Capitolo IX: Verso la terra di Tom Bombadil

Capitolo IX: Verso la terra di Tom Bombadil

Il mattino seguente di buonora, dopo una notte di sonno ristoratore, Nerwen riprese il viaggio lungo la Grande Via Est, diretta al Ponte sul Brandivino, distante quasi settanta chilometri; di lì, avrebbe preso la strada che, subito dopo il Ponte, portava a sud fino a Buckburgo ed oltre, fino alla confluenza del Sinuosalice con il Brandivino, in tutto altri trentacinque chilometri. Le sarebbero occorsi un paio di giorni, e poi un altro ancora per risalire la Valle del Sinuosalice per giungere alla casa di Tom Bombadil.

Trascorse la prima notte a Senzarughe, in una locanda assai simile al Drago Verde, che vantava il miglior sidro della Contea, e difatti Nerwen lo trovò eccellente. Il giorno seguente di primo mattino si rimise in strada; un paio d'ore dopo oltrepassò il grande ponte in pietra sul Brandivino e subito prese a destra la strada verso Buckburgo, superando i cancelli - che venivano chiusi di notte - che segnavano l'ingresso nella Terra di Buck; questo territorio, pur essendo al di là del fiume, era ancora Contea, il cui confine in quel punto si discostava dal Brandivino per seguire il percorso della Frattalta, un'alta e spessa siepe impenetrabile oltre la quale c'era la temibile Vecchia Foresta, un luogo infestato da spiriti malvagi. Essa era invero un residuo delle immense foreste che, in epoche tanto antiche da perdersi nelle brume del tempo, avevano ricoperto vaste porzioni dell'Eriador, la terra situata tra le Montagne Nebbiose ed il mare; e chissà quali strane creature la popolavano. Gli Hobbit parlavano a mezza voce di alberi che camminavano e di presenze oscure e malevole. Tom Bombadil abitava dall'altra parte della Vecchia Foresta, presso la sorgente del Sinuosalice, il fiume che l'attraversava dividendola in due parti diseguali; gli Hobbit evitavano accuratamente di bere l'acqua del Sinuosalice, ritenendola velenosa o quantomeno portatrice di strani incantesimi di sonno ed oblio, e men che meno ne risalivano il corso. Così, per non attirare ulteriormente l'attenzione ed anche per non allarmare inutilmente i suoi gentili anfitrioni, Nerwen non menzionò mai la sua meta, e comunque dubitava che sapessero dell'esistenza di Bombadil.

Nel primo pomeriggio, la Maia notò un rapace che volava alto nel cielo, girando in cerchio sopra di lei e poi allontanandosi. Dalle dimensioni e dalla sagoma, ritenne trattarsi di un qualche genere di falco, ma era troppo lontano perfino per i suoi acutissimi occhi di Aini per definirne esattamente il tipo. Tra tutti i volatili, i rapaci erano i suoi preferiti, in particolare proprio i falchi.

Verso sera, ne notò un secondo, o forse era lo stesso; stavolta ne udì anche il verso, kek-kek-kek, dal quale dedusse che si trattava di un falcocálë, una bella razza di taglia media. Cercò di mandargli un saluto, ma il pennuto scivolò d'ala in direzione della Vecchia Foresta e si allontanò a gran velocità.

Nerwen pernottò a Standelfo, un piccolo villaggio situato al termine della strada proveniente dal Ponte sul Brandivino, anche qui accolta con cordiale curiosità; ed il mattino successivo ripartì.

Raggiunta Finfratta, dove la grande siepe terminava quasi a ridosso della riva del Brandivino, Nerwen notò ancora una volta un falco che volteggiava in cielo, e decise che non poteva essere una coincidenza; ma non fece in tempo a chiamarlo per chiedergli ragione della sua persistenza che il rapace, forse percependo la sua curiosità, si allontanò rapidamente verso meridione.

"Hai visto quel falco?", domandò a Thilgiloth; la Corsiera sbruffò:

Sì, è la terza volta che si presenta, e mi domando cosa mai voglia, rispose.

