogni: il trono, la vittoria, te...", si fermò e la sua espressione si fece molto grave mentre si voltava a guardare la nipote, "Tu sai che cosa ti aspetta, alla fine, vero...?", chiese sottovoce.
Arwen si fermò a sua volta e guardò la zia negli occhi.
"Ho scelto così", rispose, anche lei parlando piano, "perché preferisco cento anni con Aragorn che diecimila senza di lui."
Nerwen assentì: era lo stesso concetto che aveva espresso Aryon quando la credeva mortale.
"La vostra vita sarà ricca di benedizioni di ogni genere: prosperità, amore, salute, figli, prestigio. Per quanto l'esistenza di Aragorn sarà lunga, in termini umani, quando giungerà il momento della sua dipartita, a te sembrerà sempre troppo breve. Perciò ascoltami: stai con lui il più possibile, fai tesoro di ogni singolo istante, perché alla fine di lui purtroppo ti rimarrà soltanto la memoria. So di cosa parlo perché anch'io ho perduto una persona per cui provavo molto affetto e sono felice di ogni singolo momento che ho avuto la fortuna di trascorrere con lui; ma per te sarà molto peggio, perché Aragorn è il tuo compagno per la vita, e il rimpianto non cesserà mai nel tuo cuore. Se la tua esistenza senza di lui ti sarà insopportabile, potrai scegliere tra recarti ai Porti Grigi e imbarcarti per Valinor, oppure staccare volontariamente il tuo spirito dal corpo e recarti nelle Aule d'Attesa. In entrambi i casi, la tua sofferenza verrà alleviata", prese le mani di Arwen e le strinse con affetto, "Perdonami se ti sto rattristando, ma volevo che ti fosse ben chiaro che cosa ti aspetta, alla fine."
"Grazie, zia Nerwen", disse piano la regina, contraccambiando la stretta, "Anche mio padre mi ha detto lo stesso. Non so cosa sceglierò, ma intanto mi godrò ogni minuto che potrò trascorrere con Aragorn, finché ci sarà concesso di stare insieme."
Si abbracciarono a lungo, poi rientrarono per recarsi a cena, per l'ultima volta insieme agli ospiti di Rohan e agli sposi novelli.
Il giorno dopo, Aryon e Nerwen presero congedo dai sovrani.
"Salutate da parte nostra mio padre e i miei fratelli", disse loro Arwen.
"Certamente", le assicurò la Istar, "Li rivedrò con grande piacere, e anche Glorfindel."
Si dissero quindi addio: la Istar stentò a trattenere le lacrime, perché le era assai triste il pensiero di non rivedere sicuramente mai più Aragorn, e molto probabilmente neppure Arwen.
In un luminoso mattino d'estate, lasciarono la splendida città di Minas Tirith in compagnia dei Rohirrim e si avviarono lungo la Grande Via Est, attraversando i Campi del Pelennor fino alla Porta Settentrionale che si apriva nel Rammas Echor e proseguendo poi dritti verso nord; poco prima di mezzogiorno raggiunsero una grande foresta, nella quale la strada si addentrava.
"Questo è il Bosco Grigio, una parte della Foresta Drúadana", raccontò Éomer, col quale Aryon e Nerwen cavalcavano, "Nella Foresta abitano i Drúedain, che noi chiamiamo Woses; sono anche spregiativamente chiamati Uomini Selvaggi, ma sono coraggiosi e affidabili; e leali più di altri popoli – ad esempio gli Uomini del Dunland che si erano alleati con Saruman. Gli Woses ci sono stati di grande aiuto mentre cavalcavamo verso Minas Tirith a combattere contro le forze di Mordor, impedendoci di cadere in un'imboscata tesa dagli Orchi su questa stessa strada", accennò con lo sguardo agli alberi che incombevano, antichi e scuri, qualche decina di metri alla loro sinistra, "I Drúedain sono molto schivi e di norma evitano il contatto diretto con gli stranieri, ma sicuramente molti occhi ci stanno osservando. Per il loro sostegno nella guerra contro Sauron, il re Elessar ha loro concesso formalmente la Foresta Drúadana; per la legge di Gondor, a nessuno è permesso porvi piede senza il loro consenso", concluse.
Durante il racconto di Éomer, Nerwen aveva mantenuto lo sguardo fisso sugli alberi, vetusti e nodosi, i suoi speciali sensi protesi verso di loro.
"È una foresta molto antica", commentò, "che ha visto molte cose, buone e malvagie, dentro e attorno a sé; ora è in pace e vive in perfetta simbiosi coi suoi abitanti."
Éomer era stato messo al corrente delle particolari facoltà della Istar, per cui non si meravigliò delle sue affermazioni e si limitò ad annuire, concordando.
Proseguirono per un'altra ora, raggiungendo infine il punto in cui la strada, con un'ampia curva, volgeva verso est-nord-est, aggirando l'alto colle di Amon Dîn, dove si trovava la prima torre di guardia di Gondor che, assieme a sei altre, costituiva il sistema di segnalazione di pericolo tra Edoras e Minas Tirith.
Qui si fermarono per un veloce pasto freddo – pane, formaggio e frutta disidratata – e poi continuarono fino a sera, quando uscirono dall'antica Foresta Drúadana e si accamparono per la notte. Éomer invitò Nerwen ed Aryon a cenare con lui, invito che accettarono con piacere; nei giorni trascorsi, il giovane Re di Rohan ed il principe Avar avevano simpatizzato, trovandosi accomunati dallo spirito guerriero.
Il mattino dopo ripartirono; procedettero per alcuni giorni sempre in direzione est-nord-est, gli alti picchi degli Ered Nimrais sulla loro sinistra, finché non si addentrarono nel bosco di Halifirien; infine raggiunsero il fiume Mering e lo oltrepassarono a guado, entrando così nel regno di Rohan.