Perplessa, l'Istar rimase a fissare il punto in cui il volatile era scomparso, ma questi non ricomparve; allora lasciò perdere e si rimise in moto. Superata Finfratta, trovò subito la confluenza col Sinuosalice e prese a risalirne a riva settentrionale, con il bosco alla propria sinistra ed il fiume alla propria destra. Man mano che procedeva verso nordovest, Nerwen notò che gli alberi si facevano sempre più alti e scuri, vecchi e nodosi, mentre il fiume andava restringendosi. Il sole d'agosto batteva sulle sue spalle e sul cappello dalla larga tesa, che aveva adottato ad imitazione di Gandalf, sebbene non fosse così alto ed a punta come quello del suo vecchio amico. Faceva molto caldo.

Quando giunse mezzodì, Nerwen fece arrestare Thilgiloth all'ombra di un'alta betulla dal tronco doppio e smontò. Discesa la riva, immerse una mano nell'acqua, controllandola col suo potere: non credeva che potesse essere davvero velenosa, ma ogni leggenda o diceria in genere ha un fondo di verità, e se gli Hobbit evitavano di bere dal Sinuosalice, poteva esserci un motivo reale. Non trovò invece nulla.

"L'acqua è buona", comunicò a Thilgiloth, "Possiamo bere."

La cavalla si avvicinò ed abbassò la testa, abbeverandosi abbondantemente: anche lei risentiva della calura di quella giornata; Nerwen svuotò la borraccia e tornò a riempirla di acqua fresca, poi ne bevve, trovando che aveva un sapore vagamente vegetale, alquanto gradevole. Poi andò a sedersi all'ombra della betulla e consumò il pranzo, composto di pane e formaggio ed una mela, mentre Thilgiloth si metteva a brucare la tenera erba sulla riva del fiume.

C'era un insolito silenzio: non si udivano uccelli cantare, né ronzare d'insetti o stormir di foglie. Combinato col calore del mezzogiorno estivo, fece sorgere in Nerwen un piacevole languore, e la Maia posò più comodamente la schiena contro il tronco della betulla, con l'intenzione di chiudere gli occhi un momento per godere di quella quiete. Thilgiloth smise di brucare e, la testa abbassata, chiuse a sua volta gli occhi.

Nerwen sentì che stava scivolando nel sonno, e la cosa destò in lei un senso d'allarme: non era particolarmente stanca, dato che nei giorni scorsi non aveva percorso grandissime distanze ed inoltre si era ben riposata nelle accoglienti locande hobbit, né poteva esserlo la sua Corsiera, abituata a ben altre prestazioni. Combatté la sonnolenza, che a sua volta parve lottare di rimando per soggiogarla con voce suadente, allettandola al riposo, a lasciarsi andare, dormire... dormire...

Lontano, le parve di udire un kek-kek-kek dal tono preoccupato.

Sempre più allarmata, ormai convinta d'esser in pericolo, Nerwen raccolse la sua straordinaria volontà di Aini e la impose con estrema fermezza: l'incantesimo che tentava di avvincerla cercò di resisterle, ma poi andò in mille pezzi come una fragile bolla di cristallo. Nerwen balzò in piedi, furiosa, avendo ormai individuato la fonte da cui proveniva l'attacco.

"Betulla!", esclamò aspramente, "Come osi cercar di imprigionarmi nella tua ragnatela stregata? Non sai chi sono?!"

L'albero venne percorso da un violento tremore che nessuna bufera di vento avrebbe potuto provocare, men che meno in totale assenza del benché minimo filo d'aria come in quel momento. Nerwen protese verso la betulla i suoi sensi particolari; dapprima percepì una grande rabbia, che subito si trasformò in incredulità. La pianta smise di vibrare e parve afflosciarsi su se stessa, mentre veniva pervasa da un senso di riconoscimento e di timore.

"Bene, vedo che hai riconosciuto la mia natura", ringhiò Nerwen furibonda, le mani sui fianchi, "Non osare mai più una cosa simile! E avvisa i tuoi pari della mia presenza in questa valle: se si azzarderanno ad attaccarmi, sarò spietata con loro tanto quanto sono amorevole con gli olvar amichevoli. Sai di cosa posso esser capace, vero?."

Un altro fremito percorse la betulla, esprimendo tutto il suo sgomento: mai si sarebbe aspettata di trovarsi di fronte una degli Ainur, e proprio una che aveva potere in modo particolare sui vegetali. Che sbaglio enorme aveva fatto, ad inimicarsi un simile personaggio! Piegò la chioma in atto di assenso e di sottomissione; ma il suo cuore, pur tremante di terrore, rimase nero di malvagità. Quella era la sua natura, e tale sarebbe rimasta fino alla Fine dei Giorni.

Di ciò era ben consapevole anche Nerwen, che raccolse la bisaccia e si allontanò di diversi passi senza voltar le spalle alla pianta: l'aveva obbligata a sottomettersi, e poteva star sicura che non avrebbe tentato di avvincerla nuovamente in sortilegio o di disobbedire al suo comando di avvisare le altre entità ostili della Valle del Sinuosalice; ma avrebbe potuto usare rami e radici per avvilupparla e tenerla prigioniera, costringendola a distruggerla per liberarsi, e per quanto fosse un essere maligno, le sarebbe ripugnato doverlo fare.

Thilgiloth, sciolta dalla malia della betulla nello stesso momento dell'amica a due gambe, aveva assistito immobile allo scontro di volontà; ora si avvicinò a Nerwen, sbuffando piano per farle capire di essere proprio dietro di lei. Senza distogliere gli occhi dall'albero, la Istar si gettò in spalla la bisaccia e le salì in arcione; la Corsiera, senza bisogno di incitamento, partì al piccolo trotto lungo la riva del fiume, allontanandosi velocemente dal malefico vegetale.

Che cos'era, in nome di Kementári?!, interrogò Nerwen, in tono scosso. Ben poche cose spaventavano i Corsieri, ma tra esse c'erano certamente quelle che non conoscevano ed apparivano pericolose, per sé e per chi amavano, come si era dimostrata quella betulla.

"Un essere anticamente corrotto dal Potere Oscuro", rispose la Maia, pensierosa, "o più probabilmente, data l'età apparente, una sua discendente. Purtroppo la nera potenza di Morgoth ha contaminato molte cose, nel mondo: olvar, kelvar, creature a due gambe di ogni ordine e grado... perfino un mio simile", concluse con amarezza. Aveva conosciuto personalmente Mairon, brillante e potente Maia seguace di Aulë, che si era lasciato irretire da Melkor e ne era diventato il discepolo, per infine prenderne il posto dopo la sua caduta alla fine della Prima Era; allora aveva assunto il nome di Sauron.

Giudicando d'aver ormai raggiunto una distanza di sicurezza, Thilgiloth rallentò al passo.

Ora i suoi compagni se ne staranno alle larghe, dopo il tuo avvertimento, commentò compiaciuta.

"Puoi starne certa", confermò Nerwen, stirando le labbra in un ghigno feroce, "Ho messo in quella creatura tanta paura da durare un anno e un giorno", poi sollevò lo sguardo e scrutò il cielo, "Hai sentito anche tu il richiamo del falco cálë, prima?"

A dire il vero, no, ripose la cavalla. Nessun uccello era in vista, per cui l'Aini concluse che forse se lo era immaginato.

Proseguirono indisturbate per alcune ore; estendendo le sue percezioni, Nerwen sentiva che erano circondate da un sentimento di astio, ma tenuto a bada da un forte timore: niente, in quella valle, avrebbe più osato attaccare lei o Thilgiloth.

Verso metà pomeriggio passarono accanto ad un vecchio salice, da cui si irradiava un senso di ostilità particolarmente forte, ma che non osò alcuna azione contro di loro, evidentemente messo sull'avviso dalla betulla. Lei non lo avrebbe mai saputo, ma molti anni dopo, quello stesso vecchio salice avrebbe messo in atto un trucco simile a quello che le aveva fatto la betulla su quattro Hobbit incaricati di una missione assai difficile e delicata.

Verso sera, Nerwen giunse in vista di un'altura, sulla cui cima sorgeva una grande casa di pietra color grigio chiaro, coperta da un tetto di paglia; dal comignolo spuntava un filo di fumo. Un sentiero ben delimitato risaliva sinuosamente il fianco della collina in dolce pendenza.