La sera di due giorni più tardi, arrivarono a Edoras, la capitale; qui Nerwen ed Aryon si trattennero alcuni giorni, su invito di Éomer, e conobbero meglio i Rohirrim, i Signori dei Cavalli, il popolo che cinquecento anni prima era giunto dal nord in soccorso di Gondor; per ringraziamento, l'allora Sovrintendente Cirion aveva loro donato la spopolata regione del Calenardhon, dove essi da allora prosperavano.
Edoras era costruita su una ripida collina, con in cima la residenza reale chiamata Meduseld, ovvero il Palazzo d'Oro, e pur essendo lontana dallo splendore e dalla grandiosità della ben più antica Minas Tirith, era comunque una bella città; Aryon e Nerwen vi trascorsero quattro giorni piacevoli.
Infine, presero congedo da Éomer e si avviarono verso nord-ovest e l'Entalluvio, diretti verso un punto che era stato loro indicato come adatto al guado; attraversato il fiume, ne avrebbero poi risalito il corso fino a raggiungere Fangorn.
Arrivarono alla foresta nel tardo pomeriggio del terzo giorno dacché erano partiti da Edoras; il caldo della piena estate affaticava loro e le cavalcature, così decisero di fermarsi per la notte e riposare, prima di proseguire per recarsi sul terrazzo naturale dov'era stata Nerwen la prima volta. Era lì infatti che l'Aini aveva concordato con Fimbrethil e Olbranch di lasciare un segnale convenuto: una pila di sassi con un tralcio di sorbo incastrato sulla sommità nell'eventualità che gli Ent non avessero accettato il loro invito a seguirle oltre le Montagne Rosse, senza il ramoscello se fossero invece partiti.
Al mattino, dopo colazione levarono il campo e, sempre seguendo l'Entalluvio, la cui ampiezza ora si era molto ridotta, si addentrarono tra gli alberi. La foresta attorno a loro era scura e silenziosa, non diversamente da come lo era stata ottant'anni prima.
Avanzarono per circa un'ora e mezzo, poi svoltarono verso destra, alla ricerca della gradinata che li avrebbe condotti al terrazzo naturale. Fu Túdhin, che li precedeva in avanscoperta, a trovare le scale e a condurveli; poiché i cavalli e la mula non erano in grado di ascendere gli alti gradini, Nerwen ed Aryon li lasciarono e salirono accompagnati dal solo lupo, che li seguì saltando agilmente da uno scalino all'altro.
Il piccolo ripiano era esattamente come la Istar lo ricordava, a parte che gli alberi erano diventati più alti ed imponenti; nel mezzo c'era il mucchio di sassi convenuto.
Con un ramoscello.
"Non sono partiti", constatò Aryon in tono cupo, girandosi verso la moglie. Nerwen annuì, sentendo gli occhi che si riempivano di lacrime di sconforto mentre vedeva infrangersi le sue speranze che finalmente, dopo tanti secoli, la razza degli Onodrim si potesse riunire e tornare a prosperare.
Vedendola turbata, il principe la prese tra le braccia e la strinse; lei posò il capo contro la sua spalla mentre due lacrime rigavano le sue guance. Percependo la delusione della sua amica a due gambe, Túdhin si avvicinò e strofinò la testa contro la sua gamba in segno di conforto.
Dopo qualche minuto, la Maia si riprese; asciugandosi le lacrime, si staccò dal petto del marito.
"Devo parlare con Barbalbero", affermò con decisione, "Voglio capire che cosa gli ha impedito, a lui e agli altri Ent, di seguire Fimbrethil e Olbranch e tornare a unificare la loro razza."
"Sì, lo vorrei sapere anch'io", dichiarò Aryon; aveva fatto propria la missione di Nerwen quando aveva capito che erano compagni per la vita e quindi anche la sua delusione era grande, sebbene non così cocente.
Nerwen sollevò il viso verso il cielo dell'intenso azzurro estivo di quelle contrade meridionali, dove il sole splendeva, luminoso e caldissimo, e con un sospiro chiuse gli occhi; Aryon rammentò di colpo come, durante il suo primo forzato soggiorno a Bârlyth, l'avesse vista fare lo stesso e lei gli avesse rivelato quanto amava la luce ed il calore. Rammentò anche che allora aveva pensato che Nerwen fosse una creatura luminosa. Sorrise tra sé: il suo intuito gli aveva rivelato la sua vera natura molto prima che gliela rivelasse lei, ma naturalmente a quel tempo non poteva neppure immaginare quanto vicino fosse alla realtà.
Tornarono a discendere gli altissimi gradini. Vedendoli arrivare, Thilgiloth le domandò:
Allora, che ne è stato dei nostri amici Onodrim?
"A quanto pare, gli Ent hanno rifiutato l'invito di recarsi a Dor-im-Duin", rispose Nerwen, prima di salirle in arcione.
Che cosa?, proruppe la Corsiera, sbruffando, Non posso crederci!
"Neanch'io, e per questo andremo a parlare con Barbalbero", le comunicò la Maia. Non dovette neppure scrollare le briglie, che Thilgiloth si era già messa in moto, emanando una sensazione di impazienza.
Aryon diede di tallone ad Allakos, che si affiancò alla Corsiera, e si avviarono, preceduti da Túdhin e seguiti da Kerra; tornati all'Entalluvio, svoltarono alla loro destra e cominciarono a risalirne il corso.
Rammentando la prima volta che aveva compiuto quel tragitto, portata da Barbalbero, Nerwen tenne un'andatura piuttosto sostenuta, sapendo che, anche così, avrebbero impiegato tutta la giornata per raggiungere Salimpozzo. Fortunatamente, le loro cavalcature erano particolarmente forti: Thilgiloth era una Corsiera di Valinor e difficilmente conosceva stanchezza, Allakos era un possente cavallo da guerra, Kerra una mula robusta e generosa, mentre Túdhin un giovane e vigoroso lupo che poteva percorrere grandi distanze senza risentirne particolarmente.