Avvicinandosi, videro che sulla soglia della porta dipinta di verde c'era una figura maschile non molto alta e piuttosto ben pasciuta, abbigliata in sgargianti colori: giacca azzurro cielo, pantaloni verde pisello e stivali gialli; sull'alto cappello portava una piuma blu.

Come vide avvicinarsi cavalla e cavaliera, il bizzarro essere si mosse loro incontro a passo di danza, e quando fu abbastanza vicino, Nerwen poté vederne il viso, rosso e rugoso, contornato da una lunga barba castana; vivacissimi occhi azzurri la fissarono di rimando, ridenti.

"Benvenute, mille volte benvenute!", esclamò, scappellandosi e facendo un gran inchino, "Tom Bombadil è lieto di accogliervi nella sua terra e nella sua casa!"

Nerwen smontò e ricambiò l'inchino:

"Nerwen la Verde e Thilgiloth sono liete di incontrarti, Tom", risposte, prendendo a prestito il suo insolito stile di esprimersi in terza persona, "Sbaglio, o ci stavi aspettando?"

Tom si rimise il cappello ed allargò le braccia:

"Molti occhi sorvegliano la mia terra e hanno visto che vi avvicinavate."

Nerwen sollevò le sopracciglia, sorpresa.

"Tra questi occhi ci sono anche quelli di un falco cálë?, domandò. Bombadil annuì:

"La mia buona amica Calad", rispose, "L'hai vista?"

"Sì, e credo che abbia anche cercato di metterci in guardia contro una betulla che ha tentato di ammaliarci."

"Ah, la Vecchia Donna Betulla!", strillò Bombadil, risentito, "Assieme al Vecchio Uomo Salice, è la creatura che più crea problemi, nella Valle del Sinuosalice. Dovrò rimproverarla!"

"Non sarà necessario", lo tranquillizzò Nerwen, "Ci ho già pensato io, e almeno per un anno e un giorno non si azzarderà a attaccare più nessuno, neppure un coniglio."

"Oh, ben fatto!", approvò Bombadil, spiccando un balzo di giubilo, già dimentico della sua irritazione, "Ben le sta!", poi tornò ad inchinarsi, "Ma vi prego, entrambe, venite. Avendo compreso la vostra natura, mi sono preparato a ricevervi nella mia umile dimora con tutti gli onori che vi spettano. La mia dolce dama Baccador sta cucinando una cena prelibata, e io ho preparato la mia migliore biada e un ricovero accogliente per Thilgiloth."

Andarono quindi per prima cosa nella scuderia, dove la Corsiera venne accolta festosamente da un massiccio pony che Bombadil presentò come Grassotto Bozzolo, la sua cavalcatura. Dissellata e strigliata Thilgiloth, la lasciarono a mangiare in compagnia di Grassotto Bozzolo e si diressero alla casa. Nel breve tragitto, Bombadil si mise a cantare:

"Ehi! Vieni bella dol! Giunte son le amiche!

Maga e Corsiera! Siam tutti felici ora!

Viva il divertimento! Cantiam tutti assieme!"

E dall'interno giunse in risposta una limpida voce femminile, giovane ed allo stesso tempo antica come la Primavera, fluendo simile alle acque del Sinuosalice la cui sorgente sgorgava a pochi metri dalla casa:

"Viva il divertimento! Cantiam tutti assieme

di sole, stelle, luna, nebbia, pioggia e speme,

luce sul bocciolo, rugiada sulle pianure,

rovi sullo stagno ombroso, gigli sull'acqua che freme!

Vecchio Tom Bombadil e la Figlia del Fiume!"

Entrarono, e venne loro incontro una donna dalla lunga chioma bionda, abbigliata di verde, dall'aspetto di fanciulla, ma circondata da un'aura di saggezza e dignità che soltanto un gran numero di anni può donare. Simile in ciò ad una regina elfica che fosse vissuta molti secoli, nei suoi occhi chiari però non c'era la gravità di chi ha visto troppi inverni per poterli contare, bensì una gioia ed una spensieratezza simili a quelle che si scorgevano nelle iridi azzurre di Bombadil. Grazie alla sua Seconda Vista, Nerwen vide oltre e comprese che lui era la Foresta, e lei il Fiume, antichi come il mondo, eppur sempre rinnovati e giovani. Accennò ad un inchino di saluto e di omaggio.

Ma Baccador le corse incontro e le prese le mani:

"No, ti prego di non inchinarti, tu che vieni dalle Terre Imperiture! Siamo noi ad inchinarci a te..."

Eseguì una profonda riverenza, imitata da Bombadil. Stavolta fu Nerwen ad obiettare:

"Per la missione che ho accettato di compiere, il mio rango da questa parte di Belegaer conta poco. Qui sono Nerwen la Verde, un'Istar come il vostro amico Gandalf, nulla più e nulla meno. Inoltre, sono vostra ospite, ed è semplice cortesia salutare gli anfitrioni."

Allora Baccador si rialzò sorridendo e le disse:

"Benvenuta dunque nella nostra casa, Nerwen. Vieni, ti accompagno nella camera che abbiamo preparato per te."

La precedette quindi attraverso la stanza, aprì una porta e proseguì lungo un corridoio, in fondo al quale giunsero in una camera dal soffitto inclinato da un lato; le pareti di pietra erano interamente rivestite di stuoie verdi e di tende gialle, ed il pavimento di cotto era coperto di giunchi freschi intrecciati a formare tappetini. Al centro della parete settentrionale c'era un letto dalle lenzuola candide, e sulla parete a fianco si trovava un lavatoio con una grande brocca, una bacinella, uno specchio, asciugamani e saponi.

"La cena sarà presto pronta", le disse Baccador, "Rinfrescati e mettiti panni confortevoli."

Nerwen fece come le aveva detto, togliendosi di dosso la lunga giornata a cavallo; prese dal proprio magro bagaglio il suo abito da casa ed indossò le morbide pantofole che aveva scoperto a fianco del letto, ed infine sciolse la treccia e spazzolò i capelli. Finalmente pronta, si recò nella sala principale dell'abitazione, dove frattanto era stata imbandita la tavola.

"Bene, molto bene!", esultò Bombadil scorgendola, "Ecco la nostra ospite! Vieni e siediti con noi alla nostra tavola! Panna e miele, pane e burro, e formaggio, erbe e bacche per saziare la fame; e per calmare la sete, dolce vino e fresca birra!"

Mangiarono e bevvero, e Bombadil intrattenne le dame con molte canzoni e poesie intercalate da una notevole quantità di dong dillo e bella dol come un ritornello interamente suo. Quando ebbero finito, lui e Baccador sparecchiarono rapidamente, e poi si sedettero sulle comode poltrone dinnanzi al caminetto, in cui nonostante la stagione estiva ardeva un piccolo fuoco, non per riscaldare, ma per l'allegria che le fiamme suscitano nell'animo.

"Dimmi dunque, mia signora", esordì Bombadil, "che cosa sei venuta a cercare, nella casa di Tom?"

"Informazioni", rispose Nerwen, senza inutili giri di parole, "La mia missione è trovare gli Ent, ma essi sembrano scomparsi dalla Terra di Mezzo ormai da molti secoli e nessuno sa dove siano andati. Tu per caso sai dove posso rintracciarli?"

Bombadil si fece meditabondo, ed il suo rubizzo volto rugoso perse in parte la perenne espressione gioviale che lo caratterizzava, mentre i suoi occhi brillanti si oscuravano.

"Molto tempo invero è trascorso dall'ultima volta che ho visto un Ent", disse lentamente, "Qui nella Vecchia Foresta vivono alcuni discendenti corrotti di quella razza, come la Donna Betulla e l'Uomo Salice, ma dei veri Ent ormai da secoli non odo più parlare... Ent i vecchi come monti e dalla terra nati", citò, richiamando un'antica poesia che descriveva gli esseri viventi di Arda, "Del resto, da diversi secoli ormai mi sono ritirato in questa piccola porzione di terra, di cui ho delimitato confini che non ho nessuna intenzione di varcare. Qui sono il Messere, ed il resto del mondo non mi tocca."

Nerwen non approvava quel punto di vista, che giudicava restrittivo; ma Iarwain Ben-adar, il Più Anziano e Senza Padre, era fatto così, e lei non poteva cambiarne la natura, non più di quanto avrebbe potuto cambiare la natura del fuoco o dell'acqua.