Quando, sopra gli scuri alberi che ombreggiavano il corso del fiume che andava restringendosi, il cocchio del Sole raggiunse lo zenit, fecero una breve sosta per consumare un rapido pasto freddo: carne affumicata, frutta disidratata e lembas, che Nerwen aveva provveduto a preparare a Minas Tirith, ripristinando le loro scorte. Poi proseguirono senza più fermarsi fino a sera; lentamente il terreno cominciò a sollevarsi nei primi contrafforti del Methedras, l'ultima cima delle Montagne Nebbiose e, quando le ombre del crepuscolo cominciavano ad infittirsi, si imbatterono in un piccolo rivo che scendeva dalla loro destra. Nerwen lo riconobbe come il corso d'acqua la cui fonte scaturiva nella ent-casa di Barbalbero.
"Ci siamo!", annunciò. Percependo l'eccitazione e l'impazienza della sua cavaliera, pari alle proprie, Thilgiloth accelerò il passo ad un piccolo trotto, risalendo il rigagnolo.
Ed eccolo lì: Barbalbero in persona, immobile al centro della radura davanti all'ingresso della sua abitazione, che li fissava coi suoi grandi occhi solenni mentre si avvicinavano. Con loro grande sorpresa, non era solo: al suo fianco c'era nientemeno che la Prima Guardiana delle Entesse.
"Fimbrethil!", esclamò Nerwen, esterrefatta.
"Salve, amici", disse placidamente l'Entessa, "Benvenuti a Salimpozzo."
L'Aini guardava dall'una all'altro con il più assoluto sbalordimento.
"Ma che ci fai, qui?", proruppe, troppo confusa per rispondere al cortese saluto; anche Aryon non era meno stupefatto di lei per quell'incontro inatteso.
"Vi aspettavamo", rispose serafica la Prima Guardiana, "perché prima di seguire tutti gli altri e recarci a Dor-im-Duin volevamo salutarvi e ringraziarvi."
A quel punto Nerwen scoppiò a ridere per la gioia.
"Che meravigliosa sorpresa!", gridò, balzando dalla groppa di Thilgiloth e correndo incontro alla coppia di Enyd. Simultaneamente, Fimbrethil e Barbalbero le tesero ciascuno una mano, che lei afferrò – o meglio, ne afferrò un dito, viste le dimensioni – fermandosi tra loro con un grande sorriso.
Anche Aryon scese di sella e si avvicinò, con maggior calma.
"Un incontro davvero insperato", dichiarò. Udendolo, Nerwen lasciò la mano dell'Entessa e lo invitò ad unirsi a loro; il principe Avar raccolse l'invito e prese la mano della moglie, posando l'altra su un dito di Fimbrethil.
"Dunque Olbranch e gli altri Ent sono partiti?", chiese la Istar, deducendolo da quel che aveva detto la Prima Guardiana.
"È così", confermò Barbalbero, "ma la mia dolce Fimbrethil desiderava vedere te e il tuo compagno un'ultima volta, e anch'io volevo rivederti."
"Ne sono felicissima, non sapete quanto", ammise Nerwen, "Barbalbero, permettimi di presentarti mio marito, il principe Aryon Morvacor di Eryn Rhûn. Aryon, questo è Barbalbero, il Pastore degli Alberi."
L'Ent accennò ad un rigido inchino.
"Lieto di conoscerti, Aryon Morvacor", dichiarò.
"Il piacere è mio, Pastore degli Alberi", ribatté Aryon, accennando a sua volta un inchino.
"Ma venite, amici miei", li invitò l'Entessa, "la sera scende e in casa staremo più comodi. Lasciate qui le vostre cavalcature, se preferiscono stare all'aperto: saranno perfettamente al sicuro."
"Va bene", accettò subito Nerwen, "Il tempo di scaricare Kerra e dissellare Thilgiloth e Allakos."
I due Enyd attesero pazientemente che eseguissero, liberando la mula dalla sua soma e i cavalli dai finimenti, così che potessero meglio riposare.
"Potete anche dormire sdraiati, qui non correte alcun pericolo", li rassicurò Nerwen.
Nel caso li proteggo io, intervenne Túdhin; l'Aini riferì e sia Kerra che Allakos si dichiararono grati al lupo, del quale, dopo più di un anno e mezzo insieme, oramai si fidavano completamente; Thilgiloth naturalmente non aveva bisogno di alcuna protezione, ma apprezzò il gesto del predatore, disposto a difendere i suoi amici.
Lasciati i loro amici quadrupedi nella radura, Aryon e Nerwen seguirono i loro anfitrioni nella ent-casa; passarono accanto agli alberi risplendenti, che si ergevano ai lati del passaggio che portava alla nicchia in fondo alla fenditura nel fianco della montagna, ed il principe Avar li guardò strabiliato, perché mai aveva visto una simile meraviglia.
Nerwen notò sul tavolo di pietra i due vasi emananti luce, esattamente nello stesso punto in cui li ricordava: sembrava che fosse trascorso appena un giorno, dalla sua partenza da Salimpozzo.
Si accomodarono, Aryon e Nerwen seduti sul ripiano che aveva fatto da letto alla Istar, Barbalbero e Fimbrethil in piedi di fronte a loro.
"Volete mangiare soltanto il vostro cibo, oppure gradite anche un po' della nostra acqua?", domandò l'Ent con cortesia.
"Abbiamo trascorso l'intera giornata a cavallo con una sola sosta e siamo stanchi", disse Aryon, che aveva imparato a conoscere le pozioni entesche durante il loro soggiorno a Dor-im-Duin, "per cui un po' della vostra bevanda corroborante ci aiuterà a riprenderci."
Nerwen approvò annuendo, pertanto Fimbrethil riempì due ciotole – piccole in termini enteschi, ma decisamente grandi per gli ospiti – e le porse agli ospiti, mentre Barbalbero versava l'acqua in due orci molto più ampi per sé e per la compagna. Bevvero in silenzio; la Maia ritrovò il piacevole gusto di ferro, basilico e timo che ricordava, ed anche Aryon la gradì. Entrambi sentirono un intenso formicolio in tutto il corpo mentre la pozione toglieva loro la stanchezza e faceva crescere leggermente i loro capelli.