Il pensiero dell'acqua la fece pensare alla sposa di Tom, che aveva seguito in silenzio il loro scambio, seduta accanto a loro.

"Baccador, il fiume ti ha mai parlato degli Ent?", le chiese quindi. Baccador scosse le testa:

"No, il Sinuosalice non ne sa nulla, né il Brandivino col quale si congiunge e che scorre fino al Grande Mare. Da qui alle rive di Belegaer non v'è traccia degli Ent."

Nerwen annuì; era delusa, ma non si era aspettata di risolvere al primo colpo il mistero della scomparsa degli Ent.

"Grazie lo stesso", disse quindi, "Proseguirò la mia cerca percorrendo le strade della Terra di Mezzo: prima o poi, qualcuno saprà fornirmi notizie."

"Di questo non dubito!", esclamò Bombadil, ritrovando d'un subito il suo solito spirito allegro, "Penso che gli Alti Elfi sapranno aiutarti meglio di noi: Lord Elrond di Imladris ha fama di grande sapienza, e così Lady Galadriel di Lothlórien. E poi del tuo ordine c'è Radagast il Bruno, che potrebbe saper qualcosa degli Ent."

Di nuovo, Nerwen annuì: aveva pensato anche lei di rivolgersi ad Aiwendil, che come lei era seguace di Yavanna; ma diversamente da lei, era più interessato ai kelvar, in special modo gli uccelli, che agli olvar. Sapeva da Gandalf che viveva in un luogo chiamato Rhosgobel, sul limitare del Bosco Atro.

"Grazie di nuovo, amici miei", ribadì, sentendosi improvvisamente assonnata; ma era una sensazione ben diversa da quella provata quel giorno a causa dell'incantesimo della Vecchia Donna Betulla, del tutto naturale, anche se non vi era ancora abituata: in Aman, come Aini non avrebbe potuto provare stanchezza, ma Yavanna l'aveva avvertita che in Ennor le cose sarebbero state diverse; sbadigliò.

"Perdonatemi, ma l'ora è tarda, ormai, ed ho bisogno di riposo", dichiarò. Bombadil balzò in piedi costernato:

"Tom, Tom, come hai potuto dimenticare che la tua ospite viene da una lunga giornata a cavallo?! Mia dolce dama Baccador, prendi un lume e accompagna Nerwen nella sua stanza, te ne prego."

Baccador si alzò a sua volta e prese dalla mensola del camino una bugia d'argento con una candela bianca, che accese alla fiamma del caminetto; poi fece strada a Nerwen lungo il corridoio fino alla sua stanza, dove accese un'altra candela.

"Dormi bene, mia signora", le augurò, "Domattina alzati all'ora che più ti aggrada e faremo colazione assieme."

"Grazie, Baccador", rispose la Istar, nascondendo un altro sbadiglio dietro la mano aperta, "Buona notte."

Angolo dell'autrice:

Tom Bombadil è, per usare le parole dello stesso Tolkien, un mistero. Forse neppure il Professore sapeva con esattezza chi e che cosa fosse questo personaggio; che Tom sia la Foresta (gli Alberi) e Baccador il Fiume (l'Acqua) è un'interpretazione degli studiosi dell'opera del Professore, non una sua spiegazione in merito alla loro vera natura.

Questo mistero da sempre mi affascina e così, come Tolkien ne Il Signore degli Anelli, l'ho inserito nella mia modesta fan fiction; naturalmente con tutta l'umiltà di un'ammiratrice di fronte ad un capolavoro. Inoltre, era legittimo pensare che forse, data la sua natura (la Foresta) e la sua età, Tom poteva sapere dove si trovassero gli Ent, e quindi Nerwen doveva per forza incontrarlo; ma sarebbe ovviamente stato troppo facile risolverla lì, per non parlare del fatto che, in tal caso, l'avventura di Nerwen sarebbe finita subito, mentre ho ancora molte altre vicende in serbo per lei...

Grazie a tutti coloro che recensiscono, siete davvero la linfa con cui un autore si nutre! Ma grazie anche a coloro che leggono soltanto perché sono troppo timidi per lasciare un commento :-D Vedere il numeratore delle visite aumentare mi emoziona sempre moltissimo!

Lady Angel

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