"Raccontateci", Nerwen invitò gli Ent, mentre Aryon prendeva un involto di lembas da una delle loro sacche, "Dev'essere stato molto emozionante per voi due, ritrovarvi dopo così tanto tempo."
"Lo è stato", ammise Fimbrethil, deponendo l'orcio sul tavolo, "Olbranch e io siamo arrivate a Fangorn indisturbate; abbiamo cercato di evitare i centri abitati, in modo da non spaventare nessuno, ma sappiamo che ci hanno comunque avvistato alcune volte, perché abbiamo scorto persone fuggire a precipizio."
"Difficile che due Enyd passino inosservate", osservò Aryon, dividendo il croccante pan di via con Nerwen.
"Giusto", ammise la Prima Guardiana, "ma ci è spiaciuto perché non volevamo certo terrorizzare nessuno. Comunque sia, abbiamo raggiunto Fangorn verso la fine di maggio e abbiamo cominciato a risalire l'Entalluvio, chiamando a gran voce."
S'interruppe, facendo un segno al compagno per invitarlo a proseguire lui.
"Riuscite a immaginare la mia emozione, quando ho udito la mai dimenticata voce della mia amata Fimbrethil?", domandò Barbalbero a voce bassa e vibrante.
"Oh sì", rispose Aryon, prendendo la mano della moglie a stringendola mentre la guardava negli occhi, "Nerwen e io siamo stati forzatamente separati per qualche tempo."
La Istar ricambiò il suo sguardo e gli strinse la mano a sua volta in un gesto rassicurante; anche se erano passati quasi due anni dal suo ritorno dalla strana dimensione in cui l'aveva proiettata il Portale Oscuro, la notte Aryon ancora la teneva abbracciata; il ricordo della pena patita in quei decenni d'assenza gli sarebbe rimasta forse per sempre, ma fortunatamente sarebbe stata alleviata dalla qualità delle Terre Imperiture verso cui erano diretti.
"Allora comprenderai come tutt'ad un tratto io sia diventato frettoloso", disse Barbalbero, "Mi sono precipitato verso quella voce, discendendo di corsa l'Entalluvio fino a raggiungerla."
Sia Aryon che Nerwen si raffigurarono il pacato Ent che si lanciava di gran carriera lungo la sponda del fiume, travolgendo ogni e qualsiasi cosa si frapponesse tra lui e il suo obiettivo; di certo il suo passaggio doveva aver suscitato un vero uragano nella foresta.
"Quando me lo sono visto spuntare davanti", proseguì Fimbrethil, "è stato come se fossi stata colpita dal fulmine. La gioia della nostra riunione è stata così grande, che nella nostra lingua richiede molte ore per poter essere descritta."
"Me lo posso immaginare", sorrise Nerwen, ""E Olbranch?", chiese poi, "Suppongo che avesse anche lei un compagno: lo ha ritrovato?"
"Sì", rispose Barbalbero, "Sfortunatamente è stato il primo tra noi a lasciarsi diventare vegetale e ad addormentarsi. È stato l'unico che non sono riuscito a svegliare; allora ho condotto Olbranch da lui nella speranza che udire la voce della sua compagna lo avrebbe riscosso, ma non è stato così: purtroppo dorme di un sonno troppo profondo, da cui temo che ormai non si sveglierà più."
"Oh no...", mormorò Nerwen, immensamente dispiaciuta per l'Entessa.
"Forse potresti riuscirci tu", le suggerì Aryon.
"Forse, chissà...", mormorò lei, pensierosa, "Posso certamente provarci", asserì poi con decisione improvvisa, guardando Barbalbero, "Domani potresti portarmi da lui?"
"Certamente", confermò l'Ent.
"Sarebbe meraviglioso se tu ci riuscissi", gioì Fimbrethil, ma Nerwen la frenò:
"Non posso assicurare nulla, soltanto che farò tutto il possibile."
"Sarà certamente molto più di quanto chiunque altro nella Terra di Mezzo possa fare", osservò pacatamente Barbalbero.
"Già", ammise la Maia: era vero, dopotutto lei aveva assistito la Regina della Terra durante la creazione degli Ent e soltanto la Valië avrebbe potuto fare meglio di lei, riguardo a loro.
Dopo qualche istante di silenzio, Barbalbero riprese la storia:
"Ho subito informato dell'arrivo di Fimbrethil e Olbranch gli Enyd più vicini, i quali a loro volta hanno provveduto a diffondere la notizia in tutta la foresta e oltre, fino a Isengard. Ah, forse non sapete che il buon re Elessar ce ne aveva concesso la cura ...", al cenno affermativo dei loro due ospiti, proseguì, "Il giorno dopo, ci siamo trovati tutti a Tondovallo per un'altra Entaconsulta dopo appena tre mesi dalla precedente, il che è, come potrete immaginare, una cosa del tutto eccezionale."
"Qui abbiamo raccontato la nostra vicenda", proseguì Fimbrethil su invito del compagno, "L'abbandono dei nostri giardini oltre l'Anduin, dovuto anche all'errata convinzione che ai nostri compagni non importasse più nulla di noi, la lunga peregrinazione che ci ha portate ad aggirare gli Orocarni fino a raggiungere quella che è diventata Dor-im-Duin, fino alla vostra venuta e alla battaglia di Ichidoragon. Quindi abbiamo rivolto loro il nostro invito a seguirci."
"Alcuni hanno tentennato", continuò Barbalbero, "perché alcuni rimproveravano le Entesse del loro abbandono, mentre molti non erano entusiasti all'idea di lasciare Fangorn: come sapete, noi amiamo le foreste e i grandi alberi, mentre le Entesse gli alberi da frutto e le piccole piante; ma Fimbrethil e Olbranch ci hanno parlato delle grandi selve dell'Est, vicino alla loro terra, e sono state molto convincenti, tanto che alla fine del dibattito – durato sei giorni – abbiamo deciso all'unanimità di partire."
"Tuttavia io desideravo rivedervi", disse Fimbrethil, "così ho pregato Barbalbero di attendere qui qualche tempo. Anche lui aveva piacere di rivedere te, Lady Nerwen, e di conoscere te, Lord Aryon, così ha accettato volentieri. Avevate detto che sareste venuti a Fangorn, se aveste deciso di partire alla volta di Valinor, così ho messo il segnale convenuto per indicare che non eravamo partiti, sicura che sareste venuti a Salimpozzo. Se non vi avessimo visti entro la prossima primavera, saremmo venuti a cercarvi noi a Eryn Rhûn, prima di raggiungere gli altri a Dor-im-Duin."
"Quindi siamo tutti in partenza: voi per l'Est, noi per l'Ovest", considerò Aryon, colpito dalla simmetria della cosa.
"È così", confermò Barbalbero, "L'ora è ormai tarda", aggiunse poi, "Propongo di riposare. Domattina ci recheremo da Taerlalf – il compagno addormentato di Olbranch – e Lady Nerwen proverà a svegliarlo."
Nerwen ed Aryon quindi si congedarono: avrebbero dormito all'aperto, dato che il ripiano era troppo stretto per permettere loro di dormire fianco a fianco, abbracciati, com'era loro consuetudine.
Il mattino successivo, Fimbrethil li svegliò cantando una canzone nella lenta e sonora lingua degli Ent, una melodia dolce e fresca, antica e allo stesso tempo giovane come la Primavera di Arda, quando i Valar avevano appena terminato di forgiare il mondo secondo la visione di Eru. Molto probabilmente, pensò Nerwen, ascoltandola rapita, risaliva proprio a quel periodo, quando le foreste avevano cominciato a crescere e Yavanna aveva creato gli Onodrim.
"Buongiorno e ben svegliati", li salutò la Prima Guardiana, al termine, "Spero che abbiate riposato bene."
"Sì, grazie", rispose Aryon, "Anche tu e Barbalbero?", s'informò poi educatamente. Fimbrethil oscillò leggermente avanti e indietro, che era il suo modo di annuire.
"Barbalbero è andato a prendere della frutta", annunciò poi, "Tornerà presto, ma se intanto volete bagnarvi, potete farlo."
Era la maniera entesca per indicare le abluzioni; Aryon e Nerwen approfittarono quindi del piccolo rivo che usciva da Salimpozzo per lavarsi mani e viso, rimandando un eventuale bagno ad un altro momento. Poi prepararono ed accesero un fuoco per scaldare dell'acqua; mentre il tè al bergamotto per la colazione si stava infondendo, Barbalbero sbucò tra due alberi al margine della radura e li raggiunse.
"Buongiorno, amici! Vi ho portato qualcosa che penso gradirete, concesso con gioia da alberi miei amici."
Porse loro l'enorme mano, su cui stava una varietà di frutta: tonde susine rosse e succose, piccole pere selvatiche verde scuro, nespole dal ricco color arancione; c'erano anche mirtilli e lamponi e, per la delizia di Nerwen, perfino fragoline di bosco.
Ringraziarono l'Ent per la sua premura e fecero onore alla frutta: Túdhin si avvicinò e si accucciò accanto a loro.
Hai trovato qualcosa da mangiare, amico mio?, si informò Nerwen.
Sì, il bosco è ricco di cibo e non ho avuto difficoltà, rispose il lupo, soddisfatto.
Quando ebbero finito la colazione e spento il fuoco, Barbalbero disse loro:
"Venite, vi portiamo da Taerlalf."
Scoprirono che intendevano alla lettera la faccenda del portare: vennero issati sulle loro spalle – la Istar su Fimbrethil, il principe su Barbalbero – e vennero trasportati attraverso la foresta per circa un'ora, più o meno in direzione nord. Giunsero infine ad un grande olmo dall'ampia chioma, che un tempo doveva essere stato alto e slanciato, ma che adesso era curvo e ricoperto di edera.
Nerwen ed Aryon vennero depositati accanto all'albero; la Istar si avvicinò, mentre il principe, consapevole di non poter far altro che guardare, rimaneva dov'era.
Nerwen sfiorò l'edera, poi la sottostante corteccia, scura e squamosa.
"Così non va bene", disse in tono di rimprovero, rivolta all'edera, "Stai soffocando l'albero che ti fa da supporto. Lascialo e trovane un altro, ma sii meno invadente."
L'edera espresse dapprima una certa irritazione nel sentirsi apostrofare a quel modo, ma poi riconobbe in Nerwen una discepola di Kementári ed irradiò reverenziale timore. Lentamente, si sradicò dalla corteccia di Taerlalf e si mosse strisciando verso un altro albero poco lontano, al cui tronco si avvolse stando attenta a posizionarsi in maniera da non asfissiarlo.
Soddisfatta, Nerwen le mandò pensieri di approvazione, poi tornò a voltarsi verso Taerlalf; posò le mani sul tronco e protese la mente, cercando quella del sonnolento Ent. La trovò, ma era molto distante, più di quanto lo fosse stata quella del faggio che le aveva indicato il luogo dove trovare Barbalbero.
Taerlalf, mi senti?, lo chiamò; non ottenendo risposta, potenziò i propri pensieri nell'equivalente di un grido, Taerlalf! Svegliati!
L'olmo ebbe un fremito quasi impercettibile sotto il palmi delle mani di Nerwen.
Chi sei...? Cosa vuoi?, le giunse una voce debolissima, Lasciami dormire...
No, Taerlalf, ti devi svegliare!, lo esortò l'Aini, Olbranch è viva e ti sta aspettando. Non la vuoi rivedere?
Olbranch... Non la ricordo... Non ricordo più nulla... voglio solo dormire...
La tua compagna, Taerlalf! Ho ritrovato le Entesse e gli Onodrim sono nuovamente un popolo unito. I tuoi compagni di Fangorn sono già partiti alla volta della terra delle Entesse, oltre gli Orocarni. Qui con me ci sono Barbalbero e Fimbrethil, che aspettano solo te per partire anche loro!
Scoraggiata, Nerwen percepì soltanto totale indifferenza nell'olmo.
Avanti, svegliati! Gli Ent e le Entesse sono di nuovo insieme, nasceranno Entini e gli Onodrim torneranno a prosperare! Manchi solo tu!
Taerlalf non rispose. La Istar non si arrese e perseverò con i suoi appelli, sempre più accoratamente, usando tutto il suo potere e la sua capacità persuasiva; ma dopo numerosi inutili richiami e sollecitazioni, si arrese e si staccò. Vacillò, esausta, ed Aryon prontamente accorse al suo fianco per sostenerla.
"Mi spiace, amici miei", disse la Maia, stancamente, "Taerlalf è diventato troppo alberesco perché io possa richiamarlo indietro. E comunque, se lui non desidera tornare, non posso obbligarlo. Solo Kementári in persona potrebbe forse convincerlo, ormai", scosse la testa, "Mi spiace", ripeté, sinceramente amareggiata dal proprio fallimento.
Gli occhi di Barbalbero e di Fimbrethil rifletterono la loro tristezza mentre guardavano lungamente il loro compagno addormentato.
"Non avvilirti, Antica", disse l'Ent, "Abbiamo ben visto che ci hai provato con tutte le tue forze: non puoi biasimarti per non esserci riuscita. Ci sono cose che solo un Grande Antico può fare, e questa è evidentemente una di quelle."
Tornarono quindi a Salimpozzo, dove Fimbrethil diede a Nerwen un po' della speciale acqua degli Ent, che la rianimò prontamente.
A quel punto, non c'era più nulla a trattenere la coppia di Enyd a Fangorn, così decisero di partire tutti l'indomani mattina.
Quando, nel tardo pomeriggio del giorno dopo, sbucarono dall'ombra degli alberi sulle pianure di Rohan, si attardarono un po' nei saluti.
"Grazie per il tuo impegno, Antica", disse solennemente Barbalbero, guardando Nerwen con i suoi immensi occhi rotondi, "Per merito tuo e del tuo compagno, le Entesse sono state ritrovate e noi abbiamo potuto ricongiungerci con loro. Finalmente, Ent ed Entesse sono nuovamente un unico popolo."
"Ringrazia Kementári da parte nostra", proseguì Fimbrethil, "per averci dato questa possibilità di prosperare ancora."
"Lo farò", la rassicurò la Istar, "Che le stelle brillino sul vostro cammino, amici; da qui fino a Dor-im-Duin e ovunque andrete."
"Che a te e al tuo compagno non manchino mai acqua pura e buona terra", rispose gravemente Barbalbero, inchinandosi rigidamente alla maniera degli Ent. Nerwen ed Aryon ricambiarono piegando la schiena dalla groppa delle loro cavalcature.
Allora Fimbrethil e Barbalbero si avviarono sulla landa erbosa di Rohan, mano nella mano, diretti verso l'Anduin e oltre, nelle Terre Selvagge, per aggirare gli Orocarni e raggiungere infine Dor-im-Duin.
Aryon e Nerwen rimasero ad osservarli per qualche tempo, consapevoli che non li avrebbero mai più rivisti.
"Fermiamoci qui per la notte", propose poi l'Aini, "Vorrei contattare Yavanna e riferirle l'esito della nostra visita."
"Sì, è certamente il caso", concordò Aryon.
Smontarono ed allestirono rapidamente il loro bivacco; accesero anche il fuoco per cucinare, così che Aryon, mentre lei era impegnata nel suo viaggio, avrebbe potuto preparare qualcosa di sostanzioso da mangiare per quando fosse tornata dal colloquio con la sua Maestra. Nerwen non parlava con lei dalla fine di aprile, quando l'aveva informata della decisione di tornare a Valinor con il marito, notizia che aveva molto allietato la Valië.
Come al solito, Nerwen visualizzò la porta che fungeva da simbolo di comunicazione tra loro e vi bussò. Poco dopo la Regina della Terra aprì e le sorrise.
È sempre un piacere vederti, carissima, l'accolse, porgendole le mani in segno di benvenuto; Nerwen le afferrò e le strinse, poi si abbracciarono come sorelle. Attorno a loro comparve il giardino del palazzo di Yavanna e Aulë a Valimar, dove andarono ad accomodarsi su un divanetto di ferro lavorato con motivi vegetali e imbottito di cuscini verdi e gialli, collocato all'ombra di un salice.
Come procede il viaggio?, s'informò la Valië.
Bene, grazie, rispose Nerwen, Siamo stati a Minas Tirith a trovare Aragorn e Arwen, che sono raggianti nella loro felicità coniugale. Ho previsto per loro dei bellissimi figli, un maschio e due femmine; e ho anche visto una figlia mia e di Aryon, in un futuro imprecisato, concluse con un sorriso.
Davvero? Sarebbe magnifico!, esclamò Yavanna sorridendo a sua volta.
Sì, lo sarebbe, confermò Nerwen con emozione, ma dovremo attendere del tempo, prima di sapere se accadrà veramente.
I Valar non avevano figli, e neppure i Maiar, con le due sole eccezioni di Melian e Galadhost che si erano congiunti con Elfi; la Istar sarebbe stata quindi solamente la terza di quella razza ad averne ed un evento così raro non poteva che essere visto come una cosa meravigliosa e straordinaria. Tuttavia, la Seconda Vista mostrava soltanto le probabilità più elevate nel momento in cui si manifestava e non poteva costituire la certezza assoluta, perché il futuro è in costante mutamento in base al presente; pertanto non si poteva ancora avere una totale sicurezza che sarebbe realmente accaduto.
Per tornare al nostro viaggio, proseguì la Maia, ora siamo a Fangorn, e il motivo per cui ti ho contattata è per dirti che non ci sono più Ent, qui: hanno accettato di recarsi a Dor-im-Duin e riunirsi con le Entesse. Solo Fimbrethil e Barbalbero erano rimasti qui ad aspettarci, per salutarci e per ringraziarti di aver loro concesso, tramite me e la missione che mi hai affidato, la possibilità di ricomporre il loro popolo, si interruppe un momento, ripensando a Taerlalf, Un Ent è purtroppo diventato troppo alberesco per risvegliarsi dal suo letargo e mettersi in marcia, concluse con un sospiro dispiaciuto, così hanno dovuto lasciarlo indietro.
Le raccontò dell'olmo addormentato e l'espressione della Valië si rattristò.
Purtroppo questa è una sua scelta, mormorò, Tu gli hai esposto la situazione, gli hai parlato del ritrovamento delle Entesse, della sua compagna, di Dor-im-Duin, ma nonostante tutto questo si è rifiutato di uscire dal suo torpore. È una sua scelta..
Nerwen assottigliò le labbra, insoddisfatta; ma la sua Maestra aveva ragione: nessuno ha diritto di scegliere al posto di qualcun altro, dotato di intelletto, cosa è bene e cosa no per lui o lei, neppure una delle Potenze del Mondo.
Ora andrete a Lothlórien?, domandò Yavanna, cambiando argomento.
Sì, ci fermeremo un po' lì; poi valicheremo gli Hithaeglir alla volta di Imladris e infine dirigeremo verso Mithlond.
La Regina della Terra annuì indicando d'aver capito; allora Nerwen le domandò:
Come sta Melian?
Bene; ed è impaziente di rivederti e di conoscere tuo marito. Ha detto che lascia la vostra dimora a voi e se ne sta già facendo costruire una nuova per sé.
Veramente avevo progettato di fare il contrario, ovvero di lasciare la nostra vecchia casa a lei e di farne costruire una nuova per me e Aryon, rise la Istar, ma se lei preferisce fare così, va bene. Ti prego di darle il mio affetto e di riferirle che anch'io sono impaziente di rivederla.
Lo farò, le assicurò la Valië, A presto, dunque; frattanto, che la strada ti sia propizia...
Pochi minuti dopo, Nerwen aprì gli occhi e vide l'amato volto di Aryon chino su di lei.
"Non dovevi cucinare?", domandò sorridendo.
"Già fatto", rispose lui ricambiando il sorriso, "Zuppa di funghi addensata da un po' di lembas. L'ho lasciata a raffreddare."
La Maia si sentì toccare il braccio e, voltando il viso, scorse Túdhin che la scrutava coi suoi occhi gialli, come sempre faceva quando tornava.
Tutto bene?, s'informò il lupo.
"Tutto bene, grazie, amico mio", rispose lei, mettendosi a sedere ed elargendogli una carezza sul fianco, "Melian sta costruendo una nuova casa per sé: ha deciso che lascerà quella vecchia a noi", raccontò poi al marito.
"Mi spiace che si disturbi tanto per noi", si rammaricò lui, mentre versava la zuppa in una scodella.
"Anche a me, ma evidentemente ha preferito così..."
Dopo mangiato, Aryon e Nerwen si sdraiarono sul loro giaciglio a contemplare il cielo mentre sbocciavano le prime stelle e una falce di luna si affacciava sopra l'orlo del mondo; i grilli frinivano tra l'erba in un concerto rilassante e l'aria era piena dei profumi estivi. Si addormentarono serenamente.
I primi raggi del sole li svegliarono. Fecero colazione con la frutta fresca raccolta per loro il giorno prima da Barbalbero e lembas, poi levarono il campo e, sellati i cavalli, si rimisero in marcia verso settentrione, tenendo Fangorn alla loro sinistra e le colline dell'Estemnet sulla destra. Proseguirono per tutto quel giorno e per buona parte del seguente; al tramonto del secondo giorno, raggiunsero il Limterso e si accamparono sulle sue sponde. Lo superarono il mattino dopo, per poi continuare ancora in direzione nord, ora su un terreno pianeggiante.
Nel tardo pomeriggio di quattro giorni dopo che avevano detto addio a Fimbrethil e Barbalbero avvistarono una linea d'alberi altissimi, dalla corteccia grigio argento e lucide foglie verde scuro sul lato superiore e argentee sul lato inferiore; riconoscendo il luogo, invero cambiato poco o nulla nei decenni trascorsi da quando l'aveva lasciato, Nerwen sorrise.
"Siamo arrivati", avvertì i compagni di viaggio, "Ci conviene accamparci qui, apertamente, in attesa che ci trovi una loro pattuglia. Anche se Sauron è stato definitivamente sconfitto, non credo che abbiano rinunciato alla sorveglianza dei loro confini", considerò.
Aryon assentì, concordando: neppure Eliénna aveva mai ordinato la sospensione del pattugliamento di frontiera, perché dopotutto non tutti gli stranieri sono sempre i benvenuti.
Prepararono quindi il campo per la notte, stendendo il loro giaciglio ed accendendo il fuoco. Mentre si accingevano a cominciare i preparativi per la cena, Túdhin lanciò un avvertimento a Nerwen:
Sento l'odore di diversi due-gambe che si avvicinano...
"Stiamo per aver visite", riferì la Istar sottovoce, senza interrompere quel che stava facendo.
Fingendo indifferenza, Aryon si alzò e prudentemente posò la mano sull'elsa della spada.
Pochi istanti dopo, videro spuntare tra gli alberi una mezza dozzina di Elfi abbigliati di un grigio cangiante al verde, gli archi in mano ma senza frecce incoccate; tra le loro capigliature scure ne spiccava una di bionda, il cui proprietario Nerwen riconobbe subito.
"Haldir!", lo chiamò, alzandosi con un sorriso. L'alto Elfo fece cenno agli altri di star fermi e si avvicinò rapidamente.
"Lady Nerwen!", esclamò in tono decisamente lieto, "Bentornata a Lórien!"
Aryon si rilassò subitamente; Túdhin aveva leggermente scoperto i denti in un silenzioso ringhio d'avvertimento, ma percependo la tranquillità dei suoi amici si calmò.
"Grazie, sono felice di essere tornata", dichiarò Nerwen, per poi voltarsi verso il marito, "Aryon, questo è il capitano Haldir dei Galadhrim; Haldir, ti presento mio marito, Aryon Morvacor degli Avari Kindi."
I due si scambiarono cenni di saluto col capo, scrutandosi con curiosità reciproca.
"Lady Galadriel ci ha detto di aspettare qui la vostra venuta", rivelò Haldir; Aryon ne fu sorpreso, ma, vedendo che la moglie si limitava ad annuire, non chiese delucidazioni, rimandando ad un altro momento.
Nerwen suppose che la sua antica amica li avesse scorti nel suo Specchio con sufficiente chiarezza da dedurre grossomodo il momento e il luogo del loro arrivo e che avesse conseguentemente dato disposizioni affinché fossero adeguatamente accolti.
"Come stanno, lei e Sire Celeborn?", s'informò la Istar.
"Bene, come vedrete voi stessi domani: ho l'incarico di scortarvi fino a Caras Galadhon, dove vi aspettano", rispose Haldir.
"Ottimo", commentò Nerwen.
"Vogliamo far campo insieme?", propose Aryon, accennando anche agli altri.
"Abbiamo un flet poco lontano", rispose l'Elfo biondo, "Se volete, ceniamo assieme e poi lo raggiungiamo."
"Volentieri", rispose Nerwen, guardando Aryon per conferma; il principe annuì: lei gli aveva parlato dell'usanza dei Galadhrim di dimorare su piattaforme costruite tra gli alberi ed era alquanto curioso di vederle.
Anche gli altri Elfi si avvicinarono, salutandoli con toni cortesi; Nerwen li studiò per vedere se tra loro ci fosse Beriadir, l'amico amoroso che, con la sua solare presenza, aveva allietato il suo precedente soggiorno a Lothlórien, ma non lo scorse.
Haldir fissò pensierosamente Thilgiloth, che pascolava poco lontano in compagnia di Allakos e Kerra, e gli parve strano che la splendida giumenta, per quanto fosse una mearh, non sembrasse invecchiata di un solo giorno, nonostante i quasi ottant'anni trascorsi; ma non stava a lui questionare gli affari di una Istar, per cui non pose domande in merito.
Mettendo insieme le vettovaglie di entrambi i gruppi, due dei Galadhrim prepararono un gustoso stufato di verdure e legumi insaporito con fiori di finocchietto, che poi distribuirono a tutti. Cenarono discorrendo piacevolmente; infine, terminato il pasto, spensero il fuoco e ne dispersero le ceneri.
Mentre calavano le prime ombre della sera, si addentrarono nel bosco, avviandosi verso il flet, che raggiunsero nel giro di una mezz'ora. Lasciando le loro cavalcature in compagnia di Túdhin, assieme ai Galadhrim Aryon e Nerwen si arrampicarono su un imponente mallorn, sbucando sull'ampia piattaforma costruita in mezzo ai suoi rami.
Seguendo le indicazioni di Haldir, posizionarono il loro giaciglio in un angolo, poi si sedettero assieme ai loro anfitrioni; due di loro avevano tirato fuori un'arpa e un flauto e cominciarono a suonare e a cantare. Trascorsero così un paio d'ore intrattenendosi piacevolmente; alla fine, tutti si augurarono vicendevolmente la buonanotte e si disposero a dormire. Come al solito, Aryon circondò Nerwen con le braccia e la tenne vicina a sé: ormai i lunghi anni di separazione erano soltanto un ricordo, ma era diventata una piacevole abitudine per entrambi e nessuno dei due desiderava cambiarla.
Angolo dell'autrice:
Svariate persone mi hanno chiesto su cosa esattamente io basi la mia teoria riguardo alla sopravvivenza delle Entesse; quindi, eccovi la fonte della mia ispirazione, ovvero l'estratto della Lettera nr. 144 di Tolkien a proposito del destino delle Entesse:
"I think that in fact the Entwives had disappeared for good, being destroyed with their gardens in the War of the Last Alliance (Second Age 3429-3441) when Sauron pursued a scorched earth policy and burned their land against the advance of the Allies down the Anduin (vol. II p. 79 refers to it). They survived only in the 'agriculture' transmitted to Men (and Hobbits). Some, of course, may have fled east, or even have become enslaved: tyrants even in such tales must have an economic and agricultural background to their soldiers and metal-workers. If any survived so, they would indeed be far estranged from the Ents, and any rapprochement would be difficult – unless experience of industrialized and militarized agriculture had made them a little more anarchic. I hope so. I don't know."
Dunque: "I think" sta per "io penso" ovvero "sto facendo un'ipotesi", il che mi porta a supporre che forse neppure lo stesso Tolkien aveva definitivamente deciso se le Entesse dovessero essere per forza morte o no. Per i fini della mia storia, mi aggancio alla frase riguardante la possibilità, da lui stesso indicata, che alcune di loro possano essere fuggite ad est. Inoltre il Professore termina dicendo espressamente LO SPERO. NON LO SO. Se non lo sa lui, ritengo plausibile ipotizzare (e sottolineo "ipotizzare") che siano vive.
Ad ogni modo, pur vantandomi di mantenere per quanto più possibile il canon, la mia è solo una fan fiction scritta per puro divertimento e non penso certo di star scrivendo un nuovo "Signore degli Anelli" XD
Grazie di cuore a tutti coloro che leggono, e un grazie particolare a chi si prende il tempo di commentare: mi fa davvero molto piacere conoscere la vostra opinione.
Lady Angel
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